Compendio Dottrina sociale della Chiesa |
138 Nell' esercizio della libertà, l'uomo compie atti moralmente buoni, costruttivi della sua persona e della società, quando obbedisce alla verità, ossia quando non pretende di essere creatore e padrone assoluto di quest'ultima e delle norme etiche.261
La libertà, infatti, « non ha il suo punto di partenza assoluto e incondizionato in se stessa, ma nell'esistenza dentro cui si trova e che rappresenta per essa, nello stesso tempo, un limite e una possibilità.
E la libertà di una creatura, ossia una libertà donata, da accogliere come un germe e da far maturare con responsabilità ».262
In caso contrario, muore come libertà, distrugge l'uomo e la società.263
139 La verità circa il bene e il male è riconosciuta praticamente e concretamente dal giudizio della coscienza, il quale porta ad assumere la responsabilità del bene compiuto e del male commesso: « Così nel giudizio pratico della coscienza, che impone alla persona l'obbligo di compiere un determinato atto, si rivela il vincolo della libertà con la verità.
Proprio per questo la coscienza si esprime con atti di "giudizio" che riflettono la verità sul bene, e non come "decisioni" arbitrarie.
E la maturità e la responsabilità di questi giudizi - e, in definitiva, dell'uomo, che ne è il soggetto - si misurano non con la liberazione della coscienza dalla verità oggettiva, in favore di una presunta autonomia delle proprie decisioni, ma, al contrario, con una pressante ricerca della verità e con il farsi guidare da essa nell'agire ».264
140 L'esercizio della libertà implica il riferimento ad una legge morale naturale, di carattere universale, che precede e accomuna tutti i diritti e i doveri.265
La legge naturale « altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio.
Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare.
Questa luce o questa legge Dio l'ha donata alla creazione »266 e consiste nella partecipazione alla Sua legge eterna, la quale s'identifica con Dio stesso.267
Questa legge è chiamata naturale perché la ragione che la promulga è propria della natura umana.
Essa è universale, si estende a tutti gli uomini in quanto stabilita dalla ragione.
Nei suoi precetti principali, la legge divina e naturale è esposta nel Decalogo ed indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale.268
Essa ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a noi stessi.
La legge naturale esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali.269
141 Nella diversità delle culture, la legge naturale lega gli uomini tra loro, imponendo dei principi comuni.
Per quanto la sua applicazione richieda adattamenti alla molteplicità delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze,270 essa è immutabile, « rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso …
Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, ne strappare dal cuore dell'uomo.
Sempre risorge nella vita degli individui e delle società ».271
I suoi precetti, tuttavia, non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza.
Le verità religiose e morali possono essere conosciute « da tutti e senza difficoltà, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore », 272 solo con l'aiuto della Grazia e della Rivelazione.
La legge naturale offre un fondamento preparato da Dio alla legge rivelata e alla Grazia, in piena armonia con l'opera dello Spirito.273
142 La legge naturale, che è legge di Dio, non può essere cancellata dalla malvagità umana.274
Essa pone il fondamento morale indispensabile per edificare la comunità degli uomini e per elaborare la legge civile, che trae le conseguenze di natura concreta e contingente dai principi della legge naturale.275
Se si oscura la percezione dell'universalità della legge morale naturale, non si può edificare una reale e duratura comunione con l'altro, perché, quando manca una convergenza verso la verità e il bene, « in maniera imputabile o no, i nostri atti feriscono la comunione delle persone, con pregiudizio di ciascuno ».276
Solo una libertà radicata nella comune natura, infatti, può rendere tutti gli uomini responsabili ed è in grado di giustificare la morale pubblica.
Chi si autoproclama misura unica delle cose e della verità non può convivere pacificamente e collaborare con i propri simili.277
143 La libertà è misteriosamente inclinata a tradire l'apertura alla verità e al bene umano e troppo spesso preferisce il male e la chiusura egoistica, elevandosi a divinità creatrice del bene e del male: « Costituito da Dio nella giustizia, l'uomo, tentato dal Maligno, fin dall'inizio della storia abusò della sua libertà, erigendosi contro Dio e mirando a raggiungere il suo fine al di fuori di Dio …
Rifiutando spesso di riconoscere Dio come suo principio, l'uomo ha anche sconvolto il giusto ordine riguardante il suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e tutte le cose create ».278
La libertà dell'uomo ha bisogno, pertanto, di essere liberata.
Cristo, con la forza del Suo mistero pasquale, libera l'uomo dall'amore disordinato di se stesso,279 che è fonte del disprezzo del prossimo e dei rapporti improntati al dominio sull'altro; Egli rivela che la libertà si realizza nel dono di sé.280
Con il Suo sacrificio sulla croce. Gesù reintroduce ogni uomo nella comunione con Dio e con i propri simili.
Indice |
261 | Cat. Chiesa Cat. 1749-1756 |
262 | Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 86 |
263 | Giovanni Paolo II,
Veritatis Splendor 44; Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 99 |
264 | Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 61 |
265 | Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 50 |
266 | San Tommaso d'Aquino, In duo praecepta caritatis et in decem Legis praecepta expositio, e. 1: « Nunc autem de sdentici operandorum intendimus: ad quam tractandam quadruplex lex invenitur. Prima dicitur lex naturae; et haec nihil aliud est nisi lumen intellectus insitum nobis a Deo, per quod cognoscimus quid agendum et quid vitandum. Hoc lumen et hanc legem dedit Deus nomini in creatione »: Divi Thomae Aquinatis, Doctoris Angelici, Opuscolo Theologica, v. II: De re spirituali, cura et studio P. Fr. Raymundi Spiazzi, O.P., Marietti ed. Taurini-Romae 1954, p. 245 |
267 | San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 91, a. 2, e « …partecipatio legis aeternae in rationali creatura lex naturalis dicitur » |
268 | Cat. Chiesa Cat. 1955 |
269 | Cat. Chiesa Cat. 1956 |
270 | Cat. Chiesa Cat. 1957 |
271 | Cat. Chiesa Cat. 1958 |
272 | Concilio Vaticano I,
Cost. dogm. Dei Filius, c. 2; Pio XII, Humani generis |
273 | Cat. Chiesa Cat. 1960 |
274 | Sant'Agostino,
Confessiones, 2, 4, 9: « Furtum certe punit lex tua. Domine, et lex scripta in cordibus hominum, quam ne ipsa quidem delet iniquitas » |
275 | Cat. Chiesa Cat. 1959 |
276 | Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 51 |
277 | Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae 19-20 |
278 | Gaudium et Spes 13 |
279 | Cat. Chiesa Cat. 1741 |
280 | Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor 87 |