XII stazione |
Dal Vangelo secondo Giovanni 19,28-30
Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete".
Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.
Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!".
E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Quando la morte giunge dopo una dolorosa malattia, si usa dire con sollievo: "Ha finito di soffrire".
In certo senso, queste parole valgono anche per Gesù.
Sono però parole troppo limitate e superficiali, di fronte alla morte di qualsiasi uomo e ben di più di fronte alla morte di quell'uomo che è il Figlio di Dio.
Infatti, quando Gesù muore, il velo del tempio di Gerusalemme si squarcia in due e accadono altri segni, che fanno esclamare al centurione romano che stava di guardia alla croce: "Davvero costui era Figlio di Dio!" ( Mt 27,51-54 ).
In realtà, nulla è così oscuro e misterioso come la morte del Figlio di Dio, che insieme a Dio Padre è la sorgente e la pienezza della vita.
Ma nulla è anche così luminoso, perché qui risplende la gloria di Dio, la gloria dell'Amore onnipotente e misericordioso.
Di fronte alla morte di Gesù la nostra risposta è il silenzio dell'adorazione.
Così ci affidiamo a lui, ci mettiamo nelle sue mani, chiedendogli che niente, nella nostra vita come nella nostra morte, ci possa mai separare da lui ( Rm 8,38-39 ).