Invocazioni a Dio Padre |
B277-A4
Nella poesia di don Clemente Rebora - Vito Moccia
Come nelle arti figurative, così in letteratura i poeti hanno elevato molteplici canti di adorazione, a lode e gloria di Dio Padre.
Spigolando nella poesia religiosa del nostro secolo, ci piace riportare alcuni versi di don Clemente Rebora, anche allo scopo di contribuire alla conoscenza di questa altissima figura del nostro tempo, sia per la sua levatura morale, che per l'alto messaggio poetico, uno dei più sublimi, anche se purtroppo ancora troppo ignoto.
Clemente Rebora è nato a Milano nel 1855, ed è stato uno dei poeti più ispirati del '900 letterario italiano, collaboratore de La Voce di Prezzolini.
Trascorse una vita giovanile intensa, caratterizzata dall'insegnamento, dal culto della letteratura e della musica, da passioni civili e sentimentali.
Combattente della grande guerra, superò un esaurimento nervoso con una sofferta guarigione.
Praticò un apostolato laico, con riguardo a Tagoret, Buddha e Mazzini.
Ma anche in questo periodo era sempre alla ricerca del trascendente, da poter essere definito "maniaco dell'eterno".
A 44 anni si converte al cattolicesimo ( determinante un colloquio con il compianto card. Schuster, Arcivescovo di Milano ), due anni dopo si fa religioso rosminiano e nel 1936 viene ordinato sacerdote.
Abbandonò i circoli letterari, ma gli restava la vena poetica, che negli ultimi anni della sua vita faceva scaturire composizioni della più alta lirica religiosa del XX secolo.
Forse come conseguenza del suo isolamento dal mondo poetico per la sua conversione religiosa, la sua figura artistica, pur senza essere mai stata dimenticata, non è però emersa in tutto il suo splendore accanto agli altri poeti contemporanei.
A oltre quarant'anni dalla sua morte ( avvenuta a Stresa nel 1957 ), ci sembra di assistere ad un forte recupero nell'interesse del pubblico e nella critica.
Ve chi parla di lui come del più grande poeta del secolo, e comunque il suo nome viene annoverato dalla critica nella triade degli immortali del Novecento.
Riportiamo alcuni squarci lirici che fanno riferimento al Padre, tratti dalle sue poesie religiose, riservandoci di ritornare su questo poeta, anche per trarre spunti di elevazione spirituale dalla sua vita, in cui la conversione brilla di luce solare, richiamando altri analoghi eventi della Grazia ( a parte quello tipico di S. Agostino, pensiamo alle molteplici conversioni di intellettuali del nostro tempo, quali Claudel, Papini, Raissa e Jaques Maritain, per citarne alcuni ).
Per Tè, con Te, in Te, Gesù, ch'io veda
il Padre: e coi fratelli: un cuore solo;
sii Tu, Spirito, l'ultimo respiro.
Vede il Padre e provvede: ancor più dona
se non condona. E per virtù divina,
nell'insuccesso la mia vita sale
là dove sta la riuscita eterna.
Giovinezza, ora sol scopro il tuo slancio!
Vien un cantar di supplica fidente,
signoreggiando dal profondo viene:
Santo, Santo, Santo,
nell'unico momento io non ti perda!
bruciami ch'io arda,
Innamorante Fuoco!
non il mio male faccia,
ma il bene tuo, Ognibene!
Mentre il creato ascende in Cristo al Padre,
nell'arcana sorte
tutto è doglia del parto:
quanto morir perché la vita nasca!
pur da una Madre sola, che è divina,
alla luce si vien felicemente:
vita che l'amor produce in pianto,
e, se anela, quaggiù è poesia;
ma santità soltanto compie il canto.
Clemente Rebora