Convegno ecclesiale di Verona |
Gesù è il Signore! Lo sguardo del cuore e della fede sul Crocifisso risorto è ciò che da duemila anni fonda e alimenta la speranza del popolo cristiano.
La risurrezione di Cristo, ha ricordato il Papa a Verona, « non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande "mutazione" mai accaduta, il "salto" decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l'ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l'intero universo».7
La risurrezione è una parola che il Signore rivolge a ciascuno di noi, dicendoci: « Sono risorto e ora sono sempre con te [ … ].
La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani.
Sono presente perfino alla porta della morte.
Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce ».8
È dunque essenziale e decisivo tener ferma e viva la centralità di questo annuncio.
L'incontro con il Risorto e la fede in lui ci rendono persone nuove, risorti con lui e rigenerati secondo il progetto di Dio sul mondo e su ogni persona.
È questo il cuore della nostra vita e il centro delle nostre comunità.
Non sono le nostre opere a sostenerci, ma l'amore con cui Dio ci ha rigenerati in Cristo e con cui, attraverso lo Spirito, continua a darci vita.
Da qui deriva la domanda che, anche dopo la conclusione del Convegno, continua a provocarci: in che modo nelle nostre comunità è possibile a tutti fare esperienza viva del Risorto?
Il punto decisivo - ha richiamato ancora il Papa - è « il nostro essere uniti a lui, e quindi tra noi, lo stare con lui per poter andare nel suo nome ( Mc 3,13-15 ).
La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi, adorarlo presente nell'Eucaristia: prima di ogni attività e di ogni nostro programma, infatti, deve esserci l'adorazione, che ci rende davvero liberi e ci da i criteri per il nostro agire ».9
La spiritualità cristiana, infatti, a differenza di uno spiritualismo disincarnato, è lasciare che il Signore operi nella nostra vita quotidiana e la trasformi con la forza travolgente del suo amore.
Le caratteristiche di colui che testimonia la risurrezione e la speranza si riassumono in un'affermazione essenziale: « Il testimone è "di" Gesù risorto, cioè appartiene a lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza, può parlare di lui, farlo conoscere, condurre a lui, trasmettere la sua presenza ».10
Proprio perché siamo suoi, uomini e donne di Dio, popolo che egli ama e guida, possiamo rendere le nostre comunità sacramento della risurrezione, presenze capaci di porre germi di vita nuova, convertita e perdonata.
Come vivere, oggi, il nostro appartenere a lui?
In questa stagione difficile e complessa, occorre ritrovare l'essenziale della nostra vita nel cuore della fede, dove c'è il primato di Dio e del suo amore.
Appartenere a lui è l'altro nome della santità, misura alta e possibile del nostro essere cristiani.
La vita di Dio già circola in noi, e nello Spirito ci dona la pienezza di un'umanità vissuta come Gesù: amando, pensando, operando, pregando, scegliendo come lui.11
Per vivere come persone radicate in Gesù Cristo si devono riconoscere alcune priorità nel cammino di ogni credente e della comunità, rispetto alle quali siamo chiamati a continua verifica.
È necessario riservare il giusto spazio alla Parola di Dio.
La fede deriva dall'ascolto: possiamo dunque essere « sale della terra e luce del mondo » ( Mt 5,13-14 ) se ci alimentiamo alla Parola, che da una forma originale e unica alla vita e alla speranza.
L'Eucaristia, memoriale del sacrificio di Cristo, costituisce il centro propulsore della vita delle nostre comunità.
Nell'Eucaristia, infatti, « si rivela il disegno d'amore che guida tutta la storia della salvezza.
In essa il Deus Trinitas, che in se stesso è amore, si coinvolge pienamente con la nostra condizione umana ».12
Per questo, l'Eucaristia domenicale è il cuore pulsante della settimana, sacramento che immette nel nostro tempo la gratuità di Dio che si dona a noi per tutti.
L'Eucaristia conduce all'ascesi personale e al servizio ai poveri, segni dell'autenticità del nostro conformarci a Cristo e della nostra testimonianza, perché « un'Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata ».13
Dall'essere « di » Gesù deriva il profilo di un cristiano capace di offrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di una promessa che supera ogni attesa umana.
S. Ignazio di Antiochia definiva i cristiani come « coloro che sono giunti alla nuova speranza », presentandoli anche come quelli che vivono « secondo la domenica ».14
Partecipe dell'umanità, di cui condivide « gioie e speranze, tristezze e angosce »,15 intensamente solidale con tutti, il cristiano orienta il cammino della società verso quella pienezza che Dio ha iscritto nel cuore di ogni persona, mettendosi al suo fianco nel percorrere i sentieri del tempo.
La speranza del cristiano è dono di Dio, dinamico e creativo, e si traduce in progetti che anticipano nella storia il senso della nuova umanità portata dalla risurrezione.
Sono germi di « vita risorta » capaci di cambiare il presente, secondo la stupefacente abbondanza di ministeri e di carismi di cui il Signore arricchisce la Chiesa.
La speranza di cui siamo testimoni è la persona stessa del Signore Gesù, il suo essere in mezzo a noi per sempre, la sua promessa di « quel mondo nuovo ed eterno, nel quale saranno vinti il dolore, la violenza e la morte, e il creato risplenderà nella sua straordinaria bellezza ».16
Non si tratta, certo, di un ottimismo illusorio o di un'indefinita fiducia in un domani migliore.
È questa speranza a dare respiro e alimento alle « certezze » della fede.
Infatti, la Pasqua ci insegna che il male e la morte sono parte dell'esperienza umana, ma non sono l'ultima parola sulla nostra esistenza.
« Aggrappati al suo Corpo noi viviamo, e in comunione con il suo Corpo giungiamo fino al cuore di Dio.
E solo così è vinta la morte, siamo liberi e la nostra vita è speranza ».17
La speranza cristiana non è solo un desiderio: è una realtà concreta, un esercizio storico, personale e comunitario.
Essa abita e plasma l'esistenza quotidiana, riportando le attese degli uomini a contatto con l'origine stessa della vita e della giustizia, dell'amore e della pace.
Sperare è essere disposti a scorgere l'opera misteriosa di Dio nel tempo.
Mentre riconosce con chiarezza il peso negativo del peccato, la speranza cristiana apre il peccatore all'amore di Dio.
Essa è certezza della misericordia di Dio, invito alla conversione, apertura della mente e del cuore, un dono dello Spirito che non allontana dalla vita, ma spinge ad assumere anche la fragilità e la sofferenza.
Custodire e proporre senza timore l'« eccedenza » della speranza cristiana, portando nel cuore l'anelito di vita di ogni uomo, appartiene alla testimonianza del credente.
In particolare, ci sembra urgente oggi non tacere il tratto escatologico della nostra fede, che viene proclamato nelle ultime parole del Credo: « Credo la risurrezione della carne e la vita eterna ».
Sì, sono le ultime parole, ma in qualche modo sono quelle riassuntive e decisive dell'intero Credo, proprio perché offrono la chiave di lettura e di soluzione dei problemi antropologici più complessi e decisivi per l'esistenza, a cominciare dal senso del morire e quindi dell'intera esistenza umana come tale.18
È capace di sperare chi si riconosce amato da Cristo, ma in questo sta anche l'origine della missione del cristiano, mosso ad andare verso gli altri perché raggiunto dalla grazia e sorpreso dalla misericordia.
L'evangelizzazione è una questione di amore.
Attingendo a questo dono, la Chiesa italiana rilegge nella prospettiva della speranza la scelta di comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.
Ci interpellano gli immensi orizzonti della missione ad gentes, paradigma dell'evangelizzazione anche nel nostro Paese.
La vasta tradizione dell'invio di missionari ad altre terre mostra del resto la costante vitalità della fede.
Insieme ai religiosi e religiose, i fidei donum, sacerdoti e laici, hanno scritto e continuano a scrivere una pagina esemplare, testimoniando il Vangelo ed edificando nel mondo la pace in nome di Cristo.
La loro generosità, giunta talora fino al martirio, spinge le nostre comunità a essere attive nella propagazione del regno di Dio.
Desideriamo che l'attività missionaria della Chiesa italiana si caratterizzi sempre più come comunione-scambio tra Chiese e, mentre offriamo la ricchezza di una tradizione millenaria di vita cristiana, riceviamo l'entusiasmo con cui la fede è vissuta in altri continenti.
Non solo quelle Chiese hanno bisogno della nostra cooperazione, ma noi stessi abbiamo bisogno di loro per crescere nell'universalità e nella cattolicità.
Chiediamo pertanto ai Centri missionari diocesani, insieme alle altre realtà di animazione missionaria, di aiutare a far sì che la missionarietà pervada tutti gli ambiti della pastorale e della vita cristiana.
Ci è anche chiesto un forte impegno nel far nascere e sostenere percorsi che riavvicinino le persone alla fede, promuovendo luoghi di incontro con quanti sono in ricerca della verità e con chi, pur essendo battezzato, sente il desiderio di scegliere di nuovo il Vangelo come orientamento di fondo della propria esistenza.
In tale contesto non può sfuggire che l'immigrazione si presenta quale nuovo areopago di evangelizzazione: ne è eloquente conferma il fatto che molti di quelli che si accostano da adulti al fonte battesimale sono di origine straniera.
Lo spirito di accoglienza e la testimonianza della carità delle nostre comunità cristiane hanno in sé una forte valenza evangelizzatrice, che può produrre anche in questo campo frutti di grazia inaspettati.
Indice |
7 | Benedetto XVI, « Discorso al Convegno ecclesiale di Verona » |
8 | Benedetto XVI, « Omelia nella Veglia pasquale », 7 aprile 2007, in « Il nostro Dio ha un cuore di carne » |
9 | Benedetto XVI, « Discorso al Convegno ecclesiale di Verona » |
10 | Benedetto XVI, « Omelia alla messa nello stadio comunale di Verona » |
11 | CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 25 |
12 | Benedetto XVI, Sacramentum caritatis 8 |
13 | Benedetto XVI, Deus caritas est 14 |
14 | Benedetto XVI, Sacramentum caritatis 72 |
15 | Gaudium et Spes 1 |
16 | IV Convegno Ecclesiale Nazionale, « Messaggio alle Chiese particolari », in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana ( 2006 ), 287-288 |
17 | Benedetto XVI, « Omelia nella Veglia pasquale » |
18 | D. Tettamanzi, « Prolusione al Convegno ecclesiale di Verona », 16 ottobre 2006, in Notiziario della Conferemo Episcopale Italiana ( 2006 ), 257; CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 2 |