Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se i peccati rimessi ritornino con un peccato successivo

In 4 Sent., d. 22, q. 1, a. 1; In Matth., c. 18, in fine

Pare che i peccati rimessi ritornino con un peccato successivo.

Infatti:

1. S. Agostino [ De bapt. 1,12 ] afferma: « Che tornino i peccati perdonati quando manca la somma carità lo insegna apertissimamente il Signore nel Vangelo, nella parabola di quel servo al quale il padrone addebitò di nuovo il debito condonato per non avere egli voluto condonarlo al suo conservo ».

Ma la carità fraterna viene eliminata con qualsiasi peccato mortale.

Quindi con qualsiasi peccato mortale successivo ritornano i peccati rimessi con la penitenza.

2. Nel commentare le parole evangeliche [ Lc 11,24 ]: « Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito », S. Beda [ In Lc 4 ] scrive: « Questo versetto merita da parte nostra più timore che commento: affinché la colpa che credevamo estinta in noi non abbia a opprimerci per la nostra incuria ».

Ma ciò non accadrebbe se non ritornasse.

Perciò le colpe rimesse con la penitenza possono tornare.

3. Il Signore così disse al profeta Ezechiele [ Ez 18,24 ]: « Se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate ».

Ma fra queste opere giuste rientra anche la penitenza precedente: avendo noi già spiegato [ q. 85, a. 3 ] che la penitenza è una parte della giustizia.

Quando dunque chi si è pentito pecca di nuovo, non gli viene più contata la penitenza precedente, con la quale aveva conseguito il perdono dei peccati.

Quindi quei peccati ritornano.

4. I peccati passati vengono ricoperti dalla grazia, come dice S. Paolo [ Rm 4,2ss ] citando le parole del Salmo [ Sal 32,1 ]: « Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e coperto il peccato ».

Ma col peccato mortale successivo la grazia sparisce.

Quindi i peccati commessi in precedenza rimangono scoperti.

Perciò pare che ritornino.

In contrario:

1. L'Apostolo [ Rm 11,29 ] afferma: « I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili ».

Ora, i peccati di chi ha fatto penitenza sono stati rimessi per un dono di Dio.

Quindi per un peccato successivo i peccati rimessi non ritornano, come se Dio si pentisse del perdono accordato.

2. S. Agostino [ Prosp., Resp. ad cap. Gall. 1,2 ] insegna: « Chi abbandona Cristo e finisce questa vita privo della grazia, dove va se non alla perdizione?

Però non ricade in ciò che gli era stato rimesso, né si dannerà per il peccato originale ».

Dimostrazione:

Nel peccato mortale si devono distinguere, come si è detto [ q. 86, a. 4; I-II, q. 87, a. 4 ], due aspetti: l'allontanamento da Dio e la conversione, o adesione, a un bene creato.

Ora, tutto ciò che di allontanamento si trova nel peccato mortale, considerato in se stesso, è comune a tutti i peccati mortali: poiché ogni peccato mortale allontana l'uomo da Dio.

Per cui la macchia, consistente nella privazione della grazia, e il reato della pena eterna, sono comuni a tutti i peccati mortali.

Dal che si comprendono quelle parole di S. Giacomo [ Gc 2,10 ]: « Chi trasgredisce la legge in un punto solo, diventa colpevole di tutto ».

Ma sotto l'aspetto della conversione i peccati mortali sono tra loro diversi, e talvolta contrari.

Perciò è evidente che dal lato della conversione il peccato mortale successivo non fa tornare i peccati mortali prima cancellati.

Altrimenti ne seguirebbe che uno col peccato di prodigalità riacquisterebbe l'abito dell'avarizia, o la disposizione ad essa, che prima era stato cancellato: e così un contrario verrebbe causato dal suo contrario, il che è impossibile.

- Se consideriamo invece nei peccati mortali solo l'aspetto dell'allontanamento, allora col peccato successivo l'uomo viene privato della grazia e diventa reo della pena eterna come lo era prima.

- Siccome però nel peccato mortale l'allontanamento acquista in qualche modo la sua gravità in rapporto al diverso tipo di conversione - per cui l'allontanamento risulta diverso come diversa è la macchia e il reato della pena eterna secondo che deriva da questo o da quell'atto di peccato mortale -, nasce la questione se la macchia e il reato della pena eterna in quanto erano l'effetto dei peccati già rimessi tornino per il peccato mortale successivo.

Alcuni dunque ritengono che essi ritornino in questo modo puramente e semplicemente.

- Ma ciò è impossibile.

Poiché l'opera di Dio non può mai essere annullata dall'opera dell'uomo.

Ora, la remissione dei peccati precedenti è opera della misericordia di Dio.

Quindi non può essere annullata dal peccato successivo dell'uomo, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 3,3 ]: « Forse che la loro incredulità può annullare la fedeltà di Dio? ».

Altri perciò, ponendo che i peccati ritornino, dissero che Dio non rimetterebbe i peccati al penitente quando nella sua prescienza sa che egli peccherà di nuovo, ma si limiterebbe ad accordargli la giustizia presente.

Infatti Dio sa già che costui dovrà essere punito eternamente per quei peccati, e tuttavia con la sua grazia lo rende presentemente giusto.

- Ma anche questa tesi è insostenibile.

Se infatti una causa è posta in modo assoluto, anche l'effetto sarà incondizionato.

Se dunque la remissione dei peccati compiuta dalla grazia e dai sacramenti non fosse incondizionata, ma dipendente da una condizione futura, ne seguirebbe che la grazia e i sacramenti non sarebbero causa efficace della remissione dei peccati.

Il che è un errore, poiché reca ingiuria alla grazia di Dio.

Non è quindi possibile in alcun modo che la macchia e il reato dei peccati precedenti ritornino in quanto effetti di tali atti.

Può capitare invece che un atto peccaminoso successivo contenga virtualmente il reato di un peccato precedente: poiché uno che pecca di nuovo, per ciò stesso viene a peccare più gravemente di prima; secondo le parole di S. Paolo [ Rm 2,5 ]: « Con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira », e ciò per il solo fatto che « viene disprezzata la bontà di Dio, che ci spinge alla conversione » [ Rm 2,4 ]; ma la bontà di Dio viene disprezzata molto di più se dopo la remissione del primo peccato si torna di nuovo a peccare: nella misura appunto in cui è un beneficio più grande rimettere il peccato che avere pazienza con il peccatore.

Perciò col peccato successivo alla penitenza ritorna in qualche modo il reato dei peccati già rimessi: non in quanto causato da questi, ma in quanto causato dall'ultima colpa perpetrata, che viene aggravata dai peccati precedenti.

E questo non è un ritorno dei peccati precedenti puro e semplice, ma sotto un certo aspetto, cioè in quanto sono contenuti virtualmente nel peccato successivo.

Analisi delle obiezioni:

1. Quel testo di S. Agostino va inteso del ritorno dei peccati quanto al reato [ o debito ] della pena eterna considerato in assoluto: cioè per il fatto che chi pecca dopo la penitenza incorre nel reato della pena eterna come prima; sebbene non vi incorra per la medesima ragione.

Per cui S. Agostino [ l. cit. nel s. c. ], dopo aver detto che « non ricade nel peccato già rimesso, né si danna per quello originale », aggiunge: « Tuttavia egli viene colpito da quella stessa morte che gli era dovuta per i peccati rimessi »: incorre cioè nella morte eterna, che aveva meritato con i peccati passati.

2. S. Beda con le parole suddette non intende dire che la colpa già rimessa opprime l'uomo con il ritorno del reato precedente, ma con il ripetersi dell'atto peccaminoso.

3. Il peccato successivo fa dimenticare gli atti precedenti di giustizia in quanto erano meritori della vita eterna, non in quanto erano un impedimento al peccato.

Per cui se uno pecca mortalmente dopo aver restituito un debito, non ridiventa debitore come se non lo avesse restituito.

E molto meno viene dimenticata la penitenza già compiuta quanto alla remissione della colpa, essendo quest'ultima opera più di Dio che dell'uomo.

4. La grazia elimina in modo assoluto la macchia e il reato della pena eterna; copre invece gli atti passati del peccato, facendo sì che a motivo di essi Dio non privi l'uomo della sua grazia e non lo consideri meritevole della pena eterna.

E ciò che la grazia ha fatto una volta, rimane in perpetuo.

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