Summa Teologica - III |
II-II, q. 152, a. 3, ad 3; In 4 Sent., d. 14, q. 2, a. 2
Pare che mediante la penitenza le virtù non vengano restituite.
1. Le virtù perdute non possono essere restituite se non perché la penitenza è capace di causarle.
Ma la penitenza, essendo una virtù, non può essere la causa di tutte le virtù: soprattutto se pensiamo che alcune sono per natura superiori alla penitenza, come si è visto [ q. 85, a. 6 ].
Quindi esse non vengono restituite dalla penitenza.
2. La penitenza consiste in certi atti del penitente.
Ora, le virtù soprannaturali non vengono causate dai nostri atti: infatti S. Agostino [ De lib. arb. 2,19.51 ] afferma che le virtù « Dio le causa in noi senza di noi ».
Pare quindi che le virtù non vengano restituite dalla penitenza.
3. Chi possiede una virtù opera senza obiezioni e con piacere: per cui il Filosofo [ Ethic. 1,8 ] afferma che « non è giusto colui che non gode del suo atto di giustizia ».
Ora, molti penitenti sentono obiezioni nel compiere gli atti virtuosi.
Quindi dalla penitenza non vengono restituite le virtù.
Nella parabola evangelica [ Lc 15,22 ] il padre comanda che il figlio pentito sia rivestito « con il vestito più bello », che secondo S. Ambrogio [ In Lc 7 ] è « la veste della sapienza », la quale è accompagnata da tutte le virtù, secondo le parole della Scrittura [ Sap 8,7 ]: « Essa insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita ».
Quindi dalla penitenza vengono restituite tutte le virtù.
Come si è visto sopra [ q. 86, aa. 1,6 ], con la penitenza vengono rimessi i peccati.
Ma la remissione dei peccati non può aversi senza l'infusione della grazia.
Quindi mediante la penitenza viene infusa nell'uomo la grazia.
Ma dalla grazia derivano tutte le virtù infuse, come dall'essenza dell'anima promanano tutte le potenze, secondo le spiegazioni date nella Seconda Parte [ I-II, q. 110, a. 4 ].
Si deve perciò concludere che con la penitenza vengono restituite tutte le virtù.
1. La penitenza, come si è già notato [ nel corpo ], restituisce le virtù in quanto è causa della grazia.
Ma essa è causa della grazia in quanto sacramento: poiché in quanto virtù la penitenza è più effetto che causa della grazia.
Perciò non segue che la penitenza in quanto virtù sia causa di tutte le altre virtù, ma che essa viene causata dal sacramento insieme con gli abiti delle altre virtù.
2. Nel sacramento della penitenza gli atti umani costituiscono la materia, ma il principio formale di questo sacramento sta nel potere delle chiavi.
Quindi il potere delle chiavi è la causa efficiente della grazia e delle virtù, anche se in maniera strumentale.
Invece il primo atto del penitente, cioè la contrizione, costituisce come l'ultima disposizione al conseguimento della grazia, mentre gli atti successivi derivano già dalla grazia e dalle virtù.
3. Come si è già detto [ q. 86, a. 5 ], talora dopo il primo atto della penitenza, che è la contrizione, rimangono [ nell'anima ] certe scorie dei peccati, cioè delle disposizioni causate dagli atti peccaminosi precedenti, in seguito alle quali nascono per il penitente certe obiezioni nel compiere gli atti virtuosi; ma per quanto dipende dall'inclinazione della carità e delle altre virtù, il penitente compie gli atti virtuosi con piacere e senza obiezioni.
Si tratta cioè di una obiezioni accidentale, simile a quella di una persona virtuosa che nel compiere un atto di virtù venisse disturbata dal sonno o da un'altra indisposizione corporale.
Indice |