Convegno ecclesiale di Verona |
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo ». ( Lc 24,15-16)
La scena di Emmaus si apre nel segno di un cammino: due viandanti si stanno allontanando da Gerusalemme, luogo dell'evento pasquale.
L'incontro con il forestiero, che si accosta per camminare insieme a loro, trasforma ben presto la fuga precipitosa in un deciso cambiamento di direzione.
Per riconoscere il Risorto nell'anonimo pellegrino, i due debbono purificare ogni desiderio frustrato, affinare il discernimento, riconsiderare radicalmente il disegno misterioso che la rivelazione di Dio svela.
Siamo oggi di fronte a eventi e fenomeni spettacolari e inquietanti, destinati a segnare fortemente il futuro.
Non è facile poter dire se le coordinate culturali che hanno plasmato l'epoca moderna siano ancora del tutto attuali o se, al contrario, siamo all'alba non solo di un nuovo secolo, ma anche di una nuova società, di nuovi modi di pensare, di giudicare, di orientare, di organizzare l'esistenza.
La tecnologia e la scienza, l'economia e la politica stanno ridisegnando i confini tradizionali del sapere e della convivenza, in un crogiolo di culture che postulano nuove sintesi.
Nuovi popoli e nuovi poteri sembrano spostare il baricentro dell'ordine mondiale verso direzioni difficilmente decifrabili.
Scienze e tecnologie aprono scenari impensabili e frontiere sconosciute al nostro rapporto con il corpo, con gli altri e con il mondo.
È proprio tale incertezza a rendere nuovo, in un certo senso, il tempo che viviamo e in gran parte inedite le sfide che esso presenta: sfide di carattere culturale, educativo, morale, spirituale, di fronte alle quali nessuno può restare indifferente, meno di tutti il laico cristiano, che vive il suo radicamento nel mondo come vocazione particolare.
Del resto, il popolo dei credenti, in cammino verso « nuovi cieli e una terra nuova » ( 1 Pt 3,13 ), sperimenta fino in fondo, in se stesso, gli effetti in chiaroscuro di questa attuale transizione storica.
È ben consapevole della radicalità di una crisi che non investe soltanto il mondo « esterno », ma raggiunge altresì i cristiani, fino a influire sulle loro mentalità e i loro comportamenti.
Mentre appare sempre più raro riscontrare nella società, almeno in superficie, uno sfondo condiviso di pratiche virtuose, una comune sensibilità morale e spirituale - che sarebbe come il terreno buono dove il seme del Vangelo può attecchire e portare frutto ( Mc 4,3-8.14-20 ) -, la comunità cristiana, a volte, appare disorientata di fronte a questo mutato scenario storico: è messa a dura prova la sua capacità di compiere scelte pastorali organiche e lungimiranti, e perfino la stessa fede di molti.
Nella percezione di una sempre più diffusa indifferenza all'annuncio cristiano, può insinuarsi nei credenti un senso di scoramento e di rinuncia o, al contrario, una forma di reazione frontale verso il mondo.
Ma come Gesù rincuorò i due discepoli di Emmaus e li abilitò ad affrontare gli altri discepoli scoraggiati, così avverrà oggi se ci lasceremo permeare dalla forza del Vangelo nell'affrontare la crisi attuale, cominciando a leggere alla luce della fede il disegno di Dio nella storia che viviamo, per diventare capaci di un rinnovato slancio missionario, in una comunità ecclesiale più consapevole e responsabile.
Con questa lettera desideriamo condividere con voi laici l'esigenza e il desiderio di « rimetterci per strada » e portare l'annuncio di Gesù Risorto alla gente che vive accanto a noi, camminando con loro, cogliendone le istanze più profonde e le domande sul senso della vita e della morte, sul bene e sul male, sulla salvezza e sulla rovina eterna.
Insieme, pastori e laici, siamo chiamati a essere vicini all'uomo di oggi.
Solo uniti possiamo attivare un vero dialogo di salvezza fra la Chiesa e il mondo.
Molti passi sono stati compiuti, negli ultimi decenni, sulla strada della promozione dei fedeli laici nella vita e nella missione della Chiesa.
Straordinarie figure di laici sono scaturite dal popolo di Dio del nostro Paese nel secolo che si è concluso, a risvegliare la coscienza missionaria e ad arricchire la vita della società.
Il Magistero poi ha indicato grandi orizzonti di maturazione della coscienza ecclesiale, in cui si è meglio compresa la natura profonda della vocazione e della missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.
La riflessione teologica ha fatto progressi significativi in quest'ambito, anche se altro cammino rimane da fare per una visione ancora più ricca e articolata.
Soprattutto, ha ricevuto luce quella che il Concilio Vaticano II, dopo aver ricordato che il Battesimo, incorporandoci a Cristo, fonda la missione di testimonianza cristiana di ogni credente, indica come « propria e specifica indole secolare del laico »:4 la vocazione, cioè, dei laici a vivere le realtà del mondo ordinandole secondo Dio e la piena responsabilità ecclesiale del loro apostolato all'interno della comunità cristiana.
Non sempre l'auspicata corresponsabilità ha avuto adeguata realizzazione e non mancano segnali contraddittori.
Si ha talora la sensazione che lo slancio conciliare si sia attenuato.
Sembra di notare, in particolare, una diminuita passione per l'animazione cristiana del mondo del lavoro e delle professioni, della politica e della cultura ecc.
Vi è in alcuni casi anche un impoverimento di servizio pastorale all'interno della comunità ecclesiale.
Serve un'analisi attenta ed equilibrata delle ragioni dei ritardi e delle distonie, per poterle colmare con il concorso di tutti.
A volte, può essere che il laico nella Chiesa si senta ancora poco valorizzato, poco ascoltato o compreso.
Oppure, all'opposto, può sembrare che anche la ripetuta convocazione dei fedeli laici da parte dei pastori non trovi pronta e adeguata risposta, per disattenzione o per una certa sfiducia o un larvato disimpegno.
Dobbiamo superare questa situazione.
Una cosa è certa: il Signore ci chiama; chiama ognuno di noi per nome.
La diversità dei carismi e dei ministeri nell'unico popolo di Dio riguarda le forme della risposta, non l'universalità della chiamata.
Nel mistero della comunione ecclesiale dobbiamo ricercare la coralità di una risposta armonica e differenziata alla chiamata e alla missione che il Signore affida a ogni membro della Chiesa.
Il momento attuale richiede cristiani missionari, non abitudinari.
Da quando Gesù ci ha rivelato il vero volto di Dio, quale comunione trinitaria ( Gv 14,26; Gv 16,13-15 ), e ci ha inserito nella sua vita, riversandola nella Chiesa ( Gv 17,21 ), anche la Chiesa è una « comunione ».
La via maestra percorsa dal Concilio Vaticano II per illustrare la Chiesa al mondo contemporaneo e per imprimere ad essa la spiritualità e la dinamica interiore che le sono proprie, è stata la « comunione ».
Con ragione il papa Paolo VI avvertiva: « Dobbiamo far di tutto, insieme con i fratelli nell'episcopato, con i sacerdoti, con i laici, affinché questa unità, che è frutto consolantissimo e segno di riconoscimento per il mondo, rimanga, si raffermi, ingigantisca ».5
Fonte della comunione è la liturgia, particolarmente l'Eucaristia, che genera nell'uomo la vita trinitaria e sospinge i credenti a vivere in « perfetta unione »,6 a « diventare in Cristo un solo corpo e un solo spirito ».7
Come i due discepoli di Emmaus alla mensa del Signore si sono ritrovati credenti in Cristo, coinvolti nella sua morte e risurrezione, protesi all'unità con gli apostoli, sospinti all'annuncio del Risorto e del tutto mutati nel loro intimo - da delusi a propulsori di speranza -, così è per ogni credente che vive l'Eucaristia.
L'Eucaristia è il sacramento che chiude e completa il cammino di iniziazione cristiana, avviato con il Battesimo e proseguito con la Cresima; un cammino che consacra la creatura umana, la inserisce nel popolo di Dio, la incorpora in Cristo come membro del suo corpo che è la Chiesa, « partecipandole la funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo stesso ».8
Il cammino di iniziazione caratterizza il fedele cristiano che vive immerso nella grazia del Battesimo, per mezzo della quale viene affermato il primato dell'essere sul fare, e riceve nella Cresima la capacità di annunciare la Parola e di vivere la propria esistenza come vocazione.
Assimilato a Cristo nell'Eucaristia il fedele laico si fa carico degli altri ai quali è mandato con animo apostolico per essere testimone di speranza, aperto alla condivisione e pronto a rendere ragione di « Cristo [ … ] speranza della gloria » ( Col 1,27 ).
La forza dell'Eucaristia rende la comunione ecclesiale organica, operativa, divina e umana, gerarchica e fraterna, nello stesso tempo.
Ci ha ricordato il Santo Padre Giovanni Paolo II: « Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l'esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell'umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del Corpo di Cristo.
L'Eucaristia, costruendo la Chiesa, proprio per questo, crea comunità fra gli uomini ».9
Se comprenderemo la bellezza e la grandezza della forza rigeneratrice dell'Eucaristia e della comunione che da essa promana, cresceremo insieme nello spirito di servizio, nel senso del debito che spinge a ridonare ciò che si è avuto, nell'apprezzamento riguardoso del dono altrui.
Da qui nasce l'invito appassionato per noi, pastori e laici, a lasciarci impregnare da tale divina comunione che ci pone, nella Chiesa e con la Chiesa, in mezzo al mondo, come portatori di un peculiare dono di Dio.
Anche per noi, oggi, sale l'antica implorazione di chi ha smarrito la fede: « Passa… e aiutaci! » ( At 16,9 ).
È indispensabile uscire da quello strano ed errato atteggiamento interiore che faceva sentire il laico più « cliente » che compartecipe della vita e della missione della Chiesa.
La riscoperta della comunione, come piena partecipazione alla natura della Chiesa, postula che anche tutti noi scopriamo la Chiesa come nostra patria spirituale e ci poniamo al suo servizio, condividendo gioie, prove, lotte; non restando indifferenti o insensibili a tutto ciò che la riguarda; nutrendo per la Chiesa stessa un sentimento di profonda devozione filiale: « Non può avere Dio per Padre colui che non ha la Chiesa per Madre ».10
Il fedele laico, pertanto, « non può mai chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente dalla comunità, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con un vivo senso di fraternità, nella gioia di un'uguale dignità e nell'impegno di far fruttificare insieme l'immenso tesoro ricevuto in eredità.
Lo Spirito del Signore dona a lui, come agli altri, molteplici carismi; lo invita a differenti ministeri e incarichi; gli ricorda, come anche lo ricorda agli altri in rapporto con lui, che tutto ciò che lo distingue non è un di più di dignità, ma una speciale e complementare abilitazione al servizio [ … ].
Così, i carismi, i ministeri, gli incarichi e i servizi del fedele laico esistono nella comunione e per la comunione.
Sono ricchezze complementari a favore di tutti, sotto la saggia guida dei pastori».11
Per alimentare ininterrottamente tale comunione, generatrice di missione, dalla quale emerge la peculiare vocazione di ciascuno, è necessaria una continua immersione nel pensiero, nella preghiera, nella vita di Cristo.
Solo lui comunica la sua persona, il suo piano, il suo mistero, il suo progetto, « aprendo i nostri occhi », rendendoci capaci di riconoscerlo, di farlo abitare nei nostri cuori e di correre a rivelarlo ai fratelli.
È necessario che Gesù Cristo diventi, per chi si chiama cristiano, « la chiave, il centro, il fine »,12 « la fonte da cui promana tutta la grazia e tutta la vita»,13 « il punto focale dei desideri della storia, della civiltà e del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza di ogni aspirazione ».14
Bisogna che Gesù Cristo diventi « tutto » per la nostra vita, pena veder crollare tutto.
Gesù Cristo « è " la grande sorpresa di Dio ",15 colui che è all'origine della nostra fede e che nella sua vita ci ha lasciato un esempio, affinché camminassimo sulle sue tracce ( 1 Pt 2,21 ). […]
Egli è colui che è uscito dal Padre ed è venuto nel mondo ( Gv 16,28 ) per rivelarci il volto del Padre e donarci lo Spirito Santo, perché potessimo partecipare alla vita divina ».16
Sentiamo perciò di dover far nostre le esortazioni di san Paolo: bisogna che « sia formato Cristo in voi »
( Gal 4,19 ), che « Cristo abiti per la fede nei vostri cuori » (
Ef 3,17 ), che camminiate « nel Signore Gesù Cristo … ben radicati e fondati in lui » (
Col 2,6 ).
C'è bisogno che Dio ci faccia « partecipi della sua santità » ( Eb 12,10 ); che veniamo « rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore » ( Ef 3,16 ).
E quanto è stato seminato nel cuore dell'esistenza dalla rigenerazione operata dal Battesimo.
Nella radice battesimale si colloca il fondamento della novità di vita dei cristiani laici.
Da qui scaturisce la chiamata alla santità che li riguarda, in quanto « abilitati e impegnati a manitestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare »,17 come espressione della loro configurazione a Cristo nella ferialità della vita quotidiana.
I due di Emmaus ebbero le Scritture spiegate, il Pane spezzato, il volto svelato e il cuore riscaldato da Gesù in persona.
Noi, dopo l'Ascensione di Gesù al Padre, ritroviamo il volto dello stesso Signore attraverso le Scritture, l'Eucaristia, i Sacramenti e la Chiesa.
Se davvero desideriamo che Gesù « resti con noi » e non « si faccia sera » nella nostra vita, è necessario che la Sacra Scrittura plasmi costantemente il nostro pensiero, l'Eucaristia divenga il viatico del nostro cammino, i Sacramenti, incentrati nell'Eucaristia, costituiscano l'ossatura della nostra esistenza.
L'Eucaristia, in particolare, fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione,18 impegna i « fedeli laici alla testimonianza evangelica, all'assunzione di nuove forme ministeriali, soprattutto a essere, nella società e nei diversi ambienti di vita, capaci di vigilanza profetica e costruttori di una città terrena in cui regnino sempre di più la giustizia, la pace, l'amore ».19
È un impegno di missionarietà e di santità laicale.
Indice |
4 | Lumen Gentium 31 |
5 | Paolo VI, Discorso al Sacro Collegio, 22 giugno 1973: Insegnamenti di Paolo VI, XI ( 1973 ) 642 |
6 | Sacrosanctum Concilium 10 |
7 | Messale Romano, Preghiera eucaristica II |
8 | Lumen Gentium 31 |
9 | Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia 24 |
10 | San Cipriano, Unità della Chiesa cattolica, 6 |
11 | Giovanni Paolo II, Omelia per la chiusura della VII Assemblea Generale ordinaria del Smodo dei Vescovi, 30 ottobre 1987: AAS 80 ( 1988 ) 600 |
12 | Gaudium et Spes 10 |
13 | Lumen Gentium 50 |
14 | Gaudium et Spes 45 |
15 | Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 4 |
16 | Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 10: « Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana » 2001,134 |
17 | Giovanni Paolo II, Christifideles Laici 16 |
18 | Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia 21 |
19 | Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 68: « Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana » 2001,175 |