Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 13, q. 1, a. 3, sol. 1, 2
Pare che la distribuzione di questo sacramento non spetti solo al sacerdote.
1. Il sangue di Cristo non appartiene a questo sacramento meno del corpo.
Ma il sangue di Cristo viene dispensato dai diaconi, tanto che S. Lorenzo [ cf. Ambr. De off. ministr. 1,41 ] disse a S. Sisto: « Prova se hai scelto un buon ministro, quello a cui affidasti la distribuzione del sangue del Signore ».
Quindi anche la distribuzione del corpo del Signore non appartiene solo ai sacerdoti.
2. I sacerdoti sono costituiti ministri dei sacramenti.
Ora, questo sacramento si compie nella consacrazione della materia, non già nell'uso, a cui si riferisce la sua distribuzione.
Quindi distribuire il corpo del Signore non spetta al sacerdote.
3. Questo sacramento, scrive Dionigi [ De eccl. hier. 3,1 ], ha « una virtù perfettiva », come anche la cresima.
Ma cresimare i battezzati non spetta al sacerdote, bensì al vescovo.
Quindi anche dispensare questo sacramento spetta al vescovo, non al sacerdote.
Nei Canoni [ Decr. di Graz. 3,2,29 ] si legge: « Siamo venuti a sapere che alcuni presbiteri consegnano a un laico o a una donna il corpo del Signore perché lo portino agli infermi.
Il sinodo perciò proibisce che tale abuso continui: il sacerdote comunichi egli stesso gli infermi ».
La distribuzione del corpo del Signore compete al sacerdote per tre motivi.
Primo, poiché, come si è detto [ a. 1 ], egli consacra in persona di Cristo.
Ora, come Cristo consacrò da sé il proprio corpo, così da sé lo distribuì agli altri.
Come quindi appartiene al sacerdote consacrare il corpo di Cristo, così appartiene a lui distribuirlo.
Secondo, poiché il sacerdote è costituito intermediario fra Dio e il popolo.
Come quindi spetta a lui offrire a Dio i doni del popolo, così spetta a lui dare al popolo i doni santi di Dio.
Terzo, poiché per rispetto verso questo sacramento esso non viene toccato da cosa alcuna che non sia consacrata: per cui sono consacrati il corporale, il calice, e anche le mani del sacerdote, per poter toccare questo sacramento.
A nessun altro quindi è permesso di toccarlo all'infuori di un caso di necessità: p. es. se stesse per cadere a terra, o in altri casi simili.
1. Al diacono, in quanto prossimo all'ordine sacerdotale, spettano alcuni compiti di tale ufficio, ossia la facoltà di dispensare il sangue; non però quella di dispensare il corpo, se non in caso di necessità, dietro comando del vescovo o del sacerdote.
Primo, poiché il sangue di Cristo è contenuto nel calice.
Quindi non è a contatto con chi lo distribuisce, come lo è invece il corpo di Cristo.
- Secondo, poiché il sangue significa la redenzione che deriva al popolo da Cristo, tanto che al sangue viene mescolata dell'acqua per indicare il popolo.
Ora, trovandosi i diaconi fra il sacerdote e il popolo, ad essi si addice più la distribuzione del sangue che quella del corpo.
2. All'identica persona spetta dispensare e consacrare l'Eucaristia, per la ragione che abbiamo indicata [ nel corpo ].
3. Come il diacono partecipa in qualcosa della « virtù illuminativa » del sacerdote in quanto dispensa il sangue, così il sacerdote partecipa del « governo perfettivo » del vescovo in quanto dispensa l'Eucaristia, che perfeziona l'uomo in se stesso unendolo a Cristo.
Invece gli altri perfezionamenti che dispongono l'uomo in rapporto al prossimo sono riservati al vescovo.
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