Riflessioni sulla fede |
B320-A1
( Le prima parte sul bollettino 310 )
Per una lettura sapienziale e spirituale del testo biblico in dialogo con i pensatori di ieri e di oggi
Riflettiamo sulla fede come esperienza vissuta, intesa come obbedienza a Dio, e in tal modo la nostra risposta dà senso alla vita.
La così detta "vocazione" che Dio rivolge ad ogni uomo è alla base della antropologia cristiana.
All'origine della nostra esistenza c'è la chiamata alla vita, con l'atto creativo, che è il fare emergere la vita dal nulla, evocando all'esistenza.
Evocazione che scaturisce dall'amore di Dio e ne porta l'impronta indelebile.
Una seconda chiamata si ha nel Battesimo, che fa discepoli del Signore Gesù.
C'è poi la vocazione che orienta alla concreta realizzazione personale, cui dobbiamo dare il nostro "sì".
Qui entra in gioco il problema della libertà: le nostre scelte devono essere sempre la risposta positiva ad una vocazione da parte di Dio.
Il Dio dei viventi ( Lc 24,5 ) chiama ciascuno a vivere: all'esistenza nella creazione, alla vita della Grazia nel Battesimo, alla realizzazione personale e al servizio alla vita aiutando gli altri nel tempo.
E finalmente Dio ci chiama a Sé alla vita eterna.
Modello del rapporto con Dio, rapporto che noi appunto chiamiamo "fede", è il patriarca Abramo, il padre di tutti i credenti, personaggio biblico, figura storica, e non un mito soltanto, riconosciuto anche dagli Ebrei e dai Musulmani, citato spesso da San Paolo.
La vicenda di Abramo si svolge in tre momenti:
1.La chiamata per iniziativa gratuita di Dio, che agisce per amore ( Gen 12,1-4 ).
É il concetto paolino della giustificazione: Dio ci salva nella sua libera iniziativa, interviene per-dono, ossia per amore; il dono di Dio all'uomo è all'inizio della fede!
Noi dobbiamo lasciarci salvare.
Il Dio "trascendente" ( che non significa distaccato, lontano, al di là … ) ha come segni l'amore, la gratuità, la misericordia, di cui la prova assoluta è la Croce di Cristo.
È l'amore totalmente altro dal nostro amore: in termini razionali è il trascendente.
2. L'annuncio che Abramo diventerà "padre di una discendenza molto grande" ( Gen 15,6 ).
A questa promessa di Dio Abramo crede senza riserve, sperando al di là di ogni speranza, dove il trascendente assume le caratteristiche dell'umanamente impossibile: la nascita del figlio Isacco da Sara che era sterile.
3. La prova.
Dio chiede ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco ( Gen 22,1-3 ), il che è il culmine della fede vissuta, che comporta piena obbedienza a Dio.
Il trascendente assume qui le caratteristiche della "stoltezza" e dello "scandalo", come Paolo afferma essere ritenuto dai pagani e dai giudei con riguardo alla Croce di Cristo, di cui Isacco è figura.
La fede vissuta è un dono di Dio, ma è al tempo stesso una conquista da parte dell'uomo, e suppone il suo serio impegno.
La fede è dono e conquista, recita Padre Turoldo in una sua composizione poetica.
Nell'esperienza della fede vissuta, all'origine dunque è Dio che parla o chiama ( vocazione ) e successivamente c'è il nostro ascolto, la nostra attenzione interiore , cioè una sorta di polarizzazione di energie, di concentrazione della mente su un pensiero, che a sua volta presuppone il silenzio, che nella nostra società si è tentati di soffocare con il rumore e il frastuono.
Ma c'è un atteggiamento che è molto più che ascoltare, ed è l'accogliere e il fare entrare nella nostra vita la fede come realtà importante e decisiva, e decidere in conformità.
Lo afferma S. Paolo: "Il Figlio di Dio Gesù Cristo … non fu sì e no, ma in Lui c'è stato il sì" ( 2 Cor 1,19-20 ).
Gesù è il sì di Dio all'uomo, è la sua risposta, ma al tempo stesso è il modello della nostra risposta a Dio, del nostro "sì" umano alla Parola di Dio.
Per questo, continua S. Paolo, attraverso il Cristo sale a Dio il nostro "Amen," una delle parole più profonde, che esprime il nostro "sì" a Dio, per la sua gloria.
Alla fede sono essenzialmente congiunte la fedeltà e la fiducia.
Il concetto e il valore della "fedeltà" scaturisce dall'assenso che diamo a Dio che parla.
Nella Bibbia troviamo diverse metafore o modi di esprimere il rapporto che nasce quando Dio si rivolge a noi: l'alleanza è certamente una delle più note, ma anche il rapporto sponsale, ove si realizza un' unione che implica la fedeltà, tant'è che il peccato è sempre inteso nella Scrittura come un' infedeltà a Dio, come un adulterio.
La fedeltà risulta poi collegata strettamente all'esercizio della nostra libertà, cui Dio non fa violenza.
Nella fede vissuta la libertà umana addirittura si cimenta con l'Assoluto, il che richiede una conquista continua.
La fedeltà, così strettamente collegata alla libertà, non è dunque un'esperienza facile!
Ma dobbiamo mantenerla, modellandoci a Dio che "vigila … e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano" ( 1 Tm 4,15-16 ).
Scriveva Giovanni Paolo II, agli inizi del suo pontificato: "In un mondo così segnato dalla instabilità, come quello di oggi, noi abbiamo bisogno di segni e di testimoni della fedeltà di Dio nei nostri confronti e della fedeltà che dobbiamo a Lui".
Nel mondo di ieri la fedeltà costituiva per molti quanto di più prezioso ci potesse essere nella vita.
Per molti pensatori, come Gabriel Marcel e altri, la fedeltà era intesa come" il sigillo della maturità umana".
Oggi l'impostazione è semplicemente capovolta: la fedeltà è considerata la prova dell'immaturità umana, perché si pensa e si dice che l'uomo non può mai assumere impegni definitivi, ma deve fare tutte le possibili esperienze, perché solo da questo la sua umanità si arricchisce: Mai dire mai, suona la fatidica frase!
Ad esempio oggi è in crisi il matrimonio e non soltanto in senso sacramentale, ma come unione per sempre tra un uomo e una donna, come traspare dalla natura stessa, tanto che sono sempre più numerosi coloro che scelgono una libera convivenza senza regole di sorta.
Viceversa la fedeltà resta il segno dell'amore di Dio in mezzo a noi: Dio è fedele!
Sulla nozione di fiducia, ci torna prezioso un concetto di Sant'Agostino: "Gesù ha indicato un bambino ( come modello ), non tanto per l'innocenza dei piccoli, ma perché l'età della fanciullezza è l'età della fiducia incondizionata".
La fiducia è l'abbandono, il sentirsi sicuri nelle mani di Dio, perché guidati da Dio.
Gesù esorta tante volte a non temere, per un motivo semplice: " Nulla è impossibile a Dio" ( Lc 1,37 ).
Ed inoltre se Dio ci affida un compito, ci accompagnerà per tutta la vita ( Ger 1,4-9 ).
Ma altri motivi per avere fiducia ci sono ricordati dalla parola di Dio: "Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" ( 2 Cor 12,9 ), nell'invocazione della fede alimentata dalla preghiera:
" Credo Signore…" ( Gv 9,38 ),
"Signore, da chi andremo?" ( Gv 6,68 ),
" Credo, aiutami nella mia incredulità" ( Mc 9,24 ).
Can. Valerio Andriano ( estratto da una sua lezione )
( Continua )