Supplemento alla III parte |
Pare che i dannati non abbiano odio verso Dio.
1. Come insegna Dionigi [ De div. nom. 4,10 ], il bene e il bello che è la causa di ogni bene e di ogni bellezza è amabile per tutti.
Ora, tale è appunto Dio.
Quindi nessuno può odiare Dio.
2. Nessuno può avere in odio la bontà stessa: come anche nessuno può desiderare la malizia in se stessa, poiché il male, come nota Dionigi [ ib., c. 32 ], è del tutto « involontario ».
Ma Dio è la stessa bontà.
Quindi nessuno può odiarlo.
Sta scritto [ Sal 74,23 ]: « Il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine ».
I nostri affetti sono mossi dalla percezione del bene o del male.
Ora, noi possiamo percepire Dio in due modi: primo, in se stesso, come accade ai beati, che lo vedono per essenza; secondo, nei suoi effetti, come accade a noi e ai dannati.
Perciò egli in se stesso non può dispiacere ad alcuna volontà, essendo la bontà per essenza.
Chiunque perciò lo vede per essenza non può prenderlo in odio.
- Invece certi suoi effetti sono ripugnanti alla volontà, essendo in contrasto con certi desideri.
E sotto questo aspetto uno può odiare Dio: non in se stesso, ma a motivo dei suoi effetti.
Così dunque i dannati, percependo Dio in quell'effetto della sua giustizia che è il castigo, hanno odio verso di lui, come anche verso la sofferenza che subiscono.
1. L'affermazione di Dionigi va riferita all'appetito naturale.
Questo però nei dannati viene pervertito dalle successive deliberazioni della volontà, come si è notato sopra [ a. 1, ad 1 ].
2. L'argomento varrebbe se i dannati vedessero Dio in se stesso, in quanto è buono per essenza.
Indice |