Supplemento alla III parte |
Pare che i gradi di beatitudine non debbano essere denominati « dimore ».
1. La beatitudine implica l'idea di premio [ Ethic. 1,10 ].
Ora, la dimora non accenna affatto all'idea di premio.
Quindi i diversi gradi di beatitudine non vanno detti dimore.
2. Dimora sembra indicare una sede locale.
Ma il luogo dal quale i santi saranno beatificati non è di ordine corporale, bensì spirituale: infatti è Dio, il quale è uno.
Perciò non esiste che una sola dimora.
Quindi i diversi gradi di beatitudine non vanno denominati dimore.
3. Come ci saranno nella patria beata degli uomini di meriti diversi, così ce ne sono anche attualmente in purgatorio, e un tempo ce ne furono nel limbo dei Patriarchi.
Ma in purgatorio e nel limbo non si riscontra una diversità di dimore.
Quindi non ci dovrà essere neppure in patria.
1. Sta scritto [ Gv 14,2 ]: « Nella casa del Padre mio ci sono molti posti »; e S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 67 ] spiega che si tratta delle varie gradazioni dei premi.
2. In ogni città c'è un'ordinata distinzione di dimore.
Ora, la patria celeste è paragonata a una città, come risulta evidente dall'Apocalisse [ Ap 21 ].
Quindi in essa si devono distinguere diverse dimore, secondo i diversi gradi di beatitudine.
Essendo il moto locale il primo di tutti i moti, come dice il Filosofo [ Phys. 8,7 ], il termine moto, come anche quello di distanza e di altre cose del genere, è passato dal moto locale a tutti gli altri tipi di movimento.
Ora, il fine o termine del moto locale è il luogo in cui una cosa si ferma e si mantiene dopo averlo raggiunto.
Perciò in qualsiasi moto il quietarsi di esso nel suo termine viene detto collocamento o dimora.
Così dunque, giungendo l'uso del termine moto anche agli atti dell'appetito e della volontà, anche il conseguimento del fine del moto affettivo viene denominato dimora, o collocamento nel fine.
E così i diversi gradi nel conseguimento del fine ultimo vengono denominati « dimore diverse »: cosicché l'unica casa sta a indicare la comune e universale beatitudine dalla parte dell'oggetto, mentre la pluralità delle dimore indica le differenze che nella beatitudine si riscontrano dalla parte dei beati.
Come anche negli esseri corporei vediamo che è identico il luogo elevato verso il quale tendono tutti i corpi leggeri, ma ciascuno di essi vi giunge più o meno vicino secondo la propria leggerezza: per cui ci sono varie dimore o collocazioni secondo la differenza di leggerezza.
1. La dimora implica l'idea di fine o termine: per cui implica quella di premio, che è il fine del merito.
2. Sebbene sia unico il luogo di ordine spirituale, tuttavia sono diversi i gradi di approssimazione ad esso.
E in base a questi si hanno diverse dimore.
3. Coloro che furono nel limbo, o che adesso sono in purgatorio, non hanno ancora raggiunto il loro termine finale.
Per cui sia nel purgatorio che nel limbo non c'è distinzione di dimore, ma solo nel paradiso e nell'inferno, che sono il termine rispettivo dei buoni e dei cattivi.
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