Vita di Mosé |
Fissiamo ora la nostra attenzione sui fatti successivi, affinché anche noi, in procinto di scendere in lotta contro i nostri nemici egiziani, possiamo incontrarci con chi ci offra un aiuto fraterno.
Ben ricordiamo che Mosè agli inizi della vita di perfezione si trovò immischiato in un episodio di violenza e in una lite, allorché l'Egiziano uccise l'Ebreo e poi un Ebreo si scagliò contro un proprio connazionale.
Egli però si volse a propositi di vita più perfetta, sostenuto oltre che da questi propositi anche dalla visione soprannaturale che ebbe in cima al monte e meritando la grazia che Dio gli mandasse incontro il fratello, animato da sentimenti amichevoli.
Noi non pensiamo di scostarci dal nostro intento, se diamo a questi fatti un'interpretazione simbolica.
Il soccorso divino non manca in realtà a coloro che si applicano a vivere virtuosamente ed è un soccorso accordato da Dio già fin dalla nascita naturale.24
Esso diventerà più tangibile e visibile quando, applicandoci con maggior diligenza e impegno nella vita spirituale, ci sentiremo in mezzo a lotte più aspre.
Per non dare l'impressione di dare spiegazioni di cose oscure attraverso spiegazioni altrettanto oscure, cercherò di chiarire il mio pensiero.
Un insegnamento fondato sulla tradizione patristica asserisce che Dio non abbandona l'uomo a sé stesso dopo che è stato assoggettato al peccato, non per colpa personale, ma in forza di quella che ha coinvolto tutto il genere umano.
Dio assegna a ciascun uomo l'aiuto di un Angelo, che è una creatura non fornita di corpo.
Il guastatore della nostra natura da parte sua cerca di ostacolarci per mezzo di un demone malefico, intento solo al nostro danno.25
L'uomo si trova pertanto in mezzo a due esseri che lo accompagnano con intenti contrari: l'Angelo buono che lo spinge a riflettere sui beni della virtù, oggetto della speranza di quelli che la praticano e l'Angelo cattivo che spinge ai piaceri sensuali, incapaci di suscitare la speranza dei beni futuri perché, dando un godimento immediato, sottomettono a schiavitù i sensi di coloro che vi si abbandonano.
Solo se ci liberiamo dagli allettamenti del male e se fissiamo la nostra mente verso le mete più alte, lasciando ogni atto cattivo e mettendoci davanti come uno specchio la speranza dei beni eterni,26 potremo riflettere nella limpidezza della nostra anima l'immagine delle cose celesti e sentiremo vicino l'aiuto di un fratello.
L'uomo infatti, considerando la parte spirituale e razionale del suo essere, è come un fratello dell'Angelo mandato ad assisterci quando stiamo per avvicinarci al Faraone.
Se nel corso delle nostre riflessioni sui fatti della storia di Mosè, si riscontrasse che qualcuno di quei fatti non concorda con le nostre spiegazioni, nessuno deve prendere motivo da ciò per rifiutare in blocco le applicazioni da noi date.
Bisogna che sia sempre tenuto presente lo scopo del nostro scritto mirante, come abbiamo spiegato nell'introduzione, a proporre la vita di uomini grandi come modello di virtù per i posteri.27
Evidentemente non è possibile che gli emuli delle virtù di quei grandi si trovino nelle loro identiche materiali situazioni. ( Ci si dovrebbe trovare ancora nel caso di un popolo che cresce sotto la schiavitù degli Egiziani, trovarsi davanti a un persecutore che fa uccidere i neonati maschi, lasciando vivere il sesso più debole e gentile, ripetersi gli altri particolari narrati dalla storia ).
Risulta perciò impensabile che le loro gesta possano essere ripetute tali e quali.
Conviene invece ricavare dalle loro imprese un insegnamento spirituale, utile per quelli che mirano a condurre una vita simile alla loro nella pratica della virtù.
Tralasceremo perciò come inutile al nostro scopo quegli avvenimenti che risultassero completamente estranei all'ordine delle nostre considerazioni, non volendo creare una frattura nell'esposizione della dottrina della virtù, attinta da noi a quei fatti che ce ne offrono la possibilità.
Questa precisazione era necessaria per rispondere in anticipo a chi avesse da obiettare circa le applicazioni che farò delle vicende di Aronne.
Qualcuno infatti potrebbe fare osservare che, se il compito di aiutare chi combatte contro i nemici, affidato all'Angelo, è in armonia con la sua natura spirituale e intelligente ( sotto questo aspetto la natura angelica è pari a quella dell'anima umana, pur avendo però un'esistenza anteriore alla nostra ), non si può invece accettare di porre su un piano di identità l'Angelo e Aronne.
Risponderemo a questa obiezione partendo dal principio già esposto che l'incontro difatti estranei al nostro intento non deve comportare uno sconvolgimento nell'ordine della trattazione e costatando come i termini di angelo e fratello siano in certo senso sinonimi e si possono ugualmente applicare a due esseri tra loro in contrasto.
Anche nella Scrittura si accenna a un Angelo di Dio e a un angelo di Satana ( 2 Cor 12,7 ).
Anche noi chiamiamo fratello tanto quello buono come quello cattivo.
esprime in questo senso quando parla di fratelli buoni, premurosi dei bisogni altrui ( Pr 17,7 ) e di fratelli cattivi, che prendono a calci i propri fratelli ( Ger 9,3 ).Ma proseguiamo l'esposizione, rimandando a dopo l'esame particolareggiato di questi punti ed esaminando ora i fatti che successivamente il racconto ci propone.
Mosè, ricevuta la forza necessaria nell'apparizione luminosa, assistito e protetto dal fratello, può parlare con sicurezza al popolo della liberazione vicina, ricordare a tutti la comune nobiltà di stirpe, indicare come sottrarsi alle gravose imposizioni della raccolta di argilla e della fabbricazione di mattoni.
Che cosa ci insegna qui la storia?
Che non bisogna presumere di parlare al popolo senza un'opportuna preparazione.
Sebbene Mosè già al tempo della sua giovinezza fosse avanzato nella virtù, come ben sai, tuttavia quando volle intromettersi come paciere, tra due litiganti, non fu ben accolto.
Ora invece affronta una intera moltitudine, quasi in contrasto con la riservatezza del suo carattere.
La storia sottolinea questo particolare per dirci che è azzardato esporci al giudizio di tanti ascoltatori, se non possediamo una preparazione adeguata.
Indice |
24 | La dottrina dell'Angelo custode si trova già nel Pastore di Hermas ( Visione V,1- 4 ) e in Origene ( De Principiis II, 10,7 ). Quest'ultimo però dubitava che l'Angelo fosse assegnato subito al momento della nascita, come invece afferma qui Gregorio. |
25 | La concezione dei « due spiriti » e dei « due Angeli » risale alla speculazione degli Esseni ( Manuale di Disciplina III, 17 26 ). La si ritrova nel Pastore di Erma e in Origene che le dà ampio sviluppo. Essa tuttavia non ha alcun serio fondamento scritturistico e tradizionale. Cf S. Weber, De singulorum hominum daemone impugnatore, Roma 1935. |
26 | Il tema dello specchio, appena accennato in Platone, Plotino, Origene, prende importanza in Atanasio e diviene centrale in Gregorio, per il quale esso designa la libertà dell'anima e la sua partecipazione al mondo divino. |
27 | Il passo ci ragguaglia circa il metodo esegetico di Gregorio per il quale l'interpretazione dei particolari di un libro scritturistico dipende dallo scopo che l'autore si è proposto. |