La beatitudine della fame e sete di giustizia

B299-A5

- Can. Rodolfo Reviglio -

Questa quarta beatitudine contiene ben tre termini, che vanno esaminati tutti insieme, per poter comprendere l'insegnamento che Gesù ci vuole trasmettere.

Non si tratta però soltanto di termini o di concetti ( è il nostro modo di pensare e di parlare … ), ma di una realtà molto più viva e profonda, che anima non solo la nostra mente, ma anche i nostri sentimenti e il nostro modo di vivere.

Partiamo innanzitutto dal termine "giustizia", che non ha nulla a vedere con il significato che siamo soliti dare noi quando parliamo della giustizia umana ( pensiamo allo spazio che, nella vita sociale e giuridica si dà alla giustizia umana ai vari livelli, a tutta la struttura giuridica e penale - tribunali, processi, sentenze, pene - che è in mano alla magistratura ).

La giustizia di cui parla Gesù è la vita stessa di Dio, la santità del suo Essere e del suo operare.

Dio non è solo "giusto" ma è Egli stesso la "Giustizia", che possiamo nominare anche con il termine "Santità".

Essere affamati e assetati della Giustizia di Dio equivale a dire: voler partecipare il più possibile alla stessa Giustizia e Santità di Dio, alla sua stessa Vita!

I due termini "affamati e assetati" significano, qui, che verso la santità di Dio non vogliamo orientarci solo in modo relativo e possibilistico, ma che vogliamo possedere la santità di Dio il più possibile, fin quasi a fare di essa la vita della nostra vita, l'ideale del nostro esistere, il programma dei nostri pensieri, preghiere, opere!

Il raggiungimento della giustizia e santità di Dio è impresa impossibile, ma Gesù vuole indicarci che, nel cercare di raggiungere la sua perfezione, non dobbiamo mai dire "basta", mai porre un limite, anche se non ci arriveremo mai.

In sostanza, questa beatitudine si acquista con lo sforzo dei veri credenti che vogliono raggiungere il più possibile - con le buone intenzioni e soprattutto con la preghiera - lo stile di Dio, il suo respiro divino, la sua luce infinita, il suo amore senza confini.

Dio ci ha creati, certamente, con i nostri limiti di creature ( non poteva essere diverso ); ma pur riconoscendo i nostri limiti ci offre la possibilità di crescere in santità ( e giustizia soprannaturale ) il più possibile e di avvicinarci a Lui.

Dunque, questa beatitudine esige uno sforzo continuo, generoso, umile e quindi chiesto con fiducia al Signore, per cercare di imitare la santità di Gesù.

Per questo Gesù usa i termini fame e sete, per farci capire che non possiamo mai dirci sazi, tranquilli, così da cessare di lottare per crescere!

Qui sta la beatitudine ( sembra una contraddizione, ma vuol dire che non dobbiamo mai ritenerci soddisfatti e perfetti, credendo di avere raggiunto il massimo della virtù! ).

E la croce, dove la troviamo?

Proprio in questa non soddisfazione, in questo non cessare mai di lottare per crescere, affrontando anche sacrifici, umiliazioni, aridità spirituali, brutte figure, senza escludere le eventuali opposizioni da parte del nostro prossimo che magari ci giudica come dei fanatici o dei presuntuosi …

Quando uno ha fame e sete, soffre e sente il bisogno di trovare cibo e bevanda che lo soddisfino e gli diano nuove energie e gli estinguano la fame e la sete.

Nelle cose di Dio non dobbiamo mai ritenere di avere raggiunto la meta: la raggiungeremo, quando Dio Padre ci chiamerà nel suo Regno.

Allora interroghiamoci: come fare a coltivare ogni giorno questa fame e questa sete?

Troviamo proprio qui il primo contenuto della croce: non distendiamoci nell'illusione di essere già perfetti ( Gesù ci chiama a "essere perfetti come il Padre che è nei cieli": Mt 5,48 ), ma proponiamoci di lottare ogni giorno - pregando e meditando il Vangelo - per conoscere meglio la giustizia di Dio e sentirci attratti per conseguirla il più possibile.

Chi si riposa e si distende soddisfatto - nella vita e nello spirito della fede, speranza, carità - non ha capito come proprio la ricerca della giustizia e santità di Dio comunica la gioia solo se non ci si ferma, se non ci si ritiene già perfetti.

Questa beatitudine è tra le più impegnative e le più spiritualmente costose.

Allora dobbiamo cercare quale sia la strada più sicura e più possibile per raggiungere - o meglio: avvicinarci - alla santità di Dio.

E la strada è quella indicataci da Gesù, in varie sue affermazioni: la preghiera innanzitutto ( ma una preghiera assidua e ardente ), poi lo sforzo continuo nei propositi concreti di santificazione ( compresi i sacrifici ), quindi l'accettazione umile e generosa delle croci, ma prima ancora una meditazione assidua e concentrata, non solo sugli insegnamenti di Gesù ( anche questi sono importantissimi ), ma prima ancora sui suoi esempi, sulle sue azioni e - al primo posto - sulla sua passione e morte in Croce!

Per concludere: Gesù non parla mai in modo superficiale e per ottenere effetti di stupore: Gesù parla facendoci scavare nelle nostre coscienze, nei nostri cuori, per penetrare fino in fondo nell'intimo della nostra vita … e alla fine ci accorgeremo che, più ci immergiamo nel nostro cuore e ci avviciniamo al Cuore stesso di Cristo, non solo per comprendere sempre meglio le sue parole, ma prima ancora per lasciarci attirare nella sua giustizia e nella sua santità, e più ci avviciniamo allo scopo per cui Dio ci ha creati!

Gesù ammaestra sulle beatitudini