Segretario del Crocifisso |
Con l'esercizio e la preghiera Fra Leopoldo aveva ottenuto il dominio costante di se stesso,
tanto da signoreggiare la sua natura sensibilissima e mantenersi calmo e sereno anche nelle più difficili circostanze.
Già quando a Vercelli venne dimesso dall'impiego per calunnie, « non perdé la calma abituale »,10
ma dopo aver fatto tutto ciò che doveva fare per dimostrare la sua innocenza, accettò la prova con fortezza cristiana.
Invitato a sostituire il sagrestano di S. Dalmazzo nell'accompagnare il SS. Viativo per le vie di Torino,
Luigi Musso è assalito da una tentazione di rispetto umano, ma gli bastano pochi istanti di riflessione
per riportare una vittoria piena e definitiva su tal punto ( D 3 ).
Un suo intimo amico di Torino scrisse: « Era sempre paziente, tanto che io non vidi mai il caro Luis di cattivo umore.
Non si lamentava mai di nessuno, ed era sempre sereno di fronte alle croci e alle avversità ».11
Anche un suo conservo di Viale d'Asti scrisse: « Non lo vidi mai in collera, ma accettava con serenità
e rassegnazione le avversità della vita, ed era sempre di buon umore, e sorridente ».12
A Terruggia il Servo di Dio « era edificante nella pratica della pazienza, e mai ebbe a lagnarsi delle sue croci
che accettava con spirito di sacrificio, sorridendo e quasi con gioia.
Mentre cercava di attirare anime a Dio, ebbe come avversari diversi compaesani, e anche qualche parente,
che deridevano il suo tenore di vita. Tali avversari aumentarono di numero e di ardire quando il Rev. Parroco
gli proibì le riunioni per la recita del S. Rosario.
Egli sopportò con fortezza quella prova e ubbidì senza lagnarsi ».13
Entrato in religione, Fra Leopoldo fece, ai piedi di Gesù Crocifisso e del SS. Sacramento,
nuovi progressi nella virtù della fortezza.
Un suo aiutante di cucina nel convento di S. Tommaso scrisse:
« Fra Leopoldo possedeva una speciale virtù di pazienza e il suo detto solito era: " Sia fatta la volontà di Dio ".
Non lo vidi mai alterato ( in 18 anni di convivenza ) e nessun ostacolo, nessuna ingiuria riusciva a turbarlo;
ma sempre sereno perdonava senza lamentarsi mai di nessuno. So pure che egli ebbe speciali lotte col demonio.
Quel dannato spirito veniva a disturbarlo anche in cucina, come egli dichiarava candidamente.
Un giorno mentre pregava nella sua cella, il demonio lo scosse e percosse fortemente ed egli per liberarsi
diè di mano alla disciplina, raddoppiò le preghiere, percosse il proprio corpo, e fu libero ».14
Un sacerdote che lo conobbe intimamente scrisse:
« All'inizio della vita religiosa il demonio visibilmente lo tormentava ».
Egli però metteva la sua fiducia nel Signore e con la preghiera e la penitenza riuscì vittorioso.
La fortezza di Fra Leopoldo spiccò anche nel sopportare le infermità corporali.
Nei sette anni che passò nella cucina sotterranea dei Conti di Chiusano, in via Bogino 12,
aveva preso i reumi che lo fecero soffrire assai.
Con la febbre addosso continuamente, specialmente negli ultimi anni di vita,
ebbe la fortezza di compiere l'ufficio di cuoco con altre incombenze nel convento fino all'ultima settimana
dei suoi 72 anni, quando fu preso dalla malattia che lo portò alla tomba.
Dalla lettura del Diario intimo di Fra Leopoldo risulta che, sostenuto dagli aiuti soprannaturali,
toccò gradi altissimi nella virtù della fortezza.
Scrisse un suo superiore del convento di S. Tommaso:
« Non vidi mai Fra Leopoldo in collera 8 in 19 anni di convivenza ), ma sapeva comandare a se stesso
frenando i movimenti dell'ira, nei momenti di contraddizione.
Sopportava con la pazienza dei santi le tribolazioni della vita e le punture delle lingue poco benevoli.
Con uno sguardo al cielo e un sorriso sfiorante sul labbro ripeteva: " Tutto per Te, o Signore! ".
Aveva una vita regolare, senza alti e bassi, ma sempre uguale, in prosperis dandone lode a Dio,
e in adversis implorando l'aiuto necessario a portare la croce ».15
Un Rev. Padre Francescano scrisse: « Che Fra Leopoldo abbai avuto da soffrire da parte di certa gente,
l'ho saputo da altri, ma non da lui, che sapeva scusare e difendere tutti ».
Ciò che più stava a cuore al Servo di Dio era il compimento della missione che Gesù e Maria Santissima
gli avevano affidato: propagare la Divozione a Gesù Crocifisso, propugnare e sostenere la pia Unione
e la fondazione della « Casa di Carità Arti e Mestieri ».
E fu precisamente qui che ebbe più contraddizioni e disappunti tollerati con eroica fortezza.
Soffriva, ma non perdeva mai la confidenza e la calma, perché attingeva la sua forza dal SS. Crocifisso.
Egli si riconosceva semplice portavoce del Signore e pur essendo arrendevolissimo in quello che dipendeva da lui,
era al contrario preciso e fermo per quanto doveva trasmettere per ordine di Gesù e di Maria Santissima.
Essendo sorte incertezze sul nome da dare alla Scuola Professionale, gli vennero presentate diverse domande scritte,
su tal argomento, ch'egli aveva cura di mettere ai piedi del SS. Crocifisso o accanto al Tabernacolo per averne risposta.
Siccome poi udiva sempre il nome di « Casa di Carità Arti e Mestieri », non faceva che trasmetterlo,
affermando semplicemente: « È il nome voluto da Dio ».
Questa sua costanza nell'affermare tali desideri di Gesù, gli costò sofferenze amarissime,
che lo lasciarono sempre calmo e rassegnato.
La prova più grave, sopportata con la massima fortezza,
ebbe luogo per Fra Leopoldo qualche mese prima della sua morte.
Nel dicembre 1921, quando aveva sofferto tanto per i contrasti sul nome di « Casa di Carità »,
avevo io pure udito alcune espressioni sfavorevoli contro il Servo di Dio, con l'accenno a un'inchiesta sulla sua vita.
Cercai allora, con la mente se c'era in lui qualche punto vulnerabile, col desiderio di aiutarlo, come amico intimo,
a superare felicemente l'inchiesta, che poi non venne.
Malgrado le mie diligenti ricerche, non trovai in Fra Leopoldo nulla da appuntare;
mi venne però il dubbio se dopo la partenza del suo Padre spirituale avesse scelto un altro Direttore
che conoscesse i suoi colloqui straordinari.
Pensai allora di recarmi dal Servo di Dio per esortarlo, se già non l'aveva fatto, a scegliere un Direttore di spirito,
perché l'eventuale inchiesta non lo trovasse manchevole in quel punto.
In quel frattempo Fra Leopoldo, sempre per la « Casa di Carità »,
aveva ricevuto rimostranze dai suoi Superiori con l'ordine di non ricevere più nessuna persona estranea
e di non occuparsi della « Casa di Carità Arti e Mestieri ».
Qualcuno aveva detto a Fra Leopoldo - cosa per nulla vera - che si era deciso di sottoporre i suoi scritti
all'esame di una Commisione e che io avevo ricevuto l'incarico - cosa né vera, né verosimile -
di cercare i Giudici competenti.
Mi recai dunque dal Servo di Dio, e per dare ragione della mia proposta relativa al Padre spirituale,
dovetti esporgli quello che avevo udito di lui.
Quella mia relazione a Fra Leopoldo, fatta in un momento di false dicerie, e forse espressa con troppa serietà,
produsse in lui, permettendolo Iddio, la convinzione che io avessi fatti miei quei giudizi a lui sfavorevoli
e lo avessi abbandonato completamente.
Tale convinzione fu una spada che trafisse il cuore al Servo di Dio, perché solo a me aveva comunicate
le cose più intime sia dell'animo suo, sia relative alla Divozione a Gesù Crocifisso, sia all'Unione Catechisti
e alla « Casa di Carità Arti e Mestieri », opere per le quali aveva tanto pregato, tanto sofferto,
e che ora, dal lato umano, vedeva venir meno.
Egli sopportò la prova con una fortezza veramente eroica e continuò, malgrado tutto,
a confidare nell'aiuto di Gesù Crocifisso e di Maria Santissima per la riuscita di dette opere.
Solo dopo la morte di lui io conobbi questi particolari motivi della sua afflizione;
perché altrimenti mi sarei affrettato a chiarire l'equivoco nel quale era caduto.
La proibizione fattagli di ricevere persone estranee al convento contribuì a tenerlo nell'equivoco.
Indice |
10 | Antonio Averone da Vercelli |
11 | Cav. Luigi Vacca. |
12 | Emilio Navone. |
13 | Assunta Scagliotti. |
14 | Sebastiano Ellena, aiutante cuoco di Fra Leopoldo, nel Convento di S. Tommaso in Torino |
15 | Rev. Padre Vincenzo Vallaro |