Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 14, q. 1, a. 4, sol. 3; In Hebr., c. 6, lect. 1
Pare che il sacramento della penitenza non possa essere ricevuto più volte.
1. L'Apostolo [ Eb 6,4.6 ] afferma: « Quelli che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, che sono diventati partecipi dello Spirito Santo, se cadono è impossibile ricondurli a penitenza ».
Ora, quanti hanno fatto penitenza sono stati illuminati, e hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo.
Quindi chiunque pecca dopo la penitenza non può pentirsi una seconda volta.
2. S. Ambrogio [ De poenit 2,10 ] scrive: « Si trovano di quelli che ritengono di poter fare più volte penitenza.
Sono coloro che nella religione cristiana si danno ai bagordi.
Se infatti essi facessero penitenza davvero, non crederebbero di poterla reiterare: poiché come unico è il battesimo, così unica è la penitenza ».
Ma il battesimo non può essere ripetuto.
Quindi neppure la penitenza.
3. I miracoli compiuti dal Signore per guarire le malattie del corpo stanno a significare la guarigione delle malattie spirituali, cioè la purificazione dai peccati.
Ora, nel Vangelo non si riscontra che il Signore abbia ridato due volte la vista a un cieco, o che abbia mondato due volte lo stesso lebbroso, o risuscitato due volte un morto.
Pare quindi che a nessun peccatore venga concesso due volte il perdono dei peccati.
4. S. Gregorio [ In Evang. hom. 34 ] insegna: « La penitenza consiste nel piangere i peccati commessi, e nel non più commettere cose degne di pianto ».
E S. Isidoro [ Sent. 2,16 ] scrive: « È un derisore e non un penitente colui che torna a compiere ciò di cui si è pentito ».
Se quindi uno è pentito davvero, non pecca di nuovo.
Quindi la penitenza non può essere reiterata.
5. La penitenza deve la sua efficacia alla passione di Cristo, come il battesimo.
Ma il battesimo non può essere ripetuto per l'unità della passione e della morte di Cristo.
Quindi per lo stesso motivo non si può ripetere la penitenza.
6. S. Ambrogio [ In Ps 118, 8, sul v. 58 ] scrive: « La facilità del perdono è un incentivo a peccare ».
Se quindi Dio offrisse spesso il perdono attraverso la penitenza, darebbe egli stesso agli uomini un incentivo a peccare: e così mostrerebbe di gradire il peccato.
Il che è incompatibile con la sua bontà.
Perciò la penitenza non può essere ripetuta.
L'uomo viene indotto alla misericordia dall'esempio della misericordia di Dio, secondo le parole evangeliche [ Lc 6,36 ]: « Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro ».
Ora, il Signore impone ai discepoli una misericordia che spinge a perdonare più volte i fratelli che peccano contro di loro.
Infatti a Pietro il quale chiedeva [ Mt 18,21s ]: « Quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? », Gesù rispose: « Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette ».
Perciò anche Dio offre più volte il perdono ai peccatori con la penitenza; soprattutto quando ci esorta a chiedere: « Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori » [ Mt 6,12 ].
A proposito della penitenza alcuni hanno errato affermando che con essa l'uomo non può ottenere una seconda volta il perdono dei peccati.
Alcuni di costoro, cioè i Novaziani, arrivarono al punto di insegnare che dopo la prima penitenza che si compie nel battesimo il peccatore non può più risorgere mediante la penitenza.
- Ci furono invece altri eretici, come riferisce S. Agostino [ De vera et falsa poenit. 5 ], i quali ammettevano l'utilità della penitenza dopo il battesimo, però non più di una volta.
Ora, questi errori pare che siano derivati da due motivi.
Primo, dal fatto che costoro si ingannavano sulla natura della vera penitenza.
Includendo infatti quest'ultima la carità, senza della quale non c'è remissione dei peccati, essi credevano che una volta avuta la carità questa non potesse mai essere perduta: per cui anche la penitenza, se è vera, non verrebbe mai tolta dal peccato, così da doversi necessariamente reiterare.
Ma questo errore è stato già confutato nella Seconda Parte [ II-II, q. 24, a. 11 ], dove abbiamo dimostrato che la carità posseduta può essere perduta per l'instabilità del libero arbitrio: per cui anche dopo una vera penitenza uno può peccare mortalmente.
Secondo, dal fatto che si ingannavano nel valutare la gravità del peccato.
Pensavano infatti che il peccato commesso dopo il perdono ottenuto fosse così grave da non poter essere rimesso.
E in ciò si ingannavano sia relativamente al peccato, il quale anche dopo il perdono ottenuto può essere più grave o meno grave del primo peccato rimesso, sia, e più ancora, riguardo all'infinità della misericordia divina, che è sopra ogni numero e grandezza dei peccati, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 51,3 ]: « Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nel tuo grande amore cancella il mio peccato ».
Da cui la riprovazione delle parole di Caino [ Gen 4,13 ]: « La mia colpa è troppo grande per ottenere perdono ».
Quindi la misericordia di Dio è offerta ai peccatori senza alcuna limitazione, per cui si legge [ Oraz. di Manasse, apocr., su 2 Cr 33,11-13 ]: « Immensa e insondabile è la misericordia della tua promessa circa i peccati degli uomini ».
Perciò è evidente che la penitenza può essere ripetuta più volte.
1. Dato che presso i Giudei esistevano delle abluzioni istituite dalla legge con le quali essi si purificavano ripetutamente dalle loro impurità, alcuni Giudei credevano che ci si potesse purificare più volte anche con l'abluzione del battesimo.
Per dissipare dunque questo errore l'Apostolo scrive nella sua lettera agli Ebrei che è impossibile « ricondurre di nuovo a penitenza coloro i quali furono una volta illuminati » mediante il battesimo, il quale è « un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo », come dice in un altro luogo [ Tt 3,5 ].
E ne assegna la ragione nel fatto che con il battesimo l'uomo muore insieme con Cristo.
Per cui aggiunge: « crocifiggendo di nuovo in se stessi il Figlio di Dio ».
2. S. Ambrogio parla in quel testo della penitenza pubblica o solenne, che la Chiesa non usa ripetere, come vedremo [ Suppl., q. 28, a. 2 ].
3. Come spiega S. Agostino [ l. cit. ], « il Signore rese la vista a molti ciechi e guarì molti storpi in tempi diversi per mostrare in questa molteplicità che spesso vengono rimessi anche gli stessi peccati: per cui illumina quel cieco che prima aveva sanato dalla lebbra.
Guarì dunque tanti ciechi, zoppi e paralitici perché il peccatore non abbia a disperarsi.
E d'altra parte non si legge che abbia guarito qualcuno più di una volta, affinché tutti temano di contaminarsi col peccato.
Egli si dà l'appellativo di medico, e dice di essere venuto non per i sani, ma per i malati: e tuttavia che medico sarebbe, se non sapesse curare il male più di una volta?
Infatti è proprio dei medici curare cento volte chi cento volte si ammala.
Ora, egli sarebbe un medico meno capace se non sapesse fare ciò che è possibile agli altri ».
4. Fare penitenza significa piangere i peccati commessi e non commettere in atto o nell'intenzione, mentre le si piangono, cose degne di pianto.
Poiché è derisore e non penitente colui che mentre si pente compie ciò di cui si pente: infatti egli si propone di compiere ciò che ha già compiuto, oppure anche cade attualmente in un peccato dello stesso o di un altro genere.
Il fatto invece che in seguito uno pecchi, sia con l'atto che con il desiderio, non esclude che la penitenza precedente fosse sincera, poiché la sincerità di un atto precedente non viene mai esclusa dall'atto contrario successivo: come infatti corre realmente chi poi si siede, così può pentirsi veramente chi poi ricade nel peccato.
5. Il battesimo riceve dalla passione di Cristo la virtù di produrre una rigenerazione spirituale, con la morte spirituale alla vita precedente.
Ora, « è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta » [ Eb 9,27 ], e che nascano una sola volta.
Per questo l'uomo può essere battezzato una sola volta.
La penitenza invece riceve dalla passione di Cristo la virtù propria di una medicina spirituale, che può essere somministrata più volte.
6. S. Agostino [ l. cit. ] nota che « a Dio dispiacciono tanto i peccati proprio per il fatto che è sempre pronto a distruggerli, affinché non vada in rovina ciò che ha creato, e non si corrompa », per la disperazione, « ciò che ha amato ».
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