Summa Teologica - III

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Articolo 6 - Se il sacerdote debba rifiutare il corpo di Cristo quando lo chiede un peccatore

Infra, q. 81, a. 2; In 4 Sent., d. 9, q. 1, a. 5, sol. 1; d. 11, q. 3, a. 2, sol. 1; Quodl., 5, q. 6, a. 2

Pare che il sacerdote debba rifiutare il corpo di Cristo quando lo chiede un peccatore.

Infatti:

1. Non si può violare un precetto di Cristo per evitare lo scandalo, o l'infamia, di qualcuno.

Ma il Signore [ Mt 7,6 ] ha comandato: « Non date le cose sante ai cani ».

Ora, ciò avviene specialmente quando si amministra questo sacramento ai peccatori.

Quindi né per evitare lo scandalo, né per evitare l'infamia di qualcuno si deve dare questo sacramento al peccatore che lo richiede.

2. Di due mali si deve scegliere il minore.

Ora, pare un male minore l'infamia di un peccatore, o il fatto che gli venga data un'ostia non consacrata, che non il peccato mortale che egli commetterebbe ricevendo il corpo di Cristo.

Perciò si deve preferire o che il peccatore, quando chiede il corpo di Cristo, subisca l'infamia, o che gli venga data un'ostia non consacrata.

3. Il corpo di Cristo viene dato talvolta per scoprire coloro che sono sospettati di un delitto.

Si legge infatti nei canoni [ Decr. di Graz. 2,2,23 ]: « Accade spesso che nei monasteri maschili si compiano dei furti.

Stabiliamo perciò che quando i monaci stessi si devono scagionare da tali imputazioni, venga celebrata una messa dall'abate o da un altro dei monaci presenti, e al termine della messa tutti ricevano la comunione con queste parole: "Il corpo di Cristo sia oggi per te una verifica" ».

E poco più sotto: « Se a un vescovo o a un sacerdote viene imputato un maleficio, egli deve celebrare una messa per ogni imputazione e comunicarsi, dimostrandosi così innocente di qualunque addebito ».

Ora, non è bene che i peccatori occulti siano scoperti: poiché, come dice S. Agostino [ Serm. 82,4 ], se perdono il pudore, peccheranno più sfacciatamente.

Quindi ai peccatori occulti non si deve dare il corpo di Cristo, anche se lo chiedono.

In contrario:

Commentando le parole del Salmo [ Sal 22,30 Vg ]: « Mangiarono e adorarono tutti i pingui della terra », S. Agostino [ Glossa ord. ] osserva: « Il dispensatore non escluda dalla mensa del Signore i pingui della terra », ossia i peccatori.

Dimostrazione:

Riguardo ai peccatori bisogna distinguere.

Alcuni infatti sono occulti; altri invece manifesti o per l'evidenza dei fatti, come i pubblici usurai o i rapinatori, oppure per la sentenza di un tribunale ecclesiastico o civile.

Ora, ai peccatori manifesti non si deve dare la santa comunione, neppure se la chiedono.

Per cui S. Cipriano [ Epist. 61 ] scrive: « Per la tua gentilezza hai creduto di dovermi chiedere il parere sugli istrioni e su quel mago che, stabilitosi in mezzo a voi, continua ancora nel suo vergognoso mestiere: se a costoro si debba dare la comunione come agli altri cristiani.

Credo che disdica sia alla maestà divina che alla disciplina evangelica il lasciar contaminare la santità e l'onore della Chiesa da contagi così turpi e infami ».

Se invece i peccatori non sono notori, ma occulti, non si può negare loro la santa comunione quando la chiedono.

Essendo infatti ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una ragione manifesta.

Per questo, commentando le parole di S. Paolo [ 1 Cor 5,11 ]: « Se uno tra voi porta il nome di fratello », ecc., S. Agostino [ Glossa P. Lomb. ] afferma: « Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile ».

Tuttavia il sacerdote che è al corrente della colpa può ammonire privatamente il peccatore occulto, oppure avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa.

Infatti dopo il pentimento e la riconciliazione non si può negare la comunione neppure ai peccatori pubblici, specialmente in punto di morte.

Tanto che in un Concilio di Cartagine [ III, a. 398, c. 5 ] si legge: « Agli uomini di teatro, agli istrioni e alle altre persone della stessa categoria, come anche agli apostati, quando si convertono a Dio non si neghi la riconciliazione ».

Analisi delle obiezioni:

1. È proibito dare le cose sante ai « cani », cioè ai peccatori notori.

Ma le colpe occulte non possono essere punite pubblicamente, bensì vanno rimesse al giudizio di Dio.

2. Sebbene per un peccatore occulto sia peggio peccare mortalmente ricevendo il corpo di Cristo che essere infamato, tuttavia per il sacerdote che lo amministra è peggio peccare mortalmente infamando ingiustamente un peccatore occulto, che permettergli di peccare mortalmente: poiché nessuno deve commettere un peccato mortale per evitare la colpa di un altro.

Per cui S. Agostino [ Quaest. in Gen. 19,8 ] ha scritto: « È una compensazione pericolosissima il commettere noi qualcosa di male affinché un altro non faccia un male più grave ».

Il peccatore occulto però da parte sua è tenuto a preferire l'infamia alla comunione sacrilega.

Tuttavia in nessun caso si deve dare un'ostia non consacrata al posto di un'ostia consacrata, poiché ciò facendo il sacerdote farebbe commettere un'idolatria a quanti credono consacrata quell'ostia, cioè ai presenti, o anche allo stesso comunicando: infatti, come dice S. Agostino [ Enarr. in Ps. 99,5 ], « nessuno deve mangiare la carne di Cristo senza prima adorarla ».

E in proposito nei Canoni [ Decretales 3,41,7] si legge: « Sebbene chi per coscienza di un crimine sa di essere indegno pecchi gravemente accostandosi senza rispetto all'Eucaristia, tuttavia peccherebbe più gravemente chi ingannandolo osasse simulare il sacramento ».

3. Quei decreti sono stati abrogati da documenti contrari dei Romani Pontefici.

Infatti il Papa Stefano [ Decr. di Graz. 2,2,5,20 ] dice: « I sacri canoni non consentono di estorcere a nessuno la confessione con la prova del ferro infuocato o dell'acqua bollente.

Poiché i delitti pubblici vengono demandati al giudizio della nostra autorità per spontanea confessione o per certa testimonianza, ma i delitti occulti e ignoti vanno lasciati a colui che solo conosce il cuore degli uomini ».

E le stesse norme si trovano ripetute nei Canoni [ Decretales 5,34,8 ].

Infatti in tutte queste prove si ha una tentazione di Dio, per cui non possono essere fatte senza peccato.

Più grave poi sarebbe se in questo sacramento, che fu istituito come mezzo di salvezza, qualcuno dovesse incorrere in una sentenza di morte.

Quindi il corpo di Cristo non va assolutamente dato a chi sia sospettato di un delitto, a modo di prova.

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