Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se la risurrezione di Cristo sia la causa della risurrezione dei corpi

In 3 Sent., d. 21, q. 2, a. 2, ad 1; In 4 Sent., d. 43, a. 2, sol. 1; d. 49, expos.; C. G., IV, c. 79; De Verit., q. 29, a. 4, ad 1; Comp. Theol., c. 239; In Iob, c. 19, lect. 2; In 1 Cor., c. 15, lect. 2; In 1 Thess., c. 4, lect. 2

Pare che la risurrezione di Cristo non sia la causa della risurrezione dei corpi.

Infatti:

1. Posta la causa sufficiente, per necessità segue l'effetto.

Se quindi la risurrezione di Cristo fosse la causa sufficiente della risurrezione dei corpi, alla sua risurrezione tutti i morti sarebbero dovuti subito risorgere con lui.

2. La causa della risurrezione dei morti è la giustizia di Dio, la quale esige che i corpi siano premiati o puniti assieme alle anime, come dicono sia Dionigi [ De eccl. hier. 7,1,1 ] che il Damasceno [ De fide orth. 4,27 ].

Ora, la giustizia di Dio si adempirebbe necessariamente anche se Cristo non fosse risuscitato.

Quindi la risurrezione di Cristo non è la causa della risurrezione dei corpi.

3. Se la risurrezione di Cristo fosse la causa della risurrezione dei morti, ne sarebbe o la causa esemplare, o la causa efficiente, o la causa meritoria.

Ma non può esserne la causa esemplare: poiché la risurrezione dei morti sarà compiuta da Dio, secondo le parole evangeliche [ Gv 5,21 ]: « Il Padre risuscita i morti ».

Ora, Dio non ha bisogno di guardare a un modello fuori di sé.

- E così non può esserne neppure la causa efficiente.

Poiché tale causa agisce per contatto, o spirituale o materiale.

Ora, è evidente che la risurrezione di Cristo non agisce per contatto materiale con i morti che risorgeranno, data la distanza di tempo e di luogo.

E neppure per un contatto spirituale, il quale avviene mediante la fede e la carità: poiché risorgeranno anche gli infedeli e i peccatori.

- Infine non può esserne la causa meritoria.

Poiché Cristo risorgendo non era più viatore, e quindi non era in condizione di meritare.

- Perciò in nessun modo la risurrezione di Cristo è la causa della nostra risurrezione.

4. Non essendo la morte altro che la privazione della vita, distruggere la morte equivale a ridare la vita, producendo così la risurrezione.

Ora, Cristo distrusse la nostra morte mediante la sua morte.

Quindi la causa della nostra risurrezione è la morte di Cristo, non la sua risurrezione.

In contrario:

Commentando le parole di S. Paolo [ 1 Cor 15,12 ]: « Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti », ecc., la Glossa [ interlin. ] spiega: « Il quale è la causa efficiente della nostra risurrezione ».

Dimostrazione:

Come insegna Aristotele [ Met. 2,1 ], « ciò che è primo in un dato genere di cose è causa di tutto ciò che in esso è posteriore ».

Ora, nell'ordine della risurrezione umana ciò che è primo è la risurrezione di Cristo, come si è dimostrato sopra [ q. 53, a. 3 ].

È quindi necessario che la risurrezione di Cristo sia la causa della nostra risurrezione.

Ed è appunto ciò che dice S. Paolo [ 1 Cor 15,20s ]: « Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti: poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti ».

E ciò è conforme alla ragione.

Infatti il principio di vita per l'uomo è il Verbo di Dio, secondo le parole del Salmo [ Sal 36,10 ]: « È in te la sorgente della vita »; per cui egli stesso dice [ Gv 5,21 ]: « Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole ».

Ora, l'ordine naturale delle cose stabilito da Dio esige che ogni causa agisca prima sulle realtà più vicine, e mediante queste su quelle più lontane: come il fuoco riscalda prima l'aria vicina, e per mezzo di essa i corpi più lontani.

E Dio stesso, spiega Dionigi [ De cael. hier. 13,3 ], illumina prima le sostanze angeliche a lui più vicine, e per mezzo di esse quelle più lontane.

Così dunque il Verbo di Dio innanzitutto conferì la vita immortale al corpo unito a sé per natura, e per mezzo di esso compie la risurrezione in tutti gli altri.

Analisi delle obiezioni:

1. La risurrezione di Cristo, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ], è causa della nostra risurrezione per la virtù del Verbo.

Ora, il Verbo agisce come una causa volontaria.

Non è quindi necessario che l'effetto segua immediatamente, ma secondo le disposizioni del Verbo di Dio: in modo cioè da conformarci prima a Cristo nella sofferenza e nella morte in questa vita passibile e mortale, per giungere poi a partecipare la somiglianza della sua risurrezione.

2. La giustizia di Dio è la causa prima della nostra risurrezione, ma la risurrezione di Cristo ne è la causa seconda e quasi strumentale.

Ora, sebbene la virtù dell'agente principale non sia legata a questo determinato strumento, tuttavia, se un certo strumento viene impiegato, risulta causa di quel dato effetto.

Sebbene quindi la giustizia di Dio non sia obbligata a causare la nostra risurrezione mediante quella di Cristo - poiché essa poteva liberarci senza ricorrere alla sua passione e risurrezione, come si è detto sopra [ q. 46, a. 2 ] -, tuttavia, dal momento che ha decretato di liberarci in questo modo, è evidente che la risurrezione di Cristo è la causa della nostra risurrezione.

3. Propriamente parlando la risurrezione di Cristo non è causa meritoria della nostra risurrezione, ma causa efficiente ed esemplare.

Causa efficiente in quanto l'umanità di Cristo risuscitato è in qualche modo lo strumento della sua divinità, e opera in virtù di essa, come si è detto sopra [ q. 13, aa. 2,3; q. 19, a. 1; q. 43, a. 2 ].

Come quindi in virtù della sua divinità sono salutari per noi le altre cose compiute e sofferte da Cristo nella sua umanità, secondo quanto si è visto [ q. 48, a. 6 ], così la sua risurrezione è causa efficiente della nostra risurrezione per la virtù di Dio, a cui spetta propriamente di risuscitare i morti.

Ora, questa virtù raggiunge con la sua presenza tutti i luoghi e tutti i tempi, e tale contatto virtuale è sufficiente a che ci sia una vera efficienza.

Essendo poi la causa primordiale della risurrezione umana, come si è accennato [ ad 2 ], la giustizia di Dio, in virtù della quale Cristo ha « il potere di giudicare in quanto è Figlio dell'Uomo » [ Gv 5,27 ], ne viene di conseguenza che l'efficacia della sua risurrezione si estende non solo ai buoni, ma anche ai malvagi, i quali sono sottoposti al suo giudizio.

Ora, come la risurrezione del corpo di Cristo, per il fatto che quel corpo è unito ipostaticamente al Verbo, è « la prima in ordine di tempo », così è anche « la prima nell'ordine della dignità e della perfezione », secondo l'espressione della Glossa [ interlin. su 1 Cor 15,20.23 ].

Ma ciò che è più perfetto è sempre l'esemplare che le cose meno perfette cercano di imitare secondo le loro possibilità.

Perciò la risurrezione di Cristo è l'esemplare o il modello della nostra risurrezione.

Il quale è necessario non dalla parte di colui che fa risuscitare, che non ha bisogno di esemplare, ma dalla parte dei risuscitati, i quali devono conformarsi a quella risurrezione, secondo l'affermazione di S. Paolo [ Fil 3,21 ]: « Egli trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso ».

Sebbene quindi l'efficacia della risurrezione di Cristo si estenda alla risurrezione tanto dei buoni quanto dei cattivi, tuttavia la sua esemplarità sarà limitata propriamente ai soli buoni, resi conformi, come dice S. Paolo [ Rm 8,29 ], alla sua filiazione divina.

4. In rapporto all'efficienza dovuta alla virtù divina sia la morte di Cristo che la sua risurrezione sono in generale causa sia della distruzione della morte che della riparazione della vita.

Rispetto invece alla causalità esemplare la morte di Cristo, quale privazione della vita mortale, è causa della distruzione della nostra morte, mentre la sua risurrezione, con la quale egli diede inizio alla vita immortale, è causa della riparazione della nostra vita.

Tuttavia la passione di Cristo è oltre a ciò anche causa meritoria, come si è visto sopra [ q. 48, a. 1 ].

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