Pietro Bagna |
Il "maestro" Bagna insegnò per 35 lunghi anni nella scuola elementare pubblica, svolgendo la maggior parte della sua attività didattica presso la "Alessandro Manzoni" di Corso Svizzera.
Per la verità questo aspetto della sua maturazione umana è stato poco approfondito, a causa della scarsità di testimonianze in nostro possesso.
Di certo sappiamo che Bagna cominciò ad insegnare subito dopo il conseguimento del diploma magistrale, vincendo senza sforzo il primo concorso utile indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Entrò come insegnante di ruolo nella succursale della G. Cena, situata in zona Barca/Bertolla, dove aveva iniziato a lavorare già durante il periodo bellico.
Quindi, verso la fine degli anni '40, con grande dispiacere dei colleghi che ne apprezzavano il forte spirito di abnegazione, ottenne il trasferimento alla "Manzoni".
Sentiva in modo radicato e profondo la sua "fedeltà" all'educazione elementare: la considerava una missione nella missione.
" Quando il Direttore assegnava le classi, Piero non esitava a richiedere quelle più "difficili".
Anche negli oratori si comportava in maniera analoga, pretendendo di seguire i ragazzi più indisciplinati.
Queste sue scelte professionali alla fin fine lo usurarono molto a livello psicologico, anche se d'altro canto gli procurarono un'ottima reputazione tra i colleghi di lavoro.
A Bertolla, ad esempio, fecero di tutto per convincerlo a rimandare il suo trasferimento alla "Manzoni", in quanto il suo contributo si era rivelato molto prezioso. " ( Teresio Bagna )
" Come insegnante di scuola elementare, per oltre 35 anni profuse il suo impegno educativo in modo cristianamente esemplare e nell'orario extra-scolastico si adattò a impartire gratuitamente lezioni private ai figli delle famiglie povere." ( Vittorio Bagna )
Pur possedendo uno spiccato senso dell'organizzazione "burocratica" ( aveva una capacità impressionante di annotare e registrare pile e pile di documenti riguardanti verbali d'assemblea e di riunioni varie ) Bagna, quando si trovò dinanzi ad un esplicito invito del Provveditore che lo sollecitava a partecipare all'apposito concorso indetto per la nomina dei nuovi direttori didattici, non se la sentì di lasciare l'insegnamento diretto, quella dimensione professionale nella quale riusciva ad offrire il meglio dei suoi carismi personali.
D'altro canto le scalate al potere non lo avevano mai attirato.
Egli insomma, come l'amico e sodale Claudio Brusa, aveva sviluppato la particolare capacità di intuire, oltre la nebbia del caso apparente, i disegni che Dio ci affida e soprattutto gli eventi che ci spingono a perseverare lungo determinate strade, con la consapevolezza tranquilla di Enoch che, come dice la Bibbia, "camminava col Signore" ( Gen 5,22 ).
Abbiamo la presunzione di pensare che qualcosa come "l'insoddisfazione professionale" che oggigiorno affligge tanti uomini e donne in carriera, mettendo in crisi la sopravvivenza di intere famiglie, fosse quanto di più lontano si potesse immaginare dalla condizione esistenziale di Bagna.
Nella scuola elementare, in un ambiente cioè estraneo alla Casa di Carità ( dove lavoravano molti "laici consacrati" dei quali alcuni mal giudicavano la scelta di privilegiare la scuola pubblica ), Bagna aveva trovato l'assetto ideale per innestare negli animi dei giovanissimi i germogli di una visione alta e nobile della vita, per "impressionare i cuori" con quella "condivisione delle situazioni quotidiane" che Fratel Teodoreto raccomandava in special modo a chi lavorava in ambienti lontani dall'Istituto secolare.
E in effetti i frutti di questa semina spirituale hanno lasciato segni inequivocabili: in occasione della morte di Piero, molti suoi ex allievi inviarono decine di biglietti di condoglianze pieni di commoventi testimonianze d'affetto che, ancora oggi, il fratello Teresio ricorda con stupore e gratitudine.
Per un "laico consacrato" costretto dalla malattia a troncare ogni normale relazione umana e a sospendere la catechesi ordinaria, questa sorprendente fioritura di affettuosi ricordi proveniente da quelli che furono bambini spensierati e allegri, sempre in attesa del gioco e dell'"intervallo", dimostra come per certi aspetti l'anima innocente, per quanto distratta, possa cogliere i segni profondi e amorevoli della vera educazione cristiana, più e meglio della mente erudita.
In questo campo Bagna ha ottenuto senz'altro una grande vittoria morale, anche a costo di entrare in conflitto con quegli insegnanti che giudicavano il suo stile formativo troppo rigorista e quindi "superato".
" Alla "Alessandro Manzoni" ha avuto delle difficoltà in quanto era molto rigido dal punto di vista etico.
I colleghi più sensibili alle nuove mode culturali, a volte non concordavano con le sue posizioni, perché incominciava a farsi largo quel lassismo che ancora oggi imperversa nelle scuole.
Ragion per cui ha dovuto lottare per difendere il suo modo di intendere l'educazione.
Anche quando in Valle d'Aosta si occupava di controllare i ragazzi della Casa Pecoz, spesso si trovava da solo a gestire situazioni difficili: pure lì incontrò dei problemi molto seri. " ( Teresio Bagna )
Ci sono lavori, come l'agricoltura, che, specie se svolti su "terreni incolti", richiedono tempo e pazienza, ma alla fine ripagano di ogni sforzo; la cura delle anime rientra in questa categoria anche se condotta in una laicissima scuola pubblica: questo può insegnare molto sia ai frenetici fautori delle programmazioni di certe "aggiornatissime" scuole cattoliche, sia ai genitori di studenti imbottiti di inglese ed informatica ma incapaci, alla soglia della maturità, di distinguere il bene dal male.
La particolare ammirazione per l'opera e la figura di don Leonardo Murialdo con il suo stile, tutto piemontese, di fondere carità cristiana e lavoro quotidiano, aveva spinto Bagna ad avvicinare il mondo della Casa di Carità.
Questo sacerdote, infatti, già nel 1892 aveva inviato al sindaco di Torino un progetto per l'istruzione professionale della gioventù operaia e tale fatto può farci intendere meglio la vocazione che condusse il giovane maestro di Borgo Campidoglio a collaborare con la scuola professionale di Corso Brin.
È difficile risalire con esattezza al primo incontro con Fratel Teodoreto, di certo però, ancora una volta ( come per Brusa ) si rivelò essenziale la mediazione dei fratelli Fonti.
È cosa nota, ad esempio, che Bagna partecipò insieme a Pietro Fonti, alla sessione scritta di alcuni esami di concorso per l'abilitazione all'insegnamento negli istituti tecnici ( in funzione del volontariato svolto nelle scuole professionali ).
L'esito della prova non fu felice, ma ciò non lo distolse dagli impegni presi con l'Unione Catechisti.
Tra il 1948 ed il 1966, impiegò il suo tempo libero alla Casa di Carità dove si occupò dei corsi serali di Cultura e Religione e collaborò con i Catechisti per l'organizzazione dei soggiorni estivi per giovani in Valle d'Aosta.
In tempi e modi diversi, prestò la sua opera di insegnante serale anche in altre sedi: la "Teofilo Rossi di Montelera" ( legata all'Unione Catechisti ) di via Bertola, la "Pro Labore et Schola" di piazza Palazzo di Città e la scuola serale delle Vallette.
Il suo connaturato rigore morale talvolta entrava in contrasto con ambienti già allora minacciati dalla forte secolarizzazione che accompagnò il cosiddetto "boom" economico.
Eppure Bagna non era un musone intrattabile.
Anzi coi bambini ci sapeva fare e, all'occasione, riusciva a calarsi nella parte dell'"amicone" simpatico e pronto allo scherzo.
Il Catechista Roggero ricorda divertito un episodio: " A Gressoney organizzammo una specie di Olimpiade.
Avevamo preparato il nastro da sindaco per Bagna e lui ha imbastito un discorso semiserio per inaugurare i giochi."
Ma che cosa rappresentava la "Casa di Carità Arti e Mestieri" per la Torino del dopoguerra?
Forse molto più di quanto si possa immaginare.
Grazie ai finanziamenti del Ministero del Lavoro, fu tra le poche scuole professionali ad organizzare corsi gratuiti di avviamento al lavoro per disoccupati, in modo tale da diventare un vero punto di riferimento per tutti quei giovani sbandati, soprattutto reduci di guerra, che si aggiravano nella città senza alcuna seria prospettiva di occupazione.
Inoltre la scuola di Corso Brin è stata anche una sorta di porto sicuro, di "base di lancio" per molti professionisti di area cattolica che, appena entrati nel mondo del lavoro, cercavano, in assenza di raccomandazioni e protezioni politiche, un appoggio per superare il periodo di "apprendistato" post-scolastico se così possiamo dire.
Alcuni nomi celebri del professionismo torinese "impararono a navigare" alla Casa di Carità, prima di affrontare il mare aperto della competizione.
Non tutti amano ricordare quei faticosi inizi, ma le cose stanno in questi termini.
" La Casa di Carità, nel dopoguerra, catalizzava l'attenzione di molti giovani ingegni.
Io non vi ho insegnato, come fece Bagna a partire dal 1948, ma ho dato il mio contributo al grande cantiere che era sorto in Corso Brin.
Prima che terminassero i lavori della nuova sede era stato ristrutturato un vecchio capannone per le celebrazioni più affollate, all'interno del quale erano stati posti un presbiterio ed un altare di legno che avevo disegnato personalmente.
In seguito ho fatto delle verifiche presso la cappella dell'ultimo piano progettata dall'architetto Bardelli.
Un mio assistente al Politecnico, il Prof. Bagliani ha insegnato presso la Casa di Carità.
Per chi viveva nel mondo cattolico questo ente di formazione costituiva un punto fermo del panorama professionale torinese." ( Arch. Giuseppe Varaldo )
Come testimoniato dall'ex direttore Pietro Fonti, la scuola di Corso Brin selezionava, per le materie teoriche, dei docenti di prim'ordine ( e il tempo dimostrò l'oculatezza di molte assunzioni ), nell'intento di avviare con essi una collaborazione stabile e duratura.
Purtroppo non si fece abbastanza, a livello di programmazione e di reciproca fiducia, per stimolare la continuità di queste presenze.
Ciò non toglie che alcuni prestigiosi docenti universitari abbiano prestato la loro opera alla Casa di Carità.
Tanto per fare qualche nome, basti ricordare il filosofo Gianni Vattimo, il noto e per alcuni aspetti famigerato esponente del "pensiero debole", che nel '55 ebbe modo di iniziare la sua luminosa carriera didattica proprio nelle aule della Casa di Carità.
È difficile dire quanto le sue scelte di vita abbiano corrisposto alle attese riposte da Fra Leopoldo nei docenti della scuola o se il professore abbia mai ricordato in pubblico i suoi trascorsi "cattolici", tuttavia non fu l'unico caso.
" Nel volgere di pochi mesi, ci rendemmo subito conto che Vattimo propendeva per una scuola di pensiero in contrasto con la nostra spiritualità e quindi la brevità della sua collaborazione fu più che giustificata.
In altri casi, invece, avremmo potuto fare qualche sforzo in più per trattenere alcuni insegnanti di grosso calibro che sentivano profondamente la validità cristiana e sociale del nostro progetto formativo. " ( Pietro Fonti )
L'ex Presidente dell'Unione Domenico Conti, avvalendosi delle sue conoscenze in campo accademico, aveva contattato personalità di primo piano.
Il prof. Siniscalco, docente presso la facoltà torinese di Magistero, frequentò a lungo la Casa di Carità, come pure il prof. Ennio Innaurato, vincitore di una cattedra presso la Facoltà di Architettura, e lo stesso Don Giorgio Piovano noto esponente dell'Azione Cattolica e docente di storia della filosofia all'ISSR ( Istituto Scienze Religiose ) di via XX Settembre. Insomma, la scuola di Corso Brin, che già negli anni '60 veniva portata ad esempio nei dibattiti del Parlamento italiano, grazie al contributo gratuito e disinteressato di uomini come Piero Bagna, costituì una "palestra di uomini" ( operai o professori che fossero ) di indubbio valore.
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