Formazione al celibato sacerdotale |
L'educazione alla castità tocca così direttamente la sensibilità e il sentimento dei giovani e mette in moto tanti processi psichici, particolarmente vividi e non ancora ben coordinati - data l'età della formazione - da far temere le più impensate reazioni.
Così, per esempio, cercare di prevenire una deviazione, quando ancora non esiste, potrebbe indurre a provocarla; oppure, esagerare l'importanza di lievi deviazioni evolutive potrebbe avere la conseguenza di comprometterne la scomparsa e di favorire complicazioni di tipo ossessivo.
D'altra parte, si tratta di educare un istinto che più di ogni altro può andare soggetto a deviazione, perché si complica per la presenza di dati psichici.
La difficoltà nasce dalla sua grande differenziazione nell'ambito dello stesso sesso.
Se è difficile l'educazione sessuale nella sua normale evoluzione e preparazione al matrimonio, è facilmente comprensibile come sia più difficile l'educazione al celibato sacerdotale.
Nessuno può pretendere una soluzione adeguata e definitiva per una problematica che è sempre aperta e difficilmente riconducibile a parametri fissi, in quanto dipende dal divenire psico-fisico di tutta l'umana esistenza, dagli ambienti con le loro sollecitazioni e i loro condizionamenti sociologici, da occasioni sovente imprevedibili, come pure da aiuti soprannaturali non facilmente riscontrabili con certezza e legati alla liberalità divina.
L'educatore deve essere cosciente che dal suo modo di conoscere il problema della formazione alla castità, dal suo modo di interpretarlo, di trattarlo e di risolverlo dipende molto la vita psichica, morale e religiosa del futuro uomo e del futuro sacerdote.
Perciò, sui problemi sessuali e affettivi dell'età evolutiva l'educatore dovrà intervenire con il più fine tatto.
É necessario che egli sia cosciente di tutta la complessità fisiologica, psicologica, pedagogica, morale e ascetica del problema.
L'ideale del celibato sacerdotale è quello di una castità apprezzata, amata, custodita, solidamente posseduta e lungamente provata: una castità che non solo resiste all'urto di sempre crescenti pericoli, ma che è fiamma di consacrazione e di apostolato.
Perciò l'educazione alla castità sia luminosa: fondata sulla chiarezza e non su reticenze o su insincerità; sia positiva: orientata soprattutto a far maturare la sessualità come un modo retto e gioioso di amare, e non solo ad evitarne le trasgressioni.
Essa dovrà essere, allo stesso tempo, completa, organica e personalizzata, cioè adattata ai singoli individui nel loro concreto e differenziato sviluppo personale.50
I candidati alla vita sacerdotale potranno superare le difficoltà, che sono proprie del celibato, se si promuoveranno le condizioni adatte,
cioè l'equilibrio umano mediante un ordinato inserimento nella compagine delle relazioni umane;
l'incremento della vita interiore mediante l'orazione;
l'abnegazione e la carità ardente verso Dio e il prossimo, e gli altri sussidi della vita spirituale;
la fraterna familiarità con gli altri sacerdoti e con il vescovo, adattando meglio a tale scopo le strutture pastorali e confidando altresì nell'aiuto della comunità ecclesiale.51
In via generale, il trattamento dei problemi sessuali dovrà essere basato su criteri di semplicità, di naturalezza e di positività.
L'attenzione andrà diretta alle condizioni generali della personalità e non soltanto agli atti particolari e fenomenici.
In questo, come in altri campi, i metodi repressivi hanno piuttosto l'effetto di rinforzare che di attenuare la cattiva abitudine o la deviazione sessuale.
L'educatore tenga presente che la via buona per educare sessualmente i giovani è quella di rivolgersi ai loro sentimenti più nobili, di far loro intendere che, per diventare maturi, bisogna formarsi un carattere forte, una personalità bene integrata e bisogna sapersi autocontrollare.
É opportuno far leva anche sul sentimento di fierezza, mostrando che certe deviazioni sessuali sono segno di mancato sviluppo della personalità e sono un residuo di infantilismo; situazioni queste che non sono consentite a chi vuole vivere in coerenza con i propri ideali e con la propria dignità umana.
L'educatore non può restare indifferente di fronte alle deviazioni sessuali dell'età evolutiva, ma bisogna che intervenga in modo positivo nella soluzione del problema, evitando di considerarlo come un fatto isolato.
Dovrà aiutare la personalità tutta intera ad arrivare ad un livello superiore di integrazione, utilizzando a questo scopo le indicazioni che la natura stessa gli fornisce.
Sono numerose, oggi, le persone nelle quali si riscontrano vere nevrosi sessuali che, se hanno il loro fondamento in una predisposizione costituzionale, trovano nondimeno lo stimolo che le rende tormentose nelle condizioni della vita moderna.
È l'ambiente, infatti, che fornisce abbondante materiale per la loro elaborazione fantastica.
Il problema appare particolarmente rilevante nel periodo della pubertà.
L'esperienza prova che una direzione illuminata può facilitare notevolmente il superamento della crisi e garantire in modo più sicuro l'espansione integrale della personalità giovanile.
Il giovane che si apre alla vita non può essere abbandonato a se stesso: ha bisogno di direzione, di fermezza nel giudizio, di forte volontà.
La difficoltà del problema è qui: in questa personalità ancora incerta e, allo stesso tempo, resistente, di cui la coscienza morale porta ancora i tratti.
Il consigliere deve essere più che rispettoso e discreto, poiché ogni intervento che non rispondesse ad un bisogno intimo sarebbe rigettato come un'intrusione, come una violazione dell'intimità personale; deve essere come l'amico che sta accanto, per confortare nelle ore difficili, per consigliare nei dubbi e nelle incertezze, per sostenere nei momenti di pericolo morale, senza mai far pesare né la parola né la presenza.
Il giovane vuole conoscere i problemi della vita sessuale, perché essa è considerata parte fondamentale della sua vita.
Le proibizioni inopportune, più che trattenere, spingono l'individuo al fatto proibito.
Si tratta di condurre il soggetto a riguardare le questioni sessuali come questioni serie; a rispettare la persona e il suo valore incomparabile, in se stesso e negli altri.
Nel trattamento delle difficoltà o delle deviazioni sessuali sarà bene che l'educatore prenda queste precauzioni:
innanzi tutto non intimorire il soggetto, per non fomentare in lui l'ansietà;
cercare di evitare imposizioni, per non mettere il giovane in condizioni artificiali o anormali;
evitare sempre di fare dell'ironia su ciò che il soggetto ha confidato, per non indurlo a ripiegarsi e rinchiudersi in se stesso;
non drammatizzare la situazione, per non diminuire la forza di ripresa del soggetto.
Un orientamento educativo di notevole importanza, in rapporto a tutto il problema dell'educazione al celibato, è quello di aiutare il giovane a prendere coscienza delle proprie inclinazioni e delle proprie capacità a superare eventuali difficoltà connesse con lo stato celibatario.
E qualora si renda conto di non avere le qualità necessarie, bisogna agire in modo che sappia fare la propria scelta vocazionale con coscienza, con impegno e con coraggio.52
Gli errori di discernimento delle vocazioni non sono rari, e troppe inettitudini psichiche, più o meno patologiche, si rendono manifeste soltanto dopo l'ordinazione sacerdotale.
Il discernerle in tempo permetterà di evitare tanti drammi.
La selezione dei candidati è una cosa difficile e delicata ad un tempo; richiede un vero impegno di preparazione e realizzazione da parte di tutti gli educatori.53
Essa va fatta secondo i criteri di un'adeguata indagine diagnostica, quale la scienza psicologica oggi permette di realizzare, e deve tener conto, insieme al fattore soprannaturale, dei molteplici condizionamenti umani.
Si può ritenere che gli educatori ben preparati siano in grado di verificare l'autenticità delle vocazioni, negli individui normali, con i comuni criteri selettivi.
In casi particolari, o comunque ogni qualvolta sembrerà conveniente ai responsabili dell'educazione seminaristica, per meglio aiutare i singoli candidati a verificare la propria vocazione, sarà opportuno - e a volte anche necessario - ricorrere a rimedi specifici:
l'esame psicologico del candidato prima che entri nel corso teologico;
la consulenza specializzata, anche di carattere psicoterapeutico;
l'interruzione degli studi ecclesiastici per fare esperienze di lavoro professionale.
L'educazione sessuale ha lo scopo di prendere in considerazione la sessualità umana nella misura che le compete, per stare alla pari con le altre componenti educative, nel quadro di un'educazione integrale dell'uomo.
Di fronte ad una forma di sessualità misconosciuta o ignorata, bisogna guardarsi dall'errore opposto che tende a sopravvalutarla, facendone la dimensione unica o la più importante nella dinamica della personalità.
L'opera educativa deve accompagnarsi a tutto l'arco della curva evolutiva, adeguandosi all'età, al soggetto, al sesso e all'ambiente mediante « una positiva e prudente educazione sessuale ».54
Tra le aree educative, quella dell'educazione sessuale sembra oggi la più problematica, non solo per le incertezze e le difficoltà dei suoi metodi, ma anche per l'interferenza della personalità e del passato emozionale dell'educatore.
Si tratta di valutare debitamente gli aspetti dinamici della sessualità, che agiscono spesso a livello inconscio, senza per questo voler ridurre tutta la vita intima dell'educatore ad un giuoco di pulsioni irrazionali.
La preparazione degli educatori, in questo che è uno dei settori più difficili dell'educazione umana, è condizione indispensabile affinché siano garantiti risultati positivi alla sua azione.
Essa presuppone la conoscenza dello sviluppo giovanile, l'esistenza di particolari rapporti nel gruppo familiare, un linguaggio aderente ad un particolare costume sociale e l'adesione a precisi valori.
Soprattutto occorre che coloro i quali devono occuparsi dell'educazione sessuale dei giovani siano persone sessualmente mature, dotate di autentico equilibrio sessuale.
Più ancora della conoscenza del metodo e del contenuto, vale il tipo di personalità che l'educatore rappresenta, la prospettiva secondo la quale l'educazione sessuale è vissuta prima ancora che impartita, lo stile di vita che l'educatore incarna.
Le conoscenze, i consigli e la sollecitudine dell'educatore sono importanti, ma conta molto di più il suo comportamento.
L'educatore tenga presente che l'educazione sessuale non può prescindere da una formazione morale integrale; deve essere educazione attiva, individuale, protetta e favorita da un ambiente formativo, basata sulla piena e reciproca confidenza tra educatore ed educando.
Dal punto di vista della responsabilità dell'educatore, è un errore tanto quello di ignorare la sessualità quanto quello di volerla isolare dal contesto educativo.
La sessualità umana è un dato di fatto di cui è necessario prendere coscienza e valutarlo in rapporto alle esigenze globali del soggetto; ed è questo l'unico modo per poterla integrare nell'ambito della personalità totale.
L'educazione della sessualità richiede di essere realizzata in modo permanente e in relazione costante a tutta la personalità.
L'educazione sessuale deve integrarsi nell'educazione completa del candidato, poiché la realizzazione di quest'opera d'arte, che è la vita casta, suppone un lavoro corrispondente in tutto l'insieme della persona.
Il problema della purezza non si risolve facendo della purezza un'idea fissa ed esclusiva, ma considerandola e vivendola entro più alte e più ampie ragioni di giustizia e di carità, assolutamente necessarie per dare un significato e un valore alla vita: entro un quadro, dunque, di un'umanità integrale.
L'educatore procuri di portare i candidati a « scoprire » la scelta fondamentale della loro vita, guidandoli e aiutandoli a sentirla come un bene, il loro bene, e quindi a volerla tradurre nei loro atti, e infine a praticarla con tale perseveranza da renderne facilitata l'attuazione e da caratterizzare con essa tutta l'esistenza.
Per attivare potentemente la sfera affettivo-volitiva della personalità dei seminaristi, l'educatore dovrà prospettare loro più il bene che il male, più la virtù che il vizio; dovrà presentare loro idee-forza e valori che possano soccorrerli in ogni evenienza.
Anche fuori delle prospettive etico-religiose, conviene insegnare ai giovani che il sesso costituisce una riserva delle qualità virili del corpo, dello spirito e del cuore.
Perché l'educazione sessuale raggiunga i suoi fini essenzialmente morali, e quindi strettamente legati alla personalità, occorre che sia impartita ai singoli e che aiuti ciascuno a risolvere i suoi problemi.
Per svolgere con frutto un'educazione personalizzata, bisogna saper cogliere nel segno i bisogni e le risorse di ciascun soggetto; occorre saper dosare, a seconda delle capacità e delle necessità dei singoli, i mezzi naturali e soprannaturali.
Il rapporto personale dell'educatore con l'alunno e la direzione personalizzata non bastano per educare: occorre organizzare sapientemente l'ambiente di vita.
Ciò esige che, da una parte, si eliminino, nei limiti del possibile, i fattori che agiscono in modo deleterio sull'animo del giovane;55 e, dall'altra parte, si educhino gli alunni a reagire alle cattive influenze che potrebbero venire dall'ambiente.
Questo deve essere ricco di vita, di attività, di serenità, di elevatezza morale e di sana amicizia: deve essere tale da facilitare il trasferimento delle energie affettive e degli interessi dell'adolescente o del giovane su oggetti buoni, per distoglierli dalla concentrazione su oggetti pericolosi.
Un importante elemento costitutivo dell'ambiente è la mentalità collettiva degli alunni.
L'educatore non potrà mai creare un clima ideale per la purezza se non cercherà di formare un'elevata mentalità collettiva degli alunni sul mutuo rispetto e se non educherà in essi il culto per la virtù.
La permanenza nel seminario è necessariamente temporanea; i seminaristi pertanto vanno preparati a vivere con fedeltà e soddisfazione l'esistenza che svolgeranno fuori del seminario, « in un mondo che tende ad esiliare l'uomo da se stesso e a comprometterne, insieme con la sua unità spirituale, l'unione con Dio ».56
I giovani sentono il bisogno di un amico al quale potersi confidare e nel quale poter credere.
Senza l'aiuto di una guida amica e saggia, si moltiplicheranno e complicheranno gli stati di angoscia, gli scoraggiamenti e le cadute.
A sua volta, l'educatore-amico non potrà fare da guida se non conoscerà intimamente l'educando; ciò comporta che l'educando si confidi candidamente.
Ma questo reciproco incontro di confidenza è possibile soltanto se l'educatore è capace di mettere tutta la propria persona in ascolto, attendendo con fiducia l'ora della buona volontà e della grazia.
Rispettando la libertà che si deve lasciare nel campo della direzione spirituale, l'educatore dovrà convincere ed esortare i giovani ad avere una guida spirituale alla quale si affidino con tutta sincerità e confidenza, ma soprattutto dovrà attendere a perfezionare se stesso in modo da meritarsi e conquistarsi la loro stima e confidenza.
Quando l'educatore avrà creato un'atmosfera di reciproca confidenza, potrà svolgere un'opera di illuminazione personale, discreta e progressiva, la quale pure è un'importante parte dell'educazione alla castità e, se fatta come conviene, gioverà anche a consolidare la fiducia e l'affetto dell'educando verso l'educatore.
L'educazione sessuale, intesa non solo come illuminazione intellettiva, ma anche come educazione morale, è necessaria e doverosa, sia perché mediante tale educazione si prospetta la soluzione del problema, sia perché chi ne è sprovvisto è per ciò stesso indifeso, tanto in presenza di deviazioni personali quanto dinanzi a iniziazioni nocive, che sono da prevenire.57
Il compito dell'educatore non è soltanto quello di insegnare, ma soprattutto quello di favorire delle prese di coscienza.
Si tratta di portare i giovani ad una capacità di decisione libera e retta, perché questa, di fatto, è atta a governare il dinamismo della sensibilità.
Pertanto l'educazione sessuale deve rispondere ai requisiti di gradualità secondo l'età, di positività dell'intervento, di aderenza al carattere dei singoli individui e di correlazione con lo stato di vita.
Il primo e naturale ambiente per questa educazione è la famiglia e in essa i genitori, i quali, però, non sempre sono preparati a svolgere tale compito.
Di qui la necessità che gli educatori suppliscano alle deficienze educative della famiglia.58
Il pudore è un elemento essenziale della sensibilità nelle sue svariate manifestazioni.
Esso è una resistenza incosciente a tutto ciò che rivelerebbe in noi il nostro fondo di istintività.
Quando diventa cosciente, esso mira ad escludere circostanze e a frenare fantasie, e comportamenti che deturpino la dignità spirituale dell'io; è un mezzo efficace per far fiorire l'amore autentico nella vita sessuale e per conservare questa entro una casta armonia della persona.
Il pudore è intimamente legato alla vita morale superiore; è espressione della coscienza nel campo sessuale, la quale è una reazione interna a tutte le deviazioni dell'ordine naturale.
Come tale, il senso del pudore è protezione della personalità e, quindi, è un valore della più alta importanza pedagogica.
Non si può educare alla castità senza sviluppare il senso del pudore.
D'altra parte, va tenuto presente che un'educazione troppo angusta, in questo campo, moltiplicherebbe le difficoltà e aggraverebbe l'inquietudine e il disagio dei giovani.
È bene abituarli ad una certa liberazione da timori e verecondie ingiustificate, così da non estendere il campo delle tentazioni a detrimento di una vita serena e normale.
L'educazione del pudore sia indiretta e positiva.
A tale scopo, si utilizzi la tendenza imitativa dei soggetti, presentando loro modelli concreti e affascinanti di virtù; si educhi il senso estetico, ispirando il gusto del bello presente nella natura, nell'arte e nella vita morale; e si aiutino gli alunni ad instaurare in se stessi un sistema di valori spirituali, da realizzare in uno slancio disinteressato di fede e di dedizione.
La maturazione sessuale deve andare di pari passo con la maturazione affettiva.
L'educazione della castità è, in gran parte, educazione del cuore e problema di amore.
L'amore umano non è perfetto fin dall'inizio: si sviluppa e si perfeziona attraverso un lungo processo di evoluzione e di purificazione.
Da sensibile, egoistico, edonistico, come è nel bambino, deve arrivare ad essere, nell'adulto, spirituale, altruistico, amante del sacrificio, ad immagine dell'amore di Dio verso l'uomo.
Bisogna quindi aiutare il seminarista a salire secondo questa traiettoria, senza ritardi o arresti, senza peraltro pretendere di bruciare le tappe.
C'è da segnalare particolarmente l'esigenza di favorire lo sviluppo delle grandi riserve affettive dei giovani con il richiamo insistente verso ideali di verità, di bellezza, di giustizia, di bontà, di purezza, di generosità, di oblatività, di eroismo, e di rendere possibili amicizie genuine ed elevanti.
I giovani vengano richiamati non tanto su eventuali elementi poco limpidi presenti nelle loro amicizie, quanto piuttosto sul dovere di far sì che esse siano un riflesso della carità, sia verso l'amico sia verso gli altri.
L'effervescenza sentimentale giovanile ha bisogno di essere chiarificata, purificata e ordinata; occorre mostrarne la fondatezza nella ragione e nella fede, cosicché il giovane ne prenda coscienza distinta, ami con rettitudine e tenda ad attuare i fini naturali e soprannaturali dell'amore.59
Il celibato è un valore, una grazia, un carisma, che va presentato nella sua giusta luce, perché sia stimato, scelto e vissuto per quello che è.
Si rende, quindi, necessaria una serena presentazione di esso, sciogliendo contemporaneamente i pregiudizi e le obiezioni che gli si muovono contro; questo è un primo compito dell'educatore.
L'educazione seminaristica deve aiutare a discernere il senso della sessualità in ordine al matrimonio: per consacrarsi nel celibato, si presuppone la conoscenza di ciò che è l'impegno nell'amore della coppia coniugale.
Tuttavia, l'educazione seminaristica si propone soprattutto di guidare a scoprire quello che è il senso della sessualità e il suo esercizio autentico nel celibato consacrato a Dio nel Cristo.60
Non si tratta quindi di sopprimere, ma di capire e di sublimare l'amore e la sessualità: e qui, più che la semplice istruzione, occorre tutta una pedagogia che formi ad amare con amore di carità.
Il celibato sacerdotale è più che semplice castità, e non si identifica con il fatto di non essere sposati o con la continenza sessuale; è rinunzia ad una triplice tendenza naturale: la funzione genitale, l'amore coniugale, la paternità umana; rinunzia sì, ma « per amore del regno dei cieli ».
Per essere autentico e testimoniare veramente i valori religiosi, esso non deve mai essere una negazione o una fuga, ma una sublimazione della sessualità.
Le « motivazioni » del celibato assumono una dimensione particolare per ciascun soggetto.
D'altra parte, nella vita del celibe consacrato si svolge un'evoluzione, mediante un tirocinio di relazioni verso Dio e verso gli altri.
È qui che si pone il vero problema, più che nel valore delle motivazioni iniziali.
Non si deve dimenticare l'importanza dell'atteggiamento psicologico del seminarista di fronte alla vita celibataria.61
L'ideale dell'equilibrio umano, nel celibato come nel matrimonio, non si realizza completamente una volta per sempre.62
Non va inoltre considerata come contraddittoria l'inclinazione del giovane al matrimonio o alla famiglia, così che possa rendergli dolorosa la rinunzia.
La sofferenza può essere sentita per tutta la vita e, tuttavia, non costituisce pregiudizio allo stato verginale, se l'esclusività della dedizione a Dio è vissuta con pieno assenso.
Il celibato è un appello da parte di Dio, che può costare propriamente il sacrificio di una forte propensione al matrimonio.
Il celibato volontario ha senso in un contesto di « relazione »: è vissuto in seno ad una comunità fraterna che suppone lo scambio e che permette di raggiungere gli altri al di là del bisogno che se ne può avere: tirocinio della « non-possessività ».
Segno di un celibato bene assunto è la capacità di creare e di mantenere relazioni interpersonali valide; è la presenza degli amici nella loro assenza, il rifiuto di imporsi loro, la prova di non aver troppo bisogno di essi.
Perciò il celibato è anche accettazione di « solitudine ».63
C'è una solitudine costitutiva, misteriosa, che fa parte della nostra condizione umana.
È sempre in una situazione di solitudine che si scoprono meglio la propria identità e le proprie possibilità e si maturano le grandi scelte della vita.
La solitudine del celibato sacerdotale è carica di questi valori.
Il sacerdote è destinato a condurre gli uomini verso Dio attraverso il Cristo; e conseguirà questo effetto quando la bontà e l'amore di Dio irradieranno attraverso la sua persona.
In coerenza con il suo stato, egli deve saper mettere in secondo ordine gli interessi personali e subordinare la soddisfazione delle proprie tendenze all'amore del prossimo, al quale si è dedicato con il suo sacerdozio.
Tenendo conto del principio, già enunziato, secondo cui l'educazione sessuale va integrata nell'educazione totale della persona, e volendo educare al celibato, è indispensabile indurre i seminaristi a coltivare sempre più le virtù naturali e soprannaturali.64
Si mostri loro l'organicità e il collegamento delle virtù nella carità, che è forma di tutto l'agire virtuoso; si convincano della necessità di donarsi costantemente e totalmente alla perfezione della carità, « vincolo della perfezione » ( Col 3,14 ).
Man mano che i seminaristi crescono nelle convinzioni e nel senso di responsabilità per la scelta vocazionale, devono essere stimolati ad amare attivamente l'ideale e a voler vivere la castità perfetta senza indulgenti concessioni o compromessi, coscienti che, anche da un punto di vista umano, essi non sono inferiori agli altri.
Ogni candidato deve conoscere se stesso, le proprie condizioni fisiche, psichiche, morali, religiose, affettive, e valutare appieno la sua capacità di rispondere alla divina chiamata con una decisione ponderata, matura e responsabile.65
Deve avere la piena e libera volontà di offrirsi totalmente e di continuo al Cristo, sommo ed eterno sacerdote, e alla sua Chiesa.66
Deve potere e volere osservare i comandamenti di Dio e la disciplina della Chiesa.67
L'integrazione della rinunzia al matrimonio non solo esclude l'ignoranza della sessualità, ma esige che i giovani siano educati a prenderne coscienza, a valutarla in tutto il suo peso nei rapporti con gli altri valori dell'intera persona.
Tutto ciò implica un'educazione del cuore, degli affetti, dei sentimenti e dell'apertura agli altri, in una parola, di un progressivo e controllato sviluppo della propria sessualità e affettività.
Non basta vivere materialmente il celibato, bisogna amarlo sacerdotalmente.
Sarebbe una grave controindicazione per la vocazione ecclesiastica se un giovane fosse egoista, chiuso all'affetto, preoccupato esclusivamente di sé e dei propri comodi.
Ma è anche vero che un giovane dotato di un temperamento eccessivamente affettivo, facile alle simpatie e agli attaccamenti morbosi, non è molto adatto per la vita celibataria.
Il celibato è vocazione ad una forma di amore; va vissuto in clima di amicizia, che deve essere prima di tutto amicizia con Dio nel Cristo.68
Il sacerdote deve vivere di quell'amore di carità che si attinge in Dio come a più alta sorgente e si esercita ad imitazione del Cristo, allargandosi a tutti e dilatando quel senso di responsabilità che è indice di personalità matura.
Nel fare la loro scelta di vita e per essere ad essa fedeli - giacché va rinnovata di giorno in giorno - i seminaristi siano guidati a fondarsi sui motivi più validi; e si persuadano a voler vivere una castità autentica, se non vogliono languire nella mediocrità, senza le gioie umane e senza quelle divine.
Dato il profondo rapporto esistente tra religiosità e castità, e per il significato specificamente sacro e cristiano del celibato, è indispensabile che la formazione religiosa dei seminaristi si perfezioni sempre più e raggiunga le profondità dell'anima;69 che essi siano messi a contatto con le sorgenti di un'autentica vita spirituale, che sola dà all'osservanza della sacra verginità saldissimo fondamento.70
Il celibato, offerto per la vita intera, dà modo di sacrificare nuove situazioni al Signore, di arricchirsi di rinnovate dimensioni ecclesiali, di verificare la generosità sincera della prima offerta; e, inoltre, di uniformarsi lentamente e progressivamente a Gesù Cristo nel profondo del proprio io, di perpetuare un costante abbandono fiducioso nell'assistenza dello Spirito del Signore e di simbolizzare e testimoniare, presso il popolo di Dio, il « sacerdozio eterno » di Gesù Cristo.
La formazione al sacerdozio, e particolarmente al celibato sacerdotale, richiede un'ascesi, non generica, ma « particolare, superiore a quella richiesta a tutti gli altri fedeli e propria degli aspiranti al sacerdozio.
Un'ascesi severa, ma non soffocante, che sia meditato e assiduo esercizio di quelle virtù che fanno di un uomo un sacerdote ».71
La vita sacerdotale esige, inoltre, un'ascetica « interiore ed esteriore veramente virile »,72 perché si possa mantenere la piena fedeltà agli impegni assunti73 e avere garanzia di felice successo.74
La conquista della santità cristiana esige un'ascesi di abnegazione che, contemporaneamente, è ascesi di liberazione.
L'abnegazione, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, è esercizio di potere regale ed è necessaria per attuare il dominio della carità.75
Carità e abnegazione sono complementari tra loro: l'abnegazione libera l'uomo, facendo spazio alla carità, e la carità promuove l'abnegazione.
Il candidato alla vita sacerdotale è prevenuto dalla grazia vocazionale che gli fa il prezioso dono della vita casta;76 prendendone coscienza egli sarà stimolato ad accogliere tale dono con tanta gratitudine e a corrispondervi liberamente e generosamente.77
L'ascesi è la risposta decisa che il candidato vuole dare con tutta la sua vita.
Questa mortificazione vivificatrice, necessaria ad ogni vita umana e cristiana, a maggior ragione si addice alla vita sacerdotale.
Infatti, l'attività sacerdotale del Cristo non viene intesa nel suo pieno senso biblico se non teniamo innanzi tutto presente che il Cristo è « sacerdote e vittima », e che egli sacrifica se stesso sull'altare della croce per il bene dell'umanità, anticipando e poi rinnovando in modo incruento sugli altari questa donazione di sé.
Essendo questo il punto capitale della missione sacerdotale del Redentore, non si può diversamente pensare nei riguardi della vita di coloro che sono chiamati a partecipare di tale missione e che, agendo nella persona del Redentore, continuano la sua opera.
È chiaro, dunque, che la santità sacerdotale, e perciò stesso la spiritualità dei sacerdoti, deve essere interamente centrata nel fatto che anche essi devono essere sacerdoti e vittime, unitamente al Cristo, sommo sacerdote e vittima immacolata.
Questa verità, mentre mette in luce la necessità di una forte ascesi, mirante ad evitare tutto ciò che potrebbe ostacolare il ministero sacerdotale, costituisce ancora più positivamente un invito a seguire la via della croce, portando sempre la mortificazione del Cristo nel nostro corpo, affinché la vita di Gesù sia manifestata in noi ( 2 Cor 4,10 ).
É un invito positivo ad accettare a fondo le implicazioni della consacrazione sacerdotale.78
Si spiega così la connessione - messa bene in risalto dal Concilio - esistente tra la funzione principale dei sacerdoti e il loro dovere di imitare ciò che trattano.79
Questa accentuazione dell'ascesi propria del sacerdozio celibatario non ignora che anche il matrimonio è uno stato sacrificale, che implica mortificazione di sé.
Tenendo presente l'attuale clima di generale rifiuto della mortificazione, si insista perché i seminaristi si convincano che l'impegno ascetico è indispensabile per conseguire la maturità umana, cristiana e sacerdotale; e si dimostri loro come esso sia condizione indispensabile per crescere nella partecipazione al mistero pasquale del Cristo.
La fedeltà alle scelte compiute è la virtù di una persona giunta alla piena maturità spirituale ed è la forma più alta della libertà.
Ma a tale maturità e libertà non si giunge se non attraverso un diuturno esercizio di autocontrollo e di autodonazione, portato avanti lungo gli anni della formazione, e che deve essere continuamente mantenuto.
« In tale modo, l'aspirante al sacerdozio acquisterà, con l'aiuto della grazia divina, una personalità equilibrata, forte e matura, sintesi di elementi nativi e acquisiti, armonia di tutte le sue facoltà nella luce della fede e dell'intima unione con il Cristo, che lo ha scelto per sé e per il ministero della salvezza del mondo ».80
Non senza ragione il magistero ecclesiale insiste sulla funzione profetica di coloro che si sono impegnati a seguire da vicino Gesù Cristo, perché profeta non è solo colui che annunzia l'avvenire, ma anche colui che testimonia la realtà e la prossimità di Dio.81
Lo slancio di affetto verso l'Invisibile non può appoggiarsi che sullo sguardo soprannaturale, su una conoscenza che supera quella dei sensi.
Il celibato sacerdotale e religioso è un'offerta fatta al Signore; esso supera ogni calcolo umano di fecondità e di efficacia; si rivela come sacrificio e non accetta di ricevere la sua giustificazione che dalla fede.
In questo tendere a Dio c'è un'ascesi profonda; tanto più profonda in quanto il soggetto, come ogni essere umano, deve scoprire e assumere il limite che lo segna nel profondo del proprio io.
Niente è possibile senza l'accettazione generosa di questo limite.
È come la lotta di Giacobbe con l'Angelo ( cfr. Gen 32,24-32 ).
La lotta riguarda soprattutto le delusioni che colpiscono l'uomo nei suoi entusiasmi più profondi e nelle sue speranze più care.
Il seminarista, come ogni altro giovane, avverte l'esigenza dell'integrazione affettiva; sente cioè la necessità di un atteggiamento equilibrato e sereno verso la sessualità in genere e in modo particolare verso l'altro sesso.
Si tratta di raggiungere un giusto equilibrio, il dominio di sé o, come spesso si dice, lo stato di maturità, in cui l'affettività viene integrata nella persona del giovane in maniera tale che consente un comportamento normale e adeguato alle varie situazioni della vita.
É chiaro che detta maturazione può attuarsi in modo perfetto soltanto mediante contatti con altre persone; essi consistono in relazioni di amicizia, in colloqui e, in genere, nella comunione di lavoro, di ricreazione e di altri interessi.
Tali contatti rivestono naturalmente grande importanza nella vita del giovane.
Egli, infatti, avverte molto vivamente i propri limiti; vede che non basta a se stesso, essendo portato a ricevere e a dare.
Questa è un'esperienza umana fondamentale, che può essere la base di una ricca esperienza spirituale.
Ma è difficile vivere in senso maturativo le relazioni, specialmente quando si tratta di persone di diverso sesso.
Ciò richiede la capacità e l'impegno di saper vedere le ambiguità che esse assumono, e come si organizzano i desideri e i vari meccanismi affettivi; è necessario anche un prudente « discernimento degli spiriti », sensibile alle mozioni della grazia e della natura.
Riguardo al problema delle relazioni con l'altro sesso si è registrato in questi ultimi anni un notevole cambiamento.
Mentre fino a qualche tempo fa prevaleva, a tale riguardo, un atteggiamento di riserva e di cautela, fino a giungere, in certi casi estremi, ad un esagerato isolamento del seminarista, oggi invece si sta facendo strada un grande ottimismo, un atteggiamento di fiducia, a volte eccessiva, che non sembra accontentarsi dei contatti comuni e ordinari della vita, ma auspica la convenienza di frequenti relazioni con le donne, unicamente a motivo di una più facile maturazione affettiva del giovane.
I seminaristi siano guidati a scoprire la teologia della castità, mostrando i rapporti che corrono tra la pratica di questa virtù e tutte le grandi verità del cristianesimo.
Si mostri la fecondità apostolica della verginità consacrata, facendo notare che ogni esperienza di bene o di male va a modificare in senso positivo o negativo il nostro essere, la nostra personalità e, conseguentemente, anche la nostra azione apostolica.
La religione valorizza la purezza come virtù, mentre indica i mezzi atti a conservarla e a difenderla con gelosa cura, con riservatezza, con disciplina interiore delle fantasie e dei desideri e con disciplina esteriore dei sensi.
L'azione educativa, in questo campo, non è completa se non istruisce gli alunni sulla natura delle tentazioni, sulle loro fonti e cause, sulle varie forme di tentazione, sui rimedi e sulla strategia spirituale da usare contro di esse.
Come in tutte le relazioni umane, così anche nelle relazioni del seminarista con l'altro sesso, la giusta linea da seguire è quella della verità e sincerità, insistendo sull'autenticità del comportamento, che esclude, per sua natura, tutto ciò che sa di fittizio e di artificioso.
È evidente che sono fuori di questa linea tutte le relazioni provocate e ricercate soltanto per un vantaggio personale unilaterale, quasi per « strumentalizzare » la persona del prossimo ai propri fini.
Escluse quindi per il futuro sacerdote relazioni di questo genere, rimangono i contatti ordinari e normali che si presentano in varie occasioni della vita.
Si tratta di relazioni impostate secondo le regole di un sano comportamento umano, improntate alla delicatezza, al rispetto e soprattutto alla carità che si deve ad ogni persona.
Le relazioni collocate a questo livello offrono al seminarista sufficienti occasioni per il suo sviluppo: per conoscere meglio se stesso, per affinare il proprio carattere, sperimentandone i punti forti e deboli, le varie qualità da potenziare o da correggere.
È necessario che, in tali relazioni, il seminarista arrivi alla padronanza di se stesso, che sappia sospenderle o rinunziarvi senza sentirsi inquieto.
Ciò suppone una sana ascesi: una vigile mortificazione e un costante autocontrollo.
Tenendo presente questa necessità di autocontrollo, i seminaristi vanno esortati ad un prudente discernimento degli affetti: « Imparino a discernere questo amore, manifestato con apertura, davanti al Signore, ai direttori spirituali e ai superiori; evitino, al contrario, le relazioni particolari, specialmente quelle esclusive e prolungate con le persone dell'altro sesso, ma soprattutto si sforzino di praticare e di impetrare da Dio un amore aperto a tutti e perciò veramente casto ».82
L'importanza che si dà, in questo campo, alla direzione spirituale suppone naturalmente anche le dovute capacità del direttore spirituale.
È evidente che egli non potrà risolvere secondo un unico schema i vari problemi che si presentano, ma dovrà considerarli caso per caso, tenendo conto delle differenze tra i singoli, e aiutando ciascuno personalmente a superare le eventuali crisi che possono turbare o far deviare dalla propria vocazione.
Il problema delle relazioni con l'altro sesso tocca il seminarista non solo nella sfera della sua vita personale, ma anche nella prospettiva della sua futura attività pastorale.
Ed è proprio in considerazione dell'impegno pastorale di domani che si insiste perché « particolare attenzione sia data pure alla preparazione degli alunni circa i retti e sani rapporti con le donne, perché, bene istruiti sul loro specifico carattere e sulla loro psicologia a seconda del diverso stato di vita e le diverse età, nell'adempiere il ministero pastorale possano offrire loro una cura spirituale più efficace e si possano comportare con quella sobrietà e prudenza che conviene ai ministri del Cristo ».83
Come è stato accennato sopra, le giuste e sane relazioni con la donna non si improvvisano, ma si attuano attraverso una lenta e delicata educazione.
È quindi compito dei seminari preparare gli alunni a contatti personali con la donna: aiutarli cioè non soltanto ad acquisire l'autodominio sulle proprie reazioni affettive alla sua presenza, ma anche a fare loro conoscere ciò che essa rappresenta nell'ordine dello spirito.
Una tale preparazione è necessaria al seminarista anche per approfondire il suo senso umano e il tatto delicato, che devono qualificare ogni relazione pastorale.
In considerazione della situazione odierna, è necessario dire anche una parola circa la possibilità di un'amicizia tra il seminarista ( o il sacerdote ) e la donna.
Questo problema richiede, infatti, una perspicace attenzione e un equilibrio non comune.
Non vi è dubbio che le relazioni normali nell'ambito dell'ordinaria vita quotidiana possono, in certe condizioni, contribuire alla maturazione umana e spirituale del seminarista; bisogna però mettere in guardia contro amicizie particolari che si dimostrino pericolose e incompatibili con la vocazione sacerdotale, in quanto impediscono la libertà del cuore e l'universalità dell'amore.
La natura della missione cui il seminarista si sta preparando esige in lui un'apertura di spirito verso tutti: un amore universale, « sincero, umano, fraterno, personale e immolato, sull'esempio del Cristo verso tutti e verso ciascuno, specialmente verso i poveri, gli afflitti e i loro eguali ».84
Ciò suppone implicitamente che i superiori e i direttori spirituali sappiano dare un efficace aiuto ai giovani affidati alle loro cure.
Va tenuto presente che è molto difficile conoscere, fin da principio, il carattere delle relazioni, giudicando forse spirituale ciò che non lo è; e poi, anche nell'ipotesi di una grande rettitudine di intenzione, bisogna tener conto della forza idealizzante di relazioni affettive, la quale induce a sottovalutare e a misconoscere i reali pericoli che dette relazioni comportano.
L'amore sensibile, infatti, di sua natura ambivalente, facilmente piega verso la concupiscenza, con l'effetto di compromettere quel pieno sviluppo della persona, che dovrebbe invece favorire.
Così, mentre i vantaggi spirituali che qualcuno volesse ripromettersi da un'amicizia di questo genere sono molto ipotetici e incerti, i pericoli e le difficoltà che ne derivano sono invece spesso grandi e reali.
In questo campo, un giusto realismo porterà a tener presente che la natura facilmente inganna, facendo credere necessari certi rapporti e colorando con motivazioni soprannaturali ciò che è solo inclinazione della natura.85
L'educatore dovrà conoscere la personalità dell'educando nel suo crescere attraverso le varie fasi dell'età evolutiva.
Per ciò che riguarda, in particolare, l'adolescenza, va rilevato che essa si caratterizza per il processo di maturazione fisiologica, per l'emergere del desiderio sessuale e per il prevalere dell'attività fantastica circa i dati della vita sessuale.
L'adolescente ha bisogno di essere aiutato a formarsi una sana idea della funzione della sessualità;
a prendere coscienza della sua posizione nell'ordine dei valori;
ad apprendere il retto modo di agire nel caso di tentazioni impure e di fronte alle situazioni implicanti elementi sessuali;
a dominare i suoi istinti, non nel terrore, ma nella serenità, che solo la conoscenza della verità può apportare.
L'educazione deve tenere presente tutto questo e deve sviluppare in socialità il potenziale affettivo dell'adolescente, aiutandolo ad oggettivare la sua spinta sessuale verso un'oblatività totale.
È compito particolarmente arduo quello di integrare chiaramente questa spinta.
Nessuna meraviglia, quindi, se si verifica nell'adolescente un ripiegamento su di sé, unito alla sensazione di essere drammaticamente incompreso dall'ambiente che lo circonda.
Si può ben capire che in questo stato la spinta sessuale porti talvolta l'adolescente a centrare su di sé la sua carica erotica, rendendo sempre più difficile la sua integrazione.
Una delle cause responsabili del fenomeno masturbatorio è lo squilibrio sessuale; altre cause sono soprattutto occasionali e secondarie, anche se ne facilitano la comparsa o contribuiscono ad alimentarla.
L'azione pedagogica dovrà essere orientata più su queste cause che sulla repressione diretta del fenomeno; solo così si potrà favorire efficacemente l'evoluzione dell'istinto del ragazzo, cioè quella crescita interiore che lo porterà ad una disciplina progressiva del suo mondo istintuale, che queste cause contribuiscono più o meno ad ostacolare.
Non bisogna ricorrere alla paura, alle minacce od alle intimidazioni di carattere fisico o spirituale, se non si vogliono favorire stati ossessivi che compromettono l'equilibrio sessuale e fissano il soggetto su se stesso, anziché aprirlo agli altri.
In questo, come in altri casi, il superamento si ottiene nella misura in cui si riesce a prendere coscienza della vera causa del disturbo.
Ed è in questa direttiva che si orienterà particolarmente l'azione educativa.
L'autoerotismo rimane un ostacolo verso l'ordine di vita cui conduce l'impegno formativo.
L'educatore non può rimanere indifferente dinanzi alla chiusura di orizzonti da esso causata.
Tuttavia, egli dovrà sdrammatizzare il fatto masturbatorio e non diminuire la sua stima e benevolenza verso il soggetto.
Venendo a contatto con l'amore oblativo soprannaturale dell'educatore, il giovane percepirà di essere accolto nella comunione caritativa e si sentirà strappato dal chiuso del proprio io.
Per le singole difficoltà non è bene offrire sempre una soluzione, che il soggetto dovrebbe solo accettare, ma è molto più efficace - agli effetti di una vera crescita interiore - aiutare e stimolare il soggetto a trovare da se stesso la soluzione.
In tal modo egli non solo risolve un singolo problema, ma apprende l'arte di risolvere i problemi che eventualmente gli si presenteranno.
Fermo restando che l'educazione seminaristica deve promuovere armonicamente la formazione naturale, cristiana e sacerdotale degli alunni, l'aspetto più difficile di tale educazione durante l'adolescenza è quello di saper dosare, nella giusta proporzione, la formazione cristiana e la formazione sacerdotale.
Quest'ultima va iniziata con opportuna gradualità e va portata avanti, nel periodo adolescenziale, con molta saggezza.
Per la maggior parte dei candidati i motivi della vocazione sono, all'inizio, assai vaghi.
Essi vogliono mettersi al servizio degli uomini, della Chiesa e del Cristo, ma non hanno spesso idee ben precise né sulla Chiesa né sul Cristo.
Il loro atteggiamento è piuttosto una disponibilità a carattere umanitario, polarizzata da un riferimento poco specifico a Dio, al Cristo, alla Chiesa.
Infatti, per molti adolescenti la visione della vita è ancora globale.
L'atteggiamento umanitario e il riferimento religioso sono pertanto poco distinti.
Questa è la ragione per cui molti adolescenti inclinano inizialmente verso l'impegno sacerdotale; ma quando gli interessi umani si designano nella loro specificità, essi abbandonano l'idea della vocazione e lasciano il seminario, se il tenore religioso del loro atteggiamento non si arricchisce.
Bisogna quindi fare scoprire opportunamente il senso di una vita consacrata a Dio e non imporre fin dall'inizio uno stato di vita già sacerdotale.
Nella giovinezza, l'amore tende ad esprimersi in manifestazioni di sessualità ben differenziata, in una fusione del fattore sessuale fisiologico con quello psico-affettivo.
Nonostante le apparenze e l'attuale promiscuità, molti giovani non conoscono la vera psicologia femminile.
La donna li affascina, ma è un mistero per loro, e li sconcerta.
Essi facilmente possono cedere alle contraffazioni dell'amore, mentre dovrebbero scoprire che castità e amore sono un'unica virtù, essenzialmente attiva, feconda e generosa.
L'educatore terrà conto particolarmente del fatto che la giovinezza è l'epoca della scelta decisiva e definitiva della vita: i giovani devono essere posti di fronte a tutte le proprie possibilità per poter liberamente scegliere.
È il momento in cui è necessario guidarli a conoscere la vera teologia del matrimonio e del celibato consacrato;86 è il momento in cui devono essere definitivamente dissipati i pregiudizi e le « false teorie che sostengono essere la continenza perfetta impossibile o nociva al perfezionamento dell'uomo ».87
Un grave problema, oggi, non è soltanto quello dell'insensibilità dei giovani alla vocazione sacerdotale, ma anche quello della loro perseveranza e adesione completa alle esigenze che tale vocazione comporta.
Tra le molte cause della non perseveranza, vi sono certamente quelle oggettive, dipendenti dalle condizioni ambientali e culturali in cui i giovani vivono.
Ma indubbiamente vi è anche una causa soggettiva di notevole importanza, sulla quale conviene richiamare l'attenzione degli educatori: si tratta di un'indebita svalutazione dello stato di consacrazione a Dio nella vita sacerdotale.
I giovani d'oggi non sono meno generosi di quelli di ieri, ma hanno particolarmente bisogno di essere guidati sulla via dell'impegno, provocati all'eroismo: hanno bisogno di grandi ideali.
È un grave errore ridurre la vocazione sacerdotale a dimensioni di vita ordinaria, senza sacrificio, senza impegno.
I giovani non potranno rispondere generosamente se non si fa leva sulle qualità proprie dell'animo giovanile: il gusto del difficile, il bisogno della dedizione, la gioia del sacrificio.
Essi devono giungere a sentire profondamente « con quanta gratitudine debba essere abbracciato questo stato, non soltanto in quanto comandato dalla legge ecclesiastica, ma come prezioso dono di Dio da impetrarsi umilmente e al quale essi, stimolati e aiutati dalla grazia dello Spirito Santo, devono affrettarsi a corrispondere liberamente e generosamente ».88
È segno di realismo psicologico pensare che il sacerdote, come ogni altro uomo, andrà soggetto alle comuni crisi dello sviluppo umano e alle particolari difficoltà della sua condizione: crisi e difficoltà affettive, sessuali, di relazione con l'autorità, di inserzione nella Chiesa e nel mondo e di ordine spirituale.
Perciò i candidati alla vita sacerdotale dovranno essere preparati ad affrontare tali crisi con spirito di sacrificio e coraggiosa coerenza.
Nell'esistenza di un uomo, il passare al di là di quello che si suole chiamare « il mezzo del cammin di nostra vita » è un dato molto importante.
Le soluzioni fondamentali sono già state prese, risolvendo, tra i venti e i trent'anni, i problemi cruciali della vita: vocazione, professione, orientamento di vita.
Le possibilità di tornare indietro sono minime.
A questa età, è venuta meno la giovinezza con le sue prospettive e prerogative: entusiasmi, speranze, sogni di santità e di grandi opere in seno alla Chiesa.
Subentra una vita più consapevole, più calma e più equilibrata, ma anche più vulnerabile.
Si possono già avere avuti riconoscimenti, posti di responsabilità, successi; oppure ci si può sentire umanamente e apostolicamente dei falliti.
Ci si può trovare anche in una posizione di oscurità rassegnata.
Questa constatazione può portare alcuni soggetti ad una vita tormentata, interiormente inquieta; ad una « crisi di vuoto », cioè di insoddisfazione e di frustrazione per gli ideali non realizzati.
In tali circostanze, l'esigenza di un'amicizia umana si farà sentire più fortemente.
Dal punto di vista della situazione familiare, il sacerdote si trova solo: non ha più, solitamente, la famiglia nella quale era inserito da giovane, e non ha una famiglia propria.
La situazione di apostolato segna una diminuzione del fervore che aveva sostenuto il sacerdote nella giovinezza; egli ha l'impressione che le generazioni nuove lo mettano in disparte.
Quindi a quarant'anni lo attende, per lo più, una solitudine interiore ed esteriore.
Allora egli può sentire più vivamente il peso e la portata di ciò cui ha rinunziato con il celibato.
Si aggiunga spesso una certa monotonia nel ministero sempre uguale, molte volte difficile, forse unita ad un senso di sfiducia anche verso l'ambiente e la gerarchia ecclesiastica: sfiducia perché le cose vanno sempre allo stesso modo, senza speranza di cambiarle.
Nascono così i penosi ripiegamenti, le irritazioni e i malumori; c'e il pericolo di riscoprire e sopravvalutare le realtà sensibili, da cui il soggetto si è separato per consacrarsi a Dio.
Non mancherà la crisi spirituale, che talora prende la via dell'abitudine al ministero e agli esercizi di pietà; altre volte prende la via dello scetticismo sui progressi spirituali e fa ritenere inutili gli sforzi.
Per chi venisse a trovarsi in queste situazioni, la prima norma da seguire è di aver pazienza con se stesso, accettarsi senza irritarsi contro l'insorgere di determinate difficoltà.
Queste fanno parte della natura, e la vocazione non sopprime la natura.
L'impazienza di fronte a tali difficoltà, l'incapacità di capirle, è una delle cause che portano all'abbandono o alla noia della vocazione.
Ma l'accettazione paziente e serena di ciò che gli anni portano con sé non basterà e non sarà forse neppure possibile, senza tener vivo il senso della fede in un'umile e operosa unione con Dio, ripetendo spesso il detto dell'apostolo Paolo: « Scio cui credidi et certus sum » ( 2 Tm 1,12 ).
Questa unione umile e operosa, fatta di consapevolezza di sé, di fiducia, di abbandono e di preghiera, otterrà la freschezza di vita spirituale, che tiene giovani nonostante il passare degli anni.
L'unione con Dio e una visione di fede portano anche a valutare in modo giusto e oggettivo le difficoltà sopra ricordate; se non tolgono le difficoltà, ne attenuano la pesantezza e sono capaci di trasformare in dono il vuoto della solitudine.
Se poi la crisi fosse approfondita in modo tale che il sacerdote chiedesse di sospendere l'impegno ecclesiastico per riflettere e, insieme, sperimentare una momentanea vita laicale, si preferisca introdurre il sacerdote in ambiente comunitario, in cui venga favorito sia da un amore umano e caritativo sia da una ripresa della visione di fede in un esercizio ascetico e pastorale.
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