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Scritta dopo la precedente.
Agostino risponde a Esichio come debba aspettarsi la venuta del Signore ( n. 1-3 ) e come intendere i passi della Scrittura riguardanti la fine del mondo che vogliono esortare i fedeli alla vigilanza e alle opere buone, come risulta dagli Atti ( n. 4-6 ), dalle parole di S. Paolo ( n. 7-11 ) e dello stesso Cristo ( n. 12-14 ).
Agostino chiede poi ad Esichio d'esporre più chiaramente i passi della Scrittura da lui addotti per provar la sua tesi e confuta molte sue espressioni temerarie sulla venuta del Signore ( n. 13-18 ), sulle settimane di Daniele ( n. 19-21 ) e spiega il discorso escatologico del Signore ( n. 25-35 ); parla dei mali vieppiù crescenti ( n. 36-38 ), dei segni del sole, della grande tribolazione dei popoli, della venuta del Figlio dell'uomo in una nube ( n. 39-42 ); spiega in qual ordine sono riferiti e che significano quei segni riguardanti la venuta di Cristo, forse, nella Chiesa ( n. 43-45 ), poiché non tornerà prima che in tutto il mondo sia diffuso il Vangelo ( n. 46-49 ).
Dopo aver trattato delle profezie enunciate al passato ( n. 50-51 ), ammonisce che, anziché indagare il tempo della venuta di Cristo, è meglio prepararsi a riceverlo con la fede e le opere buone ( n. 52-54 ).
Agostino invia cristiani saluti as Esichio, suo beatissimo signore, venerato e stimato fratello e collega di episcopato
Ho ricevuto la lettera dell'Eccellenza tua con la quale esorti molto salutarmente ad amare e desiderare la seconda venuta del nostro Salvatore; lo fai come un buon servitore del padre di famiglia, zelante degli interessi del suo Padrone e desideroso d'avere molti altri compagni nell'amore ardente e perseverante del quale sei infiammato.
Tenendo quindi presente il passo dell'Apostolo da te citato, che cioè il Signore ha affermato che darà il giusto premio non solo a lui, ma anche a quanti desiderano la sua apparizione; ( 2 Tm 4,8 ) noi viviamo per conseguenza rettamente e in questo mondo ci comportiamo come pellegrini quando il nostro cuore si dilata e progredisce sempre più in questo amore, sia che il Salvatore torni più presto o più tardi di quanto si creda, qualora la sua apparizione venga amata con amore pieno di fede e desiderata con sentimenti di pietà.
Effettivamente il servo che dice: Il mio padrone tarda a venire, ( Mt 24,48-49; Lc 12,45 ) e comincia a battere i suoi conservi, a mangiare, a bere, a ubriacarsi con gli ubriaconi, non ha certo alcun desiderio della sua apparizione.
Il suo animo traspare dal suo modo d'agire.
Ecco perché il buon Maestro ebbe cura di rappresentarci, sia pure a tratti sommari, i vizi di quel servo, la superbia e la sensualità, affinché non credessimo che quello, dicendo: Il mio padrone tarda a venire, lo dicesse per il desiderio di rivedere il padrone, mentre invece questo desiderio aveva chi esclamava: L'anima mia ha sete del Dio vivo; quando arriverò a comparire alla presenza di Dio? ( Sal 42,3 )
Esclamando: Quando arriverò? egli esprimeva la pena che provava per il ritardo del Signore, poiché anche ciò che avviene presto nel tempo, sembra troppo tardi al desiderio.
Ma come può essere tarda la sua venuta o in qual modo potrà essere lontana, dal momento che gli Apostoli, quand'erano ancora sulla terra, affermarono ch'era già arrivata l'ultima ora, ( 1 Gv 2,18 ) pur avendo sentito dire dal Signore che non era di loro competenza conoscere i tempi?
Essi dunque ignoravano le medesime cose che ignoriamo noi ( parlo per ciò che riguarda me o coloro che le ignorano come me ), eppure essi, ai quali il Signore aveva detto: Non tocca a voi conoscere i tempi che il Padre ha riserbati al proprio arbitrio, ( At 1,7 ) desideravano la sua apparizione ( 2 Tm 4,8 ) e ai loro conservi distribuivano il nutrimento, senza percuoterli sottoponendoli al proprio dominio e senza darsi ai bagordi con i mondani, dicendo: Il mio padrone tarda a venire. ( Mt 24,45.48-49; Lc 12,42.45 )
Una cosa dunque è l'ignoranza dei tempi, un'altra cosa è la vergognosa corruzione dei costumi e l'amore dei vizi.
Anche l'Apostolo Paolo così esortava i Cristiani: Non lasciatevi commuovere facilmente nella vostra mente né lasciatevi allarmare da chiacchiere e nemmeno da qualche lettera presentata come se fosse nostra, quasi che fosse imminente il giorno del Signore. ( 2 Ts 2,2 )
Così dicendo egli voleva solo che non dessero retta a coloro che reputavano vicina la seconda venuta del Signore, ma non voleva neppure che facessero come il servo iniquo col pretesto che il Signore tardava a venire, abbandonandosi all'orgoglio e alla sensualità per andare in rovina.
Egli al contrario voleva che non dessero ascolto alle false dicerie sulla prossima fine del mondo, ma che aspettassero la seconda venuta del Signore per essere pronti ad accoglierlo coi fianchi succinti e con le lampade accese. ( Lc 12,35-36 )
Voi però, miei fratelli, diceva loro, non siete nelle tenebre in modo che quel giorno tremendo vi possa sorprendere come un ladro.
Voi tutti infatti siete figli della luce e del giorno; noi non apparteniamo né alla notte né alle tenebre. ( 1 Ts 5,4-5 )
Chi invece dice: Il mio padrone tarda a venire, per poter strapazzare i conservi e gozzovigliare con gli ubriaconi, non è figlio della luce ma delle tenebre e perciò la fine del mondo lo sorprenderà come un ladro.
Ciascuno deve temere una simile eventualità anche per l'ultimo giorno della propria vita.
Come ognuno sarà trovato nell'ultimo giorno della propria vita, così sarà sorpreso nell'ultimo giorno del mondo, poiché come uno muore in quel giorno, così sarà giudicato nell'ultimo giorno.
L'esortazione di S. Paolo si ricollega con quella che si trova scritta nel Vangelo di Marco: Vegliate dunque, perché non sapete quando verrà il padrone di casa, se la sera o a mezzanotte o al canto del gallo o la mattina, affinché, venendo all'improvviso, non vi trovi a dormire. Quel che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate. ( Mc 13,35-37 )
Chi sono tutti coloro ai quali si rivolge il Signore, se non i suoi eletti e prediletti che sono parte del suo corpo, il quale è la Chiesa? ( Col 1,24 )
Non si rivolse dunque solo a quelli che lo ascoltavanoparlare allora, ma anche a coloro che sarebbero venuti dopo i discepoli fino a voi e anche a noi stessi e a quanti verranno dopo di noi fino al giorno della sua venuta.
Ma forse che il giorno del giudizio troverà tutti in questa vita oppure qualcuno dirà che l'esortazione del Signore: Vegliate, affinché, venendo all'improvviso, non vi trovi a dormire, è rivolta anche ai defunti?
Perché mai dunque il Signore dice a tutti ciò che riguarderebbe solo coloro che si troveranno alla fine del mondo, se non perché riguarda proprio tutti, come ho già spiegato?
Il gran giorno infatti verrà per ognuno quando per lui verrà il giorno in cui uscirà da questo mondo nelle condizioni in cui quel medesimo giorno sarà giudicato.
Ogni Cristiano pertanto deve stare all'erta per non essere colto impreparato dal Signore alla sua venuta.
Ebbene, non sarà trovato preparato alla fine del mondo solo chi non sarà trovato preparato all'ultimo giorno della sua vita.
Di certo agli Apostoli per lo meno era manifesto che il Signore non sarebbe tornato nel tempo in cui ancora sarebbero vissuti nella carne eppure chi potrebbe dubitare d'essi realmente rimanessero vigilanti e osservassero ciò che il Signore raccomandò a tutti, cioè di non farsi sorprendere impreparati al suo improvviso ritorno?
Ancora non capisco proprio come si debba intendere la spiegazione data dalla Santità tua delle parole rivolte dal Signore agli Apostoli: Non è di vostra competenza conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riserbati al suo arbitrio, poiché soggiunse: Ma voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, nella Giudea, nella Samaria e fino alle estremità della terra. ( At 1,7-8 )
Tu spieghi il senso di questo passo della Scrittura dicendo: "Egli dunque volle farci capire che gli Apostoli dovevano essere non i testimoni della fine del mondo ma solo del suo nome e della sua risurrezione ".
È vero che egli non disse: " Non tocca a voi annunciare la fine dei tempi ", ma: Non è affare vostro sapere; se però tu vuoi intendere la frase: Non spetta a voi conoscere, come se avesse detto: " Non tocca a voi fare in modo che gli altri sappiano; ossia non tocca a voi insegnare tutto ciò ", chi di noi oserebbe insegnare o presumere di sapere ciò che il divino Maestro non insegnò neppure ai suoi discepoli, dai quali era stato interrogato a tu per tu quand'era tra loro e perciò quei santi e grandi Maestri non poterono insegnarlo nemmeno alla Chiesa?
Si risponderà forse che ad insegnare ciò non furono gli Apostoli, ma i Profeti?
Tu infatti hai affermato, ed è vero, che " gli avvenimenti futuri ci vengono rivelati dalle predizioni dei Profeti, che per volontà di Dio hanno rivelato agli uomini gli avvenimenti futuri prima che si avverassero ".
Ma se l'Eccellenza tua dice di trovare " assai strano come mai Dio abbia stabilito che non potessero arrivare affatto alla conoscenza degli uomini gli avvenimenti che ha voluto fossero predetti ", quanto più sarebbe strano che sia stato proibito agli Apostoli di conoscere e d'insegnare ciò che i Profeti hanno rivelato agli uomini!
Ma come è mai possibile che gli Apostoli non abbiano compreso le rivelazioni dei Profeti relative ai tempi di cui parliamo, se le comprendiamo noi?
Ora, se gli Apostoli hanno capito le profezie concernenti il computo dei tempi, perché mai non avrebbero fatto conoscere agli altri ciò ch'essi avevano capito, dal momento che mediante la loro predicazione venivano ad essere conosciuti i Profeti, che nei loro libri avevano rivelato loro questi misteri?
Per questo motivo dai medesimi libri dei Profeti, dai quali avevano appreso queste cose gli Apostoli, potevano apprenderle anche altri individui di quei popoli tra i quali gli Apostoli esaltavano l'autorità dei Profeti con la loro predicazione.
Per qual motivo dunque fu detto loro: Non tocca a voi di conoscere - o, se così deve intendersi, non tocca a voi far conoscere i tempi riservati dal Padre al proprio arbitrio; ( At 1,7-8 ) dal momento che li facevano conoscere in modo che per opera loro venivano ad essere conosciuti i Profeti, nei cui libri potevano essere appresi?
È quindi più credibile non già che Dio non abbia voluto si sapesse ciò che ha fatto preannunciare, ma che non ha voluto si preannunciasse ciò che reputava inutile a sapersi.
" Perché dunque - tu dici - il Signore ci esorta a fare attenzione ai tempi quando ci dice: Chi mai è quel servo fedele ed accorto che il padrone mette a capo dei suoi domestici per dar loro la razione di viveri a tempo debito? " ecc.
Il Signore veramente non esorta affatto il servo buono a conoscere la fine dei tempi ma, al contrario, a vigilare continuamente facendo il bene perché non conosce la fine dei tempi.
Il Signore non ci raccomanda affatto di conoscere meglio degli Apostoli i tempi che il Padre si è riservati al proprio arbitrio, ma ci esorta ad imitare gli Apostoli nel preparare le nostre anime, perché non sappiamo quando egli giungerà, come ho già spiegato a sufficienza più sopra.
Il Signore invece rimprovera i Giudei di non conoscere il tempo dicendo: Ipocriti! Sapete distinguere l'aspetto del cielo; ( Lc 12,42-56 ) poiché non volevano riconoscere il tempo della sua prima venuta, affinché credessero in lui coloro che desideravano aspettare vigilanti la seconda sua venuta, qualunque fosse il momento in cui poteva avvenire.
Chi infatti non avrà conosciuta la prima venuta di Cristo, non potrà prepararsi alla seconda credendo in lui e vigilando fedelmente per non venire sorpreso come un ladro nella notte, sia che giungerà più presto sia che giungerà più tardi. ( 1 Ts 5,4; 2 Pt 3,10 )
A sua volta l'apostolo Paolo - come ricordi tu stesso - ci avvisa che negli ultimi tempi sopravverranno momenti difficili. ( 2 Tm 3,1 )
Ma vuol forse con ciò farci conoscere i tempi che il Padre si è riserbati al proprio arbitrio; ( At 1,7 ) oppure, sebbene si debba ammettere che viviamo negli ultimi tempi, sa forse alcuno quanto lunghi o brevi saranno essi?
Dobbiamo infatti pensare che già da molto tempo è stato detto: Miei cari figlioli, l'ultima ora è già arrivata. ( 1 Gv 2,18 )
Tu citi inoltre le seguenti parole di S. Paolo: Per quanto poi riguarda il tempo e il momento preciso, o fratelli, non c'è bisogno ch'io ve ne scriva, poiché sapete assai bene che il giorno del Signore arriverà come un ladro nella notte.
Proprio quando la gente esclamerà: Pace e sicurezza, allora piomberà all'improvviso su di essi la rovina, come le doglie sopraggiungono improvvise ad una donna che partorisce e non ci sarà scampo per nessuno. ( 1 Ts 5,1-3 )
Ma anche qui l'Apostolo non ha detto affatto dopo quanto tempo, ma solo in qual modo ciò avverrà, cioè non quanto breve o lungo sarà lo spazio di tempo ma che quest'ultima sciagura, quale che sia l'intervallo e lo spazio di tempo, non piomberà su gli uomini se non quando esclameranno: Pace e sicurezza!
Con queste espressioni pare che l'Apostolo abbia scartato, per i tempi in cui viviamo, la speranza o il timore dell'ultimo giorno, poiché ancora non vediamo gli stessi mondani, sui quali piomberà all'improvviso la rovina, esclamare: Pace e sicurezza!
Del resto che cosa sia necessario conoscere lo fa chiaramente capire lo stesso Apostolo dicendo: Non abbiamo bisogno di scrivervi riguardo al tempo e al momento preciso, o, come hanno altri manoscritti: Non avete bisogno che vi si scriva.
L'Apostolo non soggiunge: " Voi sapete bene quanto tempo ancora resti ", ma dice solo: Voi sapete assai bene che l'ora del Signore sopraggiungerà come un ladro nella notte. ( 1 Ts 5,2.4; 2 Pt 3,10 )
Ecco che cosa debbono sapere ( i Cristiani ) per sforzarsi d'essere figli della luce e vigilare con l'animo pronto, se non vogliono essere sorpresi da quell'ora come da un ladro notturno.
Orbene, se occorresse conoscere lo spazio di tempo per sfuggire ad una simile sciagura, di farsi trovare cioè impreparati dall'ora del Signore, l'Apostolo non avrebbe detto che non c'era bisogno di scriverlo, ma come un maestro assai previdente avrebbe creduto suo dovere scrivere loro proprio questo.
Ora invece mostrò chiaramente ai fedeli che non avevano bisogno neppure essi poiché bastava loro sapere che, per quanti non sono pronti e dormono, l'ora del Signore verrà come un ladro e, ciò sapendo, fossero vigilanti e pronti per quanto breve fosse il tempo che li separava dalla venuta del Signore. ( Lc 12,36-39; Gv 12,36 )
In tal modo l'Apostolo si tenne nei suoi limiti umani e così non osò insegnare agli altri una cosa a proposito della quale sapeva che il Signore aveva detto agli Apostoli: Non tocca a voi conoscere. ( At 1,7 )
Tu citi anche ciò che disse il medesimo Apostolo: Non vi ricordate che quand'ero ancora tra voi vi dicevo queste cose?
Adesso però voi sapete ciò che trattiene ( l'avversario ) per cui egli si manifesti al momento dovuto.
Il mistero dell'iniquità è già all'opera; basta solo che colui, il quale lo trattiene, lo trattenga fino a che venga tolto di mezzo; allora si manifesterà l'empio che sarà distrutto dal Signore Gesù col soffio della sua bocca. ( 2 Ts 2,5-8 )1
Sarebbe stato augurabile che queste parole dell'Apostolo tu non solo le avessi citate, ma le avessi anche spiegate.
Esse sono bensì oscure e dette in senso allegorico, ma è chiaro che l'Apostolo non afferma nulla riguardo ai tempi stabiliti e non ha rivelato alcun intervallo o spazio di tempo ( prima della fine del mondo ).
L'Apostolo infatti dice solo che si manifesterà al momento dovuto, ma non dice fra quanto tempo ciò avverrà; quindi soggiunge: Il mistero dell'iniquità è già all'opera.
Tale mistero d'iniquità è inteso da chi in un modo, da chi in un altro, ma in qualsiasi modo lo s'intenda, non si può sapere per quanto tempo agirà.
Ciò non ha potuto dircelo neppure l'Apostolo in quanto uomo, essendo anch'egli uno di coloro ai quali era stato detto: Non tocca a voi conoscere i tempi. ( At 1,7 )
Sebbene infatti egli non fosse ancora tra gli Apostoli quando fu detto loro ciò, noi tuttavia non dubitiamo ch'egli facesse parte del Collegio o Compagnia degli Apostoli.
Nella pericope seguente, cioè: Basta che colui il quale ora lo trattiene, lo trattenga fino a quando verrà tolto di mezzo; allora si manifesterà l'empio che sarà ucciso col soffio della bocca del Signore Gesù, ( 2 Ts 2,7-8 ) l'Apostolo ci fa conoscere che avverrà la manifestazione dell'Anticristo, poiché pare che vi accenni più chiaramente allorché dice che sarà ucciso col soffio della bocca del Signore Gesù Cristo, ma non dice, nemmeno con oscure allusioni, fra quanto tempo ciò dovrà avvenire.
Ciascuno può sforzarsi di capire o di congetturare fino ad un certo punto chi sia mai colui che ora trattiene o che cosa lo trattenga o che cosa significhi sia tolto di mezzo, poiché lo legge scritto in qualunque modo, ma qui non si parla affatto dopo quanto lasso di tempo verrà tolto di mezzo.
" Così pure - tu dici - il Signore nel Vangelo rimprovera i Giudei dicendo: Oh, se anche tu avessi conosciuto, saresti forse sopravvissuta! Ora invece è nascosto ai tuoi occhi ". ( Lc 19,42 )
Il rimprovero però si riferisce alla prima venuta del Signore, non alla seconda, di cui qui discutiamo.
In realtà è a proposito della sua seconda venuta e non della prima che il Signore dice: Non tocca a voi conoscere i tempi.
I discepoli infatti avevano interrogato il Signore sulla venuta che essi speravano e non su quella che già costatavano; poiché se i Giudei avessero ravvisato la sua prima venuta, non avrebbero mai inchiodato sulla croce il Signore della gloria; ( 1 Cor 2,8 ) in tale ipotesi essi avrebbero potuto sussistere invece d'essere soppressi.
Tu stesso anzi affermi che l'espressione: Ravvedetevi, poiché sono compiuti i tempi, credete nel Vangelo, ( Mc 1,15 ) si riferisce ai tempi dei Giudei i quali dovevano passare subito di lì a pochi anni, tempi che noi adesso sappiamo essere già passati, dopo cioè la distruzione di Gerusalemme, la città in cui aveva sede il governo del loro regno.
L'Eccellenza tua ha pure affermato che coloro i quali comprendono la Sacra Scrittura, sanno che cosa voglia dire Daniele quando parla della bestia uccisa, del regno delle altre bestie e, tra l'uno e l'altro avvenimento, della venuta del Figlio dell'uomo sulle nubi del cielo.
Se mi userai la cortesia di spiegare quale attinenza hanno queste cose con la conoscenza del tempo che deve passare prima della venuta del Salvatore, in modo tale che risulti chiara senz'alcuna ambiguità, te ne sarò assai grato e ammetterò anch'io che le parole del Signore: Non tocca a voi conoscere i tempi, ( At 1,7 ) erano rivolte solo agli Apostoli e non a quelli che sarebbero venuti dopo di loro, i quali le avrebbero conosciute.
Si deve dunque desiderare ed aspettare la venuta del Signore, come tu esorti santamente, parlando anche della gran felicità che avranno coloro che desiderano la sua venuta, basandoti sulle seguenti parole dell'Apostolo da te citate: Per quanto riguarda l'avvenire è già in serbo per me la corona della giustizia che mi darà in quel giorno il Signore, giusto giudice, e non solo a me, ma a tutti coloro che desiderano la sua venuta. ( 2 Tm 4,8 )
Soggiungi inoltre che allora, come dice il Vangelo da te ricordato: I giusti risplenderanno come il sole nel regno del loro Padre; ( Mt 13,43 ) e, come dice la profezia: Ecco infatti, le tenebre e la caligine ricopriranno la terra sopra i popoli; su di te invece apparirà il Signore e si vedrà la sua maestà sopra di te; ( Is 60,2 ) e come anche sta scritto: Quelli che aspettano il Signore, esulteranno di gran gioia, metteranno le ali d'aquila, correranno senza sforzo e cammineranno senza sentir fame. ( Is 40,31 )
Tu sei senz'altro animato da grande spirito di pietà e di verità quando parli così mettendo in risalto la felicità di coloro che desiderano la venuta del Signore.
Ma la desideravano senza dubbio anche coloro ai quali l'Apostolo raccomandava di non lasciarsi smuovere così presto dalle loro convinzioni, come se il giorno del Signore fosse imminente. ( 2 Ts 2,2 )
Eppure, così parlando, il Maestro dei Gentili non intendeva affatto stornarli da quel desiderio di cui anzi voleva infiammarli. ( 1 Tm 2,7 )
Proprio per questo non voleva che dessero ascolto a quegli individui dai quali sentivano dire ch'era imminente la seconda venuta del Signore, per timore che, non vedendola avverarsi nel tempo in cui avevano creduto si sarebbe avverata, non pensassero che anche tutte le altre promesse fossero ingannevoli e così perdessero la speranza di ricevere la ricompensa della loro fede.
Non desidera dunque la seconda venuta del Signore né chi afferma ch'è vicina né chi afferma che non è vicina, ma piuttosto chi l'aspetta con fede sincera, con ferma speranza, con ardente amore, sia essa lontana o vicina.
In realtà, se tanto più si ama il Signore quanto più si crede e si proclama vicina la seconda venuta, coloro che andavano dicendo ch'essa era imminente lo avrebbero amato più di quelli ai quali l'Apostolo vietava di prestar loro fede o anche più dell'Apostolo stesso che non ci credeva per nulla!
Se poi la mia debolezza di mente non è gravosa alla Santità tua, vorrei pregarti di spiegarmi più chiaramente in qual senso hai detto che " nessuno può fare un esatto calcolo dei tempi ", per evitare che per caso tanto io che la tua carità lo intendessimo nello stesso senso e perciò l'uno e l'altro di noi aspettasse invano dall'altro spiegazioni in proposito.
Difatti, dopo aver detto ciò, tu hai soggiunto: " Il Vangelo afferma bensì che nessuno può conoscere né il giorno né l'ora, ( Mt 24,36 ) io però, per conto mio, data l'incapacità della mia intelligenza, affermo che non si può determinare né il mese né l'anno della sua venuta ".
Ora, ciò sembra voglia significare, per così dire, che non si può sapere l'anno in cui avverrà, ma si può sapere in quale settimana di anni o in quale decade, come se si potesse dire e determinare che ( avverrà ) nello spazio di quei sette o di quegli altri sette anni oppure nello spazio di quei dieci o di quegli altri dieci anni.
Se invece non è nemmeno possibile comprendere ciò, io domando se almeno può determinarsi il tempo della seconda venuta di Cristo dicendo che avverrà nello spazio, per esempio, di un dato secolo o mezzo secolo, o nello spazio più o meno breve di quanti si voglia anni, senza peraltro poterne conoscere l'anno preciso.
Se tu sei arrivato a scoprire ciò, è molto importante quel che hai potuto scoprire.
Ti prego allora di metterci a parte proprio di questa tua scoperta facendoci conoscere i testi autorevoli con cui ti è stato possibile esaminare la questione; se invece non presumi d'avere scoperto neppure questo, tu pensi quel che penso anch'io.
Che siano gli ultimi tempi, noi tutti che così crediamo lo vediamo dall'apparizione di molti segni che si leggono predetti dal Signore. ( Ap 20,4-7 )
Ma anche se la fine del mondo avvenisse alla fine di mille anni, l'intero millennio potrebbe chiamarsi l'ultimo tempo oppure l'ultimo giorno, poiché sta scritto: Mille anni sono agli occhi tuoi come un sol giorno, ( Sal 90,4; 2 Pt 3,8 ) per cui tutto ciò che avverrebbe durante questi mille anni potrebbe dirsi avvenuto negli ultimi tempi o addirittura l'ultimo giorno.
Ripeto qui un'osservazione che nella nostra questione dovrà ripetersi spesso.
Consideriamo cioè quanti anni fa S. Giovanni Evangelista disse: È l'ultima ora. ( 1 Gv 2,18 )
Orbene, se fossimo vissuti a quel tempo e avessimo udito quella frase, avremmo forse creduto mai che sarebbero passati ancora tanti anni?
Non avremmo piuttosto sperato che il Signore sarebbe venuto una seconda volta mentr'era ancora vivo San Giovanni?
Da notare che non disse: " È l'ultima epoca o l'ultimo anno o mese o giorno ", ma: È l'ultima ora.
Pensa un po' da quanto dura quest'ultima ora!
Eppure San Giovanni non disse una bugia, poiché bisogna capire che scrisse " ora " nel senso di " epoca ".
Alcuni interpreti spiegano la frase supponendo che un giorno corrisponda a seimila anni; dividendo tale periodo in dodici parti come se fossero di un'ora ciascuna, l'ultima ora corrisponderebbe agli ultimi cinquecento anni e Giovanni avrebbe senz'altro parlato in questi ultimi cinquecento anni quando affermava che era l'ultima ora.
Ma una cosa è sapere, un'altra è congetturare.
Se infatti un solo giorno viene considerato corrispondente a seimila anni, perché mai non dividerlo in ventiquattro ore anziché in dodici in modo che un'ora corrisponda non a cinquecento ma a duecentocinquant'anni?
Poiché si chiama giorno intero più esattamente il giro completo del sole non da Oriente ad Occidente ma dall'Oriente all'Oriente, per cui sorge di nuovo dopo trascorso un giorno completo cioè dopo trascorse ventiquattro ore; per tal motivo questa ultima ora, da quando ne parlò Giovanni è passata da quasi settant'anni come minimo, eppure la fine del mondo non è ancora arrivata.
A questo si aggiunga che da un attento esame della storia ecclesiastica risulta che l'apostolo Giovanni morì molto prima che fossero trascorsi cinquemilacinquecento anni dall'inizio del genere umano; non era quindi ancora l'ultima ora, se come spazio d'un'ora si computa la dodicesima parte di seimila anni, ossia cinquecento anni.
Inoltre, se in conformità con la Scrittura supponiamo che mille anni corrispondono a un solo giorno, ( Sal 90,4; 2 Pt 3,8 ) è passata da molto più tempo l'ultima ora d'un giorno sì lungo, se si calcola, non dico la ventiquattresima parte di esso corrispondente a poco più di quarant'anni, ma la dodicesima parte di esso che avrebbe un numero doppio di anni.
È quindi più logico credere che l'Apostolo usi il termine " ora " nel senso di " epoca ".
Non sappiamo però quanto durerà una simile ora, poiché non è in nostro potere il conoscere i tempi riserbati dal Padre a proprio arbitrio; ( At 1,7 ) sebbene, che essa sia l'ultima ora, lo sappiamo certamente assai meglio noi che non quelli vissuti prima di noi da quando cominciò ad essere l'ultima ora o a parlarsene.
Quanto poi al motivo per cui l'Eccellenza tua crede non sia possibile stabilire con esattezza la durata dei tempi in modo da determinare l'anno in cui avverrà la fine del mondo, poiché in base alla promessa divina tali giorni saranno resi più brevi, non riesco proprio a capirlo! Se infatti saranno resi più brevi in modo da diventare meno numerosi, io mi domando: in base a quale affermazione della Sacra Scrittura avrebbero dovuto essere di più qualora non venissero accorciati?
Contrariamente poi all'opinione più comune, tu credi che le settimane del santo profeta Daniele non riguardano la prima venuta del Signore, ma piuttosto la seconda.
Forse che, dunque, il numero di tali settimane sarà diminuito in modo che ce ne sarà almeno una di meno e allora risulterà falsa la profezia, che invece è stata tanto precisa nel fissare il numero delle settimane, che parla di un avvenimento che dovrebbe compiersi nel mezzo d'una settimana?
Rimarrei assai stupito se la profezia di Daniele venisse annullata dalla profezia di Cristo!
In secondo luogo come potremmo credere che Daniele, o piuttosto l'angelo dal quale egli apprendeva queste cose, ignorasse che il Signore avrebbe accorciato quei giorni e sbagliasse dicendo ciò?
Oppure dovremmo credere che l'angelo lo sapeva ma che disse una bugia a colui ch'egli informava?
Se invece una tale supposizione è assurda, perché non dovremmo credere piuttosto che il numero delle settimane predette da Daniele corrisponde al numero dei giorni che il Signore avrebbe diminuiti, ammesso però che tale numero d'anni si riferisca alla seconda venuta del Signore ( cosa che non so come si possa dimostrare )?
Se infine le settimane di Daniele preannunciano la seconda venuta del Signore, si può affermare con maggior certezza e sicurezza che avverrà tra una settantina d'anni o, al massimo, tra cento anni, dato che settanta settimane comprendono quattrocentonovant'anni e finora ne sono passati all'incirca quattrocentoventi dalla nascita di Cristo e più o meno trecentonovanta dalla sua risurrezione o ascensione.
Se quindi si fa il calcolo a partire dalla nascita di Cristo, ne rimangono solo settanta e se si fa il calcolo a partire dalla passione, ne resterebbero circa cento; se le settimane di Daniele si riferiscono all'ultima venuta di Cristo, si compiranno nel giro di questi anni.
Chi dunque afferma: " Ciò avverrà tra tanti anni ", dice una bugia se avverrà più tardi; ma poiché gli anni saranno accorciati, potranno essere di meno e non di più.
Ecco perché, per quanto potranno essere accorciati gli ultimi anni, sarà sempre vero dire che il Signore verrà nel corso di tali anni.
Se infatti l'accorciamento si deve intendere nel senso che gli anni saranno di meno, la venuta del Signore non potrà avverarsi dopo di essi ma sempre tanto prima quanto meno essi saranno.
Tale accorciamento dunque non potrà scombussolare il computo di chi afferma che la seconda venuta del Signore avverrà in un determinato spazio di anni, anzi al contrario lo aiuta poiché quanto più i giorni saranno ridotti di numero, tanto più la venuta del Signore avverrà durante tale spazio di tempo e non è possibile che avvenga più tardi.
Sarà perciò vero affermare: "Avverrà entro tanti anni", per quanto non si possa conoscere l'anno preciso in cui avverrà.
Tutta la questione quindi è sapere se le settimane di Daniele si sono compiute alla prima venuta del Signore o sono una profezia sulla fine del mondo oppure si riferiscono a tutti e due gli eventi.
Non sono mancati infatti sostenitori di quest'ultima opinione i quali hanno affermato che le settimane si sono compiute al tempo della prima venuta di Cristo e altrettante se ne devono compiere di nuovo fino alla fine del mondo.
Quanto a me io vedo che, se non si sono compiute alla prima venuta, bisogna che si compiano alla seconda, poiché la profezia non può essere falsa; se invece essa si è avverata alla prima venuta, nulla ci obbliga a credere che si debba avverare anche alla fine del mondo.
Pertanto anche se ciò fosse vero, sarebbe sempre incerto; non si dovrebbe negarlo ma nemmeno essere troppo sicuri nell'affermare che sarà così.
Resta quindi che, se uno vuol sostenere a ogni costo che la profezia si debba compiere alla fine del mondo, lo sostenga pure per quanto gli è possibile, ma dimostri anche, se gli è possibile, ch'essa non s'è avverata alla prima venuta del Signore, in contrasto con tanti esegeti della Sacra Scrittura, i quali dimostrano che s'è avverata non solo in base al computo dei tempi ma anche in base agli stessi avvenimenti accaduti e soprattutto perché nella profezia sta scritto: E il Santo dei santi riceverà la consacrazione, o perché nella stessa profezia gli esemplari ebraici dicono più espressamente: Il Cristo verrà ucciso e non apparterrà più ad esso, ( Dn 9,24-26 ) cioè non apparterrà al suo popolo, perché era tanto differente dai Giudei che rifiutarono di crederlo il proprio salvatore e redentore e furono capaci di ucciderlo.
Orbene, Cristo non sarà né consacrato né ucciso alla fine del mondo, perché si debba aspettare il compimento di questa profezia di Daniele in quell'occasione e debba credersi che ancora non sia compiuta.
Che del resto dobbiamo sperare vicina la seconda venuta del Signore a causa dei segni preannunciati dal Vangelo e dai profeti che vediamo avverarsi, chi potrebbe negarlo?
Essa infatti s'avvicina ogni giorno sempre più.
Ma di quanto tempo s'avvicini, ciò - come è stato detto - non tocca a voi saperlo. ( At 1,7 )
Considera da quando l'Apostolo ha detto: Adesso infatti siamo più vicini alla nostra salvezza che non quando demmo il nostro assenso alla fede.
La notte è avanzata ed il giorno imminente. ( Rm 13,11-12 )
Pensa quanti anni sono passati da allora!
Eppure l'affermazione dell'Apostolo non è falsa.
Con quanto maggior fondamento si deve dire che la seconda venuta del Signore è vicina adesso ch'è passato già tanto tempo e perciò siamo tanto vicini alla fine del mondo!
L'Apostolo senza dubbio afferma: Lo Spirito però dice chiaramente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede; ( 1 Tm 4,1 ) eppure non erano venuti ancora i tempi degli eretici e di quegli individui descritti nella stessa lettera.
Questi eretici però sono già venuti e pertanto ci sembra che in questi ultimi tempi ci viene ricordata la fine del mondo anche per mezzo di essi.
Lo stesso Apostolo in un altro passo dice: Sappiate che negli ultimi giorni verranno tempi difficili, ( 2 Tm 3,1 ) o, come hanno altri esemplari, pericolosi.
Soggiunge poi spiegando come saranno, dicendo che ci saranno individui vanitosi, avidi di denaro, orgogliosi, superbi, blasfemi, disubbidienti ai genitori, ingrati, empi, irreligiosi, senza affetto, detrattori, incontinenti, spietati, non amanti del bene, traditori, temerari, accecati dall'orgoglio, amanti più dei piaceri che di Dio, aventi le apparenze della pietà, di cui però rinnegano la vera essenza. ( 2 Tm 3,2-5 )
Ma ci sarebbe da meravigliarsi che ci sia stato un tempo in cui non siano esistiti siffatti individui!
L'Apostolo infine, poiché ce n'erano anche allora, soggiunge e dice: Fuggi anche costoro.
Della stessa genìa sono coloro che s'insinuano nelle famiglie.
Non dice: " S'insinueranno ", come prima aveva detto: Verranno tempi pericolosi, ma dice: S'insinuano nelle famiglie e accalappiano delle povere donnicciuole come schiave. ( 2 Tm 3,5-6 )
Non dice: " Accalappieranno ", oppure: " hanno intenzione di accalappiare ", ma accalappiano fin d'ora.
E non si deve credere nemmeno che S. Paolo usasse qui il verbo al presente invece che al futuro, dal momento ch'egli esortava il destinatario della lettera a evitare quegli individui.
Tuttavia non disse senza ragione: Negli ultimi giorni sopraggiungeranno momenti pericolosi, ( 2 Tm 3,1 ) ma, mostrando che sarebbero stati pericolosi, predisse per conseguenza che ci saranno individui di quella risma con la differenza che saranno tanto più numerosi e tanto più abbonderanno quanto più s'avvicinerà la fine del mondo.
Adesso dunque ne vediamo un gran numero, ma chissà che questo non sarà maggiore dopo di noi e addirittura grandissimo quando sarà lì lì per arrivare la fine del mondo, che non sappiamo quanto ancora sarà lontana?
Si è parlato di ultimi giorni fin dai primi giorni dell'epoca apostolica, subito dopo l'ascensione del Signore al cielo, il giorno della Pentecoste quando inviò lo Spirito Santo promesso e alcuni erano rimasti stupiti meravigliandosi che parlassero lingue che non avevano imparate, altri invece li schernivano dicendo che erano ubriachi. ( At 2,1-14 )
Quel giorno Pietro parlò a persone che di questo fatto avevano ricevuto un'impressione diversa le une dalle altre, dicendo: Costoro non sono affatto ubriachi, come voi immaginate, poiché sono soltanto le nove del mattino.
Ma badate che quello che succede è quanto fu predetto dal Profeta: Negli ultimi giorni - dice il Signore - spanderò il mio Spirito sopra ogni persona. ( At 2,15-17; Gl 3,1 )
Se dunque fin d'allora si viveva negli ultimi giorni, quanto più ci viviamo noi adesso quantunque da qui alla fine del mondo sia rimasto altrettanto tempo quanto n'è trascorso finora dall'ascensione del Signore o ne resti un po' di meno o un po' di più?
Questo però noi non possiamo saperlo poiché non è di nostra competenza conoscere i tempi e i momenti precisi riservatisi dal Padre al proprio arbitrio, ( At 1,7 ) anche se sappiamo di vivere, come gli Apostoli, negli ultimi tempi, negli ultimi giorni, nell'ultima ora; cosa questa molto più vera per coloro che sono vissuti dopo gli Apostoli prima di noi ed è ancor più vera per noi, e ancor più vera che per noi lo è per quelli che vivranno dopo di noi, fino al tempo in cui si arriverà a coloro i quali saranno, se così può dirsi, gli ultimi degli ultimi e proprio al giorno assolutamente finale, del quale vuol farci intendere che parla il Signore quando dice: E lo risusciterò l'ultimo giorno; ( Gv 6,40 ) che però non si può stabilire con certezza quanto ancora sia lontano.
I segni precursori della fine del mondo predetti nel Vangelo di Luca ( Lc 21,7-33 ) sono identici - come ricorda la Santità tua - a quelli riferiti nel Vangelo di Matteo ( Mt 24,4-33 ) e di Marco. ( Mc 13,5-29 )
Tutti e tre riferiscono infatti la risposta data dal Signore ai discepoli che gli chiedevano quando sarebbe avvenuta la distruzione del tempio da lui predetta e quale sarebbe stato il segno della sua seconda venuta e della fine del mondo. ( Mt 24,1-3; Mc 13,1-4; Lc 21,5-7 )
Orbene, essi non discordano tra loro nella sostanza delle cose anche se uno riferisce qualche particolare taciuto da un'altro o lo dice in modo diverso.
Se le tre redazioni vengono confrontate tra loro, aiutano il lettore guidandone l'intelligenza.
Adesso però sarebbe troppo lungo discutere ogni particolare.
Ai discepoli, che l'interrogavano, il Signore rispose che cosa sarebbe avvenuto già fin da quel tempo, sia riguardo alla distruzione di Gerusalemme, che aveva dato occasione alle domande, sia riguardo alla sua seconda venuta per mezzo della Chiesa, nella quale non cessa di venire fino alla fine del mondo.
In realtà egli, venendo tra i suoi, è riconosciuto allorché nascono - come avviene ogni giorno - i suoi membri.
Precisamente di questa sua venuta il Signore dice: Vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi. ( Mt 26,64 )
Di queste nubi è stato detto dal Profeta: Darò alle mie nubi l'ordine di non far cadere più la pioggia su di essa ( terra ). ( Is 5,6 )
La risposta del Signore riguarda anche la fine del mondo quando comparirà per giudicare i vivi e i morti. ( 2 Tm 4,1 )
I segni pertanto di cui parla Cristo riguardano questi tre eventi: la distruzione di Gerusalemme, la sua venuta nel proprio Corpo che è la Chiesa, ( Ef 1,22-23; Col 1,24 ) la propria venuta quale capo della Chiesa ch'è lui stesso; occorre quindi distinguere accuratamente a quale di questi tre eventi si riferisce ognuno dei segni affinché non pensiamo di riferire alla fine del mondo ciò che riguarda la distruzione di Gerusalemme o, al contrario, affermiamo che si riferisce alla distruzione di Gerusalemme quello che riguarda la fine del mondo, oppure diciamo che quello riguardante la venuta di lui nel proprio corpo, che è la Chiesa, si riferisce all'ultima sua venuta personale di capo della Chiesa o, viceversa, affermiamo che riguarda la sua venuta per il tramite della Chiesa, ciò che è proprio dell'ultima sua venuta personale.
Tra tutti quei segni ve n'è qualcuno evidente, mentre altri sono tanto oscuri ch'è difficile distinguerli o temerario affermare qualcosa di definitivo fintantoché non si sono compresi.
Chi non vede infatti che si riferisce a quella città il passo ove è detto: Quando poi vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate che allora è ormai giunta la sua rovina? ( Lc 21,20 )
È altrettanto chiaro che si riferisce all'ultima venuta del Signore il passo ove è detto: Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. ( Lc 21,31 )
Il contenuto invece del passo ove è detto: Guai alle donne incinte e allattanti in quei giorni!
Pregate che la vostra fuga non avvenga d'inverno né di sabato, poiché vi sarà allora una terribile tribolazione quale non vi è stata mai dal principio del mondo fino ad ora né vi sarà mai, ( Mt 24,19-21 ) è espresso da Matteo e da Marco in maniera ch'è incerto se debba intendersi della distruzione di quella città oppure della fine del mondo.
Così infatti la medesima cosa si legge in Marco: Guai alle donne incinte e a quelle allattanti in quei giorni!
Pregate che ciò non avvenga d'inverno, poiché in quei giorni vi saranno tali tribolazioni come non furono mai dal principio del mondo, che Dio ha creato, fino ad ora né vi saranno.
E se il Signore non avesse accorciato quei giorni di prova, non si salverebbe nessuno; ma in vista degli eletti ch'Egli si è scelti ha accorciato quei giorni! ( Mc 13,17-20 )
Non diversamente parla Matteo, mentre Luca scrive in modo che la profezia sembra riguardare la distruzione di quella città, poiché nel suo Vangelo si legge così: Guai alle donne incinte e a quelle allattanti in quei giorni!
Vi sarà una terribile calamità nel paese e l'ira su questo popolo; la gente cadrà a fil di spada e sarà condotta schiava fra tutte le genti: Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché non saranno compiuti i tempi dei pagani. ( Lc 21,23-24 )
A questo punto Matteo così scrive: Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione stabilito nel luogo santo, predetto dal profeta Daniele - chi legge, intenda - allora quelli che saranno in Giudea fuggano sui monti e chi sarà sulla terrazza non scenda a prendere ciò che ha in casa e chi sarà in campagna non torni indietro a prendere il mantello.
Guai poi alle donne incinte e allattanti in quei giorni! ( Mt 24,15-19; Dn 9,27 )
Marco invece scrive: Quando poi vedrete l'abominio della desolazione stabilito là dove non dovrebbe - chi legge, intenda allora quelli che stanno in Giudea, fuggano sui monti e chi sta sulla terrazza non scenda in casa e non entri a prendervi nulla e chi sta in campagna non torni indietro a prendere il mantello.
Guai poi alle donne incinte e a quelle allattanti in quei giorni! ( Mc 13,14-17 )
Luca invece, per mostrare che l'abominio della desolazione predetto dal profeta Daniele fu compiuto allorché fu espugnata Gerusalemme, cita nel medesimo passo queste parole del Signore: Quando poi vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate ch'è vicina la sua distruzione. ( Lc 21,20 )
È chiaro ch'è da porsi a questo punto l'abominio della desolazione, di cui parlano gli altri due Evangelisti.
Anche Luca poi continua ripetendo come gli altri: Allora quelli che sono nella Giudea fuggano sui monti e, invece di dire come gli altri: chi invece sta sulla terrazza non scenda in casa a prendervi nulla, dice: e chi sarà in città se ne allontani; ( Lc 21,21-22 ) per mostrare che mediante quelle espressioni usate dagli altri Evangelisti si voleva indicare solo l'ordine di fuggire in fretta.
Inoltre, invece della frase che si legge in essi: e chi è in campagna non torni a casa a prendervi il mantello, Luca dice più chiaramente: e chi è nei campi non rientri in città, poiché quelli sono giorni di vendetta e in essi si adempieranno tutte le cose che sono state scritte.
Egli poi prosegue come gli altri due Evangelisti dicendo: Guai alle donne incinte e a quelle allattanti in quei giorni! ( Lc 21,23 ) con le rimanenti frasi connesse con questa, da me ricordate più sopra, sicché è del tutto evidente che questo passo di tutti e tre gli Evangelisti tratta del medesimo evento.
Luca dunque rese chiaro ciò che poteva riuscire incerto, che cioè la menzione relativa all'abominio della desolazione e all'accorciamento degli ultimi giorni in grazia degli eletti non riguarda la fine del mondo ma la distruzione di Gerusalemme, poiché, anche se non parlò di quelle circostanze, espose più chiaramente tutte le altre relative a quel fatto al quale mostrò che si riferivano anche quelle.
Non dobbiamo infatti aver dubbi che al tempo in cui fu distrutta Gerusalemme ci fossero tra il popolo ebraico degli eletti di Dio che si erano già convertiti o si sarebbero convertiti al Cristianesimo dalla circoncisione, eletti fino dalla creazione del mondo; in grazia di essi sarebbero stati abbreviati quei giorni affinché quelle calamità fossero sopportabili.
Ora mi pare che abbiano colto il senso più giusto certi interpreti per i quali qui, sotto il termine di " giorni ", sarebbero designate le stesse sciagure, allo stesso modo che si parla di " giorni cattivi " in altri passi della Sacra Scrittura. ( Sal 41,2; Sal 49,6; Ef 5,16 )
In realtà non sono per se stessi cattivi i giorni ma le cose che accadono in essi.
È stato dunque detto che quelle sciagure venivano abbreviate, affinché se ne sentissero meno gli effetti in virtù della pazienza concessa da Dio e così diventassero brevi sciagure tanto tremende.
Ma sia che l'accorciarsi di quei giorni si debba prendere in questo senso, sia cioè che saranno ridotti a un numero minore, sia che saranno abbreviati mediante il corso più rapido del sole ( non mancano infatti alcuni i quali pensano anche questo, che cioè sia stato detto che quei giorni saranno più corti allo stesso modo che fu più lungo il giorno per le preghiere di Giosuè figlio di Nave ( Gs 10,12-14 ) ), l'evangelista Luca insegna comunque che quell'accorciamento di giorni e l'abominio della desolazione ( eventi non accennati da lui ma solo da Matteo e da Marco ) si riferiscono alla distruzione di Gerusalemme, mentre egli parla come quelli, ma in modo più chiaro, di altri particolari relativi a questo medesimo evento, che quelli espressero in modo più oscuro.
Giuseppe Flavio autore della " Storia Giudaica ", narra che quel popolo fu colpito da sventure sì tremende che si stenta a credervi.2
Perciò la Sacra Scrittura dice con ragione che una tale sciagura non è mai capitata dall'inizio del mondo e non capiterà mai.
Ma se pure al tempo dell'Anticristo dovesse accaderne una simile o forse peggiore, si deve intendere che la Sacra Scrittura parla del popolo ebraico quando dice che non gliene capiterà mai una simile.
Se infatti saranno anzitutto e soprattutto gli Ebrei ad accogliere l'Anticristo, sarà quello stesso popolo a provocare quella sciagura anziché a subirla.
Non c'è dunque motivo di credere che le Settimane predette da Daniele siano state scompigliate a causa dell'abbreviamento dei giorni o che non siano già compiute in quella circostanza, ma che si dovranno compiere alla fine del mondo, poiché non si compirono prima della passione del Signore.
Se qualcuno la pensa così, viene confutato molto giustamente da ciò che affermi tu stesso dicendo: " Se tale abominazione è già avvenuta, come mai il Signore ammonisce dicendo: Quando vedrete l'abominio della desolazione stabilito nel luogo santo, predetto dal profeta Daniele, chi legge, intenda? ". ( Mt 24,15 )
Con questa argomentazione della Beatitudine tua devono essere a ragione confutati coloro secondo i quali l'abominazione sarebbe stata compiuta quando il Signore pronunciava queste parole oppure prima della sua passione e risurrezione; coloro invece i quali sostengono, come afferma in modo assai chiaro anche l'evangelista Luca, che avvenne allorché fu distrutta Gerusalemme, debbono considerare che cosa possa rispondersi a coloro, i quali pensano che quegli eventi avverranno alla fine o verso la fine del mondo, sebbene l'abominio della desolazione, a causa dell'oscurità dell'espressione, non abbia potuto essere intesa da tutti allo stesso modo.
Quanto alla frase: Chi si trova sulla terrazza, non scenda a prendere alcunché nella propria casa; e chi è in campagna, non torni indietro a prendere il mantello; ( Mt 24,17-18.21; Mc 13,15-16 ) si può intendere più convenientemente nel senso spirituale per il fatto che in tutte le sventure si deve evitare che nessuno soccomba e scenda dalle vette dello spirito alle bassezze d'una vita sensuale, oppure che uno, dopo aver fatto progressi protendendosi verso mete ulteriori, ( Fil 3,13 ) venga meno e guardi alle realtà che stanno indietro.
Se tale vigilanza è necessaria in ogni sventura, quanto più avrebbe dovuto essere prescritta per la sventura preannunciata così tremenda a quella città come è mai stata e mai sarà dall'inizio del mondo.
E se ciò vale per questa, quanto più varrà per quella che sarà l'ultima per tutta la terra, cioè per la Chiesa diffusa su tutta la terra?
Infatti lo stesso Luca, a proposito non già di quando il Signore fu interrogato dai suoi discepoli sulla sua seconda venuta, come ricordano Matteo e Marco, ( Mt 24,3; Mc 13,3 ) ma in un altro passo in cui i Farisei gli chiesero quando sarebbe venuto il regno di Dio, ( Lc 17,20 ) narra ch'egli disse una cosa pressa poco simile e cioè: In quel giorno chi starà sulla terrazza e avrà i suoi arnesi in casa, non discenda a prenderli, e chi sarà in campagna, similmente non torni indietro. ( Lc 17,31 )
Ma ora si tratta del computo delle settimane di Daniele: se queste non hanno avuto compimento durante la prima venuta del Signore e devono compiersi alla fine del mondo, chi potrebbe credere che gli Apostoli non lo sapessero, oppure che lo sapessero ma che fosse loro vietato di rivelarlo?
Ora, se la cosa sta così, è utile per i popoli ignorare ciò che il Signore proibì che insegnassero coloro ch'egli volle fossero maestri dei popoli.
Se invece le settimane si sono già compiute per il fatto che il Santo dei Santi è stato già consacrato, ( Dn 9,24.26-27 ) il Cristo è stato già ucciso, per non appartenere più al suo popolo, dal tempio è stato già soppresso il sacrificio, ed è stata abolita la consacrazione, con ragione è stato risposto agli Apostoli: Non tocca a voi conoscere i tempi che il Padre si è riserbati al proprio arbitrio; ( At 1,6-7 ) poiché i tempi che avrebbero potuto conoscere dalla profezia di Daniele, non concernevano la fine del mondo, su cui avevano interrogato il Signore.
Abbiamo forse visto in cielo o in terra dei segni più impressionanti di quelli visti da coloro che sono vissuti prima di noi?
Se si leggesse la storia dei popoli, non se ne incontrerebbero forse tanti così straordinari che qualcuno di essi si stenterebbe a crederlo?
Ma, per tacere molti altri prodigi che sarebbe troppo lungo enumerare, quando mai abbiamo visto due soli come hanno lasciato scritto testimoni oculari vissuti prima della nascita di Cristo?
Quando mai abbiamo vista un'eclissi di sole così spaventosa come quella avvenuta allorché era appesa alla Croce la Luce del mondo? ( Lc 23,44-45; Mt 27,45; Mc 15,33 )
Salvo che vogliamo annoverare tra i prodigi celesti le eclissi di sole e di luna normalmente osservate e predette dagli astronomi, per il fatto che abbiamo visto più spesso eclissi di luna nel plenilunio, quelle di sole invece più raramente, ma tuttavia ne abbiamo viste tante alla fine delle fasi lunari secondo i loro calcoli.
Non era di tale specie l'eclissi di sole verificatasi alla crocifissione di Cristo e perciò fu davvero straordinaria e prodigiosa, per il fatto che allora ricorreva la Pasqua giudaica che non si celebra se non durante il plenilunio.
Ora, in base ai calcoli astronomici, è certo che non può avvenire un'eclissi di sole durante il plenilunio, ma solo durante il novilunio ( non sempre, è vero, ma giammai in condizioni diverse ) quando il sole si eclissa secondo i suddetti calcoli.
Chi mai, dunque, ricorda che sia apparso nel cielo qualche prodigio simile a quello apparso alla morte del Signore, da quando egli predisse i segni della fine del mondo?
Se perciò appariranno anche tali prodigi - ammesso che non si debbano intendere in senso spirituale - appariranno quando la fine del mondo sarà tanto vicina che dovranno apparire.
Venendo poi alle guerre, quando mai la terra non ne è stata afflitta in tempi e luoghi diversi?
Per non ricordare quelle troppo antiche, sotto l'imperatore Gallieno, quando i barbari strariparono invadendo da ogni parte le province romane, quanti nostri fratelli viventi in quel tempo pensiamo che avrebbero potuto credere vicina la fine del mondo per il fatto che quella sciagura era capitata molto dopo l'ascensione del Signore?
Ecco perché non sappiamo quale specie di guerre saranno quelle che precederanno la fine del mondo allorché sarà senz'altro prossima, salvo che si debba piuttosto pensare che saranno guerre nell'ambito della Chiesa.
Poiché ci sono due popoli e due regni: l'uno di Cristo e l'altro del demonio; forse a proposito di essi è stato detto: Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno. ( Mc 13,8; Mt 24,7; Lc 21,10 )
Ciò non ha cessato di avverarsi da quando fu detto: Ravvedetevi perché il regno dei cieli è vicino. ( Mt 3,2; Mt 4,17 )
Vedi quanti anni sono passati da quando sono state dette queste parole che sono pur sempre verissime.
Nell'ultima età del mondo il Signore è venuto sulla terra nascendo dalla Vergine; questa età non sarebbe chiamata l'ultima ( 1 Gv 2,18 ) se il regno dei cieli non fosse vicino; durante tutta quest'età si compiono gli eventi predetti dal Signore per l'avvicinarsi del suo regno.
Ma per quanto tempo potrà estendersi quest'età?
Se è stato detto agli Apostoli: Non tocca a voi saperlo, ( At 1,7 ) con quanta maggior ragione un uomo qualsiasi come me deve riconoscere i propri limiti e non pretendere di capire più di quanto è necessario! ( Rm 12,3 )
" Ma le nostre sventure - tu obietti - ci costringono ad ammettere ch'è ormai vicina la fine, mentre costatiamo avverarsi ciò che è stato predetto: Gli uomini tramortiranno dallo spavento e dal presentimento di sciagure sovrastanti a tutto il mondo. ( Lc 21,26 )
È certo - tu dici - che non v'è alcuna patria o contrada che ai nostri giorni non sia colpita da afflizioni o da sciagure, secondo quanto sta scritto: A causa dello spavento e del presentimento di sciagure sovrastanti a tutto il mondo ".
Se dunque le sciagure che ora soffre il genere umano sono indizi sicuri della prossima venuta del Signore, perché mai l'Apostolo afferma: Quando diranno: Pace e sicurezza? ( 1 Ts 5,3 )
Il Vangelo infatti, dopo aver detto che gli uomini tramortiranno dallo spavento e dal presentimento di sciagure imminenti, soggiunge immediatamente: Poiché le potenze celesti saranno sconvolte e allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nuvola con gran potenza e maestà. ( Lc 21,26-27 )
Vediamo dunque se per caso non è meglio intendere la predizione nel senso che ciò che con quelle parole è stato predetto non si compie adesso ma avverrà piuttosto quando la sciagura investirà tutto il mondo sicché riguarderà la Chiesa che sarà perseguitata in tutto il mondo, non coloro che la perseguiteranno.
Essi in realtà diranno: Pace e sicurezza, ( 1 Ts 5,3-4 ) in modo che la rovina piomberà su di loro all'improvviso e la seconda venuta del Signore li sorprenderà come un ladro nella notte, mentre al contrario si rallegreranno ed esulteranno tutti coloro che desiderano l'apparizione del Signore. ( 2 Tm 4,8 )
Adesso invece vediamo che le sciagure attuali, che si crede siano le massime e le ultime, sono comuni ai due popoli ed ai due regni, a quello cioè di Cristo e a quello del demonio: poiché ne sono colpiti alla stessa guisa i buoni ed i malvagi e, ovunque infieriscano o si tema che accadano sciagure, non v'è alcuno che dica: Pace e sicurezza.
Eppure in mezzo a tante sciagure si fanno dovunque tanti banchetti licenziosi, imperversa l'ubriachezza, impèra l'avidità, siamo assediati dal suono rimbombante di canzoni lascive, di organi, di flauti, di lire, di cetre, si sentono i dadi e molte altre specie di suoni e di giuochi.
È forse questo tramortire per lo spavento o non piuttosto corrompersi nella dissolutezza? ( Lc 21,26 )
Ma gli amanti delle tenebre avranno sempre più di questi piaceri e vi si ingolferanno sempre più quando esclameranno: Pace e sicurezza!
E che dire degli stessi figli della luce e del giorno che non vivono nelle tenebre, sì da essere sorpresi dalla fine del mondo come da un ladro notturno? ( 1 Ts 5,4-5 )
Non continuano forse a servirsi di questo mondo come se non se ne servissero affatto, ( 1 Cor 7,31 ) poiché, sebbene da molto tempo, cioè fin dal tempo degli Apostoli, sia stato detto: Il tempo è breve, ( 1 Cor 7,29 ) essi tuttavia pensano con religiosa sollecitudine a queste parole dell'Apostolo?
Non è forse vero che la maggior parte di essi pianta
ancora nuovi alberi, costruisce case, compra, possiede, percorre la carriera delle magistrature, si sposa?
Parlo, beninteso, di coloro che,
pur aspettando il ritorno del loro Signore dalle nozze, (
Lc 12,36
) non si astengono dalle nozze carnali, ma ascoltano l'Apostolo e obbediscono in spirito di grande amore ai suoi precetti
sul modo come le mogli debbono vivere con i mariti e viceversa, i figli con i genitori e viceversa, i
servi con i padroni e viceversa. (
Ef 5,22-6,9;
Col 3,18-22 )
Tutti costoro non si servono forse del mondo in tutte queste loro occupazioni?
Non fanno forse gli agricoltori, i marinai, i commercianti, non mettono forse al mondo i figli, non fanno forse il soldato o l'amministratore?
Io penso che non agiranno così quando si avvererà ciò che è predetto nel Vangelo, quando ci saranno prodigi nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli e smarrimento per il rimbombare del mare in tempesta, quando gli uomini tramortiranno per lo spavento e il presentimento di sciagure imminenti al mondo intero, poiché le potenze del cielo saranno sconvolte. ( Lc 21,25-26 )
Credo che sia meglio intendere queste predizioni come riguardanti la Chiesa, perché non si abbia l'impressione che Cristo nostro Signore abbia annunciato come segni straordinari dell'avvicinarsi della sua seconda venuta, eventi che erano soliti accadere a questo mondo anche anteriormente alla sua prima venuta e noi veniamo scherniti da coloro che hanno letto nella storia dei popoli sciagure simili più tremende e più numerose di quelle che noi temiamo come le ultime e più terribili di tutte.
La Chiesa infatti è il sole, la luna e le stelle, poiché ad essa è stato detto: Sei bella come la luna, splendente come il sole. ( Ct 6,9 )
Davanti al nostro Giuseppe si prostra la luna in questo mondo, come nell'Egitto, ove dalla più bassa condizione fu elevato al vertice del potere, mentre invece non poté prostrarsi ai piedi del figlio la madre, essendo già morta, ( Gen 35,19; Gen 46,1-7 ) prima che Giacobbe andasse a trovare il figlio in Egitto, sicché il compimento di quel sogno profetico ( Gen 37,9-11 ) fosse riservato a Cristo nostro Signore.
Quando infatti il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte, ( Mt 24,29; Mc 13,24-25 ) come sta scritto nei Vangeli di Matteo e di Marco, la Chiesa starà nascosta perché sarà perseguitata dagli empi divenuti più crudeli delle iene i quali, messo da parte ogni timore per il fatto che arriderà loro la felicità terrena, ripeteranno: Pace e sicurezza. ( 1 Ts 5,3 )
Allora le stelle cadranno dal cielo, saranno sconvolte le potenze celesti, poiché molti, che parevano brillare per la grazia, cederanno di fronte alle persecuzioni e cadranno, e perfino alcuni tra i più forti nella fede saranno sconvolti.
Ecco perché nel Vangelo di Matteo e di Marco sono preannunciate tali sciagure dopo la tribolazione di quei giorni, ( Mt 24,29; Mc 13,24-25 ) non perché esse debbano avvenire appena finito tutto il periodo della persecuzione, ma perché questa precederà e avrà come conseguenza la defezione di alcuni; e poiché la persecuzione continuerà per tutto lo spazio degli ultimi giorni, quelle sciagure accadranno quegli stessi giorni dopo la persecuzione che li funesterà.
Quando il Signore disse nel Vangelo di Luca: E sulla terra sgomento di popoli, ( Lc 21,25 ) volle farci intendere non i popoli appartenenti alla stirpe di Abramo, nel quale saranno benedetti tutti i popoli, ( Gen 22,18; Gen 26,4 ) ma le genti che staranno alla sinistra quando tutte le genti saranno adunate al cospetto del Giudice dei vivi e dei morti. ( Mt 25,33; At 10,42 )
In tutti i popoli ci saranno infatti le due categorie: quella dei persecutori e quella dei perseguitati, quella che dirà: Pace e sicurezza, ( 1 Ts 5,3 ) e quella per cui si oscurerà il sole e la luna non darà più la luce; da cui cadranno le stelle, e in cui saranno sconvolte le potenze celesti. ( Mt 24,29; Mc 13,24-25 )
E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nube con gran potenza e maestà. ( Lc 21,27; Mt 24,30; Mc 13,26 )
Mi sembra che ciò possa intendersi in due modi: cioè che venga nella Chiesa come in una nube, allo stesso modo che ancora adesso non cessa di venire come egli stesso disse: Ormai vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo; ma egli allora verrà con gran potenza e maestà, ( Mt 26,64 ) poiché queste appariranno più grandi ai santi, ai quali darà tanta forza da non soccombere alla persecuzione.
Oppure si manifesterà con lo stesso corpo con cui è assiso alla destra del Padre, con cui morì, risorse e ascese al cielo, ( Rm 8,34; Mc 16,19; Col 3,1 ) come sta scritto negli Atti degli Apostoli: Ciò detto, si sollevò sopra una nube e sparì dalla loro vista.
E poiché anche allora gli Angeli dissero: Ritornerà allo stesso modo che l'avete visto salire al cielo, ( At 1,9.11 ) con ragione si deve credere ch'egli tornerà non solo col medesimo corpo, ma anche in una nube, dato che tornerà allo stesso modo che se ne andò sopra una nube.
È comunque difficile stabilire quale sia il senso migliore da scegliere. Il senso più ovvio per chi ascolta o legge: E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nube con gran potenza e maestà, ( Lc 21,27 ) è quello di riferire la frase alla sua seconda venuta non mediante la Chiesa ma nella propria persona quando verrà a giudicare i vivi e i morti. ( 2 Tm 4,1 )
Siccome però dobbiamo cercare di penetrare il senso più profondo delle Sacre Scritture e non accontentarci di quello superficiale, essendo state redatte in modo che vogliono essere esaminate più profondamente, dobbiamo considerare più attentamente il seguito del passo.
Infatti, dopo aver detto: E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nube con gran potenza e maestà, soggiunse: Ora, quando cominceranno ad accadere queste cose, guardate in su e alzate il capo, poiché è vicina la vostra liberazione.
E disse loro un paragone: Guardate il fico e tutti gli altri alberi: quando producono ormai il frutto, v'accorgerete che l'estate è vicina.
Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. ( Lc 21,28-31 )
Allorché dunque dice: Quando vedrete accadere queste cose, quali cose potremo intendere se non quelle accennate prima?
Tra esse c'è pure quella ricordata con la frase: E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nube con gran potenza e maestà. ( Lc 21,27 )
Pertanto, anche quando ciò sarà visto, il regno di Dio non sarà ancora giunto ma solo vicino.
Vediamo che anche gli altri due Evangelisti conservano la stessa disposizione.
Marco, infatti, dopo aver detto che le potenze del cielo saranno sconvolte, soggiunge: E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con gran potenza e gloria, e aggiunge un particolare tralasciato da Luca e cioè: Allora manderà i suoi Angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti dall'estremità della terra all'estremità del cielo. ( Mc 13,25-26 )
Poi, invece di riferire, come fa Luca, il paragone del fico e degli altri alberi, riferisce solo quello tratto dal fico e dice: Dal fico imparate il paragone: quando ormai il suo ramo diviene tenero e spuntano le foglie, da voi stessi giudicate che ormai è vicina l'estate; così anche voi, quando vedrete accadere tutte queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino, alle porte. ( Mc 13,27-29 )
Quali sono le cose che si cominceranno a vedere avverarsi se non quelle di cui Marco parla precedentemente?
Tra esse v'è anche l'evento così accennato: E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con gran potenza e gloria; e allora manderà i suoi Angeli e radunerà i suoi eletti. ( Mc 13,27 )
La fine quindi non avverrà allora ma sarà solo vicina.
Oppure bisogna dire che le parole: Quando vedrete compiersi queste cose, ( Mc 13,29; Lc 21,31 ) non devono intendersi di tutti i segni precursori ricordati poc'anzi, ma solo di alcuni di essi che cioè si deve eccettuare il particolare che dice: Vedranno il Figlio dell'uomo venire ( Mc 13,26; Lc 21,27 ), ecc. poiché questo evento non sarebbe vicinissimo alla fine, ma la fine stessa?
Matteo però fa capire che la frase: Quando vedrete compiersi queste cose, dev'essere intesa di tutti i segni.
Infatti, dopo aver detto anch'egli che le potenze del cielo saranno sconvolte, soggiunge: E allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora tutte le genti della terra si batteranno il petto e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con gran potenza e gloria.
Manderà allora i suoi Angeli con una tromba dallo squillo potente e raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra all'estremità del cielo.
Dall'albero del fico imparate poi il paragone: quando ormai il suo ramo diviene tenero e ne spuntano le foglie, vi accorgete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate ch'è vicino, alle porte. ( Mt 24,29-33 )
Allora dunque noi sapremo che il Signore è vicino, quando vedremo compiersi non solo qualcuno ma tutti i segni predetti.
Tra questi c'è il fatto che si vedrà venire il Figlio dell'uomo che invierà i suoi Angeli a radunare i suoi eletti dalle quattro parti della terra, cioè da tutta quanta la terra; tutto ciò lo fa per tutta l'ultima ora, ( 1 Gv 2,18 ) venendo nei suoi membri, ( 1 Cor 6,15 ) come in altrettante nubi o in tutta la Chiesa ch'è il suo corpo, ( Col 1,24 ) la quale nel suo insieme è come una gran nube che produce frutti e cresce nel mondo intero ( Col 1,6 ) da quando Cristo ha cominciato a predicare e a proclamare: Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino. ( Mt 3,2; Mt 4,17 )
In tal modo, mettendo a confronto tra loro ed esaminando più attentamente le predizioni riferite dai tre Evangelisti, si potrebbe forse scoprire che tutti quei segni si riferiscono alla sua venuta quotidiana nel suo corpo, cioè nella sua Chiesa; ( di tale sua venuta egli disse: Ormai vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra della Potenza venire sulla nube del cielo ( Mt 26,64; Mc 14,62 ) ).
Da questa interpretazione vanno esclusi quei passi ov'è predetta, come vicina, l'ultima venuta del Cristo in persona per giudicare i vivi e i morti, ( 2 Tm 4,1 ) e le allusioni del Signore stesso assolutamente evidenti riguardo alla sua venuta personale enunciate alla fine del discorso riportato da Matteo, a proposito della quale è stato dimostrato più sopra da quali segni deve capirsi ch'essa è vicina.
Ecco infatti come termina il discorso stesso riferito da Matteo: Quando poi verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora si assiderà sul suo trono glorioso e allora si raduneranno al suo cospetto tutte le genti, fino all'ultimo versetto che dice: E andranno questi nel supplizio eterno, i giusti invece nella vita eterna. ( Mt 25,31-32.46 )
Nessuno dubita che questa predizione riguarda l'ultima venuta di Cristo e la fine del mondo.
Non sono mancati tuttavia alcuni interpreti i quali hanno voluto insegnare con argomenti degni di considerazione che la parabola delle cinque vergini stolte e delle cinque sagge ( Mt 25,1-12 ) deve intendersi della venuta quotidiana di Cristo nella Chiesa.
Ciononostante non si devono fare di tali affermazioni temerarie per evitare che si presentino valide ragioni per contraddirle, soprattutto perché, tenuto conto delle oscurità delle Scritture, con cui Dio ha voluto esercitare la nostra intelligenza, non solo tra coloro che spiegano la Sacra Scrittura in una maniera che non si può non approvare c'è chi ha un'ispirazione più acuta di un altro, ma altresì uno qualsiasi di essi comprende ora meno ora meglio.
Non so tuttavia se riguardo alla presente questione potremmo prospettare, se pure ne avessimo il modo e la capacità, una soluzione più sicura di quella da me già proposta nella mia precedente lettera, che cioè la fine verrà quando il mondo sarà interamente evangelizzato. ( Mt 24,14 )
Ho già dimostrato con prove sicure che non risponde affatto a verità, come pensa l'Eccellenza tua, che l'evangelizzazione del mondo sarebbe stata già compiuta dagli Apostoli.
Qui da noi, in Africa, ci sono innumerevoli tribù di barbari, ai quali il Vangelo non è stato ancora predicato, come è facile informarsi dai prigionieri che arrivano nelle nostre città e vanno ormai ad aumentare il numero degli schiavi dei Romani.
È pur vero che sono passati pochi anni da quando, in numero limitato, alcuni di essi, i quali ormai assoggettati fanno parte dei territori romani sì da non avere più capi supremi propri ma governatori stabiliti su di essi dall'impero romano, hanno cominciato ad essere Cristiani con gli stessi loro governatori.
Alcuni invece di coloro, che abitano nelle regioni interne e non sono per nulla sotto il dominio romano, non hanno neppure alcun legame con la religione Cristiana, senza che per questo si possa dire assolutamente che essi non appartengono alla promessa di Dio.
Il Signore infatti promise al discendente di Abramo, anche mediante il giuramento, non i soli Romani, ma tutti i popoli. ( Gen 22,16-18; Gen 26,3-4 )
In virtù di tale promessa è ormai una realtà che alcuni popoli non soggetti al dominio di Roma hanno ricevuto il Vangelo e sono entrati a far parte della Chiesa, la quale produce frutti e cresce in tutto il mondo. ( Col 1,6 )
Essa però ha ancora la possibilità di crescere fino a tanto che non si avveri la profezia riguardante Cristo fatta a proposito di Salomone, sua prefigurazione: Regnerà da un mare all'altro e dal fiume fino all'estremità della terra. ( Sal 72,8 )
Dal fiume vuol dire dal fiume in cui Cristo fu battezzato, poiché di lì cominciò il Vangelo; ( Mt 3,13-16; Mc 1,9; Lc 3,21 ) da un mare all'altro poi indica tutta la terra con tutte le genti, poiché è interamente circondata dall'Oceano.
Altrimenti come potrà adempiersi la profezia che dice: Tutti i popoli da te creati, o Signore, verranno a prostrarsi in adorazione alla tua presenza? ( Sal 86,9 )
Ora, i popoli non verranno ( davanti al Signore ) lasciando le proprie sedi, ma professando la fede nelle proprie sedi.
Dei credenti, infatti, il Signore ha detto: Nessuno può venire a me, se non gli sarà concesso dal Padre mio, ( Gv 6,66 ) e il Profeta dice: E lo adoreranno, ciascuno dalla propria sede, tutte le isole delle nazioni. ( Sof 2,11 )
Dice: tutte le isole, come per dire: " anche tutte le isole ", mostrando con ciò che non vi sarà regione in cui non sarà stabilita la Chiesa, dal momento che non sarà trascurata nessuna delle isole, alcune delle quali sono perfino in mezzo all'Oceano, e sappiamo che alcune di esse hanno già ricevuto il Vangelo.
In tal modo per ognuna delle isole s'adempie la profezia che il suo regno si estenderà da uno all'altro mare, ( Sal 71,8 ) dal quale è circondata ciascuna isola, come anche s'adempie per tutta la terra, ch'è in un certo qual modo un'immensa isola, poiché anch'essa è circondata dall'Oceano.
Sappiamo che la Chiesa è già arrivata fino alle coste occidentali dell'Oceano e arriverà in qualsiasi parte delle sue coste, dove non è ancora arrivata, producendo frutti e crescendo. ( Col 1,6 )
Se dunque, dato che nessuna profezia contenuta nella Bibbia può mentire, tutte le genti create da Dio dovranno adorarlo, ( Sal 86,9 ) in qual modo potranno adorarlo se non lo invocheranno?
Ma in qual modo potranno invocare Colui nel quale non hanno creduto, o in qual modo potranno credere in Colui del quale non hanno sentito parlare?
E come potranno sentirne parlare se non c'è chi lo annunci?
E come potranno annunciarlo se non saranno inviati? ( Rm 10,14-15 )
Egli infatti invia i suoi Angeli a radunare i suoi eletti dai quattro venti, ( Mt 24,31; Mc 13,27 ) cioè da tutta la terra.
Occorre pertanto che la Chiesa sia stabilita in mezzo a tutte le genti nelle quali ancora non è presente, non già perché tutti gli abitanti di quelle regioni debbano credere: tutte le genti sono state infatti promesse, non già tutte le persone di tutte le genti, poiché la fede non è patrimonio di tutti. ( 2 Ts 3,2 )
Ecco perché ogni popolo crede solo in relazione a tutti coloro che sono stati eletti prima della creazione del mondo, ( Ef 1,4 ) mentre in relazione agli altri è incredulo e odia i credenti.
Come mai infatti s'adempierà anche la profezia che dice: Sarete odiati da tutte le genti a causa del mio nome, ( Mt 24,9; Mt 10,22; Mc 13,13; Lc 21,17 ) se in ogni popolo non ci saranno increduli che odiano e credenti che sono odiati?
In qual modo quindi sarebbe stata compiuta dagli Apostoli la predicazione del Vangelo, dal momento che ci sono ancora popoli tra i quali, come ci risulta con assoluta certezza, essa è cominciata appena ora, e ce ne sono altri tra i quali non è ancora cominciata affatto?
Cristo disse agli Apostoli: Mi renderete testimonianza in Gerusalemme e in tutta la Giudea, nella Samaria e fino all'estremità della terra, ( At 1,8 ) non come se avessero potuto compiere una missione così importante essi soli, ai quali rivolgeva la sua parola, ma lo disse allo stesso modo che in apparenza rivolse solo ad essi la promessa così enunciata: Ecco che io sono con voi sino alla fine del mondo; ( Mt 28,20 ) chi non capirebbe tuttavia che tale promessa è stata fatta all'intera Chiesa, la quale sarebbe continuata ad esistere sino alla fine del mondo nel continuo avvicendarsi di persone che muoiono e di altre che nascono?
In questo senso deve intendersi anche la profezia: Quando vedrete tutte queste cose, sappiate ch'è vicino, alle porte, ( Mt 24,33; Mc 13,29 ) la quale non riguarda affatto gli Apostoli, eppure fu detta loro come se riguardasse soltanto loro.
Orbene, chi sono coloro ai quali quella profezia si riferisce, se non coloro che si troveranno in vita quando si compiranno tutte quelle cose?
Quanto più ciò è vero della predicazione del Vangelo che in gran parte avrebbe dovuto essere svolta dagli Apostoli, sebbene la medesima attività fosse riservata anche a coloro che sarebbero vissuti dopo di loro?
Quando l'Apostolo dice: Ma non hanno forse udito? ( Eppure ) la loro voce si sparse per tutta la terra e le loro parole arrivarono fino all'estremità della terra! ( Rm 10,18; Sal 19,5 )
sebbene usi i verbi al passato, tuttavia predice un evento futuro e non già un fatto compiuto.
Così anche fa il Profeta di cui riporta la testimonianza, il quale non dice: " La loro voce si spargerà " ma si sparse per tutta la terra, sebbene ciò non fosse ancora avvenuto; come dice anche l'altra profezia: Trafissero le mie mani e i miei piedi, ( Sal 22,17 ) mentre sappiamo che ciò è avvenuto molto tempo dopo.
Ma affinché non crediamo che tali modi di dire siano stati usati solo dai Profeti e non anche dagli Apostoli, non dice forse il medesimo Apostolo che la Chiesa del Dio vivente è colonna e fondamento della verità; e senza dubbio grande è il mistero della pietà, cioè il mistero che si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli Angeli, fu predicato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria? ( 1 Tm 3,15-16 )
È infatti evidente che ciò che dice l'Apostolo alla fine di questo passo non s'è ancora avverato; tanto meno s'era avverato allorché scriveva così, poiché la Chiesa sarà assunta nella gloria solo quando si sentirà dire: Venite, benedetti del Padre mio, a possedere il regno, ( Mt 25,34 ) eppure l'Apostolo ha espresso ciò come un fatto compiuto, mentre sapeva con certezza ch'era un evento futuro.
Molto meno c'è da meravigliarsi che l'Apostolo usasse il presente nel passo ugualmente da te citato: A causa della speranza a noi riserbata e da voi conosciuta mediante la parola di verità del Vangelo, ch'è giunto fino a voi come anche in tutto il mondo producendo frutti e crescendo, ( Col 1,5-6 ) sebbene il Vangelo non fosse ancora diffuso in tutto il mondo; ma egli affermò ch'esso produceva frutti e cresceva in tutto il mondo per indicare fino a qual punto sarebbe arrivato producendo frutti e crescendo.
Se dunque non si sa quando la Chiesa, producendo frutti e crescendo, sarà diffusa in tutto il mondo da un mare all'altro, ( Sal 72,8; Sir 44,23; Am 8,12 ) senza dubbio non si può sapere quando verrà la fine, dal momento che non verrà prima di allora.
Ma volendo manifestare il mio parere sulla presente questione a un santo uomo di Dio e mio sincerissimo fratello come sei tu, dirò ch'è da evitare, per quanto è possibile a noi uomini, l'errore in un senso e in un altro, cioè il credere che il Signore verrà più presto o più tardi di quando verrà. Io del resto credo che nessuno cada in errore quando è consapevole di non sapere qualcosa, ma quando crede di sapere ciò che non sa.
Lasciamo quindi da parte il servo malvagio il quale dicendo tra se: Il mio padrone tarda a tornare, ( Mt 24,48-49; Lc 12,45 ) la fa da padrone sui suoi conservi e s'abbandona ai bagordi con gli ubriaconi; costui naturalmente desidera il ritorno del padrone come il fumo negli occhi.
Lasciato da parte questo servo malvagio, mettiamoci davanti agli occhi tre servi buoni che amministrano la servitù del padrone con zelo e prudenza, che desiderano ardentemente il ritorno del padrone, che lo aspettano vigilanti e lo amano fedelmente.
Ammettiamo che uno di loro creda che il padrone tornerà presto, un altro più tardi e il terzo confessi di non averne alcuna idea precisa: vediamo chi di essi meglio corrisponda al servo ideale del Vangelo, sebbene tutti e tre siano conformi al Vangelo in quanto desiderano la seconda venuta del Signore e lo aspettano desiderosi e vigilanti. ( 2 Tm 4,8 )
Il primo dice: " Vegliamo e preghiamo, poiché il Signore tornerà molto presto "; il secondo dice: " Vegliamo e preghiamo, poiché breve ed incerta è questa vita, anche se il Signore tarderà molto a tornare "; il terzo dice: " Vegliamo e preghiamo, poiché questa vita è breve ed incerta e non sappiamo quando il Signore arriverà ".
Il Vangelo dice: Fate attenzione, vegliate e pregate, poiché non sapete quando arriverà il tempo. ( Mc 13,33 )
Dimmi, per favore, che cosa sentiamo dire da questo terzo servo, se non quel che sentiamo dire dal Vangelo?
Per il desiderio che hanno del regno di Dio tutti e tre vorrebbero che fosse vero quanto dice il primo; il secondo però lo nega il terzo invece non nega nulla di quello che affermano gli altri due, ma confessa di non sapere chi di loro dica la verità.
Se quindi avverrà ciò che aveva predetto il primo, si rallegreranno con lui gli altri due poiché desiderano tutti il ritorno del Signore ( 2 Tm 4,8 ) e perciò si rallegreranno che sia avvenuto più presto ciò che desiderano.
Se invece non avverrà così e comincerà ad apparire ch'era piuttosto vero quel che diceva il secondo servo, è da temere che durante il ritardo si turbino quelli che avevano prestato fede a quanto aveva affermato il primo e comincino a pensare non già che il Signore tardi a tornare ma che non tornerà affatto; capisci da te stesso quanto grande rovina sia questa per le anime.
Se invece avranno tanta fede da cambiare pensiero e credere all'affermazione del secondo servo sì da aspettare con fiducia e pazienza il Signore anche se tarda a tornare, si moltiplicheranno tuttavia gli oltraggi, gl'insulti e gli scherni degli avversari che tenteranno di stornare dalla fede cristiana gl'individui deboli dicendo ch'era stata una bugia promettere loro il regno come anche era una bugia l'affermare che sarebbe venuto presto.
Coloro invece i quali credono a quanto afferma il secondo, che cioè il Signore verrà tardi, se ciò risulterà falso, nel caso che il Signore arrivasse più presto, non si turberanno affatto nella fede, ma proveranno un'improvvisa e viva gioia.
Per tutte queste considerazioni, se uno afferma che il Signore non tarderà troppo a tornare, dice una cosa più desiderabile, ma si può anche ingannare pericolosamente.
Magari fosse vero! Ma se non lo fosse, come sarebbe penoso!
Se invece uno afferma che il Signore tornerà più tardi, ma ciononostante crede, spera e desidera la sua venuta, anche se sbaglia rispetto al ritardo, in realtà il suo errore può essere fonte di gioia, poiché avrà maggior pazienza se avverrà così, e in caso contrario maggior contentezza.
Per tal motivo, coloro che aspettano il ritorno del Signore ( 2 Tm 4,8 ) trovano maggior dolcezza nel sentire il primo, ma trovano più sicurezza nel credere al secondo. Chi invece confessa di non sapere quale delle due predizioni sia la vera, si augura che si avveri la prima, tollera la seconda, non erra riguardo a nessuna delle due poiché non ne afferma e non ne nega alcuna.
Ti scongiuro di non disprezzarmi se la penso come quest'ultimo, poiché anch'io ti voglio bene nonostante quel che affermi e che io desidero sia vero; anzi, tanto più desidero che non ti sbagli, quanto più amo quel che predici e quanto più capisco ch'è pericoloso se ti sbagli.
Perdonami se ho recato dispiacere al tuo cuore, poiché quanto più rara mi si offre l'occasione, tanto più mi sono lasciato trasportare dal piacere d'intrattenermi con te almeno per lettera.
Indice |
1 | Aug., De civ. Dei 20,19 |
2 | Flav. Ios., De bello Gd. 6,3,3 |