Leggenda dei tre compagni |
[1445] 41. Molte persone, vedendo i frati sereni nelle tribolazioni, alacri e devoti nella preghiera, non avere né ricevere denaro, coltivare tra loro amore fraterno, da cui si riconosceva che erano veramente discepoli del Signore, impressionate e dispiaciute, venivano da loro, e domandavano scusa delle offese fatte.
Essi perdonavano di cuore, dicendo: " Il Signore vi perdoni! ", e davano consigli utili alla loro salvezza.
Certuni li pregavano di essere ricevuti nel loro gruppo.
Tutti i sei compagni avevano infatti avuto da Francesco l'autorizzazione ad accogliere adepti nell'Ordine, a motivo del piccolo numero dei fratelli.
Così presero con sé alcuni aspiranti alla vita religiosa e in loro compagnia fecero ritorno tutti, nel tempo stabilito, a Santa Maria della Porziuncola.
Quando si rivedevano, erano ricolmi di tale felicità e consolazione, che più non ricordavano le traversie subite.
[1446] Occupavano la giornata nell'orazione e lavorando con le loro mani, in maniera da evitare risolutamente l'ozio, nemico dell'anima.
A mezza notte si alzavano per la preghiera, animata da gemiti e lacrime.
Si amavano l'un l'altro con un affetto profondo, e a vicenda si servivano e procuravano il necessario, come farebbe una madre col suo unico figlio teneramente amato.
Tale era l'affetto che ardeva loro in cuore, che erano pronti a consegnarsi alla morte senza esitare, non solo per amore di Cristo, ma anche per salvare l'anima o il corpo dei fratelli.
[1447] 42. Un giorno che due frati camminavano insieme, si imbatterono in un pazzo, che si mise a lanciare delle pietre contro di loro.
Uno di essi, vedendo che le pietre erano dirette contro il compagno, subito gli si mise davanti, preferendo essere colpito lui al posto del fratello.
Tale era l'amore reciproco che li infiammava, e così sinceramente erano pronti a dare la vita l'uno per l'altro.
[1448] Profondamente umili e maturi nella carità, ognuno nutriva per il fratello i sentimenti che si hanno verso un padre e signore.
Quelli che, per l'incarico che ricoprivano o per qualità personali, avevano nella fraternità un ruolo preminente, si facevano più umili e piccoli di tutti.
E ognuno era disposto alla obbedienza più generosa, sempre disponibile al volere del superiore, senza cercare se l'ordine ricevuto fosse giusto o no, perché convinto che qualsiasi comando era conforme alle disposizioni del Signore.
In tal modo, riusciva agevole e dolce eseguire qualunque precetto.
Stavano attenti a non cadere vittime di desideri sregolati.
Erano giudici implacabili di se stessi, e preoccupati di non nuocersi l'un l'altro in nessuna maniera.
[1449] 43. Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l'offeso a mettergli un piede sulla bocca.
Se quel fratello si rifiutava di compiere quel gesto, quando l'offensore era il superiore, gli comandava di mettergli il piede sulla bocca; quando era un suddito, glielo faceva ordinare dal responsabile.
A questo modo i frati s'impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l'amore scambievole.
Facevano il possibile per sostituire a ogni vizio la virtù corrispondente, ispirati e coadiuvati in questo dalla Grazia di Gesù Cristo.
[1450] Nessuna cosa ritenevano proprietà privata, ma libri e altro erano messi a disposizione di tutti, secondo la direttiva trasmessa e osservata dagli Apostoli.
Sebbene fossero in stato di vera indigenza, erano spontaneamente generosi di tutto quello che venisse loro offerto in nome di Dio.
Donavano con gioia, per amore di Lui, le elemosine raccolte, a quanti ne facessero richiesta, massime ai poveri.
[1451] 44. Trovandosi in cammino, se s'imbattevano in poveri che domandavano un aiuto per amore di Dio, quando non avevano nulla da dare, si strappavano parte delle loro misere vesti: a volte scucivano dal saio il cappuccio, a volte una manica, a volte un altro pezzo di stoffa, per adempiere alla parola evangelica: Dona a tutti quelli che domandano.
Un giorno venne un mendicante alla chiesa di Santa Maria della Porziuncola, presso la quale i frati dimoravano, e chiedeva l'elemosina.
Vi era conservato un mantello, appartenuto a uno di loro quando stava ancora nel mondo.
Francesco disse a questi di consegnarlo al poverello, ed egli immediatamente e con gioia lo diede.
E subito, in premio della fede e bontà dimostrate con quel gesto, a quel fratello parve che l'elemosina fosse salita in cielo: e si sentì pervaso d'indicibile gaudio.
[1452] 45. Quando veniva da loro qualche ricco di questo mondo, lo ricevevano lieti e affettuosi, lo invitavano a strapparsi dal male e lo incitavano a penitenza.
[1453] I frati insistevano per non essere mandati nei loro paesi di origine, al fine di evitare d'incontrarsi e familiarizzare con i loro parenti, e ciò in ossequio alla parola del Profeta: Sono diventato un estraneo per i miei fratelli e un passante sconosciuto per i figli di mia madre.
[1454] Nella povertà trovavano grande letizia: non concupivano le ricchezze, disprezzavano anzi ogni bene effimero, bramato dagli amatori di questo mondo.
Soprattutto avversavano il denaro, calpestandolo come la polvere della strada; Francesco aveva insegnato loro che il denaro non valeva più dello sterco d'asino.
Erano felici nel Signore, sempre, non avendo dentro di sé o tra di loro nulla che potesse in qualche modo contristarli.
Quanto più erano separati dal mondo, tanto più si tenevano avvinti a Dio.
Avanzavano sulla via della croce e sui sentieri della giustizia, toglievano dal cammino stretto della penitenza e dell'osservanza evangelica ogni ostacolo, onde lasciare a quelli che li avrebbero seguiti una strada spianata e sicura.
Indice |