Testimonianze successive alla morte

C) Passione di San Verecondo

[2249] 1. (6). Tra le cose più recenti ( così il cronista, dopo aver conclusa la narrazione del martirio di san Verecondo ), il beato Francesco poverello parecchie volte domandava ospitalità al monastero di San Verecondo.

L'abate e i monaci l'accoglievano con grande delicatezza e devozione.

Qui avvenne il miracolo della scrofa rea d'aver divorato un agnellino.

[2250] 2. Proprio nei dintorni di questo monastero il beato Francesco aveva radunato il Capitolo dei primi trecento frati.

In quell'occasione, l'abate e i monaci li avevano generosamente provveduti di tutto il necessario, secondo le loro possibilità: pane di orzo, di frumento, di surco e di miglio con larghezza, acqua limpida per bere e vino di mele diluito con acqua per i più deboli, fave e legumi in abbondanza.

Così ci ha tramandato il vecchio sacerdote Andrea, che era stato presente.

[2251] 3. (7). ( Negli ultimi anni della sua vita ) il beato Francesco, che era consumato e indebolito nel corpo, a causa delle incredibili penitenze, veglie, orazioni e digiuni, massimamente dopo che era stato insignito delle stimmate del Salvatore, non potendo più camminare a piedi, viaggiava sul dorso di un asinello.

Una sera sul tardi, era quasi notte, egli passava, in compagnia di un fratello, per la strada di San Verecondo, cavalcando l'asinello, le spalle malamente coperte d'un rozzo mantello.

I contadini, appena lo videro, cominciarono a chiamarlo dicendo:« Frate Francesco, resta con noi e non voler andar oltre, perché da queste parti imperversano lupi famelici e divorerebbero il tuo asinello, coprendo di ferite anche voi ».

E il beato Francesco replicò così: « Non ho mai fatto nulla di male al lupo, io, perché ardisca divorare il nostro fratello asino.

State bene, figli miei, e vivete nel timore di Dio! ».

E così frate Francesco prosegui il suo cammino senza imbattersi in sventura di sorta.

Questo ci ha riferito uno dei contadini che era stato presente al fatto.

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