Supplemento alla III parte |
Pare che l'atto matrimoniale non sia meritorio
1. Il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 1, su 1,18 ] afferma: « Sebbene il matrimonio non procuri punizioni a chi ne usa, tuttavia non procura alcuna mercede ».
Ma il merito è concepito in rapporto alla mercede.
Quindi l'atto matrimoniale non è meritorio.
2. Non è una cosa lodevole abbandonare ciò che è meritorio.
Ora la verginità, con la quale si rinunzia al matrimonio, è una cosa lodevole.
Perciò l'atto matrimoniale non è meritorio.
3. Chi fa uso di un permesso fa uso di una licenza accordata.
Ma con ciò non acquista alcun merito.
Perciò l'atto del matrimonio non è meritorio.
4. Il merito presuppone una obiezioni, al pari della virtù.
Ora, l'atto matrimoniale non presenta obiezioni, ma comporta un piacere.
Quindi non è meritorio.
5. Ciò che non si può fare senza commettere peccato veniale non è meritorio: poiché non si può insieme meritare e demeritare.
Ora, nell'atto matrimoniale una colpa veniale c'è sempre: poiché lo stesso primo moto istintivo verso il piacere è un peccato veniale.
Perciò tale atto non può essere meritorio.
1. Tutti gli atti che eseguono un precetto, se sono compiuti nella carità, sono meritori.
Ora, l'atto matrimoniale è di questo genere, come si rileva dalle parole di S. Paolo [ 1 Cor 7,3 ]: « Il marito compia il suo dovere verso la moglie ».
Quindi, ecc.
2. Ogni atto di virtù è meritorio.
Ma l'atto suddetto è un atto di giustizia: poiché si tratta di « rendere ciò che si deve ».
Perciò è meritorio.
L'atto matrimoniale in chi possiede la grazia è necessariamente peccaminoso o meritorio, poiché nessun atto deliberato è indifferente, come si è visto sopra [ cf. In 2 Sent., d. 40, q. 1, a. 5; I-II, q. 18, a. 9 ].
Se infatti all'atto matrimoniale si è spinti da una virtù, cioè o dalla giustizia, per rendere il debito coniugale, o dalla religione, per procreare dei figli da consacrare al culto di Dio, allora esso è meritorio.
Se invece si è mossi dalla libidine restando nei beni del matrimonio, nel senso cioè che uno mai desidererebbe andare con altre donne, allora è un peccato veniale.
Se al contrario uno è trasportato al di là dei beni del matrimonio, così da essere disposto a compiere quell'atto con qualsiasi altra donna, allora è un peccato mortale.
Poiché la natura o muove stando sottomessa all'ordine della ragione, e allora si ha un moto virtuoso, oppure si rifiuta a tale ordine, e allora si ha un moto di libidine.
1. La radice del merito rispetto al premio sostanziale è la carità, ma rispetto al premio accidentale l'aspetto meritorio sta nella obiezioni dell'atto.
E così l'atto matrimoniale è meritorio non nel secondo, ma nel primo modo.
2. Si può meritare con opere buone piccole o grandi.
Quando dunque uno lascia le opere minori per compiere le maggiori è degno di lode, abbandonando così atti meno meritori.
3. Il « permesso » talvolta riguarda un male minore.
E in questo senso è permesso l'atto matrimoniale mosso dalla libidine entro i limiti del matrimonio: così infatti è un peccato veniale.
Ma quando ad esso si è spinti dalla virtù, che lo rende meritorio, allora quell'atto non è « permesso » se non nel senso che è « concesso », come si dice per un bene minore.
E non c'è alcun inconveniente nel fatto che chi fa uso di tale concessione possa meritare, poiché il buon uso dei benefici di Dio è meritorio.
4. La obiezioni del sacrificio è richiesta per meritare il premio accidentale; ma per il merito relativo al premio essenziale basta la obiezioni che consiste nell'ordinare i mezzi al fine.
E questa si riscontra anche nell'atto del matrimonio.
5. Il primo moto istintivo che è peccato veniale è il moto appetitivo verso un piacere disordinato.
Ma tale disordine non esiste nell'atto matrimoniale.
Quindi l'argomento non regge.
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