Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 47, q. 1, a. 3, sol. 1, 2, 3; Expos. in Symb., a. 7; In Rom., c. 14, lect. 1; In 2 Cor., c. 5, lect. 2
Pare che il potere giudiziario di Cristo non si estenda a tutte le cose umane.
1. Nel Vangelo [ Lc 12,13s ] si legge che avendogli uno chiesto: « Dì a mio fratello che divida con me l'eredità », il Signore rispose: « O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? ».
Quindi egli non ha il potere di giudicare tutte le cose umane.
2. Non si può giudicare se non di cose soggette alla propria giurisdizione.
Ma « noi non vediamo come ogni cosa sia sottomessa » a Cristo, fa notare la Scrittura [ Eb 2,8 ].
Perciò non pare che egli possa giudicare di tutte le cose umane.
3. S. Agostino [ De civ. Dei 20,2 ] insegna che rientra nei giudizi di Dio che i buoni in questo mondo siano talora nell'afflizione e talora nella prosperità, e così pure i malvagi.
Ma ciò avveniva anche prima dell'incarnazione di Cristo.
Quindi non tutti i giudizi di Dio sulle cose umane rientrano nel potere giudiziario di Cristo.
Nel Vangelo [ Gv 5,22 ] si legge: « Il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio ».
Se parliamo di Cristo secondo la natura divina è evidente che ogni giudizio del Padre appartiene anche al Figlio: poiché come il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo, così anche giudica ogni cosa mediante il Verbo.
Se poi parliamo di Cristo secondo la natura umana, anche allora è evidente che tutte le realtà umane sono soggette al suo giudizio.
Primo, a motivo del rapporto esistente fra l'anima di Cristo e il Verbo di Dio.
Se è vero infatti che « l'uomo spirituale giudica ogni cosa » [ 1 Cor 2,15 ], in quanto la sua mente aderisce al Verbo di Dio, molto più ha il potere di giudicare ogni cosa l'anima di Cristo, che è ripiena della verità di tale Verbo.
Secondo, ciò risulta in base ai meriti acquistati con la sua morte.
Poiché, come dice S. Paolo [ Rm 14,9 ], « Cristo è morto ed è ritornato alla vita per essere il Signore dei morti e dei vivi ».
Quindi egli esercita il giudizio su tutti.
Perciò l'Apostolo può concludere [ Rm 14,10 ] che « tutti compariremo dinanzi al tribunale di Cristo », e in Daniele [ Dn 7,14 ] si legge che « gli fu dato potere, gloria e regno, e tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano ».
Terzo, ciò risulta dal confronto delle cose umane col fine dell'umana salvezza.
Infatti chi ha il compito di disporre ciò che è principale ha anche quello di disporre ciò che è accessorio.
Ora, tutte le cose umane sono ordinate al fine della beatitudine, che è la salvezza eterna, alla quale tutti gli uomini sono ammessi o dalla quale sono respinti in base al giudizio di Cristo, come risulta dal Vangelo.
Perciò è evidente che tutte le cose umane ricadono sotto il potere giudiziario di Cristo.
1. Il potere giudiziario, come si è notato sopra [ a. 3, ob. 1 ], è annesso alla dignità regale.
Ora Cristo, sebbene fosse stato costituito re da Dio, tuttavia mentre viveva sulla terra non volle l'amministrazione temporale del regno.
Da cui la sua stessa dichiarazione [ Gv 18,36 ]: « Il mio regno non è di questo mondo ».
E allo stesso modo non volle esercitare il potere giudiziario sulle cose temporali, essendo venuto a convertire gli uomini alle cose divine.
Per cui S. Ambrogio [ In Lc 7 ] scrive a commento di quel passo evangelico: « È giusto che declini le cose terrene colui che era disceso per quelle divine: non si degna di farsi giudice delle liti e arbitro delle ricchezze colui che è chiamato a giudicare i vivi e i morti, e a farsi arbitro dei meriti ».
2. Tutte le cose sono soggette a Cristo quanto al potere universale che egli ha ricevuto dal Padre, come egli stesso dichiara [ Mt 28,18 ]: « Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra », ma non tutto gli è soggetto quanto all'esercizio del suo potere.
Ciò avverrà comunque nel futuro, quando in tutte le cose ci sarà l'adempimento della sua volontà, con la salvezza degli uni e la punizione degli altri.
3. Prima dell'incarnazione tali giudizi sulle cose umane venivano esercitati da Cristo in quanto Verbo di Dio, ma con l'incarnazione anche l'anima a lui unita ipostaticamente è divenuta partecipe di tale potere.
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