Devozione del B. Fratel Benildo F.S.C. per il SS. Crocifisso |
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Stralciamo queste pagine dalla Vita del B. Benildo F.S.C. scritta dal Fr. Goffredo di v. m.1 da cui traluce bene l'anima del Beato e quella del suo biografo, rivelando quanto sia profonda e diffusa la divozione a Gesù Crocifisso tra i discepoli di S. Giovanni Battista De La Salle, il più grande penitente del sec. XVII.
Siamo lieti di ricordare ai nostri lettori il Beato Benildo vissuto in Francia nel secolo scorso ( dal 1805 al 1862 ) e innalzato all'onore degli altari da Pio XII.
E siamo altresì lieti di ricordare in questo modo quel grande educatore e quella grande anima che fu il Fr. Goffredo, che tanto apprezzò, amò ed appoggiò l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e M.I.
L'amore del Beato Fratel Benildo verso Gesù Cristo, era alimentato specialmente dai suoi dolori.
Leggeva con molte lagrime Isaia, ed è notevole la intelligenza che egli ne aveva, benché nessuna speciale preparazione culturale gliene avesse aperti i mirabili segreti.
Ma più che tutto si abbandonava alla divina narrazione del Vangelo, traendo da essa la trama viva dei suoi affetti e delle sue lagrime.
Quello che era metodo di tutta la sua orazione, lo diveniva particolarmente nella contemplazione dei dolori di Gesù : pochi tratti, talora poche parole, del testo sacro bastavano alla sua conoscenza, per abbandonarsi poi per fidem nell'intimo della storia divina e trame motivi di alto fervore.
La sua fu quindi una pietà semplice, che invece di impedire, o di limitare l'effluvio della interiore divozione ne ha anzi potenziato il calore e la forza.
I dolori del Getsemani, più ancora, quelli della Crocifissione di Gesù costituivano la sua meditazione quotidiana.
Egli si perdeva allora negli annientamenti dell'Uomo-Dio con tutta la veemenza dell'amore che gli veniva da una grande grazia; fissava lungamente il Crocifisso che teneva fra mano, lo stringeva al petto, lo bagnava di lagrime, e lasciava tratto tratto sfuggire parole infuocate di affetto, che i Fratelli raccoglievano con rispettoso silenzio.
Essi hanno attestato che era generalmente da questa contemplazione del Crocifisso che trovava i segreti degli accorati trattenimenti alla sua Comunità, o dei catechismi ai suoi alunni, i quali ne restavano sempre profondamente colpiti.
In compagnia con Gesù sofferente egli amava restarsene lungamente nei suoi frequenti esercizi della Via Crucis.
Anche quando non poteva farlo in chiesa, ogni luogo serviva alla sua pietà: l'oratorio di Comunità, la propria cella, fra i campi e le foreste, quando si trovava durante le passeggiate regolari con i suoi Fratelli.
Uno di essi attesta con viva commozione: « Io non potevo saziarmi di ammirare questo santo Uomo andare da una stazione all'altra, con le mani giunte, gli occhi bassi, prostrarsi in ginocchio, inchinarsi profondamente, pregare con fervore angelico, e abbandonarsi con la faccia a terra per onorare le umiliazioni del suo Signore e piangere alle cadute del Salvatore lungo la via del Calvario! »
Alla vista di una croce, quella stessa della sua Corona del Rosario, che spesso stringeva amorosamente fra le labbra, si abbandonava visibilmente ai suoi interni affetti; e quando la croce incontrava sui suoi passi, lungo la campagna, solo o accompagnato, si prostrava in ginocchio in adorazione, recitando con profondo ossequio la strofa « O Crux Ave » o tutto il Vexilla Regis, che faceva spesso la sua meditazione.
In questi stessi sentimenti di amore, aveva tessuto intorno al segno della Santa Croce, che faceva spesso con profondo rispetto, una lunga trama di affetti che gli fornivano materia di continua meditazione; esso bastava per trattenersi in tutti i momenti vuoti della giornata, quando il dovere lo teneva lontano dalla sua casa, o dalla sua cappella, o dalla sua Comunità; e con amorosa premura, che risentiva dell'interna sua fiamma, si studiava di inculcare la divozione e la pratica ai suoi alunni.
I suoi Fratelli ancora attestano che alla lettura della Passione, egli non tratteneva la sua profonda compunzione, e non di rado era visto versare, anche in pubblico, abbondanti lagrime.
Un Venerdì santo, essi ricordano, durante la predica della Passione, fu preso da tanto intimo dolore al pensiero di Gesù « non amato » che tutto il corpo ne ricevette come un contraccolpo, e a stento le persone vicine trattennero la loro commozione dinnanzi all'esempio di un santo di cui ben conoscevano l'alta pietà.
Un'altra volta alla predica di chiusura di una Missione, nel villaggio di Crèzes, una delle parrocchie del Cantone, alla inaugurazione della Croce che ricordava da un'alta roccia l'avvenimento, il santo Fratel Benildo non poté nascondere i palpiti del suo cuore innamorato di Gesù, e anche allora il popolo ricordò per lungo tempo la sua viva tristezza, le sue lagrime e la edificazione sublime di quel giorno, nel quale avevano sentito da vicino i palpiti di un santo.
Molte testimonianze dicono infine l'intimo fervore col quale egli trascorreva la Settimana Santa, tutta dedicata alla commemorazione dei dolori del Maestro Divino.
I tre ultimi giorni egli digiunava rigorosamente.
Le brevi ricreazioni consentite dalla Regola in questo tempo erano ripiene di Gesù, così che i Fratelli ne uscivano come da una fervente meditazione.
Durante gli uffici liturgici egli frenava a stento gli intimi sentimenti, che lo facevano apparire tutto assorto in Dio e pieno di ricordi di Gesù; e nell'adorazione della Croce, esposta sui gradini dell'altare, fu visto abbandonarsi con tanto impeto e baciare le piaghe del Redentore, da dovernelo staccare con sensibile pena.
I Fratelli inoltre lo ricordano in questi giorni, in cappella, con le broccia in croce, e immerso in lungo colloquio con Gesù Crocifisso, « come assorbito nei ricordi dei grandi misteri del Calvario, e dimentico di quanto avveniva intorno a lui ».
Un'altra volta si può dire che il pensiero e l'amore di Gesù abbiano veramente mosso tutta la sua vita, e che l'amore a Gesù, centro di tutta la pietà sulpiziana, abbia avuto davvero nel Fratel Benildo uno dei suoi grandi santi.
fr. Goffredo
1 Dalla vita: Il Beato Fratel Benildo - Apostolo delle vocazioni sacerdotali e religiose del Fr. Goffredo S. C. - pp. 283-284.