Centenario del detto della Casa di Carità |
Il 24 novembre 2019 ricorre il 100° anno dal giorno in cui Fra' Leopoldo, cuoco francescano, presso il convento di San Tommaso a Torino, in amicizia spirituale con Fratel Teodoreto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, annotò nel suo diario il Detto fondativo della Casa di Carità: Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani le Arti e i Mestieri.
Un detto che non solo costituisce il fondamento del passato, della storia, ma soprattutto un detto vivo nel presente.
Vivo oggi.
La sua attualità è sorprendente se si leggono alcuni passi dell'Esortazione Apostolica postsinodale "Christus vivit" di Papa Francesco.
"Il lavoro non è semplicemente un'attività finalizzata a produrre un reddito.
È un'espressione della dignità umana, è un cammino di maturazione e di inserimento sociale, è uno stimolo costante a crescere in termini di responsabilità e creatività ed è anche dar gloria a Dio attraverso lo sviluppo delle proprie capacità". ( C. V. 271 )
"La mancanza di lavoro recide la capacità di sognare e sperare e priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società". ( C. V. 270 )
"Creare 'casa' è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi.
È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere.
Questo implica il chiedere al Signore che ci dia la grazia di imparare ad aver pazienza, di imparare a perdonarci; imparare ogni giorno a ricominciare". ( C. V. 217 )
Alcune fasce di popolazione sono sprovviste di adeguate capacità professionali e spesso la precarietà occupazionale che affligge i giovani risponde agli interessi economici che sfruttano il lavoro". ( C. V. 270 )
Questa correlazione così stretta, che si spiega da sé, altro non fa che sottolineare come il detto sia, per l'Opera e per coloro che la animano e realizzano ogni giorno ( allievi, famiglie, personale docente e non docente ), un richiamo all'impegno e alla missione per il bene della società e per la gloria di Dio.
Gesù Crocifisso e Risorto è la fonte d'Amore che ispira il cuore di Fra' Leopoldo ed il detto fondativo, come gli altri nel diario, sono frutto di una comunione intima e di una fiducia e un abbandono totali allo Spirito e alla Provvidenza.
I detti ci obbligano a un cammino spirituale per poter essere compresi a fondo,
ci motivano quando è necessario pensare e ripensare a ciò che accade e a ciò che compiamo,
ci rivelano le nostre radici, quando è il tempo di attingere forza e sostegno e
ci richiedono di essere in costante ascolto di Dio, nella preghiera e nel discernimento.
Il Detto fondativo, infatti, non arriva improvviso al cuore di Fra' Leopoldo, ma è preceduto da altri detti e Fra' Leopoldo stesso ricostruirà nelle sue riflessioni che il principio delle rivelazioni si può riferire al 24 settembre 1906, quando Gesù gli dice "Su, fa coraggio; quando ti ordino qualcosa fallo subito; perché dubitare quando sentisti dire che tu devi aiutarmi in questa impresa?
So bene che ti mette difficoltà il credere che un Dio Crocifisso venga dal Cielo a te".
Ecco l'invito e la chiamata: so che hai difficoltà a credere ma, tu, credi; so che tu dubiti di potercela fare ma, tu, fatti coraggio, mettiti all'opera, agisci, aiutami in questa impresa.
Ciascuno dunque può sentirsi chiamato ad esempio ad intraprendere un percorso di lettura dei detti accompagnata da meditazioni, a compiere un cammino di approfondimento di fede e preghiera, a svolgere un servizio in un'opera di carità.
È un invito a cui si può rispondere, con disponibilità, anche oggi. Fra' Leopoldo nel 1920 scriveva: "Ora intendo quando Gesù nel 1906 mi diceva di aiutarlo a fare una cosa che ( a me ) poverino non mi rientrava ( nella mente ) che un Dio si rivolgeva a me povero peccatore per aiutarlo".
Potrebbe accaderci di comprendere solo a posteriori, ma ciò che conta è cogliere l'invito e rispondere.
Federica Santinato