VII stazione |
Dal Vangelo secondo Marco 15,20
Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Gesù ha preso su di sé quella croce che era destinata a ciascuno di noi.
Essa appare, ai nostri occhi, il simbolo del paradosso e della contraddizione.
Nonostante fosse investito della gloria e del potere datogli dal Padre, Gesù aveva accettato una morte orribile, ingloriosa, anzi, vergognosa.
Sapeva che la croce era l'unica via per entrare nell'intimità dell'uomo; una morte violenta, l'unico mezzo per entrare dolcemente nei nostri cuori.
È difficile portare questa croce del paradosso nel mondo contemporaneo, globalizzato, dominato dal potere economico, politico, militare.
I potenti del mondo si alleano, per compiere rappresaglie, per colpire le popolazioni povere e stremate.
Si giustifica perfino il terrorismo in nome della « giustizia » e della « difesa » dei poveri.
Un messaggio violento, quello degli uomini potenti: irrompe violentemente nel nostro cuore e il nostro cuore impietrisce.
Anche per questa gran parte dell'umanità sofferente, per le vittime della violenza e dell'ingiustizia, Gesù porta la croce.
Signore, donaci la forza e il coraggio per condividere la tua croce e le tue sofferenze nella vita quotidiana e nell'impegno professionale.
Infondi in noi lo spirito di servizio e di sacrificio, perché aspiriamo non al potere e alla gloria, ma a divenire strumento di solidarietà e di pace, per coloro che vengono schiacciati dalla violenza e dall'ingiustizia dei potenti del mondo.
A te, Gesù, carico della croce, dal volto stanco, il nostro saluto pieno di riconoscente stupore, con il Padre e con lo Spirito, ora e nei secoli dei secoli.