L'Immacolata

N° 23 - Dicembre 2002

Carissimi amici,

vi scrivo all'inizio della novena all'Immacolata Concezione.

Anche se quando leggerete sarà già passata, per noi dell'Unione Catechisti di Gesù Crocifisso e di Maria Immacolata, è un po' la nostra festa.

In questo mese di dicembre, nel quale si celebra l'Incarnazione di Dio, siamo chiamati a ricevere Gesù dalle mani di Maria SS.ma.

L'Immacolata, custode della fede e della Grazia

Precede il Natale di Gesù, un'apparizione di singolare bellezza: l'8 dicembre festeggiamo Maria SS.ma, Sua Madre, nella sua Immacolata Concezione, la Tutta Bella, la Tutta Santa, la piena di Grazia, fin dal primo istante della sua esistenza.

Dalla divina Rivelazione, noi sappiamo e crediamo che Dio, in previsione della morte redentrice del Figlio suo sulla Croce, ha preservato Maria da ogni macchia del peccato d'origine e l'ha arricchita, fin dal principio, della vita divina con tutti i suoi doni.

Non poteva essere neppure sfiorata dal peccato Colei che era chiamata a diventare la Madre, sempre Vergine, del Figlio di Dio.

Questa è la verità che la Chiesa ha sempre creduto che il Beato Pio IX, l'8 dicembre 1854, ha definito dogma di fede.

Dunque in Maria, si è compiuta la promessa di Dio stesso all'inizio della storia dell'umanità.

A satana - il serpente - che ha indotto il primo uomo e la prima donna al peccato, offesa a Dio, Dio ha dichiarato guerra in assoluto: "Io porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: tu le insidierai il calcagno, ma ella ti schiaccerà la testa" ( Gen 3,15 ).

Da sempre, questa promessa divina è stata chiamata "il proto-evangelo", cioè il primo annuncio della salvezza.

Nella "donna", in Maria SS.ma Immacolata, è contenuto e riassunto tutto il Credo cattolico, tutta la nostra Fede: affermando e credendo Lei, l'Immacolata, già tutto affermiamo e crediamo.

- Dio ha creato l'uomo, il primo Adamo, a sua immagine e somiglianza ( Gen 1,26 ), arricchendolo della sua grazia, la sua stessa vita divina, e di una soprannaturale armonia di intimità con Lui, di luce e di gioia.

- L'uomo, però ha rifiutato il dono straordinario - la grazia santificante - con il primo peccato, il peccato d'origine, che ha degradato lui e la sua discendenza per sempre, nella separazione da Dio, nell'inclinazione al male, nel dolore e nella morte.

- Su questa immane tragedia, Dio però promette e invia il Redentore, il Figlio suo incarnato, Gesù, venuto nel mondo per mezzo di una donna, destinato a compiere sulla Croce il sacrificio d'espiazione, che restituisce all'uomo, se l'accoglie, la vita divina della grazia, l'intimità divina, il Paradiso.

- Maria in questo progetto di salvezza, fin dal suo primo concepimento, è immune dalla triste eredità del primo peccato: figlia del primo Adamo, ma non erede della sua colpa, perché chiamata ad essere la Madre del secondo Adamo, Gesù Redentore e Datore della vita.

Maria davvero è la "piena di grazia", come l'ha salutata l'Angelo Gabriele ( Lc 1,28 ), al momento di chiederle di diventare la Madre sempre Vergine del Figlio di Dio.

Oggi, venerare l'Immacolata Concezione di Maria, significa accogliere in modo integro e totale tutta le verità di Dio su se stesso, sull'uomo e sulla storia, tutto il progetto della salvezza.

Significa opporci agli errori di questo mondo illuso che l'uomo possa salvarsi da solo e accettare Gesù nella nostra vita, come unico nostro Signore e Salvatore, perché "c'è salvezza soltanto nel suo Nome" ( Atti 4,12 ).

Occorre affidarci a Lei che per prima ha vinto satana e il peccato e chiederle che per sua intercessione, da Gesù suo Figlio e nostro Salvatore irrompa su di noi "grazia su grazia" ( Gv 1,16 ), abbondanza della sia vita divina che fiorisce nella purezza, nella carità , nella santità, "affinché Egli sia il primogenito tra molti fratelli" ( Rm 8, 29 ).

L'Immacolata, il volto che più somiglia a Gesù Cristo, ci farà simili a Lui, ci farà crescere a sua immagine e somiglianza.

Paolo

È venuti a regnare

Quando una situazione negativa si protrae per troppo tempo sorge spontaneo il bisogno di sperare in un cambiamento radicale e definitivo, fosse anche solo per restituire un senso alle fatiche quotidiane.

Qualcosa del genere avviene anche nella storia dei popoli.

Dopo la scissione del regno davidico gli ebrei hanno trascorso secoli e secoli in attesa di un solenne ritorno ai fasti di Salomone.

Ma, immancabilmente, tutti gli eserciti che batterono le piste del Vicino Oriente si presero gioco del "popolo eletto": Assiri, Babilonesi, Macedoni, Romani.

Dopo esili, occupazioni e profanazioni di ogni sorta, non pochi Israeliti riposero le speranze di riscossa in un liberatore, un goel.

Questo titolo, spesso attribuito allo stesso Jahvè, con gli esegeti di Isaia si è rinnovato: la teologia cristiana, rileggendo il profeta Isaia ( Is 41,14 ), lo ha applicato a Gesù, mentre alcuni rabbini ( Is 19,20 ) lo hanno riferito al messia nazionale in grado di respingere gli attacchi nemici ( cfr. gli studi di Alfred Edersheim ).

Al tempo della nascita di Gesù la "liberazione" attesa dal Messia - indispensabile a rifondare il regno - non trovava tutti d'accordo: per gli zeloti ( un gruppo di "guerriglieri nazionalisti" ) coincideva con lo sterminio degli oppressori romani; per i cosiddetti "apocalittici", consisteva nel trionfo del bene sulle forze del male.

Questo movimento, affine al profeta Daniele, può, entro certi limiti, considerarsi pre-cristiano.

Il "regno eterno" ( Dn 7,27 ) e la "nuova era" avviata dalla nascita di Cristo sono in sintonia col suo pensiero.

Gli studiosi razionalisti, dal canto loro, hanno trasformato l'attesa del Messia in una forma di isteria collettiva, dovuta alla serie ininterrotta di disfatte subite da un popolo che, bene o male, vantava un'elezione divina.

La banalizzazione dell'Avvento e del Regno messianico ha radici lontane e continua ancora oggi.

Nel 131 d. C. il grande rabbino Akiba identificò il Messia in Ben Koseba, uno dei capi della seconda rivolta giudaica, nell'attesa di un'improbabile vittoria militare: fu la prima atroce delusione del neonato rabbinismo, erede dell'antico fariseismo.

In tempi recenti la teologia della liberazione ha tentato di trasformare Cristo in un rivoluzionario politico, prospettando ai poveri del mondo una vittoria sugli odiati capitalisti che non si vede ancora.

Quanti Natali dovranno trascorrere in futili attese, prima che la vittoria sulla morte e sul peccato torni ad essere la sola liberazione messianica?

Si profila il rischio paventato da Samuel Beckett in "Aspettando Godot": l'attesa disperata di un falso liberatore che non verrà mai.

È il destino di chi non comprende a fondo il "piano di Dio".

La visione cristiana della "liberazione" trasforma, ma non rinnega l'antica concezione del Regno messianico.

Il Figlio di Dio, dalle altezze celesti è disceso fra noi in povertà e debolezza, certo … ma è venuto per regnare nei nostri cuori.

Si è umiliato in una mangiatoia, non c'è dubbio … ma per innalzarci al Regno dei Cieli.

E che l' "abbassamento" dell'Incarnazione sia solo una premessa della Regalità, lo si intuisce fin dalle prime righe del Vangelo di San Luca, quando Gabriele nell'annunciare a Maria il concepimento del Salvatore afferma: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" ( Lc 1,32 ).

Si compiva così la profezia di Natan ( 2 Sam 7 ), ma in vista di una salita al trono "scandalosa": quella dell'innalzamento sulla Croce.

Gli stessi apostoli faticavano a capire, a causa di quella "incomprensione" tante volte sottolineata dall'Evangelista Giovanni.

L'indifferenza di Gesù per i problemi politici di Israele, sulle prime poteva apparire persino offensiva.

Ma le lotte per il potere che dilaniavano le fazioni israelite non erano che un riflesso delle tentazioni con le quali il Diavolo aveva sfidato Gesù nel deserto ( Lc 4,6 ).

Nostro Signore, incarnandosi, porterà nel mondo un concetto di regalità estraneo al potere mondano: ciò non toglie che Egli rivendichi la sovranità sui cuori, sulle intenzioni, sulle volontà dei suoi discepoli.

Quando guardiamo la tenera immagine del Bambinello dobbiamo domandarci: "Noi, oggi, nel 2002, dinanzi al trionfo di tante pseudo-libertà, siamo disposti a riconoscere in Lui il Re di gloria ( Sal 24,7 ) annunciato dagli antichi?".

Non dobbiamo fissarci esclusivamente sugli aspetti umani e patetici della Natività ( povertà, emarginazione, odio dei potenti ): difatti "l'umanizzazione" di Dio è in funzione della "spiritualizzazione" dell'uomo, che ci salva dalla condanna del Re ( Lc 19,27 ).

I due momenti non possono restare slegati.

In fondo Erode, pur accecato dall'ignoranza religiosa, non aveva tutti i torti a temere il "rampollo di Davide" ( Ap 5,5 ); Cristo è venuto ( nella Natività ), viene ( nell'Eucarestia ) e verrà ( alla fine dei tempi ) per regnare.

Pur non comprendendo che il suo Regno non era di questo mondo, i persecutori del suo tempo Gli riconobbero inconsapevolmente ( al momento della nascita, come sulla Croce ) una potestà di comando e di giudizio che non può passare inosservata.

In una recente udienza il Papa - prendendo spunto dal Sal 95 - ha indicato nella Incarnazione e Regalità di Cristo, i poli di un'asse che, da Betlemme al Golgota, legano la discesa in Terra ( attraverso la Vergine, "Porta del Cielo" ) all'elevazione sulla Croce ( mediante l'incoronazione di spine ).

Qui si scopre, grazie a San Paolo, la natura della vera attesa e il contenuto dell'autentica liberazione, infinitamente superiori a qualsiasi utopia politica.

"Ma eccoci alla proclamazione della regalità del Signore.

Ora a cantare è l'universo…

Come dirà san Paolo, anche la natura, insieme con l'uomo, "attende con impazienza … di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" ( Rm 8,19.21 ).

Nella rilettura cristiana di questo Salmo i Padri della Chiesa hanno visto una prefigurazione dell'Incarnazione e della Crocifissione, segno della paradossale regalità di Cristo.

Così, nel Natale del 379 o del 380, san Gregorio di Nazianzo riprende alcune espressioni del Sal 95: "Cristo nasce: glorificatelo!

Cristo scende dal cielo: andategli incontro! …

"si rallegrino i cieli ed esulti la terra" a causa di colui che è celeste ma poi è divenuto terrestre" ( Omelie sulla natività, Discorso 38 … ).

In tal modo il mistero della regalità divina si manifesta nell'Incarnazione.

Anzi, colui che regna "diventando terrestre", regna precisamente nell'umiliazione sulla Croce.

È significativo che molti antichi leggessero il v. 10 di questo Salmo con una suggestiva integrazione cristologica: "Il Signore regnò dal legno". ( Sintesi ricavata da: G. Paolo II, Udienza Generale, 4-5, 12 settembre 2002 )"

Non deve stupire il fatto che i teologi modernisti, più volte ammoniti da Fra Leopoldo, abbiano tentato di svalutare questa concezione regale della Natività ( confermata dall'omaggio dei Magi ).

Il teologo M. Z., ad esempio, in nome di un malsano egualitarismo, è giunto ad identificare Cristo con l'umanità, negando in modo implicito l'autorità che Gesù esercita, su mandato del Padre e non degli uomini, quando sceglie gli Apostoli o scaccia i demoni.

Se non riconosciamo questa specialissima sovranità, che il N.T. sottolinea con forza e che l'A.T. già prefigurava in Melchisedec, è perfino inutile meditare sulla Natività di Nostro Signore.

Il "dies natalis" del goel, prologo del nostro "dies natalis" ( la buona morte ), sarà degnamente celebrato solo se saremo riscattati dalla schiavitù che Satana ci ha imposto con quella "legge del piacere" che Fr. Teodoreto opponeva alla "legge dell'amore".

Quando Gesù comincerà a vivere e a regnare nei cuori dei fedeli, la "liberazione", invano cercata nel mondo, sarà finalmente compiuta e la gioia del Natale acquisterà ai nostri occhi un significato molto più profondo.

Stefano