Summa Teologica - III |
II-II, q. 152, a. 3, ad 3; In 4 Sent., d. 14, q. 2, a. 2
Pare che dopo la penitenza l'uomo risorga nello stesso grado di virtù.
1. L'Apostolo [ Rm 8,28 ] scrive: « Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio », e la Glossa [ P. Lomb. ], tratta da S. Agostino, spiega che ciò è tanto vero « che se alcuni di essi deviano ed escono fuori di strada, Dio fa sì che anche questo giovi al loro bene ».
Ora, ciò non avverrebbe se uno risorgesse in un grado inferiore di virtù.
2. S. Ambrogio [ Ps. Agost., Hypognost. 3,9 ] afferma che « la penitenza è quell'ottima cosa che convoglia verso la perfezione tutti i difetti ».
Ora, ciò non avverrebbe se le virtù non fossero ricuperate nello stesso grado di prima.
Quindi mediante la penitenza si ricupera sempre una virtù dello stesso grado.
3. A proposito di quel testo della Genesi [ Gen 1,5 ]: « Fu sera e fu mattina: primo giorno », la Glossa [ cf. Agost., De Gen. ad litt. 1,17.32 ] spiega: « La luce vespertina è quella che la caduta ci fa perdere, la luce mattutina è quella nella quale si risorge ».
Ma la luce mattutina è superiore alla vespertina.
Quindi si risorge con una grazia o carità superiore a quella perduta.
- Il che pare anche concordare con quanto dice l'Apostolo [ Rm 5,20 ]: « Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia ».
La carità dei proficienti o dei perfetti è superiore a quella degli incipienti.
Ora, capita che uno cada mentre possiede la carità dei proficienti, e risorga con la carità degli incipienti.
Quindi l'uomo risorge sempre con un grado inferiore di virtù.
Il moto del libero arbitrio che si riscontra nella giustificazione del peccatore è l'ultima disposizione dell'uomo alla grazia, come si è rilevato sopra [ a. 1, ad 2 ]: per cui nello stesso istante si ha l'infusione della grazia e il predetto moto del libero arbitrio, come si è visto nella Seconda Parte [ I-II, q. 113, a. 8 ]; nel quale moto si riscontra l'atto della penitenza, secondo le spiegazioni date in precedenza [ q. 86, a. 6, ad 1 ].
Ora, è evidente che le forme suscettibili di una maggiore o minore intensità sono di un grado maggiore o minore secondo la diversa disposizione del soggetto, come si è spiegato nella Seconda Parte [ I-II, q. 52, aa. 1,2 ].
Perciò, a seconda che il moto del libero arbitrio nella penitenza è più intenso o più debole, il penitente consegue una grazia maggiore o minore.
Ora, accade che l'intensità del moto suddetto è proporzionata a una grazia talora superiore, talora uguale e talora inferiore a quella da cui il penitente era decaduto col peccato.
Perciò il penitente talora risorge con una grazia superiore a quella precedente, talora con una grazia uguale, talora anche con una grazia inferiore.
E lo stesso si dica delle virtù che accompagnano la grazia.
1. Non per tutti coloro che amano Dio coopera al bene il fatto di decadere dall'amore di Dio con il peccato, come è evidente nel caso di coloro che cadono e non risorgono più, oppure risorgono per cadere di nuovo, ma solo « per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno », cioè per i predestinati; i quali, per quante volte cadano, tuttavia alla fine risorgono.
Perciò la caduta torna a loro vantaggio non perché risorgano con una grazia più grande, ma perché risorgono con una grazia più duratura: e ciò non dalla parte della grazia, la quale quanto più è grande, tanto più è duratura, ma dalla parte del soggetto, il quale tanto più è stabile nella grazia quanto più è cauto e umile.
Per cui la Glossa riferita aggiunge che la caduta torna a loro vantaggio « perché si rialzano più umili e più prudenti ».
2. La penitenza ha di per sé la virtù di riparare alla perfezione tutti i difetti, e anzi di promuovere a uno stato superiore: ciò però viene talora impedito da parte dell'uomo, che si muove con poco impegno nella ricerca di Dio e nella detestazione del peccato.
Come anche nel battesimo gli adulti conseguono una grazia maggiore o minore a seconda del diverso modo con cui vi si dispongono.
3. La comparazione dell'una e dell'altra grazia alla luce vespertina e a quella mattutina è legata alla somiglianza nell'ordine di successione, poiché alla luce vespertina seguono le tenebre della notte, mentre alla luce mattutina segue la luce del giorno, ma non è legata alla maggiore o minore somiglianza rispetto all'intensità.
Le parole di S. Paolo poi vanno riferite alla grazia, che supera tutta l'abbondanza dei peccati dell'uomo.
Ma non è vero in ogni caso che quanto più uno ha peccato tanta più grazia riceve, rispetto alla quantità della grazia abituale.
Si ha tuttavia una grazia sovrabbondante rispetto alla nozione stessa di grazia: poiché per un più grande peccatore il beneficio del perdono è maggiormente gratuito.
- Capita tuttavia in certi casi che quanti hanno maggiormente peccato concepiscano un dolore maggiore: e allora essi conseguono un più ricco abito di grazia e di virtù, come è evidente nel caso della Maddalena [ Lc 7,47 ].
4. [ S. c. ]. All'argomento in contrario si deve rispondere che nell'identico uomo la grazia del proficiente è superiore a quella dell'incipiente, ma in uomini diversi ciò non è necessario.
Infatti uno può iniziare da una grazia maggiore di quella di un proficiente, come dice S. Gregorio [ Dial. 2,1 ]: « Conoscano gli uomini presenti e futuri con quanta perfezione S. Benedetto fanciullo abbia iniziato a vivere nella grazia dello stato religioso ».
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