Ai Donatisti dopo la conferenza |
Ai tempi di Ceciliano ci furono alcuni beati operatori di pace che l'avrebbero tollerato, anche se fossero venuti a sapere che non era innocente, proprio per salvaguardare l'unità cattolica.
Costoro, vedendolo così intimamente unito, per la partecipazione comune agli stessi sacramenti, a tanti popoli sconosciuti, attraverso i quali la stessa unità si dilata, e vedendo che era praticamente impossibile fornire le prove di ciò che essi direttamente sapevano di lui, si sarebbero difesi contro queste calunnie con le parole del beato Cipriano, uomo di pace, e avrebbero proclamato con fiducia totale: " No, noi non abbandoniamo l'unità per colpa di Ceciliano, poiché anche se sembra che nella Chiesa esista la zizzania, la nostra fede e la nostra carità non devono essere impedite fino al punto di farci abbandonare la Chiesa per il solo fatto che vi abbiamo scoperto la zizzania ".32
Alla pacifica pazienza di costoro si adatta molto bene quello splendido elogio, con cui viene lodato l'angelo della Chiesa di Efeso - nessuno, in grado di interpretare correttamente questo testo, può dubitare che costui impersoni la Chiesa -, al quale lo Spirito dice nell'Apocalisse: Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi.
Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. ( Ap 2,2-3 )
Anche i contemporanei di Ceciliano meritano la stessa lode; essi, per il nome del Signore, che come profumo diffondeva la sua fragranza per tutto l'universo attraverso innumerevoli popoli, non avrebbero mancato di tollerare con somma pazienza quest'uomo, pur sapendolo peccatore, se costui si fosse trovato in tali situazioni che, a loro giudizio, non si poteva dimostrare la sua colpevolezza agli altri né poteva essere estromesso e separato.
La nostra situazione è ben diversa: noi non dobbiamo attribuirci la gloria di questa pazienza.
In effetti non possiamo sostenere di aver tollerato, per amore della pace, una vicenda che ci è rimasta completamente sconosciuta.
Per noi, la causa di Ceciliano è rimasta sotto i flutti.
Il nostro linguaggio è identico a quello di tutte le altre nazioni cristiane, contro le quali [ i vostri vescovi ] non hanno potuto dire assolutamente nulla.
Tuttavia, pur essendo del tutto ignota a noi la causa di Ceciliano, abbiamo valide ragioni per considerarla giusta: leggiamo infatti che fu condannato una volta sola da una fazione avversaria, ma leggiamo che è stato assolto per ben tre volte, malgrado le loro accuse.
Orbene, prima essi credano alla dichiarazione di un centinaio di vescovi del partito di Donato sui misfatti di Primiano, e soltanto allora potranno tentare di farci accettare, in base alla testimonianza dei loro settanta antenati, i misfatti di Ceciliano.
Se poi affermano che Ceciliano, con la sua assenza, ha tacitamente sottoscritto le accuse di cui veniva incriminato in quel concilio, allora anche Primiano ha controfirmato le accuse, lanciate da quei cento vescovi contro di lui, e nessuno in seguito ha potuto dimostrare che siano state smentite.
Ma, naturalmente, una causa non pregiudica un'altra causa né una persona un'altra persona, quando si tratta di evitare danni al partito di Donato; invece una causa pregiudica l'altra, se si tratta di dividere l'eredità di Cristo!
O, forse, la causa di Ceciliano non pregiudica l'unità cattolica, che possediamo e di cui siamo felici di far parte, perché Ceciliano era vescovo di Cartagine, mentre la pregiudica la causa di Novello di Tizica e di Faustino di Tuburbo, che essi non hanno creduto opportuno accusare in seguito, come hanno fatto per Ceciliano e Felice?
I loro nomi, anzi, gli stessi nomi delle città in cui vissero, non sono conosciuti neppure in tutta l'Africa e, forse, neppure in tutta la provincia proconsolare.
Ecco, costoro vorrebbero che la causa di questi pesciolini, anche se furono cattivi, così celati negli abissi, pregiudicasse la causa di quell'enorme pesca che ricolma le reti sparse su tutta la terra: essi che a stento potevano essere notati dagli altri pesci che nuotavano al loro fianco!
Perché, allora, non crediamo che anch'essi furono innocenti, dal momento che non sono stati giudicati degni di essere accusati da parte di quelli, come ho già detto, mentre invece quell'altro ha potuto giustificarsi: colui che i predecessori dei vostri vescovi hanno chiamato " fonte di tutti i mali ", in occasione di quell'odioso complotto che fu il loro famigerato concilio?33
Ma, che essi siano stati buoni o cattivi, che ce ne importa?
Sta di fatto che non possono legittimamente contestarci [ quando diciamo ] che la causa e la persona di non so qual personaggio non sono pregiudizievoli alla causa e alla persona della Chiesa cattolica, se è vero che una causa non pregiudica un'altra causa né una persona pregiudica un'altra persona.
Tuttavia, per continuare a sedurvi, essi ci accusano di aver dato dell'oro al giudice perché la sentenza fosse contro di loro e a nostro favore.
Ora, ditecelo voi se ne siete in grado, quanto denaro avremmo dovuto sborsare ai vostri vescovi, eletti come difensori, perché dichiarassero o producessero contro se stessi e a nostro favore prove tali, da favorire la nostra causa e demolire la loro!
A qual prezzo avremmo dovuto comprarli, se, dopo le parole di Primiano, che aveva rivolto loro: " È indecoroso che si riuniscano insieme i figli dei martiri e i discendenti dei traditori ",34 vennero ugualmente e si riunirono in assemblea con noi: fatto indecoroso secondo le loro affermazioni?
E quanto abbiamo dovuto sborsare perché, secondo la prassi degli avvocati forensi, essi invocassero contro di noi l'argomento della prescrizione circa i tempi, le date e anche le persone, per mostrare così a tutti in maniera ineccepibile, compresi coloro che non capivano un bel nulla delle nostre discussioni, che la loro causa era faziosa, in quanto mostravano tanta paura di produrre le prove e di difenderle davanti al giudice, di cui avevano ampiamente lodato la benevolenza e il senso di giustizia nei loro confronti, e di cui non avevano ancora avvertito alcun atteggiamento ostile verso di loro?35
A quale prezzo abbiamo dovuto comprarli, perché di loro iniziativa esigessero in seguito di non discutere con loro secondo le procedure forensi, ma solo sulla base dei testi delle sante Scritture, promettendo a loro volta di rispondere allo stesso modo; e quando venne letto il mandato del concilio cattolico, che avevamo presentato, dal quale si evinceva chiaramente, per loro esplicita ammissione, la nostra volontà di risolvere la questione della Chiesa cattolica sulla base delle testimonianze delle sante Scritture, essi, come se si fossero nuovamente dimenticati di ciò che avevano detto di preferire, ripresero a discutere sulla base degli ordinamenti forensi con dispute tortuose e disgustose?
E quanto abbiamo dovuto pagare perché proprio loro esigessero, sollecitati dal gran numero di firme da noi apposte su quel documento, la presenza di tutti i membri del nostro concilio, mentre in conformità all'editto del giudice ci eravamo presentati in numero di diciotto; e perché sollevassero la questione di falso circa l'autenticità delle firme, in quanto alcuni avrebbero firmato al posto degli altri?
In tal modo si procedette anche al controllo delle loro firme e si scoprì che proprio loro erano incorsi nel reato di falso, di cui avevano voluto gettare su di noi il sospetto.36
Così, non solo si lessero sul loro documento alcune firme, poste per conto di assenti che non erano venuti a Cartagine, ma anche di uno che, a loro dire, era deceduto durante il viaggio, perché non rispondeva all'appello in aula.
E quando si chiese loro come avesse potuto firmare a Cartagine uno che era deceduto durante il viaggio, essi finirono per ammettere, con grande imbarazzo e confusione, contraddicendosi e mutando opinione, che costui era morto durante il viaggio di ritorno al suo paese, dopo aver già firmato.
Successivamente, sotto giuramento divino, fu chiesto loro di rispondere se constava che costui effettivamente fosse stato a Cartagine; allora essi, ancor più agitati dissero: " Che importa se un altro ha firmato in sua vece? ".
In tal modo, con le loro stesse parole confermarono che il falso, di cui ci avevano accusato, era palese nel loro mandato ed era stato chiaramente messo in evidenza.
E quanto abbiamo dovuto sborsare perché, volendo gloriarsi del loro gran numero, raccontassero menzogne anche al riguardo?
I nostri, infatti, erano presenti in numero lievemente superiore e avevamo comunicato che un altro centinaio di vescovi cattolici non erano potuti venire a Cartagine perché impediti o dall'età avanzata o dallo stato di salute o da diversi impegni.37
A queste parole, dissero che un numero ben maggiore di loro non era venuto a Cartagine.
E si vantavano, come fanno tuttora, di essere oltre quattrocento in tutta l'Africa, ma dimenticavano quella frase della loro relazione, che cioè erano venuti tutti a Cartagine, eccettuati unicamente coloro che o nelle proprie sedi o durante il viaggio erano stati trattenuti da malattia, per cui neppure l'età avanzata o lo strapazzo per il lungo viaggio avevano potuto impedire ai più anziani di prendervi parte.
Allora furono lette le firme nel loro documento, e dopo il computo ufficiale, risultò il numero di duecentosettantanove, comprese quelle che risultarono falsificate o messe al posto di assenti, col pretesto che gli interessati non erano stati in grado di venire a Cartagine per malattia.
Come può essere vero, allora, che essi siano più di quattrocento, dal momento che gli unici a non venire a Cartagine, stando alle loro affermazioni, erano quelli impediti dalla malattia?
Ora, tenendo conto che avevano firmato altri al posto di quei pochi, perché non si potrebbe dire che ciò sia stato fatto per tutti gli altri malati?
O, forse, la peste era talmente dilagata fra loro, da abbatterne fulmineamente un terzo?
La lettera circolare, inviata dal loro primate per convocarli, raccomandava a tutti di venire a Cartagine per la conferenza, lasciando da parte ogni altro impegno, poiché dovevano sapere che, chi si fosse rifiutato di intervenire, avrebbe compromesso ciò che per loro era di vitale importanza.
Evidentemente, il meglio della loro causa consisteva nel dare spettacolo con il loro grande numero, come se la possibilità di trovare facilmente un oggetto fosse proporzionale al numero di ciechi che ne andassero alla ricerca!
E quanto abbiamo dovuto pagare, dopo aver deciso di comune accordo di rinviare la conferenza di due giorni, perché essi richiedessero con lettera all'ufficio di avere a disposizione una copia del nostro mandato, col pretesto che in sì poco tempo l'ufficio non sarebbe stato in grado di redigere gli atti,38 per poterne prendere comoda visione prima di venire al dibattito?
Ed avvenne infatti che l'indomani, giorno dell'udienza, domandarono ed ottennero una proroga: richiesta certo ragionevole, visto il grande imbarazzo in cui si trovavano, dopo aver studiato la causa nella esposizione integrale del nostro mandato; domanda che tra l'altro contraddiceva in pieno il motivo per cui avevano acconsentito di riunirsi.
Nulla di più giusto, infatti, di una domanda di proroga, visto il loro disorientamento di fronte alla posizione così solida della verità.
Magari gli avesse giovato l'esame del nostro mandato, contro cui non poterono assolutamente ribattere nulla, e li avesse portati a correggere la loro malvagità, anziché aggravarla!
Sì, chiedevano giustamente una proroga, ma non avrebbero dovuto affermare il giorno prima nella loro lettera di richiesta che si doveva esibire loro il nostro mandato perché potessero venire preparati al giorno fissato, visto che i segretari non potevano venire immediatamente con la registrazione degli atti; e poi, il giorno del dibattito, non potevano prendersela di nuovo con i segretari perché non erano venuti subito con la redazione completa degli atti.
Quale fu mai il motivo che li spinse a fare ciò, se non la loro grande agitazione, vedendo che noi, nel redigere il nostro mandato, avevamo impostato la causa in maniera tale che essi non sapevano più come controbattere?
E quanto dovemmo sborsare per ottenere che essi domandassero una proroga e ottenessero sei giorni di tempo, perché nessuno potesse dire di non aver potuto preparare convenientemente la risposta al nostro mandato per mancanza di tempo?
E quanto abbiamo dovuto sborsare il terzo giorno della nostra conferenza per i loro inconsistenti e inconcludenti interventi, che rivelavano soltanto il rifiuto assoluto di affrontare la causa?
Con la loro stessa paura proclamavano ad alta voce quanto fosse sciagurata la loro posizione; paura che, d'altra parte, si manifestò anche con frasi assai significative, come questa: " A poco a poco siamo indotti alla causa ", e ancora: " La tua potestà vede bene che noi a poco a poco siamo condotti al nocciolo della questione ".39
O violenza della verità, più possente di qualsiasi cavalletto, di qualsiasi uncino per estorcere una confessione!
Si radunano tanti vescovi da tutta l'Africa, entrano a Cartagine con gran pompa in corteo magnifico per attirare su di loro gli sguardi e l'attenzione di una città così importante; vengono prescelti oratori, incaricati di parlare a nome di tutti; si allestisce in pieno centro un edificio, degno di ospitare una tale assemblea; le due parti si riuniscono, il giudice è presente, i registri sono aperti, tutti con il cuore sospeso attendono l'esito di una conferenza così decisiva.
Ed è a questo punto che alcune personalità, le più elette e faconde, anziché agire con la massima energia, che si sarebbe dovuta dispiegare per risolvere la questione, fanno di tutto perché non se ne faccia nulla!
Sollecitano un dibattito sull'identità delle persone, secondo lo stile forense: arringhe che gli avvocati sanno trascinare per anni.
Certo, nel corso dell'udienza essi hanno riconosciuto che i Cattolici, per redigere il loro mandato, si sono serviti prevalentemente di testi scritturistici, anziché di formule forensi, e hanno promesso di presentare anche le loro repliche argomentando dalle Scritture.
Ma poiché Dio, con un intervento mirabile, ha fatto sì che, sollevando costoro la questione sull'identità del richiedente per evitare di arrivare alla causa, fosse precisamente l'inchiesta sulla persona del richiedente a costringerli ad entrare nel vivo della causa,40 questi brillanti personaggi, apparentemente designati per portare avanti la causa, si comportarono come se fossero stati scelti per bloccarla: protestano maliziosamente col giudice, perché li si voleva condurre a poco a poco nel cuore del processo!
Come se lui avesse dovuto mettere da parte ogn'altra cosa per trattare esclusivamente di ciò che essi precisamente rifiutavano di trattare, né dopo né più tardi, essendo decisi a tutto, pur di non trattare ciò su cui temevano di essere sconfitti.
Chi di noi avrebbe mai potuto far erompere dal fondo segreto del loro cuore questo grido clamoroso della loro paura, non dico colmandoli dei doni più splendidi, ma sottoponendoli perfino alle torture più atroci?
Essi dunque sollevarono la questione della persona dei richiedenti con le sottigliezze puntigliose degli avvocati, volendo provare che noi eravamo i richiedenti, per poter così usare del diritto di discutere sulle nostre persone, cogliendovi il pretesto per creare ritardi che avrebbero potuto durare anche degli anni.
Lessero così una petizione che avevamo precedentemente consegnato al proconsole, per chiedere a lui di invitarli ad un incontro comune con noi,41 che sarebbe stata in definitiva la conferenza che l'imperatore era in procinto di indire su nostra richiesta, ed è su questa petizione che puntavano per dimostrare come noi fossimo i richiedenti.
Noi rispondemmo che sempre abbiamo voluto celebrare questa conferenza, ma non per rinfacciargli i loro crimini, quanto per giustificarci delle loro accuse che abitualmente lanciano contro di noi.42
Ciò che, in effetti, li rende eretici e separati dall'unità della Chiesa è accusarci di delitti che non sono in grado di provare.
Ora, il giudice sembrava orientato a seguire l'ordine cronologico per dare la precedenza agli atti che noi avevamo presentato, dai quali risultava che anch'essi avevano domandato ai prefetti di riunire una conferenza; antepose dunque la nostra petizione, presentata proprio da loro, in quanto cronologicamente anteriore a quegli atti prefettizi.
Presentatasi questa opportunità, chiedemmo al giudice, senza alcuna difficoltà e del tutto legittimamente, che, nel caso fosse data priorità di lettura ai documenti che risultavano cronologicamente anteriori, ordinasse preferibilmente la lettura degli atti, nei quali essi, per il tramite del proconsole Anullino, accusarono Ceciliano davanti all'imperatore Costantino, i cui crimini essi riversano sulla nostra comunione e di cui noi volevamo essere scagionati in quella conferenza.
Si iniziò pertanto la lettura del documento; ma poiché tutti i punti del testo segnavano per loro una schiacciante sconfitta, si misero a gridare: " A poco a poco ci introducono nella causa ", e anche: " La tua potestà vede bene che a poco a poco noi siamo condotti al cuore della causa ".43
O grande, ma non certo sorprendente, confusione!
Quando mai il demonio ha temuto tanto l'esorcista, come essi temettero la lettura di quegli atti, che dimostravano chiaramente come i loro predecessori avessero accusato Ceciliano davanti all'imperatore, e lui fosse stato assolto con sentenze così numerose, non solo dei vescovi ma dello stesso imperatore?
Quando mai e a quale prezzo avremmo potuto comprarli, perché, presi dallo stesso panico, osassero tornare nuovamente allo stesso argomento sulla prescrizione del tempo?
Essi avevano sostenuto al riguardo che la causa era ormai caduta in prescrizione e, spirati i quattro mesi, non la si poteva assolutamente trattare più.44
Che cosa è questo? Si può trovare forse un indizio più appropriato, a definire il loro animo, di questo timore così dichiarato?
Tanto che, mentre il timore normalmente sopprime la libertà, costoro hanno temuto così liberamente, da non preoccuparsi di coprire col silenzio il giudizio sulla loro mala causa, anzi lo hanno proclamato con un linguaggio quanto mai esplicito.
O trepidazione tanto veemente da estorcere la confessione!
La paura uscì con tale impeto dalle loro labbra, che fece sparire dalla fronte il pudore.
Se non fossero stati letti i documenti comprovanti le accuse a Ceciliano e la sua assoluzione, si sarebbero cercati i richiedenti per aprire il processo, avremmo discusso la questione delle persone, e così, per i ritardi accumulati a causa di queste capziosità, non si sarebbe mai giunti ad iniziare la causa, perché impigliati in una serie di lungaggini: tutte cose che però, di diritto, apparivano legittime in vista del processo.
Così, dopo aver presentato alla lettura la causa veramente ottima di Ceciliano, si riprese l'argomento già demolito e rigettato della prescrizione, urlando che il termine ultimo per iniziare il processo era già spirato.
Indice |
32 | CYPR., Ep. 54, 3 |
33 | Brevic. 3, 14, 26 |
34 | Brevic. 3, 4, 4 |
35 | Brevic. 1, 13 |
36 | Brevic. 1, 14 |
37 | Brevic. 1, 14 |
38 | Brevic. 1, 15- 2, 3 |
39 | Brevic. 3, 5, 6 |
40 | Brevic. 3, 6, 7 |
41 | Brevic. 3, 5, 6 |
42 | Vedi sotto 27,47 |
43 | Vedi sopra 25,43 |
44 | Brevic. 1, 8; 3, 5, 6 |