La fede celebrata

B321-A1

Riflessioni sulla fede

Per una lettura sapienziale e spirituale del testo biblico in dialogo con i pensatori di ieri e di oggi.

( Le prime due parti sui bollettini 310 e 311. )

La fede celebrata: la dimensione sacramentale nella dinamica della vita cristiana.

Per entrare in qualche modo nel grande mistero della fede, dopo averne considerati i contenuti e l'importanza, giova riflettere sul senso e le modalità della "celebrarazione della fede" nella vita della comunità cristiana.

Celebrazione è un termine spesso in uso in circostanze diverse, a seconda degli eventi che si celebrano.

In generale s'intende per celebrazione un'azione compiuta con un determinato succedersi di momenti, di passaggi, di gesti, di parole, cioè secondo un "rito".

La ritualità, il rispetto del rito, tuttavia non esaurisce la celebrazione, ma l'aiuta costituendone la visibilità e la solennità.

Ridurre ad esempio la liturgia della Chiesa a pura ritualità, come si era arrivati a fare alle soglie del Vaticano II, definendola " il complesso dei riti e delle cerimonie", anziché considerarla il vero culto reso al Padre da Gesù Cristo con il suo sacrificio redentore, ha dato vita al movimento liturgico ( favorito anche dal Magistero con l' Enciclica Mediator Dei di Pio XII ) e la riforma conciliare del culto divino a tutti nota.

Gli elementi essenziali della celebrazione

Il nesso vitale che collega gli elementi costitutivi profondi dell'esperienza cristiana, aiuta a comprendere la natura e l'importanza della celebrazione della fede.

Quando i tre elementi fondamentali parola-segno-vita, che si possono anche tradurre in evangelizzazione-sacramenti-carità, o in analoghe triadi, come quella di sapore agostiniano riferita all'Eucarestia memoria, desiderio e anticipazione, sono in circolazione vitale tra di loro si ha la celebrazione.

In effetti il cristiano è colui che vive nel presente attendendo il ritorno del Signore, rapporto tra memoria e attesa che costituisce il motivo ricorrente nella celebrazione eucaristica, in altri termini il rapporto tra umano e divino, in linguaggio filosofico tra il naturale e soprannaturale, il visibile e l'invisibile.

Quando si entra nel circolo vitale di questi termini, che apparentemente si diversificano profondamente e si escludono, ma più attentamente considerati si richiamano vicendevolmente, e questo per un'economia stabilita dalla misericordia di Dio, allora si ha la celebrazione in senso pieno.

Si potrebbe anche dire che la celebrazione consiste nella realizzazione di quel " già e non ancora", tipica espressione biblica, che sta ad indicare la nostra condizione di pellegrini in questo mondo, dove la pienezza della conoscenza del progetto divino si va ampliando, ma si compirà soltanto nella vita futura.

Il teologo domenicano del secolo passato, padre Garrigou-Lagrange, nel noto trattato De Revelatione, parlando della fede non usa mai le parole "oscurità" della fede oppure "splendore della fede", ma "chiaroscuro della fede".

Concetto che sottintende la celebrazione della fede, in quanto ci immette in una dinamica o in una dialettica di termini contrastanti, che portano ad intendere la realtà cristiana nella sua profonda vitalità.

Ecco allora che celebrare la fede significa penetrare nel suo dinamismo, che si attua principalmente nei Sacramenti, nella dialettica del Segno.

Cristo e la Chiesa "segni" della presenza di Dio

Segno fondamentale della presenza operante di Dio in mezzo alla storia umana è indubbiamente la santa umanità di Gesù Cristo, il segno che Dio dall'eternità ha pensato per essere vicino agli uomini e così realizzare il suo piano di salvezza; si potrebbe dire che rappresenta il primo e fondamentale sacramento, come si legge nella prima lettera di San Giovanni "il Verbo della vita, che si è reso a noi visibile" ( 1 Gv 1,1-2 ).

All'apostolo Filippo che chiede a Gesù " mostraci il Padre", risponde "chi ha visto me ha visto il Padre" ( Gv 14,8-10 ), e a chi pretendeva un segno della sua divinità reagisce dicendo: "questa generazione pretende un segno … ma non ha capito che qui c'è ben più del segno di Giona" ( Mt 12,39-41 ).

Lui stesso è il segno del Padre, di Dio!

Per questo si ricorre al concetto di "sacramento", attribuito in primo luogo a Cristo, e quindi alla sua Chiesa, segno della sua continua presenza in mezzo a noi.

Il filosofo Pascal definisce la Chiesa in uno dei suoi celebri Pensieri "Cristo che continua nel tempo".

La Chiesa infatti si riallaccia alla sacramentalità della santa umanità di Cristo, per essere, come afferma il Vaticano II: " il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" ( Cost. Lumen Gentium, n.8 ).

Con una battuta spiritosa il teologo gesuita Henri De Lubac, diceva sorridendo: " quanti anche tra i teologi ricordano che l'incipit della Costituzione sulla Chiesa suona Lumen gentium cum sit Christus?".

Verrebbe infatti da pensare che il titolo della Costituzione Apostolica "Lumen gentium" sia riferito alla Chiesa, mentre è Cristo la luce dei popoli e non la Chiesa, che si colloca nella linea della sacramentalità dell'umanità di Cristo, il Vivente, con il suo Spirito che la vivifica.

I Sacramenti della Chiesa

I sette sacramenti, che conosciamo, istituiti dal Signore e formalmente definiti dal Concilio di Trento, sono i sacramenti della Chiesa in senso proprio, cioè alcuni segni particolari che la Chiesa custodisce e amministra, nella continuità del segno principale che è Cristo, per essere a sua volta, come afferma il Vaticano II " il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" ( Lumen Gentium, n.8 ).

I Sacramenti sono "emergenze forti della sacramentalità della Chiesa", come si esprime un noto teologo, a sua volta comprensibile a partire dalla sacramentalità della santa umanità di Cristo.

Tutto ciò per un'economia per cui il visibile è legato all'invisibile, il già realizzato al non ancora, per cui la memoria nel desiderio si fa attesa, anticipazione, nel chiaroscuro della fede.

Ora in prospettiva di tutto questo, dobbiamo considerare alcune conseguenze: anzitutto Dio ha talmente rispettato la nostra umanità da scegliere tra i modi più umani cui legare l'efficacia della sua presenza.

Dio non ha scelto "il sublime", e partendo dalla scelta di uno degli elementi più comuni e vitali, l'acqua per il battesimo, che è il sacramento dell'iniziazione cristiana, forse ha raggiunto il vertice dell'umanità in quel sacramento, il matrimonio, in cui l'amore umano diventa segno della presenza di Dio. Dio ha scelto i segni più umani e semplici, è il messaggio di Papa Francesco, che vediamo come il Pastore provvidenziale del nostro tempo, che ci porta oltre il segno, alla verità che sta oltre il segno, sempre fragile, come lo è anche il segno della Chiesa, nonostante l'apparenza esteriore, istituzionale, visibile, sempre minato dalla possibilità che gli uomini che la compongono rendano questo segno non visibile, non iconoscibile, offuscato e controproducente.

Can. Valerio Andriano

( estratto da una sua lezione - segue )