L'evoluzione giuridica della vita religiosa |
B121-A4
Sotto il nome di « stato » in senso stretto, la teologia comprende una condizione di vita stabile, che provenga da un'obbligazione, o da una esenzione di obbligazione.
Così, ad esempio, lo « stato coniugale » consiste essenzialmente nelle obbligazioni permanenti, che vengono dal matrimonio; dalle quali il celibe è esente.
La nozione di « stato », così concepita, differisce dalla professione o ufficio, in quanto questi ultimi non investono la persona come tale, ma solo determinati atti di essa, per esempio, quelli compiuti dal giudice, dal medico, dal confessore, nell'ufficio delle rispettive mansioni, che non investono « tutta e sempre » la vita e la persona dell'individuo, benché ogni atto si riporti ad esso nella sua unità inscindibile e totale di uomo.
Ma la definizione di stato di vita, per quello che ci concerne, è di natura giuridica, riallacciandosi al De Statu Hominum del Digesto, al quale, come al De capitis diminutione delle Istituzioni, si riporta anche San Tommaso, quando insegna che « lo stato di vita propriamente si riferisce alla libertà o alla schiavitù, sia nell'ordine spirituale che nell'ordine civile ».1
Considerato nella società religiosa, lo « stato » si esercita nel mezzo sociale della Chiesa ed implica relazioni, obblighi, diritti di sudditanza o di esenzione stabili e pubblici; di conseguenza deve concretarsi in uno statuto esterno e visibile, da cui almeno in causa, promani.
L'obbligatorietà del bene, che costituisce l'ordine morale, e che a sua volta, si esprime nella legge, non stabilisce, propriamente parlando, uno stato di vita, in quanto realizza l'essere in maniera assoluta, immutabile ed universale, e non consente esenzioni.
Così, pertanto, la vita cristiana considerata sotto lo stretto rapporto di legge morale, poiché si identifica con la realizzazione necessaria della redenzione dell'uomo, non costituisce uno stato, se non in quanto, con il battesimo ci sottomette alla sudditanza della Chiesa.
Ed a proposito del Battesimo, gioverà notare subito, che nella società religiosa, sono appunto tre Sacramenti a costituirci nello stato di fedeli ( Battesimo ), Sacerdoti ( Ordine ), Coniugati ( Matrimonio ).
Essi impongono, infatti, l'obbligo perpetuo e solenne di praticare la Religione cristiana, di consacrarci al ministero divino o di custodire inviolabile e indissolubile il vincolo matrimoniale.
A queste nozioni teologico - giuridiche, accede per analogia il termine ascetico di « stato di perfezione ».
Secondo S. Tommaso, nel De perfectione vitae spiritualis, lo stato di perfezione è quello in cui l'uomo offre, con voto, a Dio tutta la sua vita, per servirlo nelle opere di perfezione.2
Il voto è il termine contrattuale dell'uomo con Dio, e il segno esteriore del legame dell'interiore carità, che unendolo all'Essere perfettissimo, ne attua la « perfezione ».
La perfezione, in senso assoluto, è dunque questo grado di carità unitiva, che lo stato di perfezione ha per fine la perfezione della carità divina.
Questo fine, secondo i teologi, può ricercarsi in due maniere, passiva l'una, ed è lo status perfectionis acquiendae, proprio del religioso, che tende alla perfezione; l'altra attiva, che è lo status perfectionis comunicandae, del Vescovo e, per analogia, del Parroco, il cui ufficio ha di produrre la perfezione delle anime dei fedeli.
Entrambi, come si vede, si fondano sull'oggetto proprio della carità, ch'è Dio e il prossimo.
Gesù Cristo ne è la causa esemplare e come religioso di Dio e come autore di ogni perfezione all'uomo comunicata.
Ora, Gesù Cristo stesso, aveva distinto, nella pratica della vita cristiana i comandamenti dai consigli, che furono detti « evangelici » ( Mt 19,17-21 ).
L'anima apostolica dei primi tre secoli fu caratterizzata ad un tempo dall'ascetismo e dalla testimonianza del sangue.
Già negli Atti si accenna alle figlie di Filippo, vergini e profetesse ( Mt 21,8-9 ).
La verginità è la virtù propria del cristiano che attende alla sua perfezione spirituale.
« Essi sono nella carne; ma non vivono secondo la carne ».3
Queste primitive comunità ascetiche non si separano dal mondo, che con l'esercizio della virtù.
La purezza della vita è anche in funzione della testimonianza del martirio per l'offerta d'un sangue immacolato.
La Chiesa ne ha grande cura, e tracce di questa sollecitudine troviamo presso i Padri.4
I Vangeli e le Lettere dettano lo spirito e le norme di questi primi « Religiosi » cristiani.
Il Vescovo esorta, ammonisce, benedice, delega un sacerdote, e si riserva perso nalmente la cura delle vergini.
Le comunità « religiose », propriamente dette, si iniziarono alla fine del terzo secolo; ma tosto accanto al monachesimo, già dal principio del secolo IV° sorge la vita anacoretica.
Eremi, cenobi, lauree, preparano, avanti San Benedetto, gli svolgimenti organici e giuridici dello stato religioso ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa,5 ma fino a quell'epoca prevale l'interiore ispirazione e i canoni ascetici più che giuridici delle cosidette Costituzioni apostoliche,6 che accentuano appena una supremazia d'onore per il Sacerdozio, al quale per altro, ognuno è sottomesso.
Con San Benedetto, la storia dello stato religioso, ch'egli fonda sulla stabilitas loci sulla conversio morum, e sull'obbedienza sotto il governo patriarcale dell'abate,7 entra nella fase giuridica prima per le relazioni dell'abate di fronte al Vescovo, che condurrà il Monastero all'esenzione e al diritto pontificio; poi per la codificazione dei doveri della vita religiosa.
Sulla stabilitas loci si fonda il monastero sui juris; ma ormai la pratica religiosa dell'Ora et Labora, non è più l'opera dell'individuale inspirazione, sibbene quella della Regula.
Ogni Monastero fa da sé; per altro le relazioni tra il nuovo cenobio e il vecchio, da cui è originato « come per sciame, dall'alveare antico », è via al formarsi d'una specie di consociazione fra i diversi monasteri.
Tendenza che la Chiesa per mezzo dei suoi Pontefici prima favorisce poi impone.8
S. Benedetto rappresenta la « polis christiana », come comunità autonoma e superstite per valori spirituali e umani sulle invasioni barbariohe; questa « polis » si fa angusta da disdegnare tutto quanto è fuori dalle mura del convento, ministero compreso.
Il suo campo non è « il mondo ».
Ed ecco, nel secolo XI°, i Canonici regolari che ai voti e alla vita comune congiungono il ministero ecclesiastico.
Sono anch'essi autonomi e congregati.
Si richiamano a Sant'Agostino, che ai Sacerdoti conviventi nella sua famiglia aveva imposto la recita comune della preghiera corale.
È l'Opus Dei Maximum benedettino portato fuori dal l'Abbazia, nelle grandi chiese e specie nelle cattedrali: un culto più ampio e più aderente ai nuovi bisogni del popolo che torna alle larghe forme delle solennità civili religiose.
Il secolo XIII° vede nascere i cosidetti Ordini mendicanti, come i Francescani e i Domenicani, ad esempio: gli uni e gli altri raccolti sotto il governo d'un solo; corpi possenti il cui campo è il « mondo » in cui penetrano agguerriti e disciplinati, strappandogli le schiere immense dei loro secondi e terzi ordini.
Sono detti mendicanti dalla loro caratteristica inferiore, ch'è la povertà professata non solo dai singoli; ma dalla comunità, e dalla Religione intera.
Sorgono per reazione alle pullulanti sette ereticali; per inquadrare nell'ortodossia i movimenti vieppiù sentiti di rinnovazione morale della Chiesa.
Ed essa li protegge, e crea, per essi, tutta una trafila di privilegi e di favori, di cui beneficiano prima la costituzione dei vari ordini, poi, e in misura sempre più grande, le masse popolari, anche sotto le semplici forme devozionali del S. Rosario e della Via Crucis, ma più nei Terz'ordini secolari.
I Terz'ordini secolari vivono nel mondo, secondo una regola dettata nello spirito del prim'ordine, ma senza voti, s'intende, né obbligo di vita comune.
Le Crociate danno impulso agli Ordini militari e cavallereschi, nelle stesse forme strutturali e gerarchiche dei Mendicanti; mentre sorgono i primi ordini ospitalieri, e quelli dedicati al riscatto degli schiavi.9
Nel Secolo XIV, e nel successivo, appaiono le famiglie dei Chierici regolari.
Adottano l'abito ecclesiastico del luogo, e abbandonata, non senza contrasti, l'ufficiatura in comune, si prodigano nel ministero sacerdotale.
Animati dallo Spirito del Concilio Tridentino, si oppongono all'invadenza protestante, ed attuano, nei vari loro campi d'apostolato, con la santità della vita e lo zelo del ministero ecclesiastico, la riforma morale resa anche più urgente dall'apostasia di grandi masse.
La comunità e il centro dove convengono a ritemprarsi nello spirito, non li accoglie spesso che di notte, e qualche breve ora del giorno: il campo della loro azione, come il mezzo della loro santificazione, è fuori, nelle opere.
I Chierici regolari sono ancora famiglie clericali, anche se non tutte esclusivamente composte da Sacerdoti.
Il passo alle Congregazioni, propriamente dette è breve: laiche, la più parte, benché, agli inizi almeno, sotto la guida d'un ecclesiastico, esse si affiancano all'opera dei Chierici regolari, con intenti più peculiari, specie dove l'azione sembra più propria d'un laico che non d'un sacerdote: scuole, ospedali e, in genere, negli uffici della carità manuale.
Le istituzioni femminili, non più collaterali e complementari delle Religioni maschili, sbocciano libere e indipendenti.
Il canone si evolve, codificando le forme che la vita della Chiesa crea; naturalmente, muove dal lato storico e approvato, per giungere, senza nulla rinnegare, alle necessità presenti.
Nelle Congregazioni non si hanno che voti semplici. Questo fatto è capitale.
Il voto semplice. Questo fatto è capitale.
Il voto semplice non pare ai più che una forma più alta di vita cristiana; ma non tale da costituire uno status.
Le costituzioni Apostoliche in questo senso precorrono le dispute teologico - canoniche, e riconoscono, nella mutata forma, la stessa Religio Religiosorum, che anima e costituisce gli stati canonici ricevuti.
Ormai l'essenza costi tutiva è gerarchica: l'approvazione del Vescovo prima, poi del Pontefice.
Salvaguardia necessaria, che garantisce la continuità con il passato delle nuove forme, l'obbligo imposto alle nascenti Congregazioni, sia maschili che femminili, di riallacciarsi alle Regole delle grandi Religioni canoniche.
Spesso non è che un'aderenza formale, o un principio comune direttivo.
Talvolta, ove quella manchi, il Pontefice interviene con l'indulto o la Bulla.
Come è il caso, ad esempio, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, religione esclusivamente laicale, eretta con Bolla di Benedetto XIII, « Non obstantibus Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis contrariis quibuscumque ».10
A questo punto è tenuto conto delle premesse codificate ab antiquo, si poteva pensare che il ciclo degli stati religiosi, o con termine analogico, degli stati di perfezione, fosse compiuto: Leone XIII con la Costituzione « Conditae a Christo » era passato dal riconoscimento dei grandi Ordini di voti solenni, alle Congregazioni, anche laicali, di voti semplici.
E tuttavia questa Costituzione, che mirabilmente riordinava sotto l'aspetto giuridico e canonico le Congregazioni, conteneva, essa stessa, germi d'un provvido e non lontano svolgimento, che doveva portare al pieno riconoscimento degli Istituti cosidetti secolari.
Lo stesso spirito della « Conditae a Christo » di Leone XIII anima infatti la Costituzione « Provida Mater Ecclesia » del regnante Pontefice: esso è lo spirito di perfezione operante nella Chiesa, per cui a tempi e bisogni nuovi, corrispondono nuove forme e istituzioni che dalle prime promanano, quasi per una insensibile via, che tutte le congiunge nell'unità indefettibile dell'indirizzo spirituale del cristianesimo.
Adunque avuto riguardo al passato, la nuova Costituzione Apostolica stabilisce « un nuovo stato di perfezione »,11 dando forma giuridica a quelle consociazioni di laici, che stanno nel mondo, senza voti pubblici e senza vita comune religiosa, nella professione dei consigli evangelici, esercitano tuttavia uffici e apostolati, che sostanzialmente li ricollegano agli stati canonici di perfezione, specie « in luoghi, tempi e circostanze vietati o inaccessibili a sacerdoti e religiosi ».12
La stessa Costituzione sembra dar loro la missione specifica di « un intenso rinnovamento cristiano della famiglia, delle professioni e della società civile, attraverso il contatto intimo e quoti diano di una vita consacrata alla santificazione in modo perfetto e totale ».13
Le caratteristiche di questi Istituti secolari, nella forma legislativa della costituzione che necessariamente procede il canone, sono espresso nella loro sostanziale analogia con le religioni canoniche, nelle prescrizioni votali, nel cui vincolo giuridicamente si concreta lo status perfectionis: « Quanto alla consacrazione della vita e alla professione di perfezione, gli associati … oltre il dover attendere agli esercizi di pietà e di abnegazione comuni a tutti coloro che aspirano alla perfezione della vita cristiana, vi attenderanno efficacemente con i particolari impegni che qui si enumerano:
1) con la professione dinanzi a Dio del Celibato e della castità perfetta, confermata con voto, giuramento, consacrazione obbligante in coscienza secondo la costituzione;
2) con il voto o la promessa di obbedienza, così che legati da uno stabile vincolo si dedichino completamente a Dio e alle opere di carità sub manu et ductu … Superiorum …;
3) con il voto o la promessa di povertà, in forza del quale non abbiano libero uso dei beni temporali, ma soltanto un uso definito e limitato a norma delle costituzioni ».14
Non è chi non veda il cammino percorso dalla disciplina ecclesiastica e religiosa dall'hortus clausus del cenobio alla porta patens dell'istituto secolare; e tuttavia non è chi del pari non veda come l'uno e l'altro non realizzino che l'unico precetto del Cristo: « Voi siete nel mondo; ma non siete del mondo » ( Gv 16 passim ).
Ed è motivo di grande speranza d'un avvenire più cristiano, questo prodigioso moltiplicarsi ed estendersi degl'Istituti secolari, mentre nella società moderna imperversa la negazione teorica e pratica degli atei e del neo paganesimo.
Non praevalebunt: divina promessa, che vede in questo nuovo fatto sociale, la vittoria indefettibile del Cristo, e la salvezza del mondo.
Fr. Emiliano S. C.
1 Sum Theol., IIa IIa e, q. CLXXXIII, a. 1.
2 loc. cit. c. XV.
3 Epist. ad Diognetum, c. 6.
4 Cfr. S. Cipriano: De habitu Virginum ; Metodio, Il Simposio delle Dieci Vergini; Clem. Aless , Il Pedagogo, ecc. In Revae d'Ascétiqae et de Mystìque, Cavallero, Les plus anciens textes ascéliques chrétiens ( 1920, P. 155; 351 ).
5 Cfr. J. Breniond, Les Péres du Désert ; Palladio, Historia Lansiaca, in Migne, P. L., XXIII ; e in Migne, loc. c't, cfr. pure Cassiano, Institutiones cenoblorum.
6 Cfr. n Punk, Didascalia et constituilones apostolorum ( II, 72-96 ).
7 1. Schuster: Regula Sancii Benedicti, e. 58.
8 Conc. Trident., Sens. XXV R., De regul. et monial., c. 8
9 S. Tommaso scriveva in quel tempo: « Non v'è opera di misericordia, a compiere la quale non possa fondarsi una religione anche se fino ad ora essa manchi ». Contra impugnantes Dei, cultum et religionem, c. 1.
10 In Apostolicae dignitatis olio.
11 Cfr. P. Anastasio del SS. Rosario, Un nuovo stato di perfezione, in Riv. di vita spirH., giugno '47.