Francesco Fonti |
Tutti e quattro i fratelli frequentarono regolarmente i sei anni di scuola elementare pubblica, prima presso la "Ferrante Aporti" e quindi alla "Fontana" ( sesto anno ).
Poi, Giuseppina venne iscritta ai corsi economia domestica tenuti nell'Istituto delle Rosine; queste educatrici non hanno i voti, sono una comunità particolare di laiche impegnate nei servizi sociali.
La bambina incarnava bene le qualità migliori ereditate dalla mamma e dalla nonna: discrezione, serenità, forza interiore.
Diversamente, almeno in questo periodo, Francesco era fortemente limitato da una condizione fisica non brillante che lo spingeva a stare in disparte, quasi volesse nascondere la sua presenza.
La sorella, come accennato, svolse un ruolo essenziale nell'aiutare il bambino a superare questo periodo di isolamento.
In seguito, i tre maschietti furono iscritti all'Istituto Romi, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane in via delle Resine.
In quel tempo il direttore della scuola rispondeva al nome di Fratel Teodoreto Garberoglio, ma le attenzioni del religioso, che già andava selezionando alcuni alunni da avvicinare all'Unione Catechisti non si erano ancora appuntate sui tre fratellini che tanto incideranno sulle opere dell'Unione.
La scuola Romi era articolata in questo modo: c'era una sezione professionale-industriale ( corsi serali di 5 anni ) e una sezione commerciale ( corsi serali di 4 anni ).
Luigi Fonti, in casa, era l'unico a lavorare, e non poteva permettersi di mantenere agli studi ginnasiali tre figli maschi.
Questi avrebbero dovuto aiutarlo in fabbrica nel più breve tempo possibile.
Non potendo farli studiare di giorno, aveva pensato di iscriverli all'Istituto tecnico-industriale di Corso Regina, oggi noto come "Avogadro", che aveva avviato dei corsi serali.
Così, non appena Francesco ebbe terminato le elementari, Luigi Fonti si recò personalmente negli uffici della scuola per firmare le pratiche, ma, con sua grande sorpresa, il direttore gli comunicò che le classi erano ormai al completo.
Quel giorno è tornato a casa piuttosto alterato: "Com'è possibile che una scuola così grande, non abbia neanche più un posto disponibile ?!".
Fu così costretto a ripiegare sui Fratelli delle Scuole Cristiane.
I corsi professionali della ROMI ricalcavano quelli diurni della Casa di Carità, che comparivano proprio in quegli anni ( 1920-21 ).
Sennonché i primi erano "inferiori" per qualità ai secondi, dove lavoravano anche insegnanti provenienti degli Istituti tecnici superiori.
Anche i nostri corsi prevedevano l'insegnamento delle materie fondamentali: tecnologia, meccanica, disegno, geometria, matematica, algebra … però rispetto ad altri corsi analoghi era fortemente presente la religione.
Tutte le sere, dalle 20.30 alle 21.00, veniva insegnato il catechismo: il resto delle materie era distribuito tra le 21.00 e le 22.30.
Prima della nascita della Casa di Carità i corsi per operai specializzati erano molto rari: la "San Carlo" istruiva idraulici, decoratori, tappezzieri ecc., ma solo la Romi aveva un indirizzo spiccatamente industriale.
I docenti a nostra disposizione, nonostante i tempi ristretti, erano di buona qualità.
Un mio insegnante, Gribaudi, che allora era solo uno studente universitario, sarebbe presto diventato Preside della facoltà di Magistero.
Passò alla Romi anche il futuro sindaco di Torino, Anselmetti.
Figure, insomma, piuttosto eminenti che lavorarono molto bene. ( P. Fonti )
La cosa davvero insolita, per i tempi, era questa: l'insegnante di religione era quasi sempre un docente di materie tecniche che, nella mezz'ora a disposizione, spiegava il Catechismo di San Pio X, basato su una serie di quesiti e risposte che per la chiarezza e la concisione si confaceva ad un insegnamento veloce e mnemonico ( come usava in quel tempo ).
Dapprima c'era la spiegazione del paragrafo ( quesito e risposta ) e poi l'invito ad impararlo a memoria.
In cinque anni gli alunni memorizzavano tutte le parti essenziali del Catechismo Romano.
Certo questi docenti "profani" erano assistiti da un cappellano ( che seguiva gli allievi nell'ultimo anno ) e da un Fratello delle Scuole Cristiane, tuttavia l'attitudine all'insegnamento catechistico di questi tecnici lasciò negli alunni un'ottima impressione, ovvero l'idea che fede e tecnica fossero facilmente conciliabili.
La strada intrapresa dai fratelli Fonti era molto originale: essi si trovavano a metà tra la condizione dell'operaio ( comune a molti loro compagni di corso ) e quella dell'imprenditore ( questo era lo status sociale che Luigi Fonti si prefiggeva di trasmettere ai figli ).
Può sembrare strano, ma nei primi anni '20 le scuole di disegno meccanico per operai specializzati erano davvero un fatto singolare: le sezioni, le tolleranze, le quote erano cose misteriose per la maggiorparte della manodapera industriale.
Invece, mio padre, volendo affidarci al più presto la conduzione della fabbrichetta di famiglia, non aveva esitato ad indirizzarci a quel genere di formazione, senza perdere di vista l'apprendistato manuale. ( P. Fonti )
Francesco, terminato in modo brillante il corso industriale, frequentò anche i tre anni del corso commerciale.
Stessa sorte toccherà ai fratelli Pietro e Giovanni.
Italiano, Francese, Ragioneria, Contabilità erano le materie principali.
Al momento dell'iscrizione, a tutti e tre venne scontato il primo anno ( sui quattro previsti ), proprio perché provenivano dal corso industriale.
Studiavano "in cordata", dopo uno arrivava l'altro e la cosa non dispiaceva affatto agli insegnanti che sapevano di poter contare sulla qualità del "marchio Fonti".
Francesco diede ottima prova di sé al corso commerciale che probabilmente rispondeva meglio alle sue reali attitudini lavorative; inoltre, in quel periodo, superò completamente quella specie di debolezza psicologica che aveva caratterizzato la sua infanzia.
Certo, continuava ad avere un fisico piuttosto gracile, ma per tutto il resto si era completamente liberato da quelle ritrosie che potevano farlo apparire eccessivamente introverso.
Mentre i due fratelli maggiori affrontarono 8 anni anni di studio ( cinque + tre ), a Pietro ne toccarono solo sette ( cinque + due ), perché venne richiamato per il servizio militare.
In seguito, su pressione di Carlo Tessitore, Presidente dell'Unione Catechisti, alcuni membri consacrati ripresero la scuola per conseguire titoli di studio superiori: i fratelli Fonti erano tra questi, ma solo Pietro approdò all'Università, laureandosi presso la facoltà di Magistero.
Per risparmiare sulle spese vennero assunti degli insegnanti-sacerdoti e organizzate delle lezioni private estese ad un gruppo di sei/sette persone circa.
Francesco Fonti studiava anche a Pinerolo, dove si diplomò geometra frequentando i corsi dell'Istituto Tecnico Statale "M. Buniva".
Da allora prese l'abitudine di visitare, con una certa assiduità, il vicino santuario di San Maurizio.
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