Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se la penitenza possa rimettere un peccato senza rimettere gli altri

I-II, q. 73, a. 1; In 4 Sent., d. 15, q. 1, a. 3, sol. 1; d. 18, q. 2, a. 5, sol. 3, ad 1

Pare che la penitenza possa rimettere un peccato senza rimettere gli altri.

Infatti:

1. In Amos [ Am 4,7 ] Dio si esprime in questi termini: « Facevo piovere sopra una città e non sopra un'altra; un campo era bagnato dalla pioggia mentre l'altro, su cui non pioveva, seccava ».

E S. Gregorio [ In Ez 1, hom. 10 ], spiegando la frase, afferma: « Quando chi odia il prossimo si corregge dagli altri vizi, è come una medesima città che in una parte riceve la pioggia e nell'altra rimane all'asciutto: poiché vi sono alcuni che, pur eliminando certi vizi, si ostinano in altri ».

Quindi è possibile che la penitenza rimetta un peccato senza rimettere gli altri.

2. S. Ambrogio [ In Ps. 118, serm. 18 ] scrive: « La prima consolazione sta nel fatto che Dio non tralascia di usare misericordia; la seconda sta nella punizione, nella quale, anche se manca la fede, la pena serve a soddisfare e a risollevare ».

Quindi uno può essere liberato da un peccato pur restando nel peccato di incredulità.

3. Quando più cose non hanno la necessità di stare insieme, si può togliere l'una senza togliere l'altra.

Ora i peccati, come si è spiegato nella Seconda Parte [ I-II, q. 73, a. 1 ], non sono connessi così da non poter fare a meno l'uno dell'altro.

Perciò la penitenza può rimetterne uno senza rimettere gli altri.

4. I peccati sono dei debiti di cui nel Padre nostro chiediamo il condono: « Rimetti a noi i nostri debiti ».

Ma l'uomo talora rimette un debito senza rimettere gli altri.

Quindi anche Dio può rimettere per la penitenza un peccato senza rimettere gli altri.

5. I peccati vengono perdonati agli uomini per l'amore che Dio ha verso di loro, secondo le parole di Geremia [ Ger 31,3 ]: « Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà ».

Ora, nulla impedisce che Dio ami un uomo per una data cosa restando adirato con lui per un'altra: come nel peccatore egli ama la natura e odia la colpa.

Perciò è possibile che per la penitenza Dio rimetta un peccato senza rimettere gli altri.

In contrario:

S. Agostino [ De vera et falsa poenit. 9 ] ha scritto: « Ci sono alcuni che si pentono di aver peccato, però non completamente, poiché si riservano delle colpe di cui godono, senza notare che il Signore liberò dal demonio uno che era insieme sordo e muto, insegnandoci così che noi non saremo affatto guariti se non lo saremo da tutti i peccati ».

Dimostrazione:

È impossibile che con la penitenza venga rimesso un peccato senza che vengano rimessi anche gli altri.

Primo, poiché un peccato viene rimesso in quanto l'offesa di Dio viene eliminata dalla grazia: infatti nella Seconda Parte [ I-II, q. 109, a. 7; q. 113, a. 2 ] abbiamo spiegato che nessun peccato può essere rimesso senza la grazia.

Ma ogni peccato mortale è contrario alla grazia e incompatibile con essa.

È quindi impossibile che un peccato venga rimesso senza che lo siano anche gli altri.

Secondo, poiché il peccato mortale, come si è notato sopra [ a. 2 ], non può essere rimesso che mediante una vera penitenza, la quale implica l'abbandono del peccato quale offesa di Dio.

E questo è un aspetto comune a tutti i peccati mortali.

Ma un identico principio produce il medesimo effetto.

Quindi uno non può pentirsi veramente di un peccato senza pentirsi degli altri.

Se infatti egli si pente di un peccato in quanto è contro Dio amato sopra ogni cosa, il che è richiesto dalla nozione della vera penitenza, ne segue che egli si pentirà di tutti i peccati.

È quindi impossibile che venga rimesso un peccato senza la remissione degli altri.

Terzo, poiché ciò sarebbe incompatibile con la perfezione della misericordia di Dio, « le cui opere sono perfette », come si legge [ Dt 32,4 ].

Se dunque egli perdona, perdona totalmente.

Da cui le parole di S. Agostino [ l. cit. ]: « Sperare un perdono dimezzato da colui che è giusto ed è la stessa giustizia, è un'empietà che rientra nell'incredulità ».

Analisi delle obiezioni:

1. Quelle parole di S. Gregorio non si riferiscono alla remissione della colpa, ma alla cessazione dal peccato: poiché talvolta chi è abituato a commettere molti peccati ne abbandona uno, ma non un altro.

Il che avviene grazie all'aiuto di Dio, aiuto che però non arriva fino alla remissione della colpa.

2. In quel testo di S. Ambrogio la « fede » non è la virtù per cui crediamo in Cristo: poiché S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 89 ] spiegando le parole di Cristo [ Gv 15,22 ]: « Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero contratto il peccato », cioè il peccato di incredulità, scrive: « Questo è il peccato che tiene insieme tutti i peccati ».

« Fede » sta qui invece al posto di « coscienza »: poiché capita che uno consegua la remissione dei peccati di cui non ha coscienza mediante le pene che pazientemente sopporta.

3. Sebbene i peccati non siano connessi in quanto si volgono al bene commutabile, sono però connessi in quanto distolgono dal bene incommutabile: aspetto questo che è comune a tutti i peccati mortali.

Ed è sotto questo aspetto che essi sono un'offesa che deve essere eliminata dalla penitenza.

4. Il debito di beni esterni, p. es. di danaro, non è incompatibile con l'amicizia, che spinge a condonarlo.

Per cui è possibile condonare un debito senza condonarne un altro.

Ma il debito della colpa è incompatibile con l'amicizia.

Perciò una colpa o un'offesa non può venire rimessa senza le altre.

E sarebbe ridicolo che anche a un uomo si chiedesse il perdono di un'offesa senza chiederlo per le altre.

5. L'amore con cui Dio ama la natura di un uomo non è ordinato al bene della gloria, dalla quale l'uomo viene distolto con qualsiasi peccato mortale.

Invece l'amore [ soprannaturale ] della grazia, da cui deriva la remissione del peccato mortale, ordina l'uomo alla vita eterna, secondo l'espressione di S. Paolo [ Rm 6,23 ]: « La grazia di Dio è la vita eterna ».

Quindi il paragone non regge.

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