Summa Teologica - III |
In 4 Sent., d. 22, q. 2, a. 2, sol. 3; De forma abs.
Pare che la forma di questo sacramento non sia costituita dalle parole: « Io ti assolvo ».
1. La forma dei sacramenti viene desunta dall'istituzione di Cristo e dall'uso della Chiesa.
Ora, non si riscontra nella Scrittura che Cristo abbia istituito questa formula.
Ed essa non risulta nemmeno dall'uso comune: anzi, in certe assoluzioni fatte pubblicamente nella Chiesa, come in quelle di Prima e di Compieta, e in quella del Giovedì Santo, non si usa la formula indicativa: « Io ti assolvo », ma quella deprecativa: « Dio onnipotente abbia misericordia di voi », oppure: « Dio onnipotente vi conceda l'assoluzione ».
Quindi le parole: « Io ti assolvo » non sono la forma di questo sacramento.
2. Il Papa S. Leone [ Epist. 108 ] afferma: « Il perdono di Dio non può aversi che mediante le preghiere del sacerdote ».
Ma egli parla del perdono di Dio offerto ai penitenti.
Quindi la forma di questo sacramento deve essere una formula deprecatoria.
3. Assolvere dai peccati equivale a rimetterli.
Ora, come scrive S. Agostino [ cf. P. Lomb., Sent. 4,18,5 ], « solo Dio, che è in grado di purificare interiormente dal peccato, rimette la colpa ».
Quindi solo Dio può assolvere dai peccati.
Perciò il sacerdote non deve dire: « Io ti assolvo », come non dice: « Io ti rimetto i peccati ».
4. Il Signore, come diede ai suoi discepoli il potere di assolvere dai peccati, così diede loro anche quello di curare le infermità, cioè, come dice il Vangelo [ Mt 10,1; Lc 9,1 ] « di cacciare i demoni e di curare le malattie ».
Ma nel guarire i malati gli Apostoli non usavano la formula: « Io ti guarisco », bensì quest'altra: « Ti guarisca il Signore Gesù Cristo » [ At 9,34 ].
Quindi i sacerdoti, esercitando il potere conferito da Cristo agli Apostoli, devono usare non la formula: « Io ti assolvo », ma la formula: « Cristo ti dia l'assoluzione ».
5. Alcuni di coloro che fanno uso di questa formula la spiegano in questo senso: « Io ti assolvo, cioè ti dichiaro assolto ».
Ma il sacerdote non è in grado di fare ciò senza una rivelazione divina.
Infatti nel Vangelo [ Mt 16,19 ] si legge che a Pietro, prima delle parole: « Tutto ciò che scioglierai sulla terra », ecc., era stato detto [ Mt 16,17 ]: « Beato te, Simone figlio di Giona, poiché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli ».
Perciò pare una presunzione da parte del sacerdote a cui non è stata fatta una rivelazione l'affermare: « Io ti assolvo », anche nel senso di: « Io ti dichiaro assolto ».
Il Signore, come disse ai discepoli [ Mt 28,19 ]: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole », così disse a Pietro [ Mt 16,19 ]: « Tutto ciò che scioglierai ».
Ora il sacerdote, forte di quelle parole di Cristo, afferma: « Io ti battezzo ».
Quindi per la medesima autorità egli in questo sacramento deve affermare: « Io ti assolvo ».
Il perfezionamento in ogni genere di cose va attribuito alla forma.
Ora, sopra [ a. 1, ad 2 ] abbiamo notato che questo sacramento viene completato dagli atti del sacerdote, per cui quanto proviene dal penitente, sia che si tratti di parole o di gesti, costituisce la materia di questo sacramento, mentre quanto proviene dal sacerdote ha funzione di forma.
E poiché i sacramenti della nuova legge, come si è detto sopra [ q. 62, a. 1, ad 1 ], « producono ciò che significano », è necessario che la forma del sacramento significhi quanto nel sacramento si compie rispetto alla materia sacramentale.
Per cui la forma del battesimo è: « Io ti battezzo », e quella della cresima: « Io ti segno con il segno della croce e ti confermo con il crisma della salvezza », poiché questi sacramenti consistono nell'uso della materia.
Invece nel sacramento dell'Eucaristia, che consiste nella stessa consacrazione della materia, viene espressa la realtà della consacrazione con le parole: « Questo è il mio corpo ».
Ma il sacramento di cui parliamo, cioè la penitenza, non consiste nella consacrazione di una qualche materia, e neppure nell'uso di una materia già santificata, bensì nell'eliminazione di una certa materia, cioè del peccato, nel senso in cui i peccati, come si è notato sopra [ a. 2 ], sono la materia della penitenza.
Ora, tale eliminazione viene indicata dal sacerdote con la formula: « Io ti assolvo » [ ossia sciolgo ]; infatti i peccati sono dei legami, secondo le parole dei Proverbi [ Pr 5,22 ]: « L'empio è preda delle sue iniquità, è stretto nelle funi dei suoi peccati ».
Perciò è evidente che la formula: « Io ti assolvo » costituisce la forma più conveniente di questo sacramento.1. Questa forma viene desunta dalle parole stesse dette da Cristo a Pietro [ Mt 16,19 ]: « Tutto ciò che scioglierai sulla terra », ecc.
E la Chiesa si serve di questa formula nell'assoluzione sacramentale.
Invece le altre assoluzioni date in pubblico non sono sacramentali, ma sono preghiere ordinate alla remissione dei peccati veniali.
Perciò nell'assoluzione sacramentale non basterebbe dire: « Dio onnipotente abbia misericordia di te »; oppure: « Dio ti conceda l'assoluzione e la remissione », poiché con tali parole il sacerdote non indica che l'assoluzione viene accordata, ma chiede che lo sia.
- Tuttavia questa preghiera viene premessa all'assoluzione sacramentale perché l'effetto del sacramento non venga impedito da parte del penitente, i cui atti in questo sacramento costituiscono la materia, a differenza del battesimo e della cresima.
2. Le parole del Papa S. Leone si riferiscono alla preghiera che precede l'assoluzione, ma esse non escludono l'assoluzione sacerdotale propriamente detta.
3. Solo Dio assolve e rimette i peccati in forza della sua autorità.
I sacerdoti invece fanno l'una e l'altra cosa in modo ministeriale: cioè in quanto le parole del sacerdote in questo sacramento agiscono strumentalmente, come anche negli altri sacramenti; poiché è sempre la virtù divina ad agire interiormente in tutti i segni sacramentali, siano essi cose o parole, come risulta dalle spiegazioni date [ q. 62, a. 1; q. 64, a. 1 ].
Per cui anche il Signore espresse l'una e l'altra cosa: a Pietro infatti disse [ Mt 16,19 ]: « Qualunque cosa scioglierai », ecc., mentre ai discepoli disse [ Gv 20,23 ]: « A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi ».
Tuttavia il sacerdote dice: « Io ti assolvo », e non: « Io rimetto i tuoi peccati », poiché ciò si accorda meglio con le parole dette dal Signore in riferimento al potere delle chiavi, in forza del quale i sacerdoti assolvono.
Siccome però il sacerdote assolve come ministro, è giusto aggiungere qualcosa che accenni all'autorità suprema di Dio, in modo che ne risulti ad es. la formula: « Io ti assolvo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo », oppure: « in virtù della passione di Cristo », oppure: « con l'autorità di Dio », come spiega Dionigi [ De cael. hier. 13,4 ].
Ma non essendo ciò determinato dalle parole di Cristo come nel battesimo, questa aggiunta è lasciata all'arbitrio del sacerdote.
4. Agli Apostoli non fu conferito il potere di risanare essi stessi gli infermi, ma che gli infermi guarissero mediante la loro preghiera.
Invece nei sacramenti fu data loro la facoltà di agire come cause strumentali, o ministeriali.
Per questo il loro atto viene espresso nelle forme sacramentali più che nelle guarigioni miracolose.
Nelle quali però non sempre venivano usate formule solo deprecatorie, ma talora anche indicative e imperative, come si legge negli Atti [ At 3,6 ] che S. Pietro disse allo storpio: « Quello che ho, te lo do.
Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina! ».
5. L'interpretazione della formula: « Io ti assolvo » nel senso di: « Io ti dichiaro assolto » è vera sotto un certo aspetto, ma non completamente.
Poiché i sacramenti della nuova legge non solo significano, ma anche « compiono ciò che significano ».
Come quindi nel battezzare il sacerdote esprime il fatto che uno è purificato interiormente con le parole e con il rito non solo a modo di segno, ma anche effettivamente, così quando dice: « Io ti assolvo » esprime l'assoluzione del penitente non solo a modo di segno, ma anche realizzandola effettivamente.
- E d'altra parte egli si esprime senza incertezze.
Poiché come gli altri sacramenti della nuova legge hanno per loro natura un effetto sicuro in virtù della passione di Cristo, sebbene tale effetto possa essere impedito dalle disposizioni di chi li riceve, così avviene anche in questo sacramento.
Da cui le parole di S. Agostino [ De adult. coniug. 2,9.21 ]: « Una volta che l'adulterio commesso è stato espiato, la riconciliazione degli sposi non è più né vergognosa né difficile, là dove grazie alle chiavi del regno dei cieli non c'è da dubitare della remissione dei peccati ».
Perciò neppure il sacerdote ha bisogno di una rivelazione speciale, ma basta la rivelazione generale della fede, attraverso la quale vengono rimessi i peccati
Per cui si legge che a Pietro fu fatta appunto questa rivelazione della fede.
Tuttavia la formula: « Io ti assolvo » può essere spiegata meglio in questo senso: « Io ti impartisco il sacramento dell'assoluzione ».
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