Supplemento alla III parte |
Pare che l'indissolubilità del matrimonio non sia di legge naturale.
1. La legge naturale è comune a tutti i popoli [ I-II, q. 94, a. 4 ].
Ma nessuna legge all'infuori di quella cristiana proibisce di ripudiare la moglie.
Quindi l'indissolubilità matrimoniale non appartiene alla legge naturale.
2. I sacramenti non sono di legge naturale.
Ma l'indissolubilità del matrimonio rientra nel bene del sacramento [ q. 49, a. 3 ].
Essa quindi non è di legge naturale.
3. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è ordinata principalmente alla generazione, all'educazione e all'istruzione della prole [ q. 65, a. 3 ].
Ma questi compiti vengano assolti in un tempo determinato.
Perciò dopo quel tempo è lecito rimandare la moglie senza pregiudizio per la legge naturale.
4. Nel matrimonio si deve cercare principalmente il bene della prole.
Ora, l'indissolubilità è contro il bene della prole: poiché secondo i naturalisti c'è qualche uomo che non può avere prole da quella data donna, mentre potrebbe averne da un'altra; e qualche donna potrebbe essere feconda con un altro uomo [ Arist., De hist. animal. 7,5; De gen. animal. 4,2 ].
Quindi l'indissolubilità del matrimonio non è di legge naturale, ma è contraria a tale legge.
1. Alla legge naturale appartiene principalmente quanto la natura ben costituita ha ricevuto al suo inizio.
Ma tale è appunto l'inseparabilità del matrimonio, come risulta dal Vangelo [ Mt 19,3ss ].
Essa dunque è di legge naturale.
2. È di legge naturale che l'uomo non si metta in contrasto con Dio.
Ma l'uomo si mette in qualche modo contro Dio se separa « ciò che Dio ha congiunto » [ Mt 19,3ss ].
Derivando quindi da ciò l'indissolubilità del matrimonio [ Mt 19,6 ], è chiaro che essa è di legge naturale.
Nell'intenzione della natura il matrimonio è ordinato all'educazione della prole non solo per un dato tempo, ma per tutta la vita dei figli.
Per questo è di legge naturale, come ricorda S. Paolo [ 2 Cor 12,14 ], che « i genitori mettano da parte per i figli », e che i figli siano eredi dei loro genitori.
Essendo quindi la prole un bene comune al marito e alla moglie, secondo il dettame della legge di natura è necessario che la loro unione rimanga indivisa in perpetuo.
Quindi l'indissolubilità del matrimonio è di legge naturale.
1. Soltanto la legge di Cristo ha portato alla perfezione il genere umano, restituendolo allo stato di una nuova natura [ 2 Cor 5,17; Gal 6,15; Ef 2,15 ].
Per cui con la legge mosaica e con le leggi umane non si poté togliere tutto ciò che era contrario alla legge naturale.
Ciò era infatti riservato « alla legge dello Spirito che dà la vita » [ Rm 8,2 ].
2. Il matrimonio richiede l'indissolubilità sia in quanto simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa, sia in quanto compito naturale ordinato al bene della prole, secondo le spiegazioni date [ nel corpo; q. 49, aa. 2,3 ].
Ma poiché il divorzio ripugna più direttamente al simbolismo suddetto che al bene della prole, a cui ripugna in maniera indiretta, come si è visto [ q. 65, a. 3 ], così l'indissolubilità del matrimonio viene concepita più come integrante il bene del sacramento che come integrante il bene della prole.
Sebbene possa rientrare nell'uno e nell'altro.
È però di legge naturale in quanto appartiene al bene della prole, non già in quanto appartiene al bene del sacramento.
3. La terza obiezioni è risolta da quanto abbiamo detto [ nel corpo e ad 2 ].
4. Il matrimonio è ordinato principalmente al bene comune, a motivo del fine principale, che è il bene della prole; però a motivo del fine secondario è ordinato anche al bene dei coniugi, essendo di per sé un rimedio alla concupiscenza.
Perciò nelle leggi del matrimonio si deve badare all'utilità comune più che ai vantaggi particolari.
Sebbene quindi l'indissolubilità impedisca il bene della prole in qualche caso, tuttavia di per sé è ad essa vantaggiosa.
Perciò l'argomento non regge.
Indice |