Sotto il campanile di S. Tommaso |
Le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, terziarie francescane, furono anime elette, privilegiate di particolari o esperienze mistiche.
Quasi due fiammelle, unite dallo stesso desiderio, per brillare più in alto.
Camminarono infatti insieme nella via della santità dall'età della ragione fino al 2.6.1891, ... quando cioè Teresa, all'età di 47 anni, viene chiamata alla Casa del Padre.
Scrivere quindi dell'una è leggere in filigrana la vita dell'altra.
Teresa era nata il 27 giugno 1843 a Piobesi ( Tetti Cavalloni ) da Giuseppe Comoglio e Rosa Perello.
I genitori furono grandi modelli per le figlie: entrambi devotissimi del SS. Sacramento e della Madonna.
Il papà prestava la sua opera nelle varie ville come giardiniere, mentre accudiva un suo campicello a Pecetto Torinese.
Era un uomo di fede e di tanta carità.
Si dice che una domenica, trovandosi in regione Vanchiglia, vide Don Bosco attorniato da molti giovani vaganti.
Offrì la chiave del suo giardino, perché potesse andarvi liberamente.
Tra i due nacque così una grande amicizia.
Rimasto vedovo con una bambina, Giuseppina ( morta all'età di cinque anni ), sposò in seconde nozze Rosa Perello.
Una donna, che Virginio Gallo additò come modello di mamma in un libro intitolato: "Un modello delle donne cristiane" ( Tip. Salesiana, S. Benigno Canavese, 1894 ).
Lo stesso Perazzo scriverà un libretto ( "La cristiana restaurazione della società - sotto la guida della Gran Madre di Dio" ) dove propone la famiglia Comoglio ( mamma Rosa in particolare ) come esempio delle famiglie.
Questa prese il nome della sorellina morta.
Era nata a S. Vito, sulla collina torinese, il 17 marzo 1847.
Di indole sensibile, aperta e intelligente.
Nel frattempo papà Giuseppe trovò impiego come segretario di una manifattura, poco distante dal "Convitto Vedove-Nubili".
Tale impiego gli permetteva di continuare piccoli lavori di giardinaggio, oltre alla coltivazione del campo di Pecetto.
Si stabilì in Via Monte dei Cappuccini 27.
Il 13 ottobre 1848, assalito da forte febbre e dopo aver subito due salassi, ritornava al Padre, lasciando Rosa con le due figlie.
Rosa che in passato già aveva prestato la sua opera presso il "Convitto Vedove-Nubili" si trovò nella miseria.
Singolare il fatto che un giorno non aveva i soldi per comperare il pane.
Si fermò a pregare davanti alla Madonna del Pilone.
Lì trovò tra i sassi 3 monete e 40 centesimi, con cui poté comperare il pane.
Insegnerà alle figlie a portarsi spesso davanti a quel pilone, che diventerà punto di ritrovo per molti fedeli per la recita del Santo Rosario.
Tanto che i Frati acconsentirono più tardi ad allargare la piazzetta antistante, vista l'affluenza dei devoti.
Lì Teresa e Giuseppina si fermavano a pregare fino a tarda ora.
Mamma Rosa condusse anche spesso le figlie alla Basilica del Corpus Domini, incentivando la loro devozione eucaristica.
All'età di 14 anni Teresa ottenne di essere ammessa tra le Figlie di Maria della Parrocchia della Gran Madre di Dio in Torino.
Qualche tempo dopo il parroco don Pajranis accolse nella Compagnia anche Giuseppina e, considerando la sua profonda pietà, la dispensò dall'anno di probandato.
Da allora le due sorelle si alzarono alle quattro e trenta del mattino per il canto delle lodi e per partecipare alla S. Messa, prima di riprendere il lavoro.
Erano infatti diventate eccellenti fioraie sotto la guida di una brava maestra del "Convitto Vedove-Nubili": in particolare Giuseppina possedeva un vero talento artistico.
I suoi fiori di seta e di altri materiali ( anche in oro e in argento ) erano venduti in un noto negozio torinese: il negozio Zeano.
Precedentemente le due sorelle avevano tentato l'apprendistato come modiste, ma dovettero presto lasciare per la salute cagionevole.
Il lavoro di fioraie permetteva invece loro di attendere agli impegni casalinghi e ad opere di carità.
In questo periodo le sorelle avevano acquistato in un negozio una statua della Madonna, raffigurante la Gran Madre di Dio.
Le accompagnerà per tutta la vita ...
Davanti a questa statua "miracolosa" si alterneranno in preghiera tanti devoti a recitare il Rosario, prima in casa Comoglio in Via Moncalieri, poi a S. Massimo e infine a S. Donato, per essere collocata su apposito altare nella Casa delle Figlie di Maria.
Circa questa statua si interesserà addirittura certa stampa massonica ... poiché in Torino troppi parlavano di "statua miracolosa"...
Le due sorelle l'avevano comperata per sistemarla in casa, in modo che i devoti della Madonna del Pilone potessero essere riparati dalle intemperie.
Quella Madonna in casa Comoglio divenne in seguito un punto di riferimento spirituale per le tante grazie ottenute ...
Un documento del 21 novembre 1899, sottoscritto dal curato di S. Donato don Griva e da Maria Fogliaro, procuratrice della Casa dell'Immacolata, completa la volontà testamentaria di Giuseppina che cioè: "altare e nicchia vengano trasportati alla sede dell'Adorazione Quotidiana, quando questa potrà avere una cappella, in cui esporre la Madonna alla pubblica venerazione.
Prima di questo eventuale trasporto le Figlie di Maria della Casa dell'Immacolata hanno il semplice uso ...".
E ancora, nel 1863, Teresa, con il consenso della mamma, aveva comperato sotto i portici di Piazza Vittorio Veneto una oleografia del S. Cuore.
Questo quadro diventerà la scintilla, che infervorerà il cuore delle due sorelle a promuovere la riparazione al S. Cuore di Gesù, vittima di amore nell'Eucaristia.
Diventerà per loro il "Divin Prigioniero".
Le sorelle Comoglio, abitando ai piedi del Monte dei Cappuccini, sovente si recavano in quella chiesa, attraversando il bosco sottostante.
Lungo questa straducola avvennero tanti episodi di sapore francescano ...
Proprio nella chiesa dei Cappuccini il 14 novembre 1883 Teresa e Giuseppina facevano la vestizione del Terz'Ordine Francescano.
Più tardi il 1° novembre 1886 le sorelle furono aggregate alla Fraternità di S. Tommaso, dov'era ministro il Ven. Paolo Pio Perazzo.
Morto papà Giuseppe, la famiglia Comoglio si era prima trasferita in Via Moncalieri 2, quindi in due fredde stanzette dietro la chiesa della Gran Madre, infine, per interessamento del gesuita P. Enrico Vasco, loro direttore spirituale nella casa parrocchiale di S. Massimo ( Via dei Mille 28, secondo piano ).
Non era un'abitazione ideale, trattandosi di due stanzucce semibuie, ma avevano il grande vantaggio di comunicare con una piccola tribuna, prospiciente l'altare maggiore.
Era quanto di meglio potevano sperare per la visita diurna e notturna, anche prolungata, al SS. Sacramento.
In questo tempo si intensificò in loro la devozione al S. Cuore "sofferente" nel tabernacolo.
Durante le lunghe veglie eucaristiche notturne, se si accorgevano che la lampada ad olio si spegneva in chiesa, accendevano una candela della tribuna e intensificavano la loro preghiera.
Piccoli segni di un grande amore.
In S. Massimo pensarono alla pratica del "Nove Uffici" in riparazione dei peccati contro il Cuore Eucaristico di Gesù, che in breve assunse larga diffusione.
Per ben 15 volte, nel 1882, Teresa, andò con la mamma dall'Arcivescovo di Torino, Mons. Gastaldi, perché indicesse pratiche riparatorie al S. Cuore ardente di amore nell'Eucaristia e perché invitasse i parroci a tenere aperte le chiese durante il giorno.
Non riuscì nell'intento.
Ormai però il germe dell'Adorazione Quotidiana stava per germogliare.
Addirittura le due sorelle ebbero il coraggio di scrivere al Papa Leone XIII, perché approvasse l'opera dell'Adorazione Quotidiana.
Probabilmente in questa supplica al Papa non fu estraneo il Ven. Paolo Pio Perazzo, a giudicare dallo stile della lettera.
Nel 1891 Teresa si offerse vittima al Signore per l'Opera dell'Adorazione.
Il Signore l'accolse.
Da allora subentrarono nel suo corpo, alquanto gibboso, violente contrazioni, unite a molte e gravi pene morali.
Fu costretta a letto, fin dal maggio 1891.
Il pio e valido medico curante, il Dott. Bonelli, terziario francescano, dopo averla vegliata fino a tarda notte del primo giugno '91, era rincasato, trovando Teresa più tranquilla.
Il mattino seguente aveva preso parte ai funerali dell'Arcivescovo di Torino, Card. Alimonda.
Quando tornò, Teresa già era spirata.
Aveva 47 anni.
La sepoltura avvenne alle ore 7 del 4 giugno 1891, partendo da Via dei Mille 28.
Grandissima la sofferenza di Giuseppina, pur nella cristiana rassegnazione.
Grande folla prese parte alle esequie, poiché Teresa era considerata come santa.
Di lei scrisse ampiamente Paolo Pio Perazzo, esaltando la sua devozione eucaristica, il suo amore per la Madonna e per le anime del Purgatorio, il suo spirito di mortificazione, la sua trasparenza interiore, la sua umiltà e semplicità francescana, il suo spirito di servizio per il prossimo e per i poveri in particolare.
Nella sua semplicità disse un giorno Teresa: "Io prego come pregava Gelindo, quando seppe che era nato il Santo Bambino.
Gli portò quel poco che aveva e si offerse di cuore al Bambino e a Maria SS.
Egli non sapeva dir loro belle parole, ma desiderava che Essi gli dicessero quello che da lui volevano, perché avrebbe fatto tutto.
Così quando io ho da pregare, dico al Signore e alla Madonna che mi ispirino quello che ho da dire, perché io non so nulla e poi dico quello che mi sento di dire".
Perché vuota di sé, il Signore la dotò di particolari esperienze mistiche.
Tanto che il Dott. Bonelli, acconsentendo al suo desiderio, la sera seguente al suo decesso, alle ore 22, estrasse il cuore di Teresa e lo portò al laboratorio Riberio, consegnandolo al flebotomo Ballario.
Questi dopo averlo ben lavato, disse: "Ma in questo cuore c'è una ferita al ventricolo destro! ... si tratta forse? ...".
Il silenzio attendeva come risposta: "... una pugnalata ...".
Il responso necroscopico rilevò una ferita della larghezza di circa nove millimetri, databile dai sette ad otto anni di età di Teresa e portata fino alla morte.
Il cuore, ora immerso nella formalina, giace in un loculo appositamente preparato nella Sacrestia di S. Tommaso.
Morta Teresa, il parroco di S. Massimo il 28 luglio 1891, scaduta la locazione, licenziò Giuseppina dall'alloggio, intendendo sopprimere la tribuna, sovrastante l'altare maggiore e liberare la chiesa da tale servitù.
Giuseppina ne fu molto dispiaciuta, non per l'alloggio in sé, che era bruttissimo, ma perché forse non ne avrebbe trovato altro così comodo per fare la visita a Gesù Sacramentato.
Invece Paolo Pio Perazzo e Giovanni Caneparo ( più tardi sacramentino ) trovarono in S. Donato un alloggio, sotto tutti gli aspetti migliore di quello di S. Massimo.
Gli operai Cattolici, con il consenso del parroco don Griva, cedettero la loro sede ( anche perchè ormai conoscevano per fama Giuseppina, mentre il loro presidente Giovanni Caneparo faceva pressione per concludere positivamente ).
Così il giorno 8 ottobre 1891, con la sua Madonnina "miracolosa" ( collocata provvisoriamente sull'altare di S. Giuseppe in San Donato ), Giuseppina Comoglio entrava in San Donato, accolta con tanta gioia dalle Figlie di Maria.
La nuova abitazione, attraversata una cappellina, si apriva sull'altare maggiore.
Qui resterà per otto anni e di qui partirà per l'eternità.
Subito fece profonda amicizia con una terziaria, Maria Fogliano, la quale acquistò il terreno ( con una piccola casetta ) per costruire la "Casa dell'Immacolata" destinata ad accogliere le Figlie di Maria.
Giuseppina la incoraggiò, dicendole che la sorella Teresa aveva predetto la costruzione di una casa per le Figlie di Maria.
Infatti il 24 marzo 1892 veniva abbattuta la casetta, mentre l'Arcivescovo di Torino, Mons. Davide Riccardi di Netro il 21 maggio poneva la prima pietra dell'erigenda casa delle Figlie di Maria.
In questa nuova casa verrà a suo tempo collocata la statua della Madonna, che accompagnò le sorelle Comoglio nelle varie peregrinazioni e davanti a cui si prostrarono in preghiera tante persone.
Il 21 dicembre 1892 avvenne un fatto increscioso: mentre la Madonna era provvisoriamente collocata all'altare di S. Giuseppe, sul mezzogiorno, un ladro spogliò la Madonnina di tutti gli oggetti in oro ed argento.
Giuseppina ebbe molto rincrescimento, però proprio in quei giorni ebbe la gioia di sapere che il parroco di San Tommaso, P. Antonio Turbiglio, apriva la chiesa per tutta la giornata.
Intanto dalla sua nuova abitazione Giuseppina faceva pressione su P. Candido Mondo e su P. Turbiglio, perché si potenziasse l'Opera di Adorazione Quotidiana.
Da parte sua Paolo Pio Perazzo non faceva da meno.
Appena insediatasi, il Curato di San Donato elesse Giuseppina superiora delle Figlie di Maria e della Congregazione del S. Cuore.
Incominciò anche il Calvario di Giuseppina: critiche, calunnie, pettegolezzi giornalistici circa la statua della Madonnina ... il pagamento delle rate della casa in costruzione delle Figlie di Maria ... Giuseppina però non si arrese e continuò a diffondere l'Opera dell'Adorazione, a collaborare alle varie forme di apostolato parrocchiale, in particolare il catechismo ed il mondo del lavoro.
Per queste intenzioni offriva al Signore le sue sofferenze, che andavano sempre più accentuandosi.
Anche la Comunione però le diventava difficoltosa, poiché non poteva osservare il digiuno eucaristico.
Solo più tardi le verrà concessa la dispensa per una volta alla settimana e poi per tre volte la settimana.
Particolare testimone di tali sofferenze fisiche e morali fu il Dott. Francesco Bonelli ( che già aveva seguito la sorella Teresa ).
Costui era uomo pio, studioso, attento osservatore dei fenomeni particolari manifestatisi nelle due sorelle ( si era anche specializzato nei fenomeni mistici e nello spiritismo ).
Seguì da vicino Giuseppina, come già aveva seguito Teresa.
Ci riferì di Teresa un fatto analogo a quello capitato alla Bernardetta: la sera del 25 febbraio 1891 mentre pregava in ginocchio con le mani appoggiate alla tavola, su cui ardeva una candela, fu rapita in estasi.
Le mani si inclinarono al contatto della fiammella e vi rimasero parecchio tempo senza bruciarsi.
Il Dott. Bonelli registrava accuratamente i dati così come si manifestavano durante le estasi e ne faceva ampie relazioni.
Addirittura il Dott. Bonelli confidò a P. Pio Perazzo di aver chiesto di poter sperimentare in se stesso le sofferenze di Giuseppina.
Gli fu concesso ... Non poté trattenersi dal gridare per il dolore.
Più volte Giuseppina parve prossima alla fine ... e più volte, rivolgendosi al Signore o alla Madonna si sentiva miracolosamente guarita.
Nella settimana santa del 1893, offertasi per l'ennesima volta vittima di riparazione eucaristica, versò sangue per tre ore, restando sfinita.
Interrogata dal Dott. Bonelli, rispose che, avendo meditato sulla sete di Gesù in croce, gli aveva chiesto di morire per Lui.
Le parve in quel momento di morire, intimamente unita al Signore, mentre il Dott. Bonelli costatava che le pulsazioni erano cessate.
Solo ponendo un'immagine della Gran Madre di Dio sul cuore, cessarono le lancinanti trafitture al cuore.
Fatti analoghi si ripeterono spesso.
Il giorno di S. Chiara ad esempio del 1893 - ore 7 - entrò in estasi e si sentì il cuore come trafitto da uno stilo.
Il dolore violento si ripeté per tre volte in quel giorno.
Il giorno seguente si arrestò d'improvviso il cuore, mentre le mani divennero cianotiche.
Pur nella sofferenza, Giuseppina si dimostrava serena e confortava chi a lei si rivolgeva, ma non cessava di raccomandare l'Adorazione Quotidiana e la S. Comunione.
Un consulto medico del 1892, l'aveva dichiarata prossima alla morte.
Sopravvisse invece altri 7 anni, sempre tormentata da mali intensissimi.
Un giorno confidò che il Signore le aveva chiesto se preferiva morire nell'ottava del Corpus Domini o sopravvivere nella sofferenza per consolidare l'Adorazione Quotidiana ...
L'inverno del 1899 fu una continua agonia.
Dopo breve miglioramento, per sette mesi fu costretta a letto, senza un attimo di tregua, senza potersi nutrire, senza trovare nel letto una posizione di riposo, gomiti e ginocchia piagate, mentre ogni movimento le lancinava il cuore.
Eppure non proferiva un lamento.
Era contenta di essere vittima con Gesù, vittima d'amore.
A chi si informava sullo stato della sua salute, rispondeva che tutto volgeva al termine.
Ed era contenta, non per non soffrire oltre, ma per unirsi tutta a Dio nell'eternità.
Pur tra le tante prove mistiche, non le mancarono aridità di spirito e tentazioni del demonio ...
Il Dott. Carlo Dematteis veniva spesso a visitarla.
Essendo un medico-chirurgo, ha lasciato relazioni precise circa l'andamento delle cose.
Il 1° maggio chiese il Viatico.
Il 2 maggio - ore 3 - spirava.
Aveva 52 anni.
Si fece la sepoltura il 5 maggio 1899, alle 7.45.
La salma venne tumulata il giorno dopo verso le 19, dopo l'autopsia.
Fu deposta nel sepolcro, dove già riposavano la mamma e la sorella Teresa.
Vi resteranno fino al 25 gennaio 1930.
I resti mortali delle due sorelle furono poi trasportati in loculo apposito nella chiesa di S. Tommaso il 30.1.1930.
I medici Bonelli, Dematteis e Borgialli rilasciarono ampia documentazione necroscopica.
Essi non esitarono a parlare di stimmate, invisibili, ma reali.
Di queste sorelle scrissero ampiamente sul "Bollettino Eucaristico" il Dott. C. Dematteis, Virginio Gallo, il Dott. Bonelli e soprattutto il Ven. Paolo Pio Perazzo.
Il sepolcreto di S. Tommaso con la grande lapide marmorea, che racchiude le spoglie delle sorelle Comoglio, è alquanto nascosto, come umile fu la vita delle due sorelle.
Eppure continua ad essere un grande richiamo a chi conosca, anche poco, la vita cristallina di queste due creature celestiali.
Esse si consumarono, come candele, per ringraziare il Signore dell'incommensurabile dono dell'Eucaristia, per rendere tutti i battezzati consapevoli di tale inestimabile dono e invitare tutti a corrispondere con la Visita Quotidiana.
Anche noi ringraziamo il Signore, perché, secondo il suo stile, continua a scegliere "i piccoli" per rivelare cose grandi "ai sapienti" di questo mondo.
Teresa e Giuseppina Comoglio, "sempliciotte" agli occhi del mondo, furono privilegiate di doni sublimi, incomprensibili però a chi ha gli occhi annebbiati dalla materia, per portare un grande messaggio di amore.
Compresero che il Paradiso non è in questo mondo.
Preferirono soffrire accanto al Martire-Salvatore.
Accettarono il crogiuolo della sofferenza per spogliarsi totalmente di sé e diventare docili strumenti per comunicare l'amore eucaristico.
Le sorelle Comoglio continuano ad essere maestre di preghiera, soprattutto di preghiera di meditazione, di contemplazione e di unione con Dio, attraverso a Gesù sacerdote e vittima nell'Eucaristia.
Ci richiamano alla onnipotenza della preghiera, magari mediata dalla presenza di Maria e dei Santi.
Non era certo la statuetta "miracolosa", che le accompagnò per tutta la vita, a compiere i miracoli ( alcuni di genuino sapore francescano ).
Le sorelle Comoglio divennero preghiera, perché corrisposero alla grazia del Signore di rivivere in se stesse il mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio ... fino all'annientamento eucaristico.
In questa luce diventa comprensibile anche il mistero della sofferenza ( il grande scandalo per chi superbamente rifiuta Dio ).
Le sorelle Comoglio diedero un "perché" alle sofferenze fisiche e morali.
Così giorno dopo giorno salirono con Gesù l'erta del Calvario ... senza scandalizzarsi della sua sofferenza.
Attraverso a strumenti poveri ed insignificanti, come le sorelle Comoglio, il Signore ricorda all'umanità moderna, chiusa nella sua autosufficienza, edonistica al parossismo ed alla nausea, che la vita non è circoscritta al basso orizzonte dell'oggi.
Ricorda anzi che la stessa sofferenza è un valore ( e per questo comporta un suo prezzo! ... ) se non è finalizzata a se stessa, ma se diventa riscatto liberatorio.
Non a caso Gesù 2000 anni fa scelse la via della sofferenza per la salvezza dell'umanità.
Ancora oggi fa a certe anime più generose la proposta della "via crucis" come "via lucis".
Con l'annichilimento eucaristico ci ricorda che se Lui è il grande ed unico Salvatore ( con lettera maiuscola ) si degna associare a Sé altri ( noi tutti! ... ) a diventare con Lui salvatori ( con lettera minuscola ).
In ogni caso però ... sempre "salvatori".
Come già scritto, i resti delle sorelle Comoglio giacciono ora nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso, in attesa della resurrezione finale ... e prima ancora, ce lo auguriamo di cuore, del riconoscimento ufficiale dal parte della Chiesa circa le virtù, praticate in modo eroico durante la vita.
La pratica delle virtù cristiane ed il fervore eucaristico, che le ha contraddistinte, saranno certamente un valido esempio per tutti i cristiani.
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