Ritiro del 2/3/2003
1 - Sconvolgente misericordia di Dio
2 - Per dono, iper donum
3 - Esperienza della misericordia di Dio
4 - Amore di predilezione inclusivo di tutti
5 - La crocifissione, misericordia infinita
6 - Lo sgretolarsi del senso del peccato
7 - Che cos'è il cristianesimo?
8 - Che cosa sarà mai il cristianesimo?
9 - Accogliere il Corpo di Cristo
10 - Chi mangia e beve indegnamente …
11 - Il peccato non solo individuale
12 - La metanoia
13 - Prendere una decisione, rompere con il peccato
14 - Esempi: sant'Agostino, Sir Kirkegard
15 - L'empietà
16 - La sofferenza
17 - Combattere il peccato con la lode
18 - Perdono ricevuto e dato
19 - Stupore per quanto è grande l'amore di Dio
Cosa c'è di più profondo, di più sconvolgente e di più misteriosamente quasi incomprensibile della misericordia di Dio?
Potremmo rischiare di parlarne per delle settimane intere senza per altro averne colto veramente l'essenza, perché cogliere l'essenza della misericordia di Dio significherebbe cogliere Dio stesso in ciò che ha di più intimo.
Possiamo semplicemente avere qualche intuizione su questo favoloso tema di riflessione.
La misericordia di Dio è davvero quella sorgente inesauribile dell'azione di tutti gli uomini.
Perché quando la misericordia di Dio scaturisce ed è zampillante, come in una sorgente nel cuore di un uomo, ecco che quest'uomo quasi inconsapevolmente cambia.
Come quello che succede in un deserto, quando inaspettatamente una pioggia breve e scrosciante trasforma quella valle arida in uno sbocciare di erbe e di fiori, che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Possiamo considerare che il cuore dell'uomo, che è pur sempre un mistero, nasconde degli abissi incomprensibili di vuoto e di lontananza, ma anche dei tesori inestimabili, che Dio stesso ha nascosto nel cuore di ogni uomo.
Voi capite che pensare alla misericordia è un po' come pensare ad una cascata dirompente, che viene a colmare l'abisso del nostro cuore.
Come dice il salmo: "l'abisso chiama l'abisso con il fragore delle sue cascate".
Evidentemente il nostro cuore è un po' un abisso e noi stessi non siamo molto in grado di concepire il vuoto che può esserci dentro di noi.
Ma d'altro canto forse il lato positivo da pensare nei confronti di questo abisso è proprio questo: che più grande è il vuoto, maggiore è la capacità di contenimento; cioè a dire Dio lo può colmare in una maniera incommensurabile e quindi fare del nostro vuoto in realtà una pienezza, di gioia e di festa.
Sotto questo aspetto forse vale la pena di soffermarci non proprio fare una grande trattazione, ma almeno a meditare su questo dono incredibile e fantastico che è il perdono dei peccati.
La misericordia, dice il testo del titolo del ritiro, si rivela nel perdono dei peccati, nella volontà di Dio di salvare tutti gli uomini.
Intanto noi tutti sappiamo che la parola perdono nasconde dentro di sé già una spiegazione dell'azione di Dio.
Iper donum è mettere assieme due parole un greca e una latina: ma voi sapete che nella cultura latina per molti secoli si parlava greco.
La nostra stessa liturgia della Chiesa per i primi secoli era in greco.
A noi è rimasto solo il chirie eleison che sono due parole greche.
Il perdono è proprio quasi una reminiscenza di questa essenza liturgica dove il donum è una parola latina e iper è una parola greca per dire il più grande allora il dono più grande è la remissione dei peccati, forse non pensiamo mai sufficientemente a ciò che consiste la remissione dei peccati.
Intanto nella remissione dei peccati sono necessarie alcune condizioni, che conosciamo, ma che non ricordiamo, alcune volte proprio per un senso di colpa, che nasce spontaneamente dentro ciascuno di noi; ed è normale che sia così, lo voglio ben sottolineare, perché la nostra psiche è fatta in questo modo.
Quando non risponde in una maniera adeguata ad uno stimolo buono, ecco che nasce dentro il meccanismo psichico, non spirituale, solo psichico, ecco questa reazione che si chiama senso di inadeguatezza e scaturisce il senso di colpa.
Nel senso di colpa noi siamo portati sempre a riconsiderare la fallacia e gli insuccessi, il peccato del passato; dimenticando invece che la remissione del peccato, che Dio opera, è qualche cosa di straordinario
È quasi indescrivibile, certamente per noi molto difficile da intuire, perché quando Dio rimette il peccato ad un'anima non è come quando si viene qui con una spugna bagnata e si cancella la lavagna, per cui la lavagna ritorna pulita.
È proprio come se la lavagna tornasse nuova.
Noi non lo possiamo vedere, perché non abbiamo in questo momento degli strumenti di misurazione di questo genere.
Però probabilmente, avvicinandosi molto a questa pietra potremmo vedere che il gesso nel corso degli anni ha lasciato delle tracce sulla lavagna.
Potremmo intuire questo significato nel dire: la remissione del peccato non pulisce la lavagna, la fa tornare nuova.
È come se su quella lavagna nessuno avesse mai scritto niente.
È come se il peccato commesso, qualunque esso sia, una volta perdonato dal Signore, non solo egli lo ha cancellato ma egli lo ha dimenticato.
Non esiste più, non sussiste, anzi è come se non fosse mai accaduto.
Certo ci rimane molto difficile da intuire tutto questo, ma ricordiamoci che la passione di Cristo è stata più che sufficiente per colmare ogni tipo di peccato di tutta l'umanità messa insieme.
Certamente c'è un itinerario che ci viene proposto, la misericordia in se stessa è sicuramente una esperienza di condivisione, nel senso che Dio effonde il suo amore a favore, nei confronti di chi la voglia ricevere; per cui, se si tratta di una condivisione, è evidente che c'è qualcuno che dà e qualcuno che dovrebbe ricevere.
L'esperienza della misericordia non è una esperienza univoca, cioè con un solo movimento, Dio dà misericordia, è evidente che Dio è in se stesso misericordia nel suo essere in relazione con gli uomini non può che manifestare se stesso, non può che farci fare l'esperienza della misericordia.
Come possiamo descrivere questa esperienza della misericordia, se per caso non l'abbiamo mai provata prima?
Nel tempo del ritiro, anche se purtroppo vedo che gli orari sono sempre abbastanza stringati, non pensate che ne valga la pena di soffermarsi qualche tempo per riflettere e per domandarci seriamente: quando io ho fatto l'esperienza della misericordia?
Se io faccio l'esperienza della misericordia me ne ricordo, è fuori di dubbio che io me ne ricordi, perché l'esperienza della misericordia è un'esperienza di un bagno nella carità di Cristo, un bagno nell'amore di Cristo, una immersione nella luce avvolgente e accogliente dell'intera Trinità.
L'esperienza della misericordia è una esperienza di non solo contemplazione, ma proprio, direi quasi una forma mistica di partecipazione a ciò che Dio è in se stesso, perché fare misericordia, costruire misericordia significa aprire il nostro cuore alla visita di Dio.
Egli quando viene, viene con tutto se stesso con tutto ciò che egli è, misericordia è proprio la condivisione della propria vita con qualcun altro.
Il misericordioso è colui che avvolge nella sua magnanimità la persona che si rivolge a lui.
E un amore di predilezione, un amore di protezione, l'amore che una mamma ha per il bimbo che vede lì nella culla; il tipo di accoglienza, di guida, di speranza, di accompagnamento, che il superiore ha nei confronti dell'inferiore, ma non esercitando l'autorità, bensì esercitando la carità; cioè quel trasporto che mi spinge ad usare nei tuoi confronti tutto il bene possibile immaginabile, per amore tuo; tanto è l'amore che io sento per te che io per te desidero niente di più, niente di meno che il meglio.
L'esperienza della misericordia è un'esperienza in cui Dio è il principale attore, in cui Dio ha nei confronti di tutti gli uomini un amore esclusivo di predilezione, anche se noi siamo sei miliardi l'amore che Dio ha nei nostri confronti è esclusivo, come se noi fossimo l'unica persona in tutto l'universo.
Voi capite che per noi è difficile intuire una verità di questo genere, perché il nostro amore non è inclusivo è sempre esclusivo.
Nella nostra capacità di amore c'è una forma di gerarchia, amo più te che lui, e quindi la nostra predilezione si manifesta anche con atteggiamenti con dedizione, con sottomissione reciproca diversa a seconda del grado di carità che io riesco usare nei confronti di tutti.
Ma per Dio non è così, per Dio l'amore che Egli ha è un amore di totale partecipazione di sé con te, ma anche con tutte le altre persone.
Il suo amore di predilezione è inclusivo di tutti, evidentemente il primo attore di questa meravigliosa di questa vicenda, di questo poema, di questo canto di amore è Dio e la sua volontà non cambia.
Lo ha manifestato in tutti i modi fino al massimo della dedizione di sé, che è la crocifissione.
Nella esperienza della crocifissione noi contempliamo a quale grado di donazione Dio sia capace di giungere, non solo nell'annullamento di se stesso, quasi alla rinuncia della propria dignità: "Cristo Gesù pur essendo di natura divina.. lo ricordate l'inno dei Filippesi? ( Fil 2,6 )
Non solo in una rinuncia visibile della sua altissima dignità, non solo nell'abbracciare la debolezza della condizione umana, ma nel volere che nell'abbracciare questa debolezza della condizione umana dopo il peccato, s'inserisse e nascesse quel germe della vita nuova che rende tutti gli uomini partecipanti della gloria della Trinità.
Lo so che il discorso è un pochino difficile soprattutto dopo pranzo, però dobbiamo pur cercare di avere una piccola riflessione.
Piuttosto se ci sentiamo stanchi facciamo un breve canto di tanto in tanto, in modo tale che la nostra mente si possa riossigenare.
Ripartiamo dalla contemplazione del Crocifisso, perché è lì una delle per noi più visibili e comprensibili dimostrazioni di questa misericordia infinita, che Dio ha nei nostri confronti.
Perché, se misericordia è partecipare tutto di se stessi a favore dell'altro, ecco vediamo che nella crocifissione noi sappiamo molto bene che Gesù si è fatto peccato e ha preso su di sé al posto nostro tutta la nostra empietà.
Potremmo quasi giungere a dire che egli si è fatto maledizione, affinché non fossimo più noi maledizione.
Noi possiamo restare stupefatti nel racconto della storia dei martiri.
Mi viene in mente il padre Massimiliano Colbe per esempio.
Quando assistiamo a questo a questo atto di dedizione, che naturalmente scaturisce dal cuore di Cristo, come emanazione, come partecipazione alla sua incarnazione, rimaniamo stupefatti da degli atti di eroismo di questo genere.
Dove il padre di famiglia e gli altri si sentono sollevati da questo atto di estrema carità del padre Massimiliano.
Ma che cosa dire nei confronti di questo Dio che si è fatto uomo, che è sempre stato frainteso, che è stato calunniato, che è stato ingiustamente trattato, martirizzato?
E perfino sull'alto della croce ben pochi si sono vagamente resi conto di quello che stava succedendo.
Vediamo che qui l'atto della misericordia raggiunge la sua purezza più alta; poiché reietto dagli uomini, dice il profeta Isaia nel canto del servo sofferente di Jahvè, ( Is 42,1-9; Is 49,1-7; Is 50,4-11; Is 52,13-15 ) viene completamente rigettato.
Egli si fa rifiuto dell'umanità, rigettato dall'umanità in quanto si è fatto veramente estraneo a tutto ciò che l'umanità, ma si è caricato anche di tutto ciò che è il peccato dell'umanità e per questo diventa anche, per assurdo ben inteso, rifiuto nei confronti di Dio.
Egli si fa maledizione, ma si fa maledizione per amore.
Quindi una misericordia, che è ben difficile che noi riusciamo ad intuire se non averne una vaga visione della sua portata inestimabile.
Questa è l'opera del movimento che Dio ha instaurato nei nostri confronti, a questa opera naturalmente dovrebbe corrispondere una nostra reazione.
Ma che cosa possiamo dire carissimi fratelli nei confronti di questo difficile tema che è quello del peccato.
Intanto possiamo assistere quasi impotenti al progressivo sgretolarsi di quello che è il senso del peccato.
La nostra cultura il nostro tempo è continuamente in azione per sminuire il senso del peccato; lo manifesta con modi di dire molto comuni: peccatucci, difetti, oppure vizietti, dei diminutivi che instaurano nella psiche umana quel tipo di distacco o di non sufficiente valutazione della realtà del peccato.
Noi ci veniamo a trovare in un ambito di cultura di questo genere dove la parola del Signore è molto chiara, ma la nostra capacità di ascoltare è stata resa quasi insensibile.
Come quando una persona è stata sottoposta ad un improvviso rumore troppo forte e per qualche tempo resta quasi stordita, i suoni giungono con molta fatica alla comprensione.
Uno schok auditivo che produce poi una parziale o temporanea o totale sordità.
Pare proprio che nel nostro tempo ci sia questa forma di sordità nei confronti del senso del peccato.
Ci si scherza su facilmente, forse si ha paura di tutto: si ha paura della guerra, si ha paura delle malattie, si ha paura dell'aids, si ha paura dei problemi economici, si ha paura di tutto, ma non si ha paura del peccato.
Bisogna che intanto ci sia dentro di noi una capacità dottrinale di riconoscere che cos'è il peccato.
A questo proposito ci sarebbe una riflessione da compiere a riguardo proprio del cristianesimo, quindi una cosa che ci tocca molto da vicino.
Qualche tempo fa il cardinale Biffi, e voi sapete che il cardinale Biffi, arcivescovo di Bologna, è una persona che parla senza mezzi termini, è una persona molto saggia e credo che nel suo modo di fare faccia apposta ad essere così provocatorio, per stappare molte orecchie che si sono anestetizzate.
Lui faceva questa domanda che cos'è il cristianesimo?
Generalmente le persone erano un po' perplesse non sapevano che cosa rispondere.
Alcuni dicevano il cristianesimo è una religione, e il cardinale giustamente: no, il cristianesimo non è una religione.
Qualcun altro disse: il cristianesimo è una fede.
Sembra che sia già una risposta più centrata; ma anche in questo caso il cardinale disse: veramente il cristianesimo non è neanche una fede.
A questo punto la maggioranza delle persone non sapeva più cosa pensare.
Ebbene dobbiamo avere la forza e il coraggio di ripetere a noi stessi, ma anche a quante più persone conosciamo che siano realmente intenzionate a fare un cammino spirituale serio, che il cristianesimo è una persona.
Il cristianesimo è Gesù stesso, e forse sebbene probabilmente questa nozione l'abbiamo dentro di noi, essa si è fermata qui e non è arrivata al cuore.
È al cervello ma non è ancora arrivata al cuore; forse è il viaggio più lungo che deve percorrere.
Perché se il cristianesimo è Gesù secondo la teologia di Paolo che è la teologia della chiesa.
Chiesa come popolo di Dio, come corpo di Cristo, in cui Cristo è il capo e noi siamo le membra.
Forse noi non abbiamo ancora valutato o sottolineato abbastanza la realtà che ci compone, cioè di che cosa noi, realmente noi, facciamo parte.
Ci rendiamo conto che essere chiesa significa che noi siamo Gesù Cristo?
Forse su questo aspetto vale proprio la pena di soffermarsi perché la misericordia che il Signore vuole far trascorre nel nostro cuore non è qualche cosa di diverso da noi stessi.
Ossia dentro di noi effettivamente circola il sangue divino, perché noi realmente siamo il corpo di Cristo.
Fra poco quando sarà ora celebreremo la divina eucaristia e quando distribuirò le ostie consacrate ciascuno verrà e io dirò: il corpo di Cristo.
E quando noi assumiamo il corpo di Cristo che cosa assumiamo?
Il corpo, il sangue l'anima e la divinità di Gesù Cristo giusto?
Siete tutti d'accordo su questo punto? Ma non ho appena finito di dire che la chiesa è Gesù Cristo?
Vuol dire che assieme al corpo, al sangue all'anima e alla divinità di nostro Signore Gesù Cristo c'è anche Maria SS. Ci sono gli apostoli i martiri i santi.
Ci sono tutte le persone buone che sono già nella chiesa trionfante, ci sono tutte le persone buone che sono le anime sante del purgatorio, che quindi sono già nel mistero di Dio.
Non abbiamo mai pensato che accogliere il corpo di Cristo significa accogliere l'intera chiesa.
Il corpo di Cristo è Gesù nella sua chiesa l'intera chiesa.
Quando io assumo il corpo di Cristo, non dice il sacerdote: il corpo di Gesù il Cristo ma dice: il corpo di Cristo, che quindi è l'intera chiesa.
Io, assumendo l'eucaristia sono in comunione con il Padre, per mezzo di Gesù nello Spirito Santo, con Maria SS., gli apostoli, i santi, i martiri e tutte le anime dei giusti, che sono già nella gloria dei cieli.
Tutte le anime dei giusti, che sono nello stato di purificazione e l'intera famiglia umana, che è nella comunione di Cristo.
Questo significa che questa misericordia circola dentro di me non solo con le mie generazioni passate ma anche con tutti quelli che sono vivi introno a me.
Ora l'apostolo Paolo nei suoi insegnamenti ci dice anche questo "chi mangia e beve indegnamente del corpo di Cristo, mangia e beve la propria condanna.
Cosa significa mangiare e bere indegnamente del Corpo di Cristo?
Significa tante cose, ma per chi come noi sta facendo un cammino molto serio su quello che è la spiritualità cristiana, significa anche non riconoscere il corpo di Cristo, non riconoscere che è corpo di Cristo.
Facciamo questo esempio: chi di noi sano di mente ad un certo momento prende un martello e comincia a darsi le martellate sulle dita? Nessuno, perché la propria mano è te stesso.
Se la mano potesse parlare e tu le dicessi e tu chi sei?
La mano direbbe io sono Mauro e così ognuno di voi direbbe questa stessa cosa, così pure nel corpo di Cristo ogni membro del corpo di Cristo è Gesù Cristo.
Se io e te ad un certo momento non siamo in accordo e incominciamo a discutere e magari a dividerci e a litigare, tra me e te si è creata una frattura, c'è un taglio nel corpo di Cristo, c'è una divisione, c'è un flagello, c'è una ferita, c'è quello che vuoi tra me e te c'è quella famosa frustata che Gesù si è ricevuto quando fu legato alla colonna; questa divisione c'è.
E se continua ad esserci questa divisione, io posso andare all'altare del Signore e ricevere il corpo di Cristo?
E io dico amen.
Cosa vuol dire amen? E così, è la verità, non ci piove; così sia è un po' troppo dolce è un po' addolcito.
Amen è proprio una affermazione forte per dire: non si discute è proprio così! Più vero di così non c'è niente quindi dire amen significa dire più vero di così non c'è niente.
Posso andare davanti al sacerdote che mi dà l'ostia consacrata, che mi dice: il corpo di Cristo e io dico sì, si è proprio così.
Ma io posso mangiare il corpo di Cristo, quando c'è una divisione nel corpo di Cristo?
Il vangelo dice: quando tu ti presenti per portare all'altare la tua offerta e ti ricordi che qualcuno ce l'ha con te, non che tu ce l'hai con qualcuno, lascia perdere la tua offerta, non andare, vai prima a riconciliarti con quello che ce l'ha con te, poi dopo vieni e assumi l'unità del corpo di Cristo.
Questo per farci intuire come il peccato in realtà, non è semplicemente un peccato individuale, il peccato è fare ammalare una parte del corpo di Cristo.
Se nel nostro corpo alcune cellule cominciano ad impazzire e si ammalano, si dice che viene un cancro, fanno di testa loro, l'unico modo per liberarsi della malattia e liberarsi di quelle cellule ammalate.
Nel corpo di Cristo la kemioterapia non esiste, esiste la trasfusione del sangue divino che si chiama eucaristia, ma certamente in questa trasfusione del sangue divino deve partecipare anche l'ammalato, simboleggiato dalle parole di Gesù.
Quando già nell'ultima cena, ma poi ripreso in Gv 3,20 dell'Apocalisse ( Ap 3,20 ), l'accoglienza della persona umana, che invita Dio a far parte della propria vita quando Dio bussa alla porta e noi gli apriamo la porta; perché Dio non suona il campanello?
I campanelli esistevano anche ai tempi di Gesù, non credete mica.
Perché Gesù usa questa espressione: busso alla porta?
Non dice che dà i calci alla porta, non dice che dà i pugni alla porta, ma Gesù bussa alla porta.
Allo stesso modo in cui Elia si era messo ad aspettare l'arrivo di Dio ( 1 Re 19,9-18 ) e lo riconobbe non nel terremoto o in tutti gli altri eventi, lo riconobbe al passaggio della brezza leggera, perché il passaggio di Dio è un passaggio che rispetta la nostra libertà.
Egli bussa alla porta e poi aspetta per non costringerci ad aprirgli, ma perché il nostro aprire alla sua presenza sia davvero una nostra scelta libera e voluta.
Capite che questa misericordia scaturisce dentro di noi nella misura in cui noi siamo disposti al cambiamento della nostra mentalità perché il secondo passo è proprio il pentirsi del peccato.
Se voi ricordate per esempio negli Atti degli apostoli ( At 2,37s ), dove si narra della Pentecoste.
Subito dopo, si dice che Pietro spalancò le finestre e fece questo discorso breve, però il cuore di tremila persone sentì trafiggersi,sentì uno stato che noi oggi definiremmo di compunzione.
Si sentirono attraversare l'anima da un senso di verità, di sgomento, di contemplazione. e da un momento di presa di coscienza di sé stessi.
E Pietro continuò nel suo discorso, che dobbiamo fare fratelli? Dunque ciascuno di voi si penta dei propri peccati, poi si faccia battezzare.
Il primo passo è sicuramente quello ..
Si trovò di fronte al Sinedrio e fece un discorso presso che simile, non ebbe il medesimo risultato.
Mentre quella volta tremila persone si convertirono, perché si sentirono trafiggere il cuore, di fronte al Sinedrio ci fu un altro tipo di reazione: ci fu il risentimento.
Molto dipende dal nostra capacità di accogliere la verità su noi stessi.
Il peccato contro lo Spirito Santo è proprio questo: la non accettazione di ciò che Dio ti offre , della verità che Dio ti offre.
Per avere un autentico pentimento bisogna essere in grado di accettare la verità su noi stessi, bisogna essere in grado di mettersi in discussione.
Se non siamo capaci di metterci in discussione, sicuramente dentro di noi non si opererà il cambiamento della mentalità perché ci sia la conversione bisogna che ci sia la possibilità che noi siamo disposti a cambiare mentalità.
Come si dice con una parola difficile, l'ho già detta tante volte, metanoia, cambiamento completo del nostro modo di pensare.
Ma come? Non un cambiamento completo del nostro modo di pensare, con un altro nostro modo di pensare.
Bisogna che ci sia un cambiamento da un nostro modo di pensare al modo di pensare di Dio; bisogna essere talmente distaccati da noi stessi da essere capaci di prendere le distanze da noi stessi e di guardare noi stessi non come ci vediamo noi ma come Dio ci considera.
Voi capite che questa è un'opera veramente di Dio, non la possiamo compiere in maniera affrettata e superficiale, perché dobbiamo avere anche il tempo affinché questa riflessione possa prendere spazio dentro di noi, noi siamo fatti così.
Per un'autentica conversione, che produca una remissione dei peccati, bisogna che entriamo in una comunione profonda con Dio, perché è Dio con la sua luce che ci viene a rivelare la verità di noi stessi bisogna entrare nel giudizio di Dio, proprio come è scritto nel Sal 51,6 quando il re Davide, riconoscendo il proprio peccato dice così: sei giusto Signore quando parli, retto nel tuo giudizio.
Quando noi dobbiamo esaminare noi stessi non siamo né giusti nell'esaminarci né retti nel nostro giudizio.
È necessario dunque che il pentimento sia un'azione che Dio opera dentro di noi.
Il pentimento è un'azione dello Spirito Santo, è qualche cosa che lo Spirito Santo viene a suscitare dentro di noi come forza che ci cambia
In Gv 16,7 Gesù ce lo aveva rivelato.
È lo Spirito Santo che vi convincerà di peccato.
In quel momento succede un prodigio.
Quando tu riconosci la tua colpa e il tuo peccato ti sta sempre dinanzi, allora accade che Dio prende le tue difese.
Se tu cominci ad accusare te stesso, invece Dio viene accanto a te e ti giustifica, non ti scusa.
Dio non ti scusa, ma ti giustifica, cioè ti rende giusto ossia: dice figlio mio, finalmente hai accettato di vedere che dentro di te c'è una caverna, figlio mio tu mi hai aperto questa caverna.
Meno male che tu mi hai aperto questa caverna, così io la potrò riempire di tutto il mio amore, questo si chiama misericordia.
Il terzo punto è quello impegnativo di rompere con il peccato.
Qualche accenno al pentimento; ricordarsi che il pentimento è un'azione, che lo Spirito Santo viene ad operare dentro di noi quindi è necessario che noi ci mettiamo in una situazione di lasciare lo Spirito Santo libero di agire dentro di noi.
Dargli il tempo, mettersi nella verità, fare un po' di silenzio mettersi davanti al tabernacolo.
Invocare la luce di Gesù, invocare l'azione dello Spirito Santo, perché venga a dirci la verità.
Perché non è detto che nella nostra vita ci siano chissà quali peccati sconvolgenti: a volte ci sono semplicemente degli aloni, che però continuano a depositarsi, perché c'è una grande differenza tra i peccati e il peccato.
Nella nostra capacità di riconoscere il peccato bisogna che andiamo veramente al centro, cioè alla scaturigine di tutto il resto.
In molte piante c'è una radice principale, che è quella più profonda, quella che va più in basso; ad essa sono collegate altre piccole radichette, che servono più che altro per raccogliere l'umidità, che viene poi sintetizzata dalla radice centrale per sciogliere i sali minerali e dunque nutrire il resto della pianta.
Può capitare questo che nella nostra vita ci siamo dati un gran da fare per cercare di eliminare i peccati, però di tanto in tanto c'è questa forma di polvere, di sabbia di nebbia che non ci rende veramente brillanti o liberi come dovremmo essere.
È come se qualcuno di noi potrà averlo visto in qualche occasione; è come quando noi vediamo un ulivo in campagna, e vediamo questo tronco possente molto contorto che magari è quasi del tutto rinsecchito.
Però sulla cima di questo albero vediamo svettare alcune foglie fresche, verdi.
Come è capitato che in questo albero ormai del tutto morto continuano ad esserci delle foglie verdi?
È capitato che sicuramente da qualche parte nelle fibre c'è ancora una vena in cui circola la linfa vitale che continua a far vivere questo ulivo.
Può anche succedere che nella nostra vita, sebbene che ci siamo sforzati di eliminare da noi tutto ciò che al Signore non piace, e dunque non piace neanche a noi, continui a manifestarsi dentro di noi qualche cosa che ci umilia , qualche cosa che ci da fastidio, qualche cosa che ci opprime.
Come fare per riconoscerlo?
Nel fare per esempio l'elenco o il discernimento su quelli che sono tutti i nostri peccati dobbiamo prima di tutto diventare coscienti, o meglio accorgersi che ci deve essere un peccato diverso da tutti gli altri, nel senso che nei confronti di quel peccato io faccio una estrema fatica, e forse non ci sono ancora riuscito a dire basta.
Potrei rinunciare a tutte le altre cose che magari reputo delle sciocchezze o delle stupidaggini o delle effettive debolezze.
Però per quella cosa lì c'è una dipendenza che è meno involontaria, posso rinunciare a tutto ma a questo mai!
Non è detto che non voglio, magari a parole dico che non voglio questa situazione, però dentro di me c'è una forma di assenso più o meno inconscio.
Narra S. Agostino nel suo libro delle Confessioni, narra con estrema semplicità proprio questo fatto: che lui per esempio, aveva lottato per molto tempo contro gli assalti della sensualità.
Diceva sempre: Signore liberami, dammi la perfetta continenza, ed ad un tratto si rese conto che nel suo inconscio, sebbene la sua parte conscia dicesse: Signore liberami, nel suo cuore diceva: ma non subito.
E quando lui si accorse di tutto questo decise.
Come sarebbe, non subito? perché non deve essere adesso l'ultimo momento, in cui io sono schiavo di questo o qualunque altra cosa?
E da quel momento egli fu totalmente libero.
Il noto filosofo Sir Kirkegard, un grande pensatore cristiano, ci ha lasciato nei suoi scritti dei bellissimi motivi di riflessione.
Voglio proprio leggervi lo scritto che viene riportato qui.
A uno la parola di Dio ha rivelato che il suo peccato è la passione del gioco.
È questo ciò che Dio gli chiede di sacrificargli, però l'esempio potrebbe essere esteso anche ad altre abitudini peccaminose come la droga, il bere, il rancore, il dire bugie, un'ipocrisia, una abitudine impura …
Quell'uomo dunque è convinto di peccato e decide di smettere e dice, sentite il discorso e poi capite il nostro nemico come è furbo: "faccio voto solenne e sacro di non giocare mai più, mai più questa sera sarà l'ultima volta"
Continua Kirkegard, non ha risolto nulla.
Egli continuerà a giocare come il resto della propria vita, come prima.
Egli infatti deve dire a se stesso: d'accordo tutto il resto della mia vita e tutti i giorni io potrò ancora giocare, ma questa sera no.
Se egli mantiene il suo proposito e quella sera non gioca è salvo, non giocherà probabilmente mai più per il resto della sua vita.
La prima risoluzione è un brutto scherzo che la passione gioca al peccatore, la seconda è , al contrario, un brutto scherzo che il peccatore gioca alla passione.
( Sir Kirkegard per l'esame di se stesso: lettera di s. Gc 1,22 )
Voi capite che è proprio così, se noi non prendiamo il coraggio di dire basta, ma non alla singola serie di tutte le cose nebulizzate, che possono infiacchire la nostra immagine, ma proprio a quell'unica cosa nei confronti della quale noi facciamo una estrema fatica a dire basta!
Se noi diciamo, per tutto oggi: io romperò definitivamente con quel peccato, allora probabilmente per tutto il resto della tua vita tu sarai completamente libero.
Ma se tu dici da domani smetterò tutto questo, è sicuro che non inizierai mai.
Rompere con il peccato significa prendere una decisone.
Ma qualcuno potrebbe dirmi, è troppo semplice.
Sembra che rompere con il peccato sia semplicemente una disposizione della volontà; quando proprio la volontà è ammalata, perché se la nostra volontà non fosse ammalata noi peccheremmo?
Se la nostra volontà fosse sana noi non peccheremmo, perché noi diremmo basta, ho deciso.
Cos'è tutta questa storia? non lo faccio più.
Ma attenzione, il Signore non pretende da noi che siamo impeccabili ma pretende da noi che siamo pentiti.
Perché se noi siamo pii e cioè non empi, siamo tra coloro che corrono verso le braccia del Padre per accogliere da Lui la Sua misericordia.
E il Padre tutte le volte ricostruirà da capo la nostra esistenza, come se nulla fosse accaduto.
Ma se noi siamo tra quelli che invece non si sentono in grado e non vogliono dire questo basta definitivo, sono quelli che sentono che Dio bussa alla porta e dicono: sì, sì dopo ti vengo ad aprire.
Da un giorno all'altro passano i mesi e poi gli anni…
Che cosa fare concretamente: primo passo cerca di individuare qual è quel punto della tua vita spirituale, che ti dà più fastidio rinunciare
Secondo aspetto: ricordati dell'empietà.
Sarebbe molto bello che noi capissimo veramente il senso del sacramento della riconciliazione.
In questo sacramento è come se, ad un certo momento, il penitente, quello che ha capito veramente che cosa vuol dire confessarsi e ricevere la remissione dei peccati, andasse dal ministro di Dio e gli dicesse questo: padre perdonami perché ho peccato.
Dimmi fratello quali sono i tuoi peccati di cui vuoi chiedere perdono al Signore.
E il penitente dicesse ho peccato di empietà, perché fino adesso non ho vissuto per Dio ma ho vissuto per me stesso.
Attenzione bene. Alla fine della nostra vita noi non saremo giudicati sulle opere ma sull'amore.
Questo non vuol dire che noi ci mettiamo su di un sofà ad aspettare la fine della nostra vita.
Ma come ho richiamato in tante altre occasioni, le opere che noi compiamo sono una normale conseguenza della nostra vita.
Però noi dobbiamo avere un'igiene spirituale e umana di noi stessi; cioè a dire se io ho da dimostrare qualche cosa a qualcuno, allora anche le mie opere sono un'arma, che io uso per dimostrare agli altri che io valgo.
Questo equivale a dire che io vivo nell'empietà, perché non faccio le cose per amore di Dio, ma le faccio perché io ho ragione.
Cosa dire poi a proposito della ragione e del torto, e questo sarebbe il quarto punto.
Sto cercando di sintetizzare perché voi capite, su ciascuna di queste cose probabilmente ci sarebbe anche da rifletterci, da pregarci su, da lasciarsi riempire davvero da questo senso di stupore di grandezza da parte di Dio.
Cosa dire a proposito della sofferenza? come dice Giovanni Paolo II nella "Salvifici dolores" è proprio questo: la sofferenza umana è forse un canale che più rapidamente e più direttamente ci unisce alla passione di Cristo.
Che cosa si intende dire con questo? che la sofferenza è qualche cosa che sicuramente ci assomiglia di più, ci fa assomigliare molto di più a Gesù Cristo, nella sua passione e morte e risurrezione? Sì!
Ma le sofferenze non debbono essere ricercate.
Noi non siamo ad un grado di misticità come quella di Teresa d'Avila che faceva suo motto "patire o morire" ricordate?
O come altri mistici che dicono di passare dalla sofferenza, al piacere della sofferenza.
Non siamo ancora arrivati a quel grado di santità che ci spinge a ricercare la sofferenza come un momento oblativo di donazione di noi stessi.
Però almeno di essere in grado di non sciupare la sofferenza che già fa parte della nostra vita.
Nella sofferenza, c'è la sofferenza fisica e ci sono anche altri tipi di sofferenza.
Una parte non piccola da considerare è, per esempio, la sofferenza dell'ingiustizia.
Una sofferenza ingiusta è qualche cosa che in qualche modo ci dà la possibilità di partecipare, in un modo più diretto, a quella che è la passione morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
La capacità di accettare anche una critica, una sofferenza ingiusta, una emarginazione mi danno la possibilità di veramente crescere nella remissione dei peccati nel pentimento.
Unica condizione imprescindibile che nessuno lo sappia.
Per non sciupare una sofferenza ingiusta bisogna anche essere in grado di non aprire quella boccetta, in cui è conservato questo flebile profumo di Cristo così prezioso che è meglio che nessuno apra, perché tu lo possa conservare fino al giorno del tuo ingresso nel regno
Perché questo profumo non sia contaminato da un sottile profumo di vanagloria.
Cioè quando magari lamentandoti, anche giustamente delle tue sofferenze subite in modo ingiusto, ecco che nel profumo di Cristo si viene a mischiare anche l'odore della tua vanità, allora rischi veramente di vanificare questo prezioso dono che fa già parte della tua esistenza.
L'altro aspetto consiste nelle condizioni di lode.
Bisogna imparare a combattere il peccato, non con dei mezzi piccoli , con dei mezzi negativi ma con dei mezzi positivi.
I mezzi negativi possono essere simboleggiati semplicemente dalla ascesi.
Ben inteso non ho detto che i mezzi ascetici non debbono essere sfruttati, ho detto che nel nostro cammino, nella lotta contro il peccato noi non ci possiamo limitare all'aspetto negativo cioè al combattimento, a costruire delle mura di difesa.
Invece noi per combattere il peccato, poiché il peccato è un esercito agguerrito che sta già facendo la carica di attacco contro di noi, noi dobbiamo usare delle armi pienamente offensive, pienamente efficaci e queste armi sono Dio stesso nella sua lode.
Il combattimento contro il peccato, il combattimento contro l'assalto del peccato è proprio questo: andare contro il peccato con la potenza della lode.
Ci sono molte ragioni non abbiamo il tempo per esaminarle tutte.
Voglio semplicemente lasciarvi questa idea: quando tu pecchi stai pensando a te stesso, ad un bene particolare, che assume la preponderanza su tutto, in quel momento tu dici: questo è bene per me e lo faccio e non mi interessa niente.
Quando tu lodi non sei più tu al centro dei tuoi pensieri, ma lo è Dio, lui diventa il centro gravitazionale di tutto il tuo agire e di tutto il tuo pensiero e di tutta la tua spiritualità ed è proprio questo uscire da noi stessi per abbracciare Dio, che è l'arma vittoriosa contro l'assalto del nemico, che viene per costruire dentro di noi una sua lugubre fortezza.
Da tutto questo si evince che dopo tutto questo lavoro non possiamo vanificare il resto continuando un atteggiamento di vita che sia come quello di prima.
È necessario che al perdono richiesto e ricevuto corrisponda il perdono dato come ho fatto l'esempio prima.
Se noi due litighiamo dividiamo il corpo di Cristo, ma se noi non ci riconciliamo il corpo di Cristo resta rotto, resta flagellato, la ferita continua ad uscire.
È necessario che nel perdono ricevuto da Dio non è esente il concetto di perdono dato al mio prossimo.
Pietro nel vangelo dice a Gesù: quante volte dovrò perdonare a mio fratello che pecca contro di me, fino a sette volte? E Gesù dice non ti dico fino sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Ora cerchiamo di fare una piccola intuizione.
Sulla scrittura è scritto che il giusto pecca sette volte al giorno e Pietro dice: Signore io devo perdonare il giusto che pecca contro di me?
E invece Dio dice tu non solo devi perdonare il giusto, ma tu devi perdonare l'iniquo che pecca contro di te, perché dire settanta volte sette non vuol dire 490 peccati, vuol dire che chi sta peccando contro di te veramente è una persona iniqua, che probabilmente non vorrà cambiare vita.
Il perdono da dare al nostro prossimo è un perdono che non dipende dal cambiamento dell'altro; è un perdono che parte dal mio cuore è una spremuta di cuore, è genuino è autentico, proviene dall'amore di Dio ed è molto meglio se diventa reciproco.
Il consacrato è veramente tale, come Gesù, se perdona sempre, perdona tutti e se, dopo il perdono dato e ricevuto, ristabilisce il rapporto d'amore e di collaborazione infranti dal peccato.
Il perdono è qualche cosa di fenomenale, non c'è una potenza più grande al mondo come quella del perdono.
È bello che nella giornata in cui si rinnovano le vostre consacrazioni ci sia anche il momento dedicato al perdono, dico bene?
Iniziamo questa quaresima e questa meditazione ci possa essere utile.
Ed è bello che questa pratica del perdono sia conservata, sia approfondita e sia meditata con una maggiore consapevolezza, perché il perdono ricevuto da Dio ti vincola.
Perché tu sei il corpo di Cristo, tu non puoi ricevere il perdono di Dio e mantenere la divisione con lo stesso corpo di Dio.
Il perdono dato e ricevuto deve assolutamente scaturire in una semplicità di rapporti, in una donazione completa e totale fino anche all'accettazione dell'incomprensione.
Come ho detto prima della sofferenza ingiustamente subita perché è Cristo, perché tu sei Cristo tu sei il corpo di Cristo, ma ti rendi conto che tu sei Gesù Cristo?
Gesù Cristo non ha mantenuto distanze, non ha mantenuto giudizi, non ha mantenuto opposizioni Gesù ha detto: per te Padre qualunque cosa.
Perdonali non sanno quello che fanno, li accolgo così come sono.
Tutto questo è semplicemente un cogliere di tanto in tanto una spiga che s'innalza dall'immenso campo della misericordia di Dio.
Chiediamo al Signore che in questo tempo di meditazione e di riflessione egli possa parlare nel nostro cuore e suggerire veramente un itinerario di stupore di quanto grande è l'amore suo nei nostri confronti, da elargirci con una tale generosità tutto il suo amore.
Sia lodato Gesù Cristo.