Supplemento alla III parte

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Articolo 4 - Se l'atto coniugale sia scusato dai beni suddetti fino a non essere in alcun modo peccaminoso

Pare che l'atto coniugale non sia scusato dai beni suddetti fino a non essere in alcun modo peccaminoso.

Infatti:

1. Chi accetta di subire la privazione di un bene maggiore per un bene minore fa peccato: poiché ammette un disordine.

Ma il bene della ragione, che viene perduto nell'atto coniugale, è superiore ai suddetti tre beni del matrimonio.

Quindi i predetti beni non bastano a coonestare l'atto coniugale.

2. Quando al male si aggiunge del bene, moralmente tutto diventa male: poiché basta una circostanza cattiva a rendere cattiva un'azione, mentre non ne basta una buona per renderla buona.

Ora, l'atto coniugale di per sé è un male: altrimenti non avrebbe bisogno di giustificazioni.

Perciò i beni annessi al matrimonio non bastano a renderlo buono.

3. L'eccesso di passione è sempre un vizio dal punto di vista morale.

Ora, i beni del matrimonio non possono impedire l'eccesso di passione di quell'atto.

Quindi non possono evitare che sia un peccato.

4. Secondo il Damasceno [ De fide orth. 2,15 ] si ha vergogna solo « di un atto turpe ».

Ora, i beni del matrimonio non tolgono che quell'atto sia vergognoso.

Quindi non possono scusarlo dal peccato.

In contrario:

1. L'atto coniugale non differisce dalla fornicazione che per i beni del matrimonio.

Se dunque questi non bastassero a giustificarlo, allora il matrimonio resterebbe sempre illecito.

2. I beni del matrimonio si rapportano all'atto coniugale come le debite circostanze, secondo le spiegazioni date [ a. 1, ad 4 ].

Ma tali circostanze bastano a far sì che un atto non sia cattivo.

Quindi tali beni possono coonestare il matrimonio in modo che esso non sia per nulla peccaminoso.

Dimostrazione:

Un atto può essere scusato in due modi.

Primo, dalla parte del soggetto che lo compie: cioè in modo che non sia imputabile a colpa, sebbene sia cattivo, oppure che ne venga diminuita la responsabilità: come si dice che l'ignoranza scusa dal peccato, in tutto o in parte.

- Secondo, può essere scusato in se stesso: cioè in modo da non essere cattivo.

Ed è in questo senso che i suddetti beni scusano l'atto del matrimonio.

Ora, i motivi che impediscono a un atto di essere moralmente cattivo sono gli stessi che lo rendono buono: poiché, come si è visto [ cf. I-II, q. 18, a. 9 ], non esiste un atto indifferente.

Un atto umano però può essere buono in due modi.

Primo, in quanto è virtuoso.

E allora la sua bontà dipende da quelle condizioni che lo pongono nel giusto mezzo.

E nell'atto del matrimonio esse sono la fedeltà e la prole, come si è detto [ a. 2 ].

- Secondo, in quanto è un sacramento, per cui l'atto non è soltanto buono, ma anche santo.

E tale bontà deriva all'atto del matrimonio dall'indivisibilità dell'unione coniugale, che esprime l'unione di Cristo con la Chiesa [ Ef 5,31s ].

- È quindi evidente che i suddetti beni giustificano pienamente l'atto del matrimonio.

Analisi delle obiezioni:

1. Con l'atto coniugale l'uomo perde l'uso della ragione non in modo abituale, ma per un atto passeggero.

Ora, nulla impedisce che uno interrompa un atto di sua natura più eccellente per un'azione meno buona: ciò infatti può essere fatto senza peccato, come è evidente nel caso di chi interrompe la contemplazione per attendere talvolta all'azione.

2. L'argomento varrebbe se il male che accompagna inseparabilmente l'atto coniugale fosse una colpa.

Invece esso non è una colpa, ma soltanto un castigo, costituito dalla ribellione della concupiscenza alla ragione.

Perciò l'argomento non regge.

3. L'eccesso di passione che costituisce un vizio non si misura in base all'intensità, ma in rapporto alla ragione.

Per cui si dice che una passione è smodata solo quando oltrepassa i limiti della ragione.

Ora, il piacere dell'atto matrimoniale, sebbene sia intensissimo, tuttavia non oltrepassa i limiti prestabiliti dalla ragione prima del suo inizio; pur non potendo la ragione ordinarli nel momento del piacere.

4. La turpitudine che è annessa all'atto matrimoniale e che provoca la vergogna è un castigo, non una colpa: poiché per qualsiasi difetto l'uomo prova per natura un sentimento di vergogna.

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