Supplemento alla III parte

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Articolo 4 - Se tutto ciò che nel corpo è appartenuto alla verità della natura umana debba risuscitare con esso

Pare che tutto ciò che nel corpo è appartenuto alla verità della natura umana non debba risuscitare con esso.

Infatti:

1. Il cibo si trasforma nella verità della natura umana.

Ora, capita talvolta di cibarsi di carne di bue.

Se dunque risorgerà quanto è appartenuto alla verità della natura umana, risorgerà anche la carne del bue.

Il che è assurdo.

2. La costola di Adamo apparteneva veramente alla sua natura umana, come anche la nostra costola appartiene a noi.

Ora, la costola di Adamo risorgerà non in lui, ma in Eva, che fu formata con quella [ Gen 2,22 ]: altrimenti Eva non risorgerebbe.

Quindi non è vero che nell'uomo risorgerà tutto ciò che in lui appartenne veramente alla natura umana.

3. È impossibile che una stessa cosa risorga in uomini diversi.

Eppure è possibile che qualcosa sia appartenuto sostanzialmente a diversi uomini, come nel caso del cannibale il quale si ciba di carne umana, che trasforma nella sua stessa sostanza.

Quindi almeno in qualcuno non è possibile che risorga tutto ciò che appartenne veramente alla sua natura umana.

4. Se uno poi rispondesse che nelle carni di cui uno si ciba non tutto si trasmuta nella verità della natura umana, cosicché parte del cibo potrà risorgere nel primo e parte nel secondo, potremmo replicare, in contrario: Appartiene in modo particolare alla verità della natura umana ciò che a noi viene trasmesso dai genitori.

Ora, nel caso in cui uno abituato a mangiare solo carne umana generi un figlio, quello che questi prende da lui appartenne certamente alla carne di altri uomini, di cui si era cibato suo padre: poiché, come insegna Aristotele [ De gen. animal. 1,18 ], « il seme è il superfluo dell'alimento ».

E così quanto appartiene alla verità della natura umana in questo figlio ha fatto veramente parte anche della natura umana di altri uomini, le cui carni furono mangiate da suo padre.

5. Se poi uno volesse replicare che nel seme può non essere passato quanto nelle carni umane apparteneva alla verità della natura umana, ma altri elementi, insistiamo con un altro argomento.

Poniamo che uno mangi soltanto degli uomini allo stato embrionale, dove tutto certamente appartiene alla natura umana, poiché quanto si trova in essi è tratto dai genitori.

Se quindi il superfluo del cibo diventa seme, è impossibile negare che qualcosa che era già appartenuto alla verità della natura umana dell'embrione, e che risorgerà se era già stata infusa l'anima razionale, non appartenga insieme alla verità della natura umana nel figlio generato da tale seme.

Non potendo quindi ciò risorgere simultaneamente in due individui, è impossibile che in ciascuno risorga quanto appartenne in esso alla verità della natura umana.

In contrario:

1. Tutto ciò che appartenne alla verità della natura umana fu perfezionato dall'anima razionale.

Ora, il corpo umano è destinato alla risurrezione in quanto è informato e attuato dall'anima.

Quindi tutto ciò che in ciascuno appartenne veramente alla natura umana è destinato a risorgere.

2. Se dal corpo di un uomo si toglie qualcosa che in lui appartiene veramente alla sua natura, non abbiamo più un corpo umano perfetto.

Ma con la risurrezione, specialmente quella gloriosa, sparirà ogni imperfezione, secondo la promessa del Signore [ Lc 21,18 ]: « Neppure un capello del vostro capo perirà ».

Perciò quanto nell'uomo è appartenuto alla verità della sua natura umana dovrà risorgere.

Dimostrazione:

« Ogni cosa sta alla verità così come sta all'essere », dice Aristotele [ Met. 2,1 ]: poiché una data cosa è vera quando appare come è a chi la conosce attualmente.

Per cui Avicenna [ Met. 8,6 ] afferma che « la verità di ciascuna cosa è il possesso di quell'essere che è stato ad essa assegnato ».

Secondo questo principio dunque diremo che appartiene alla verità della natura umana tutto ciò è proprio del suo essere.

Vale a dire ciò che partecipa alla forma della natura umana: come si dice vero oro quello che ha la vera forma dell'oro, da cui deriva l'essere proprio dell'oro.

Ora, per discernere quanto appartiene veramente alla natura umana si deve notare che ci sono in proposito tre opinioni.

Alcuni hanno affermato che quanto appartiene veramente alla natura umana essa lo ebbe fin dall'inizio della sua costituzione, cosicché nulla di nuovo vi si può mai aggiungere.

E tale principio radicale si moltiplica per se stesso, in modo che si possa separare il seme da cui viene generato il figlio, nel quale ancora quella parte separata si moltiplica e giunge alla quantità perfetta mediante l'aumento, e così di seguito; così dunque si sarebbe moltiplicato tutto il genere umano.

Secondo questa opinione quindi tutto ciò che è generato dal cibo ha solo l'apparenza della carne e del sangue, ma non appartiene realmente alla verità della natura umana.

Altri invece opinarono che la trasformazione naturale del cibo in corpo umano aggiunga qualcosa di nuovo che rientra nella vera natura umana considerata quale specie, alla cui conservazione è ordinato l'atto generativo.

Se però si esamina la verità della natura umana nell'individuo, alla cui conservazione e perfezione è ordinata la nutrizione, allora gli alimenti non aggiungono nulla di nuovo che appartenga alla vera natura umana dell'individuo di per sé e primariamente, ma solo in maniera secondaria.

Dicono infatti che la verità della natura umana si trova prima di tutto nell'umido radicale, da cui primariamente è costituito il genere umano, mentre le parti dell'alimento che si trasformano in carne e sangue rientrano in modo non principale, ma solo secondario, nella struttura essenziale della natura di tale individuo.

Però tali parti possono essere un elemento principale nella natura umana di un altro individuo generato dal seme del primo.

Questi autori infatti ritengono tutti che il seme sia il superfluo dell'alimento: alcuni però richiedono che vi si mescoli qualcosa che rientri in modo primario nella vera natura umana del generante; altri invece non lo ritengono necessario.

E così ciò che è umido nutritivo in uno, diventa invece umido radicale in un altro.

La terza opinione infine ammette che anche in un dato individuo possa introdursi qualcosa di nuovo che in modo principale appartiene alla verità della sua natura umana.

E ciò perché non esiste nel corpo umano una certa quantità fissa che rimanga inalterata per tutta la vita: infatti qualsiasi parte determinata del nostro corpo rimane fissa per ciò che ha di specifico, ma ha un continuo flusso e riflusso per quanto riguarda la materia.

Per questo l'umido nutritivo si distingue da quello radicale non già quanto all'origine, ossia perché quest'ultimo proviene dal seme e l'altro dal cibo, ma piuttosto in rapporto al termine a cui tende: poiché l'umido radicale è quello che giunge a generare la sostanza umana mediante l'atto della potenza generativa o anche di quella nutritiva, mentre l'umido nutritivo è quello che non ha raggiunto ancora questo termine e continua a svolgere la funzione di nutrimento.

Queste tre opinioni sono state esposte e discusse più a lungo nel secondo libro delle Sentenze [ d. 30, q. 2, a. 1 ]: basterà dunque ripetere solo ciò che riguarda il nostro argomento.

Notiamo dunque che la soluzione del problema è diversa secondo le tre opinioni sopra riferite.

La prima opinione, partendo dalla sua teoria della moltiplicazione del genere umano, può sostenere che la natura umana è perfetta quanto al numero degli individui e secondo la quantità conveniente a ciascuno indipendentemente dall'apporto degli alimenti: poiché questi hanno per scopo di riparare la perdita causata dal calore naturale, come il piombo aggiunto all'argento impedisce che esso si consumi nella colata.

Perciò, dato che nella risurrezione la natura umana sarà perfettamente reintegrata e il calore naturale non consumerà più l'umido naturale, non si vede la necessità che nell'uomo risorga qualcosa che sia stato prodotto dagli alimenti, ma risorgerà soltanto ciò che rientra nella vera natura umana dell'individuo, e che trasmesso e moltiplicato ha raggiunto la perfezione suddetta nel numero e nella quantità.

La seconda opinione invece, partendo dal presupposto che quanto è generato dal nutrimento è necessario per il raggiungimento della perfezione quantitativa dell'individuo e per la moltiplicazione della specie che avviene mediante la generazione, non può fare a meno di ammettere che risorga anche quella parte di nutrimento che è stata assimilata: però non tutta, ma solo quanto basta per la perfetta reintegrazione della natura umana in ogni individuo.

Perciò questa opinione afferma che quanto è appartenuto alla sostanza del seme risorgerà in quell'uomo che da quello è stato generato, poiché appartiene alla verità della sua natura umana in maniera principale.

Di quanto si è aggiunto poi attraverso il nutrimento risorgerà invece solo quanto è necessario alla perfezione delle dimensioni, e non tutto: infatti appartiene alla vera natura umana solo in quanto la natura lo richiede per raggiungere la perfezione quantitativa.

Siccome poi questo umido nutritivo è in continuo flusso e riflusso, nella risurrezione avremo un ordine di precedenza, in modo che quello che è appartenuto per primo alla sostanza del corpo umano sarà tutto reintegrato, mentre quanto si è aggiunto in secondo, in terzo luogo e così via, sarà reintegrato solo nella misura necessaria a ricostruire la quantità.

E ciò per due motivi.

Primo, poiché quanto viene assimilato successivamente serve sempre per riparare ciò che vi era prima e che è andato perduto: quindi non può vantare un'appartenenza primaria alla vera natura umana come ciò che vi era prima.

Secondo, poiché l'aggiunta di un umido estraneo al primo umido radicale fa sì che non tutto il miscuglio partecipi perfettamente come il primo umido alla verità della specie.

E si adduce in proposito l'esempio aristotelico [ De gen. et corr. 1,5 ] dell'acqua che viene mescolata al vino, e che sempre più ne diminuisce il vigore fino a renderlo acquoso.

Per cui come l'acqua aggiunta al vino già annacquato non acquista le qualità specifiche del vino come la prima acqua mescolata, così gli alimenti che successivamente si trasformano in carne non partecipano allo stesso modo delle qualità specifiche della vera carne.

Quindi non sono partecipi allo stesso modo della vera natura umana, e quindi della risurrezione.

Così dunque è chiaro che, secondo questa opinione, del corpo risorgerà soltanto ciò che appartiene alla verità della natura umana in modo principale, e non invece tutto ciò che le appartiene secondariamente.

La terza opinione infine in qualcosa si scosta dalla seconda e in qualche altra conviene con essa.

La differenza sta nel fatto che per essa tutto ciò che è carne o ossa appartiene per lo stesso titolo alla verità della natura umana.

Essa infatti non ammette che si possa distinguere nell'uomo una parte che rimane stabile in lui per tutto il tempo della sua vita, la quale per se stessa apparterrebbe in modo primario alla verità della natura umana, e una parte fluttuante che le apparterrebbe solo per la sua perfezione quantitativa e non per la perfezione specifica, come invece sostiene la seconda opinione.

Essa dice al contrario che tutte le parti che non sono estranee alle finalità naturali appartengono alla verità della natura umana per le loro qualità specifiche, e come tali sono stabili; sebbene non lo siano quanto alla loro materia, poiché sotto questo aspetto sono soggette a un flusso e riflusso continuo, per cui nelle parti che compongono un uomo avviene quanto avviene nel popolo che forma una città, dove i singoli individui muoiono e se ne vanno, ma altri subentrano al loro posto.

Cosicché materialmente i componenti del popolo si susseguono, ma formalmente il popolo rimane: poiché nei medesimi uffici e gradi subentrano altri, in modo che possiamo dire che la città è sempre numericamente la stessa.

Parimenti anche nel corpo umano ci sono delle parti che sostituiscono altre parti nella medesima struttura e dislocazione, cosicché secondo la materia cambiano e si rinnovano, ma rimangono secondo la specie: per cui rimane pur sempre lo stesso identico uomo.

Questa terza opinione concorda invece con la seconda nel ritenere che nel corpo le parti successive di ricambio non arrivano alla perfezione specifica delle prime.

E così le parti destinate alla risurrezione sono le stesse per ambedue le opinioni, quantunque i motivi [ addotti per tale affermazione ] non siano del tutto uguali.

Poiché secondo la terza opinione tutto ciò che è stato generato dal seme risorgerà non perché appartiene alla verità dell'umana natura per una ragione diversa da quella per cui vi appartiene ciò che vi si aggiunge dopo, ma perché partecipa in modo più perfetto alla verità della specie.

Ordine questo che la seconda opinione ammetteva per ciò che proveniva successivamente dagli alimenti.

E anche in questo le due opinioni hanno un punto di contatto.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli esseri naturali sono quello che sono in forza non della loro materia, ma della loro forma.

Sebbene quindi la materia che ebbe dapprima la forma di carne bovina risorga poi nell'uomo con la forma di carne umana, non segue tuttavia che sarà carne bovina, ma carne umana.

Altrimenti bisognerebbe dire che risorgerà anche il fango da cui fu tratto il corpo di Adamo [ Gen 2,7 ].

- Tuttavia la prima opinione concede questo argomento.

2. Quella costola appartenne ad Adamo non come perfezione individuale, ma come destinata alla moltiplicazione della specie.

Essa quindi non risorgerà in Adamo, ma in Eva: esattamente come il seme, che non risorgerà nel generante, ma nel generato.

3. Secondo la prima opinione è facile risolvere questa obiezioni, poiché le carni ingerite non appartengono mai alla verità della natura umana di chi le mangia, ma a quella di colui che è stato mangiato.

Perciò le carni suddette risorgeranno in quest'ultimo e non nel primo.

Stando invece alla seconda e alla terza opinione, ogni particella risorgerà in colui che più perfettamente la rese partecipe della virtù della specie.

E a parità di condizioni risorgerà nel primo in cui venne a trovarsi: poiché in lui fu ordinata per la prima volta alla risurrezione in forza dell'unione con l'anima razionale.

Perciò se nelle carni mangiate c'era qualche residuo che non apparteneva alla verità della natura umana in quel primo individuo, esso potrà risorgere nel secondo.

Altrimenti quanto era indispensabile alla risurrezione del primo, risorgerà nel primo e non nel secondo, e nel secondo in sostituzione sarà desunto qualcosa o dagli altri cibi assimilati dal secondo oppure, nel caso in cui questi non abbia ingerito altro cibo che carne umana, la potenza di Dio supplirà con dell'altra materia nella misura necessaria per la perfetta grandezza dell'individuo; come la supplisce anche in coloro che muoiono prima di raggiungere l'età matura.

Né ciò pregiudica l'identità numerica: come non la pregiudica il fatto che le parti materiali sono in continuo divenire.

4. Stando alla prima opinione, la soluzione è facile.

Poiché in essa si esclude che il seme derivi dal superfluo degli alimenti.

E così le carni umane ingerite non si trasformerebbero nel seme dal quale viene generato il bambino.

Stando invece alle altre due opinioni dobbiamo rispondere che è impossibile che tutta la sostanza esistente nelle carni mangiate si converta in seme: poiché alla formazione di questo, che è il superfluo dell'ultimo cibo, si arriva solo dopo una lunga depurazione del cibo ingerito.

Ora, il cibo che si trasforma in seme appartiene alla vera natura umana più in chi nasce da esso che non in colui che digerendo quelle carni lo produce.

Perciò, stando alla norma già enunciata sopra [ nel corpo ], la sostanza che si è trasformata in seme risorgerà in colui che nasce da esso, mentre il resto di tale materia risorgerà in colui le cui carni sono servite a generare quel seme.

5. Gli embrioni non prenderanno parte alla risurrezione se non erano animati dall'anima razionale.

Ma giunti a tale stadio di sviluppo, oltre alla sostanza del seme era sopravvenuta in essi molta altra sostanza dal nutrimento che il bambino riceve nel seno materno.

Perciò, quand'anche uno si cibasse di embrioni umani e generasse dal superfluo di tale cibo, la sostanza esistente nel seme risorgerebbe certamente in colui che viene generato da esso; a meno che in quel seme non fossero contenuti degli elementi appartenenti alla sostanza del seme in coloro dalle cui carni prese in cibo fu generato il seme: poiché tali elementi risorgeranno nel primo e non nel secondo.

I resti poi delle carni umane ingerite che non si sono trasformati in seme, è evidente che risorgeranno nell'individuo precedente, mentre la potenza divina interverrà a supplire le parti mancanti.

La prima delle tre opinioni non trova poi alcuna obiezione in questa obiezione: poiché non ammette che il seme derivi dal superfluo degli alimenti.

Però molti sono gli argomenti contro di essa, come si è visto a suo tempo [ In 2 Sent., d. 30, q. 2, a. 1; cf. I, q. 119, a. 1].

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