Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 36, q. 1, a. 5, ad 1; In 4 Sent., d. 14, q. 2, a. 3, sol. 2; d. 21, q. 1, a. 1, sol. 1, ad 3; d. 22, q. 1, a. 1, ad 6; In Hebr., c. 6, lect. 1
Pare che gli atti virtuosi compiuti nella carità non possano essere « mortificati ».
1. Ciò che non esiste non può essere mutato.
Ma il subire la morte è una mutazione dalla vita alla morte.
Poiché dunque gli atti virtuosi dopo essere stati compiuti non esistono più, è chiaro che non possono venire « mortificati ».
2. Con gli atti virtuosi compiuti nella carità l'uomo merita la vita eterna.
Ora, sottrarre la mercede a chi l'ha meritata è un'ingiustizia, che è inconcepibile in Dio.
Quindi è impossibile che gli atti virtuosi compiuti nella carità vengano « mortificati » dal peccato che li segue.
3. Ciò che è più potente non può essere distrutto da ciò che è più debole.
Ma le opere della carità sono più forti di tutti i peccati: poiché, come si legge nei Proverbi [ Pr 10,12 ], « l'amore ricopre ogni colpa ».
Perciò le opere compiute nella carità non possono venire « mortificate » da un peccato mortale successivo.
In Ezechiele [ Ez 18,24 ] si legge: « Se il giusto si allontana dalla giustizia, tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate ».
Un essere vivo perde con la morte le operazioni della vita: per cui si dice metaforicamente che certe cose vengono « mortificate » quando se ne impedisce l'effetto o l'operazione.
Ora, l'effetto degli atti virtuosi compiuti nella carità è quello di condurre alla vita eterna.
Il che viene impedito dal peccato mortale successivo, che toglie la grazia.
Per questo motivo dunque si dice che le opere compiute nella carità vengono « mortificate » dal peccato mortale successivo.
1. Come gli atti peccaminosi passano quanto all'atto, ma rimangono quanto al reato, così gli atti compiuti nella carità, dopo essere passati quanto al loro atto, rimangono quanto al merito nel gradimento di Dio.
Ed è sotto questo aspetto che essi vengono « mortificati »: inquantoché l'uomo viene impedito dal conseguire la sua mercede.
2. Si può sottrarre senza ingiustizia la mercede quando chi l'ha meritata se ne è reso indegno con una colpa successiva.
Infatti talvolta uno può perdere giustamente per una colpa anche ciò che aveva già conseguito.
3. Le opere compiute nella carità non vengono « mortificate » per la potenza delle opere del peccato, ma per la libertà del volere che può deflettere dal bene verso il male.
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