XIII stazione |
Dal Vangelo secondo Marco 15,42-43.45
Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.
Pilato, informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
Nei momenti estremi della sua vita terrena Gesù era stato abbandonato.
Neppure il suo corpo venne reclamato dai suoi.
La tragedia si era abbattuta anche sul suo corpo esanime.
Quale orribile contrasto!
" Il Datore di ogni dono oggi viene chiesto in dono a Pilato.
Colui che è vestito di luce come di un manto acconsente di essere avvolto in un lenzuolo da Giuseppe ".
( Liturgia della Chiesa Armena: Inno per il Venerdì Santo )
Ma il mondo non era completamente immerso nell'oscurità.
Nel buio della tragedia filtrò un raggio di luce.
Esso venne dal cuore di un uomo, che ardentemente " aspettava il regno di Dio ": Giuseppe d'Arimatea.
Un cuore sincero e sensibile verso Dio, un uomo nel quale la bontà di Dio non si era eclissata.
Era uno di " quelli di Gesù ", senza essere uno dei discepoli; segretamente e intimamente era in comunione con Gesù.
Nella nostra condizione umana non siamo anche noi spesso lacerati interiormente?
Vi è una parte, nella profondità del nostro essere, che non siamo capaci di far venire alla luce: manchiamo di coraggio.
Per una moltitudine di ragioni che gravano pesantemente su di noi, la nostra faccia e la nostra vera essenza, ciò che appariamo e ciò che siamo sono così distanti l'uno dall'altro!
Ma giunge l'ora della verità, e, quando essa giunge, emerge la nostra verità più profonda e si congiunge alla nostra apparenza.
È il momento dell'interezza, il tempo della piena verità, l'ora della salvezza: riconoscere Gesù Cristo come Dio e Salvatore.
Signore deposto ai piedi della croce, mentre con il tuo corpo ci lasci, ti preghiamo: non abbandonarci con il tuo Spirito.
Il tuo corpo senza vita è per noi il tempio dello Spirito Santo.
Volgi a noi il tuo sguardo e colma l'abisso che distrugge la nostra interezza.
Allontana da noi la tentazione di esitare, di dubitare, di soccombere alla paura.
Plasma di nuovo in noi la tua immagine, perché sia ripristinata la nostra interezza e, come Giuseppe d'Arimatea, ci " facciamo coraggio " per agire apertamente con fede e amore.