Summa Teologica - III

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Articolo 5 - Se le opere « mortificate » dal peccato reviviscano con la penitenza

In 4 Sent., d. 14, q. 2, a. 3, sol. 3; d. 22, q. 1, a. 1, ad 6; In Thess., c. 3, lect. 1; In Hebr., c. 6, lectt. 1, 3

Pare che le opere « mortificate » dal peccato non reviviscano con la penitenza.

Infatti:

1. Come i peccati passati vengono rimessi dalla penitenza che li segue, così anche le opere compiute nella carità vengono annullate o « mortificate » dal peccato successivo.

Ma i peccati rimessi non ritornano con la penitenza, come si è dimostrato sopra [ q. 88, a. 1 ].

Quindi neppure le opere mortificate reviviscono per la carità.

2. Si dice che le opere vengono « mortificate » a somiglianza degli animali che muoiono, come si è detto [ a. 4 ].

Ma un animale morto non può essere di nuovo vivificato.

Quindi neppure le opere « mortificate » possono reviviscere con la penitenza.

3. Le opere compiute nella carità meritano la gloria secondo la misura della grazia e della carità.

Ma talora con la penitenza uno risorge con una grazia o carità inferiore a quella di prima.

Quindi non può conseguire la gloria secondo i meriti delle opere precedenti.

Perciò pare che le opere « mortificate » dal peccato non reviviscano.

In contrario:

Spiegando quel testo di Gioele [ Gl 2,25 ]: « Vi compenserò delle annate che ha divorato la locusta », la Glossa [ interlin. ] afferma: « Non permetterò che perisca l'abbondanza che la perturbazione della vostra anima vi ha fatto perdere ».

Ma tale abbondanza è il merito delle opere buone, che fu perduto per il peccato.

Quindi con la penitenza reviviscono le opere meritorie compiute prima del peccato.

Dimostrazione:

Alcuni hanno affermato che le opere meritorie mortificate dal peccato non reviviscono con la penitenza successiva, tenuto conto del fatto che tali opere non rimangono, così da poter essere poi di nuovo vivificate.

Ma ciò non può impedire la loro reviviscenza.

Esse infatti hanno il potere di condurre alla vita eterna, nella qual cosa consiste la loro vita, non solo in quanto esistono attualmente, ma anche dopo che hanno cessato di esistere, in quanto rimangono nell'accettazione di Dio.

E qui esse rimangono per loro natura anche dopo che sono state mortificate dal peccato: poiché tali opere in quanto furono fatte saranno sempre accette a Dio, e i santi ne godranno, secondo le parole dell'Apocalisse [ Ap 3,11 ]: « Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona ».

Che poi esse non siano capaci di condurre alla vita eterna colui che le compì, deriva dall'impedimento del peccato successivo, che rese costui indegno della vita eterna.

Ma tale impedimento viene tolto dalla penitenza, poiché con essa vengono rimessi i peccati.

Perciò ne segue che le opere già « mortificate » ricuperano con la penitenza la capacità di condurre alla vita eterna colui che le ha compiute: il che significa che esse reviviscono.

È quindi evidente che le opere « mortificate » reviviscono con la penitenza.

Analisi delle obiezioni:

1. Le opere del peccato vengono distrutte in se stesse dalla penitenza: in modo che, per la misericordia di Dio, di esse non rimane né la macchia né il reato.

Invece le opere compiute nella carità non vengono distrutte da Dio, nella cui accettazione rimangono, ma solo incontrano un impedimento dalla parte dell'uomo.

E così, tolto questo impedimento dalla parte dell'uomo, Dio compie da parte sua ciò che le opere meritavano.

2. Le opere compiute nella carità non muoiono in se stesse, come si è già notato [ nel corpo ], ma solo per l'impedimento sorto dalla parte di chi le ha compiute.

Invece gli animali muoiono per se stessi, poiché vengono privati del principio vitale.

Perciò il paragone non regge.

3. Colui che mediante la penitenza risorge con una carità minore, conseguirà il premio essenziale secondo la misura della carità in cui si troverà a morire; tuttavia avrà una gioia più grande per le opere compiute nel primo periodo vissuto nella carità che per quelle compiute nel secondo: il che rientra nel premio accidentale.

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