La Missione, opera dello Spirito

Atteggiamenti da coltivare nelle parrocchie

- Per un'autentica evangelizzazione bisogna partire dalla stima per le persone: è impossibile un impegno educativo verso i giovani senza diventare capaci di cogliere anche il positivo dei giovani di oggi, senza riconoscere gli elementi di novità delle nuove generazioni.

Bisognerà quindi evitare giudizi negativi o superficiali sui giovani, cercare di capire e valorizzare il loro vissuto, impegnarsi ad entrare nei loro ambienti e nei loro tempi.

- La Missione Giovani deve inserirsi nel Progetto Pastorale generale della Parrocchia.

Accanto ai giovani educatori e operatori della Missione è utile coinvolgere anche giovani più maturi e persone adulte non troppo lontane rispetto al mondo dei giovani e disposte all'accompagnamento straordinario della MG.

- Nelle parrocchie "grandi" un possibile problema sarà il coordinamento dei vari gruppi e associazioni per evitare che ognuno progetti per conto proprio.

Per le parrocchie più piccole il problema probabilmente consisterà nel sostenere le motivazioni e le iniziative.

Potranno essere aiutate e orientate dalla commissioni zonali dei giovani ad individuare gli animatori, a cercare collaborazioni su iniziative specifiche.

Per incoraggiare, anche emotivamente, l'impegno della MG si potranno proporre momenti di condivisione o di vita insieme, con tempi di approfondimento e di preghiera ( ad es. convivenze feriali di alcuni giorni in parrocchia, coinvolgendo genitori e adulti ).

- È importante cercare di valorizzare le diverse competenze tecniche, artistiche, culturali, operative, organizzative, di animazione … i talenti di cui sono ricchi i giovani delle parrocchie.

- Le proposte della MG devono arrivare a tutti: occorre quindi curare con molta attenzione la distribuzione capillare degli inviti, informare dettagliatamente sulle singole proposte e sui vari temi affrontati, definire gli strumenti ( giornalino, messaggeri, radio… ) approntando volantini, schede, poster, gadget.

- Un'attenzione particolare va rivolta alle radio e televisioni locali.

Gli operatori della MG si specializzeranno nel ricercare la collaborazione e nel creare sinergie tra Parrocchia e aggregazioni laicali, tra i gruppi giovanili, tra i diversi educatori.

Atteggiamenti da coltivare nei missionari

- Oltre alla condivisione e all'approfondimento dei temi affrontati a livello zonale nel corso di formazione per la MG, il gruppo parrocchiale degli Operatori della Missione si impegna a coniugare insieme le due dimensioni essenziali per l'educatore: l'accoglienza e l'animazione, la capacità di ascolto e di frequentazione verso i giovani e la disposizione a dare continuità e di prendersi cura degli impegni della MG.

- Il gruppo parrocchiale degli Operatori della MG dovrà essere sostenuto da tutta la comunità parrocchiale ed essere adeguatamente seguito dal punto di vista spirituale.

Per ogni tempo della MG, la loro vita spirituale potrebbe fare riferimento ad un brano evangelico in cui Gesù si mostra profondo conoscitore ed educatore della persona.

Per esempio:

Avvento-Natale ( prime tre schede )

Mt 13 ( la parabola del Seminatore )

Quaresima ( altre tre schede )

Mc 10 ( il giovane ricco )

Pasqua ( ultime tre schede )

Lc 24 ( i discepoli di Emmaus )

- Gli operatori della Missione tengono presenti gli obiettivi della MG e forniscono suggerimenti e indicazioni alle loro comunità parrocchiali per la scelta eventuale di sperimentazioni da concordare nelle sedi opportune

Obiettivi della Missione Giovani

1. Ogni parrocchia si dia un progetto di Pastorale Giovanile che preveda momenti di catechesi e di preghiera e sperimenti percorsi formativi basati sull'essenzialità del cristianesimo, centrati sulla conoscenza e l'incontro con Gesù Cristo.

2. Gli educatori e animatori dei gruppi degli adolescenti e dei giovani siano accompagnati ad una conoscenza più approfondita del Vangelo, ad un incontro reale con Gesù: non si curi solo la loro preparazione tecnica e le loro capacità organizzative ma abbiano una consapevolezza matura e coerente della loro fede.

3. I giovani ( tutti, non solo gli educatori ) siano presenti e attivi nell'animazione delle liturgie domenicali e nelle iniziative caritative e sociali delle parrocchie.

Possibili sperimentazioni

1. Identificare ed esplicitare modelli concreti di testimonianza dei giovani cristiani nei loro ambienti di vita.

Individuare gli elementi distintivi del giovane studente cristiano, del giovane lavoratore cristiano… i criteri essenziali della differenza e della qualità del divertimento, dell'impegno, dell'affettività… di chi vuole comportarsi come il discepolo di Cristo.

Precisare i percorsi formativi e i criteri di verifica; considerare questi risultati come il segno e la prova della vitalità di una comunità cristiana.

2. Sperimentare percorsi di accompagnamento educativo per il momento, particolarmente critico, in cui i giovani ( le "coppiette" ) si "mettono insieme" ( per amore, per noia, per gioco, per casualità… ), ma non hanno idea se il loro rapporto crescerà o sarà solo un passaggio ( "una storia" ).

Questo percorso, che verrà dettagliato in termini precisi, comporta momenti di riflessione, spunti per l'analisi del loro rapporto, criteri verifica di come la fede è in gioco nelle loro scelte, indicazioni su quanto la Grazia potrebbe aiutarli.

3. Tentare e verificare forme nuove e inesplorate di coinvolgimento dei giovani, a partire dal loro bisogno di aggregazione e di rapporti autentici: oratori serali o notturni, coinvolgimento attraverso la musica o altre forme di divertimento, valorizzazione dei talenti creativi dei giovani…

4. Percorsi catechistici di preparazione e successiva celebrazione del Sacramento della Confermazione in età adolescenziale, nel passaggio verso la maggiore età.

"I giovani che non vengono"

L'azione dello Spirito nell'opera di evangelizzazione

Sono molto numerosi i giovani che non vengono.

In certe realtà di periferia o in certi quartieri sono la maggioranza.

Sono distanti dalla Chiesa, anche se, per la maggior parte, hanno frequentato il catechismo, almeno nelle classi elementari.

Si sentono lontani dalla pratica della fede e non sono attratti nemmeno dalle grandi feste liturgiche ( anche se ancora potranno scegliere il matrimonio in Chiesa ).

Forse hanno un loro mondo religioso, che però pare impenetrabile.

Non sono critici nei confronti della fede, ma non sembrano esprimere nessuna esplicita domanda religiosa.

Non frequentano la comunità ma la loro presenza si fa sentire nelle piazze, davanti alle chiese, negli oratori.

Sono quelli che disturbano, che non si lasciano coinvolgere, quelli che, a volte, noi non desideriamo.

Cosa fare con i giovani che non vengono?

La risposta è chiara: noi siamo loro debitori dell'annuncio del Vangelo.

"… ma sono restii, sono disinteressati, non vengono alla Chiesa …"

San Paolo ci risponderebbe:

"Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui?

E come potranno credere, senza averne sentito parlare?

E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?

E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?" ( Rm 10,14 )

Noi siamo inviati anche a loro. Abbiamo la responsabilità della loro evangelizzazione.

Occorre però una nostra conversione per sentirci effettivamente impegnati in questa missione.

Sono indispensabili alcune condizioni per poterci incamminare nell'evangelizzazione di questi giovani.

a) Occorre fare una scelta preferenziale nei loro confronti

In una pastorale giovanile generica, in pratica, non c'è posto per i giovani "che non vengono".

È indispensabile una pastorale differenziata, che avvicini questi giovani partendo dalla loro condizione, dal loro ambiente.

Per questo occorrerà dedicare passione, tempo, energie.

Senza questa scelta, gli altri impegni pastorali più gratificanti, più immediati, in pratica ci impediscono di accorgerci che esistono anche questi giovani e che siamo loro debitori di una presenza e di un'attenzione.

b) Occorre fare riferimento a grandi motivazioni di fede per sostenere questa scelta.

Sono distanti dalla fede e il nostro primo impegno è quello di evangelizzare "guai a me se non annuncio il Vangelo…"; sono una massa, e Cristo ci vuole "lievito" nella massa, per farla fermentare; sono il futuro, e la fede fa di noi i costruttori di un futuro di speranza.

c) Dobbiamo diventare capaci di accoglierli, senza alcuna riserva mentale, senza pregiudizi.

Ci possono aiutare queste parole della Redemptor Hominis 12 "La missione non è mai una distruzione ma è una riassunzione di valori.

L'atteggiamento missionario inizia sempre con una profonda stima di fronte a ciò che c'è in ogni uomo, per ciò che egli stesso, nell'intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti.

Si tratta del rispetto per tutto ciò che in lui ha operato lo Spirito che soffia dove vuole".

C'è tutta una letteratura sociologica, oggi, che tende a dipingere a tinte fosche il mondo dei giovani: sono i giovani del disimpegno e del consumismo, sono i giovani senza valori e senza obiettivi, i devianti …

All' inizio del nostro impegno c'è un atto di fede: Noi crediamo che lo Spirito di Cristo è già al lavoro e già ci precede.

Tutti i giovani sono portatori di valori, di aspirazioni profonde ed autentiche, che è nostro dovere ascoltare ed accogliere.

Quale itinerario di evangelizzazione?

La Chiesa non può essere fondata che dalla Chiesa: da una Chiesa che abbia una grande tensione missionaria: preoccupata prima di tutto di vivere il Vangelo e di annunciarlo a tutti nel loro linguaggio di ognuno.

Il giovane che accetta l'impegno e si mobilita, che dedica tempo e passione a fianco di altri giovani a motivo di Cristo, realizza il tracciato del Concilio:

"La Chiesa per essere in grado di offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita portata da Dio, deve inserirsi in tutti questi raggruppamenti con lo stesso movimento con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si legò a quel certo ambiente socio-culturale degli uomini in mezzo ai quali visse." ( Ad Gentes 10 ).

Infatti per poter dare una testimonianza di fede è necessario:

"Stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini e dimostrarsi membra di quel gruppo umano… familiare con le loro tradizioni per scoprire con gioia e rispetto quei germi del Verbo che in essi si nascondono". ( Ad Gentes 11 )

Le piccole azioni di avvicinamento, di contatto, di simpatia… sono già azioni di salvezza nelle quali Cristo non è estraneo, ma agisce e ci precede con il suo Spirito.

Certo, sono solo un primo passo, perché la Evangelizzazione deve contenere anche:

"Una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, la salvezza è offerta ad ogni uomo come dono di grazia e di misericordia di Dio stesso" ( Evangelii Nuntiandi 27 ).

Il momento successivo potrà essere, accettando anche la pazienza dei tempi lunghi, l'incontro con Cristo nella sua concretezza storica e nel suo mistero divino.

Quel Gesù, che prima era percepito distante ed estraneo, potrà finalmente rivelarsi come il Salvatore, la risposta al bisogno di vita e di felicità così avvertito dai giovani.

L'incontro con la figura di Gesù, avviene se c'è la testimonianza di un giovane credente.

Gli educatori cristiani sono i testimoni di Cristo, fanno memoria di Lui, rendono attuale la sua presenza e, con semplicità, dicono la loro fede.

Non hanno timore di ammettere che è Lui la ragione del loro essere e del loro servizio ai giovani.

Il cammino di fede dovrà essere approfondito attraverso un itinerario catechistico, perché, attraverso un cammino sistematico e continuativo, i giovani possano imparare, anche attraverso un'analisi storica, sociale e psicologica, che consenta di dare al Vangelo il suo posto unico ed insostituibile, a vedere la storia come Lui, a giudicare le cose nella Sua luce, ad agire secondo il suo Regno, come indica il documento sul "Rinnovamento della catechesi".

Infine, una vera spiritualità conduce sempre all'incontro con la Parola di Dio e alla preghiera.

La celebrazione alimenta e rende matura la fede, perché aiuta a vedere la storia non solo come avvenimenti da analizzare o sui quali intervenire per cambiare, ma insegna e abitua a vedere la storia come mistero ( Gaudium et Spes 40 ), cioè come realtà divina, eterna, quasi velata e nascosta dentro la realtà umana visibile.