Origini della "Divozione"

Il martirio del messaggero

E non meno sicuramente pare ( non volendo usare verbo più categorico ) che il termine « Carità », in quest'ordine d'impresa, non debba venire ammainato mai dal titolo dell'Opera, ma, anzi, più che mai issato sul suo più alto pennone.

Poiché la massima dignità di quel titolo è in quel termine glorioso.

Carità. Da scriversi a caratteri cubitali. CARITÀ.

Non nel significato comune prevalso. Ma in quello fondamentale cristiano.

Non elemosina. Ma AMORE.

Infatti, lo ribadisce Fratel Teodoreto, a pagina 198 del suo già citato libro : Fra Leopoldo « considerava tale nome come programma e mezzo per mantenere all'istituzione il carattere cristiano soprannaturale, dal quale essa non deve allontanarsi mai!».

Per adamantina fedeltà a questo carattere.

Fra Leopoldo aveva insistito ( 4 luglio 1920 ): « Ciò che raccomando di più a quelli del Comitato è che, se a qualcuno venisse in mente di mettere in dubbio l'Opera e di farla indietreggiare, se ne guardi, per amor del Cielo!: è meglio che esca lui stesso, perché con Dio non si scherza ».

Fu proprio quel dito minaccioso, a braccio alzato, puntato in alto, con lo sguardo severo del giudice che condanna in nome di Dio, fu proprio quell'atteggiamento consapevolmente fermo a suscitare contro il santo Francescano il malumore, il risentimento, la malevolenza, la reazione di più d'uno di « quelli del Comitato ».

Ma come! Un modestissimo fraticello, sempliciotto e chiacchierone, ne colto ne istruito, addirittura un illetterato, per di più cuoco, esperto fin che si voglia a deodorare intingoli e soffritti dall'aglio e dalla cipolla, ma senza importanza alcuna nella società, vorrebbe dettar legge ed arrogare a sé il privilegio inaudito, non solo di trasmettere ordini da Dio, ma di minacciare, di condannare in nome suo?

A dirgli ciarlatano insolente, è solo tutto quel che si merita.

Fu avanzata un'inchiesta e Fra Leopoldo invitato a non ricevere più nessuno, a troncare ogni rapporto con l'esterno.

Ad uno ad uno, si diradarono tutti.

Anche il miglior amico, anche Fratel Teodoreto sospese le visite per rispettare l'ordine dei superiori francescani e non far avere guai al povero interlocutore del Crocifisso, intorno al quale si fece così, ad un tratto, un lancinante vuoto.

Nel silenzio degli uomini e delle cose, un gemito: fievole, sommesso: «…Tutti mi hanno abbandonato!…» ( 14 dicembre 1921 ).

Ed il Crocifisso: «Fa coraggio ! Non siamo due amici ? ».

Su quel lamento rincuorato si chiude il Diario.

Era stato incominciato col sogno della Vergine Addolorata che prediceva la prova di Vercelli, sofferta nel 1889 per preservare il candore d'un giovane, e si chiudeva su un'altra prova, sofferta per dare alla gioventù povera del mondo soccorso di vita cristiana con le Case di Carità Arti e Mestieri, in un ordine di giustizia sociale.

Fra Leopoldo muore il 27 gennaio 1922.

Vercelli, 1889. Torino, 1922. Trentatre anni.

La favilla, accesa dall'Addolorata per il Crocifisso, si è fatta fiamma sempre più gagliarda fino a farne morire di passione, sull'esempio di Lui, l'Adoratore nel più totale sacrificio di sé.

Ma l'Opera è nata, è vitalmente e validamente prospera, e dilagherà nel mondo.

Poiché, come scrisse nel suo Magnificat il mio maestro Rene Bazin dell'Accademia di Francia: «Le sacrifico porte la bénédiction où il veut».


Nota: Le indagini narrate in questo studio, furono condotte tra il 1951 ed il 1954 e trassero lo spunto dalla prima edizione del volume intitolato Fra Leopoldo ofm. scritto da Fratel Teodoreto fsc. ( Ponzone, Torino, 1945 ).

Perciò i loro riferimenti si richiamano con fedeltà anche di pagina a quella edizione.

Se ne è fatta poi la ristampa, riveduta dall'Autore, col titolo Il segretario del Crocifisso a cura dell'Editrice ELLE-DI-CI, Torino, 1958, già tradotta in francese e spagnolo.

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