Intimità con Gesù sulla croce
1 - L'intimità con Gesù rende i nostri pensieri conformi ai Suoi
2 - L'intimità con Gesù comporta l'abbandono di ogni egoismo
3 - Intimità con Gesù per guardare al Padre in conformità con Lui
4 - L'intimità con Gesù di Santa Caterina
5 - L'intimità con Gesù permette di cogliere gli aspetti più veri
6 - L'intimità con Gesù per essere animati dal Suo stesso sentire
7 - L'intimità con Gesù ci impedisce di cadere nel pericolo corso dalla filologia
8 - L'intimità per comprendere la parola di Gesù che parla nel nostro cuore
9 - L'intimità permette di capire i doni di Gesù
10 - L'intimità con Gesù ce ne fa comprendere la sofferenza sulla croce
11 - L'intimità comporta lo spirito di sottomissione
12 - L'intimità con Gesù si realizza sulla croce
13 - L'intimità come fine della vita spirituale
14 - Nell'intimità con Gesù nulla si perde e tutto si acquista
15 - Importanza della Divozione
16 - L'intimità con Gesù anticipa la vita eterna
L'argomento intorno al quale desidero ancora soffermarmi riguarda l'intimità con Gesù sulla Croce; l'intimità con Gesù Crocifisso, intimità che costituisce il punto fondamentale e caratteristico della spiritualità di Fra Leopoldo e della nostra, in quanto Suoi figli.
Esaminiamo innanzitutto a quale fine sia ordinata la nostra intimità con Gesù.
Mi sembra che Gesù ci voglia con Lui sulla Croce perché i nostri pensieri su di noi, su ciò che ci accade, su quanto ci circonda, sulla vita, sulla storia e sulla vicenda degli uomini, siano conformi ai Suoi.
Cerchiamo di capire se il nostro modo di pensare e di riflettere sulle cose è conforme a quello di Gesù che, sulla Croce, immola se stesso per la salvezza del mondo e che ha, quindi, ben presente tanto la volontà del Padre Suo, quanto la situazione degli uomini.
Dobbiamo guardare a noi stessi come Gesù guardava a sé, tralasciando di desiderare le comodità della vita, di soddisfare il nostro egoismo e di considerare sommamente meritorio il più piccolo sacrificio per la causa di Dio.
Gesù ci vuole sulla Croce, accanto a sé, per operare una trasformazione nei nostri pensieri e per permetterci di guardare al Padre, a cui tutto è ordinato, in conformità con Lui.
La nostra vita cristiana non deve essere moralistica, ordinata semplicemente alla osservanza di certi precetti, ma deve comportare la conformità con Gesù, nella cui intimità, noi, particolarmente prediletti dal Signore, siamo stati chiamati.
Quindi lo sfondo della nostra visione è sempre il Padre visto in Gesù e attraverso Gesù.
Oggi è la festa di Santa Caterina da Siena, patrona d'Italia.
Invito tutti a leggere o a rileggere gli scritti di questa Santa, che dovremmo considerare come una Patrona dell'Unione.
Essa è infatti una grande maestra di intimità con Gesù sulla Croce e ci insegna il valore del Sangue da Lui versato.
C'è un quadro barocco che, pur non essendo un capolavoro, è molto significativo della spiritualità di Santa Caterina.
Nel dipinto è rappresentato il Padre celeste che ha, come in grembo, il Figlio Suo che muore in Croce; dalle ferite di Gesù sgorga il sangue che penetra tutto il mondo; Caterina, sollevata da terra ed investita dal sangue che scaturisce dalla mano destra di Gesù, raccoglie il sangue che sgorga dal Suo costato per spargerlo sul mondo.
Particolarmente espressiva è la rappresentazione di Gesù nel Padre, nel quale è il Figlio e lo Spirito Santo.
Gesù è considerato, in tale rappresentazione. come l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
Tuttavia Gesù non deve essere considerato soltanto sotto l'aspetto afflittivo: Egli infatti col Sangue generoso che scorre da tutte le Sue Piaghe rigenera il mondo e ne cancella e distrugge il peccato.
Noi pensiamo di conoscere Gesù, mentre in realtà non ne consideriamo che pochi aspetti; anche se non giungeremo mai alla completa conoscenza di Gesù, tuttavia la nostra vicinanza a Lui sulla Croce e il nostro costante approfondimento ci permetteranno di coglierne gli aspetti più veri e di formulare giudizi e valutazioni più simili ai Suoi.
Gesù ci dà la misura dei Suoi giudizi proprio sulla Croce, allorché, rivolgendosi al Padre, dice: "Padre perdona loro perché non sanno quello che si fanno". ( Lc 23,34 )
Con tali parole Gesù rivela una profonda conoscenza degli uomini; egli infatti non giustifica per superficialità; Egli comprende fino in fondo l'enormità del peccato perpetuato dagli uomini, ma perdona poiché essi non se ne rendono conto.
Questi pochi pensieri, anche se non sufficientemente sviluppati, hanno lo scopo di rendere sempre più programmatica la nostra intimità con Gesù sulla Croce, affinché i nostri desideri, i nostri sentimenti, i nostri ardori diventino i Suoi.
Facciamo attenzione a valutare bene le parole e i sentimenti di Gesù; ad esempio l'espressione di Gesù: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" ( Mt 27,46 ) è talvolta equivocata.
Lungo la giornata ci capita infatti di lamentarci per l'abbandono di Dio.
Tutte le volte che ci lasciamo invadere dal pessimismo, dalla malinconia, dalla tristezza per la nostra solitudine, noi ripensiamo e ripetiamo le parole di Gesù: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
Ripetiamo tali parole senza essere però animati dallo spirito di Gesù, che è tutto un gemito, un desiderio, e che esprime veramente il senso della tragedia del peccato.
Gesù misura quanto sia grande il male nel mondo dal fatto che il Padre lo immola al punto da non fargli più sentire la Sua presenza.
Impariamo perciò a ragionare così quanto ci accade.
Non accusiamo Dio di averci abbandonato, di essersi disinteressato di noi; riflettiamo invece a quanto grande sia il male in noi e nel mondo se Egli, per riscattarlo, permette che si soffra così profondamente nel sentirsi come abbandonati da Lui.
Il Padre ci fa provare l'esperienza della sofferenza, Suo malgrado.
Mi sovviene il ricordo di un Sacerdote che per tanti anni il Signore ha provato con un esaurimento spavento soprattutto psichico: accostandosi all'altare, egli non riusciva a celebrare, provava vertigini, ripugnanze, ed aveva il timore di rovesciare il calice, di non finire la Messa.
Si trattava però di un santo sacerdote che riuscì, dopo tanti anni, a superare tali terribili sensazioni; e un giorno, mentre si recava in chiesa, passando davanti a un Crocifisso che era in sacrestia, ricordando e quasi ancora temendo l'esperienza passata, diede uno sguardo al Crocifisso e disse fra sé: "Ma Signore, perché hai permesso quella prova così dura?"
Ed il Signore rispose: "Figlio, perché non ne ho proprio potuto fare a meno".
Cerchiamo perciò anche noi, nel ripetere l'espressione di Gesù "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", di essere animati dal Suo stesso sentire.
"Sitio" ho sete ( Gv 19,28 ) disse Gesù sulla croce.
Certamente Gesù, a causa del sangue perso, aveva sete anche proprio di acqua; ma la sete di Gesù era soprattutto spirituale, per essersi completamente speso, esaurito per l'apostolato e per la salvezza del mondo.
Facciamo in modo che la disposizione del nostro animo dicendo "sitio" e denunciando la sete, la fame, il sonno, sia quella di Gesù e non quella dell'uomo che reclama e che accusa con amarezza.
Chi guarda la Crocifisso non è mai solo.
La solitudine che noi a volte risentiamo è dovuta a qualche nostra infedeltà oppure essa non è reale.
Vi è un esempio che spiega bene il sentimento di solitudine di cui, a volte, soffriamo: come il bambino non vede la madre, nel momento in cui essa, in uno slancio d'amore, lo tiene strettamente abbracciato a sé, così noi, stretti a Gesù, possiamo provare la vertigine che coglie ad un più alto livello di vita, a cui ancora non si è abituati.
L'intimità con Gesù ci insegna a vivere secondo il Suo volere e ci impedisce di cadere nel pericolo corso dalla filologia, che si limita a fare semplicemente dei commenti letterali, basandosi sulla storia del vocabolo e confrontando i testi.
Non basta infatti appurare la lettera, che deve essere la più fedele possibile, ma bisogna viverne soprattutto lo spirito.
E il Signore rivela il Suo volere non per iscritto, ma nel nostro cuore, che deve essere sempre pronto a riceverlo e a viverlo.
Il solo Vangelo senza Spirito Santo non serve ed anzi può farci gravemente del male.
Lo Spirito Santo dentro di noi ci fa leggere, capire, penetrare il Vangelo; Spirito Santo e Vangelo quindi, unitamente all'autorità della Chiesa, la quale ci dice se è legittima l'interpretazione dello Spirito Santo.
Il nostro carisma, in quanto catechisti, è l'intimità con Gesù sulla Croce, intimità che ci dà la fecondità e la ricchezza spirituale.
Disponiamoci a leggere tutto l'Antico Testamento, per esempio, sotto il profilo dell'intimità con Gesù Crocifisso; essa ci permetterà di farne una fruttuosa lettura e ci darà il filo conduttore per una sintesi vitale.
Nell'intimità con Gesù lo Spirito parlerà dentro di noi che diventeremo sorgenti di vita.
Similmente a Gesù noi dovremmo essere interiormente e castamente ardenti.
L'intimità con Gesù sulla Croce ci dispone a comprendere e a ricevere i doni di Gesù.
Sulla Croce Gesù ci ha fatto un dono immenso: la Madonna.
Egli ha detto infatti a Giovanni, indicando Maria: "Ecco tua madre", e a Maria, indicando Giovanni: "Ecco tuo figlio".
Noi dobbiamo perciò accogliere la Madonna, che ci è stata data da Gesù ai piedi del Calvario, come una madre e considerarci veramente Suoi figli.
L'intimità con Gesù ci permetterà di valutare giustamente tutto ciò che Gesù disse poco prima del Suo sacrificio: "La mia carne è veramente cibo, il mio Sangue veramente bevanda" ( Gv 6,55 ), e ancora: "Questo è il mio corpo che è dato, questo è il mio sangue che è versato". ( Lc 22,20 )
Capiremo come il corpo di Gesù sulla Croce sia tutto tremante, tutto scosso non solo dalle vibrazioni della sofferenza e dalla posizione della crocifissione, ma anche dal Suo grande amore per l'umanità.
Il corpo di Gesù
Questo corpo purissimo, vivissimo, umanissimo, benché sia tutto schiacciato e stritolato, rimane incorrotto e col sangue versato diffonde la vita attorno a sé, lava e vivifica il mondo.
La sofferenza di Gesù è viva, senza opacità, senza involuzione, senza scoraggiamento.
Il sangue di Gesù secondo Santa Caterina
Il sangue di Gesù è vivo e, come diceva Santa Caterina da Siena, "al medesimo tempo caldissimo e freschissimo".
È il sangue rigeneratore che avvolge e penetra tutto il mondo.
L'intimità con Gesù non ci farà più stupire che quel Sangue storicamente versato continui ad avvolgere e a vivificare questo mondo.
A Gesù vivo e reale sulla Croce noi siamo chiamati nella concretezza della nostra persona, anima e corpo.
Santa Caterina pensava che ogni virtù valesse in quanto era fondata su Gesù ed intrisa nel Suo Sangue.
Le virtù cristiane
Tutte le virtù cristiane, anche le naturali, se vissute cristianamente, sono intrise nel Sangue di Gesù e quindi vivificate e ricondotte alla carità, alla fede, alla speranza.
Il Sangue di Gesù è sorgente di odio verso il peccato.
Dice infatti Santa Caterina che l'anima fa come il figliolo che vede il sangue del padre.
Come il figliolo vedendo il sangue del padre, cresce in odio contro il nemico, così l'anima, di fronte al sangue di Gesù, cresce in odio contro il peccato.
Dobbiamo rimanere sulla croce con Gesù perché la nostra speranza sia nelle sue promesse.
Sulla croce Gesù ha detto chiaramente al ladrone: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso". ( Lc 23,43 )
La promessa è valida anche per noi; Gesù, se dovessimo morire, può portarci in Paradiso - hic et nunc -, nonostante le colpe, purché ci si affidi a Lui.
Gesù ci può dare l'immortalità, lo splendore di vita divina.
Non soffermiamoci troppo a considerare retrospettivamente le nostre azioni poiché una eccessiva preoccupazione potrebbe causare in noi un senso di schiacciamento che allontana da Gesù, una frenesia di azione che cela un'insidia veramente notevole.
Quando la nostra agitazione spirituale, sia di rincrescimento per il passato, sia di ansia per l'avvenire, ci porta lontani da Gesù e mette come in ombra la fiducia in Lui, essa ha in sé qualche cosa di cattivo.
Ricordiamoci sempre le parole di Gesù: "Oggi sarai con me in Paradiso" e crediamo alla Sua promessa.
L'intimità di Gesù sulla Croce fa sì che i nostri voleri Suoi e ci permette di interpretare bene le parole che Egli disse prima di spirare: "Tutto è compiuto", ( Gv 19,30 ) cioè tutto è adempiuto, tutto è sciolto.
Con Gesù non correremo il rischio di smarrirci e faremo durante la vita sempre la volontà di Dio.
Al fondo della nostra giornata, dopo tutte le battaglie, dovremmo sempre rivolgerci al Padre con queste parole: "nelle Tue mani, Padre, rimetto il mio spirito". ( Lc 23,46 )
Lo spirito di sottomissione alla volontà del Padre ci accorderà sempre la pace e la calma interiore.
La contemplazione comporta lo stare e la massima attività spirituale
Nella vita spirituale vi è un aspetto detto comunemente statico, e che invece è contemplativo; è un aspetto che comporta lo stare ed insieme la massima attività spirituale.
Stare in Gesù, guardarlo, contemplandolo.
Gesù nel discorso dell'ultima Cena ha detto: "Rimanete in me, rimanete nel mio amore". ( Gv 15,4 )
L'intimità che Gesù desidera si realizza e si approfondisce soprattutto sulla Croce.
Sulla Croce il corpo e il cuore di Gesù sono aperti e pronti ad accoglierci.
La Croce è il momento di massima apertura di Gesù al mondo ed esprime bene il grande amore di Dio per gli uomini.
Sulla Croce Gesù esercita il massimo potere di attrazione; Egli dice infatti. "Quando sarò innalzato da terra trarrò tutto a me". ( Gv 12,32 )
Significato della intimità
Cerchiamo di precisare ora il significato di intimità.
Il termine vuole dire essere "in" o anche essere "di"; infatti si partecipa sempre della persona con la quale si è in intimità.
È una partecipazione che non distrugge niente e che quindi si traduce in una contemplazione.
Mentre nell'ordine delle realtà materiali la partecipazione ci rende privi di qualcosa ( per dare il mio sangue debbo infatti toglierlo a me stesso ),
Intimità come contemplazione
nell'ordine spirituale essa si traduce in una contemplazione, in una compenetrazione, in un possesso amoroso che non distrugge, ma esalta i due termini che si posseggono.
Quindi dobbiamo approfondire tale intimità che deve diventare non solo il mezzo, ma il fine della nostra vita spirituale.
Abituati a scorrere di cosa in cosa, ad amare il movimento anche spirituale, senza veramente consolidare nulla, troveremo forse qualche difficoltà nel realizzare l'intimità con Gesù, alla quale però dobbiamo tendere con tutte le nostre forze.
L'apostolato aiuta a ritornare e a rimanere in Gesù
L'apostolato deve aiutare a ritornare e a rimanere in Gesù. "Rimanere", cioè permanere stabilmente.
Chi si muove lascia qualcosa per dirigersi verso altro e non riesce a possedere entrambe le cose nel medesimo istante; è un movimento che in un certo senso alimenta colui che lo compie, ma che al tempo stesso lo costringe all'abbandono di qualche cosa.
Nell'abbraccio con Gesù nulla si perde e tutto si acquista.
Rimanere con Gesù richiede la massima attività e il minimo movimento.
Il movimento per crescere, deve morire, come il nostro corpo; noi a man a mano che ci nutriamo prepariamo anche la nostra morte; per acquistare il domani lasciamo l'ieri, lasciamo l'oggi.
L'attività spirituale invece limita il movimento.
Rimanere in Gesù significa anche ritornare a Gesù, sia perché sovente ce ne allontaniamo, sia perché correggiamo giorno per giorno l'impostazione della nostra vita spirituale.
È un "rimanere" che ci fa avvicinare sempre più a Gesù.
Disponiamoci perciò ad accogliere le parole di Fra Leopoldo il quale ci insegna che la nostra vita comporta non solo il passare, il crescere, ma anche il permanere; se non si permanesse passando tutto si ridurrebbe ad una successione di cose.
Fra Leopoldo, con la Divozione, dinamicamente ci porta al permanere in Gesù, come fine, come somma e come vertice di tutta la nostra vita.
Il movimento che non possiamo eliminare nella nostra vita deve alimentare il permanere.
Il punto fondamentale dell'intimità è la permanenza in Gesù, che ci ha detto: "rimanete nel mio amore, rimanete in me", ( Gv 15,9 ) ed anche: "senza me non potete far nulla". ( Gv 15,5 )
Riconosciamo l'importanza della Divozione che il Signore ci ha affidata ed approfondiamo il significato delle espressioni con cui si inizia l'Adorazione alle Piaghe: "Amabilissimo mio Signore Gesù Crocifisso".
L'attributo "Amabilissimo" comporta il nostro slancio verso Gesù nel quale riconosciamo la quintessenza dell'amore e dei beni che possiamo avere.
La Divozione ci educa a ritornare e a permanere in Gesù di cui si scopre l'infinita ricchezza.
Carattere apostolico della Divozione
La Divozione ha un carattere apostolico e si prefigge di ricondurre tutti a vivere permanentemente l'intimità col Signore, intimità che si esprime nell'espressione: "Amabilissimo mio Gesù Crocifisso"; l'attributo "Amabilissimo" manifesta l'intensità del nostro slancio verso Gesù e il nostro desiderio di permanere in Lui.
È infatti proprio dell'amore portare se stessi e gli altri verso chi si ama.
Chi conosce, in un certo senso, riduce a se stesso le cose, chi ama porta se stesso nelle cose che ama.
Chi conosce, in un certo senso, riduce a se stesso le cose, chi ama porta se stesso nelle cose che ama.
Nell'intimità con Gesù opereremo tante cose, giudicando, vedendo, agendo nel mondo, secondo i Suoi desideri.
L'intimità con Gesù anticipa la vita eterna, che è tutta una contemplazione.
In un mondo così dinamizzato come il nostro, tale prospettiva potrebbe non essere capita.
Ricordo infatti, a proposito della contemplazione, certe pagine di B. Croce nelle quali si afferma che solo il movimento, la novità, il continuo cambiamento, la crescita su se stessi sono validi; niente di fisso, neanche la verità, perché vi sia sempre più crescita, più movimento, più vita; libertà pura e assoluta, storicizzata.
Non incorriamo in tale errore e facciamo in modo che il nostro occhio spirituale sia sempre rivolto a Gesù ed alla Madre, lottando contro tutto ciò che ce ne può distogliere.
Ricordiamo la giaculatoria che Gesù faceva recitare così spesso a Fra Leopoldo, tanto che questi se ne stupiva:"Tu ami me e Io amo te".
Per coloro che fossero scettici circa l'autenticità del suggerimento divino lo stupore di Fra Leopoldo costituisce già una prova che veramente egli aveva davanti a sé un interlocutore e che tale espressione non era il prodotto di una sua fantasia.
Leggendo i detti a Fra Leopoldo, pur attraverso il suo vocabolario, i suoi sentimenti, le sue parole, si intuisce la presenza divina; vi sono espressioni suggerite da Gesù che lo stesso Fra Leopoldo a volte non capisce; si sente realmente una doppia parte, quella di Fra Leopoldo e quella di questi interlocutori misteriosi, altissimi, che, pur servendosi del suo vocabolario, lo ammoniscono e gli parlano.
Termino esortando tutti a seguire l'esempio di Fra Leopoldo, nostro maestro, e a ricondurre tutto a Gesù: le singole opere armonizzino, come quelle di un buon architetto, col Tutto.