Supplemento alla III parte |
Pare che il tempo del futuro giudizio non sia sconosciuto.
1. Come gli antichi Padri aspettavano la prima venuta [ di Cristo ], così noi ne aspettiamo la seconda.
Ma quei Padri conobbero il tempo della prima venuta, come risulta dal numero delle settimane descritte da Daniele [ Dn 9,24ss ].
Per cui i Giudei vengono rimproverati per non aver riconosciuto il tempo della venuta di Cristo, come si legge nel Vangelo [ Lc 12,56 ]: « Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete giudicarlo? ».
Quindi sembra che anche per noi debba essere determinato il tempo della seconda venuta, in cui « Dio verrà per giudicare » [ Is 3,14 ].
2. Mediante i segni noi arriviamo a conoscere le realtà significate.
Ora, del giudizio finale sono indicati molti segni nella Scrittura, come risulta dai Vangeli [ Mt 24,3ss; Lc 21,7ss; Mc 13,3ss ].
Perciò noi possiamo giungere a conoscerne il tempo.
3. L'Apostolo [ 1 Cor 10,11 ] afferma: « A noi è arrivata la fine dei tempi ».
E S. Giovanni [ 1 Gv 2,18 ] ammonisce: « Figlioli, questa è l'ultima ora », ecc.
Essendo dunque trascorso molto tempo da quando queste cose sono state dette, sembra che almeno adesso possiamo sapere che l'ultimo giudizio è imminente.
4. Il tempo del giudizio è giusto che sia nascosto solo perché ciascuno vi si prepari con sollecitudine, ignorando il tempo in cui esso avverrà.
Ma tale sollecitudine rimarrebbe ugualmente anche se il tempo fosse ben noto: poiché per ciascuno rimane incerto il tempo della sua morte; e come scrive S. Agostino [ Epist. 199,1 ], « nella condizione in cui uno è sorpreso dal suo ultimo giorno, sarà sorpreso anche dall'ultimo giorno del mondo ».
Quindi non è necessario che il tempo del giudizio rimanga nascosto.
1. Nel Vangelo [ Mc 13,32 ] si legge: « Quanto poi a quel giorno e a quell'ora nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre ».
Si dice però che il Figlio non lo conosce in quanto non lo fa conoscere a noi.
2. S. Paolo [ 1 Ts 5,2 ] afferma: « Come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore ».
Come quindi la venuta di un ladro notturno è del tutto ignota, così è del tutto ignoto il giorno del giudizio finale.
Dio è causa delle cose mediante la sua conoscenza [ cf. I, q. 14, a. 8 ].
Ora, egli comunica alle creature sia l'uno che l'altro potere: poiché conferisce ad esse la virtù di causare altre cose; e ad alcune di esse concede anche la conoscenza delle cose.
Ma in entrambi i casi egli riserva qualcosa per sé: produce infatti alcuni effetti senza la cooperazione di alcuna creatura; e similmente conosce alcune cose che nessuna pura creatura conosce.
Ora, queste cose sono soprattutto quelle soggette al solo potere di Dio, nelle quali nessuna creatura coopera con lui.
E tale è appunto la fine del mondo, con la quale coinciderà il giorno del giudizio: infatti il mondo non finirà per una causa creata; come anche ebbe inizio immediatamente da Dio.
Per cui è giusto che la conoscenza della fine del mondo sia riservata a Dio soltanto.
E a questo motivo sembra alludere il Signore stesso quando dice [ At 1,7 ]: « Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato al suo potere »; come per dire: « Voi, non potete conoscere le cose che sono riservate esclusivamente alla potenza di Dio ».
1. Nella sua prima venuta Cristo venne nascostamente, secondo le parole di Isaia [ Is 45,5 ]: « Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele, Salvatore ».
Affinché dunque potesse essere riconosciuto dai credenti, fu necessario predirne il tempo in maniera determinata.
Ma nella seconda venuta egli verrà manifestamente, secondo le parole del Salmo [ Sal 50,3 ]: « Dio verrà manifestamente ».
E così non ci potrà essere errore circa tale venuta.
Quindi il paragone non regge.
2. Come nota S. Agostino [ Epist. 199,9 ], i segni ricordati nel Vangelo non riguardano tutti la seconda venuta, che si avrà alla fine del mondo, ma alcuni si riferiscono alla distruzione di Gerusalemme, che appartiene già al passato, e molti altri si riferiscono alla venuta con la quale egli assiste quotidianamente la sua Chiesa, visitandola spiritualmente, in quanto inabita in noi mediante la fede e la carità.
E nemmeno i segni che nei Vangeli e nelle Epistole sono riferiti al giudizio finale sono in grado di farci conoscere determinatamente il tempo del giudizio.
Poiché le calamità predette quali segni premonitori del vicino ritorno di Cristo si verificarono fin dai tempi della Chiesa primitiva, talora in modo più grave, talora in modo meno grave: cosicché persino il tempo degli Apostoli venne chiamato « ultimo », come risulta dagli Atti [ At 2,16ss ], là dove S. Pietro interpreta quel testo di Gioele [ Gl 3,5 ]: « E avverrà negli ultimi giorni », ecc., applicandolo al proprio tempo.
Eppure da allora è trascorso molto tempo; e nella Chiesa le tribolazioni ci furono sempre, ora più, ora meno.
Perciò non è possibile determinare il tempo in cui avverrà il giudizio indicando il mese, l'anno, il secolo o il millennio, come scrive ancora S. Agostino [ Epist. 199,9 ]: sebbene sia da credere che alla fine del mondo le suddette calamità saranno più numerose.
Non è però possibile determinare il numero delle calamità che precederanno immediatamente il giorno del giudizio, o la venuta dell'Anticristo: poiché anche nei primi secoli della Chiesa ci furono delle persecuzioni così gravi e un'abbondanza di errori così grande che alcuni allora si aspettavano come vicina o imminente la venuta dell'Anticristo, come si legge nella Storia Ecclesiastica [ 6,7 ] di Eusebio e nel De Viris illustribus [ 52 ] di S. Girolamo.
3. Dall'espressione: « È l'ultima ora », e da altre consimili che si riscontrano nella Scrittura, non è possibile determinare alcuna misura di tempo.
Poiché esse non stanno a indicare un periodo breve, ma lo stato ultimo del mondo, che equivale all'ultima era; la quale non è definito quanto debba durare, come non è definito quanto duri la vecchiaia, che è l'ultima età dell'uomo: poiché talora essa dura quanto tutte le età precedenti, o anche di più, come nota S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 58 ].
Per cui anche l'Apostolo rifiuta, scrivendo ai Tessalonicesi [ 2 Ts 2,2 ], l'interpretazione che alcuni davano delle sue parole, così da credere che « il giorno del Signore fosse imminente ».
4. Anche ammettendo l'incertezza della morte, l'incertezza del giudizio serve a far raddoppiare la vigilanza.
Primo, per il fatto che si ignora persino se il giudizio verrà differito più della durata della vita di un uomo: e così, basata su due motivi, l'incertezza rende maggiore la vigilanza.
- Secondo, per il fatto che l'uomo non ha sollecitudine solo della propria persona, ma anche della famiglia, della città, del regno intero e di tutta la Chiesa, che non hanno la durata della vita di un uomo: e tuttavia è necessario che ciascuna di queste realtà venga disposta in modo da non essere impreparata alla venuta del Signore.
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