Adunanza 1/3/1970
1 - Dio parla dal di dentro e dal di fuori
2 - La preghiera continua
3 - Preghiera come attesa di Dio
4 - Regalità di Cristo
5 - Valore del servire
6 - L'Eucaristia
7 - L'amore divino di Cristo
8 - Qualità della preghiera
9 - Impegno nel mondo ad imitazione di Cristo
10 - Apertura al mondo comporta l'obbedienza
Vorrei dedicare la prima parte del nostro incontro alla riflessione ed al ripensamento dei temi trattati durante le nostre ultime riunioni e durante la conferenza di Mons. Caramello
Invito alla spontaneità
Invito perciò tutti a ripensare i problemi più sentiti, ad esporre le proprie considerazioni, i quesiti, i dubbi.
È una proposta che mira a sviluppare il discorso di oggi sulla base degli interventi personali, al fine di rendere la conversazione più spontanea, più viva, più stimolante, più costruttiva.
Interventi: si propone di trattare i temi della preghiera continua, dell'amore divino, della regalità di Cristo.
Unitarietà dei temi
Ringrazio per i temi da voi suggeriti e ne inizio la trattazione, raccomandando ad ognuno di non considerarli disgiunti l'uno dall'altro, ma di ricondurli all'unità.
Pur essendo infatti interessati ad un particolare problema, che ci suscita e ci ravvia, non dobbiamo trascurare gli altri, poiché tutti sono tra loro legati e confluenti in Dio.
Dio ci parla dal di dentro e dal di fuori e noi dobbiamo ascoltarne tutte le voci, riconducendo le nostre ispirazioni ai temi trattati in comune, per evitare il rischio del soggettivismo.
L'ispirazione personale è inseparabile dall'azione comune
Non vi è infatti contraddizione tra lo spirito che parla in noi e l'azione fatta in comune in nome di Dio, azione inoltre garantita dal Superiore.
Ciascuno deve essere docile e seguire con uguale partecipazione tutti i temi, proponendosi di capirne il significato profondo.
Il nostro arricchimento personale dipenderà soprattutto dal lavoro comune, dall'impegno col quale lo avremo sviluppato e dall'accoglienza che gli avremo riservato.
Se una frase, un'idea ci colpirà particolarmente, non dovremo svilupparla a detrimento delle altre, alle quali anzi essa deve essere ricondotta.
Rapporto orazione e vita spirituale
Alla luce di queste fondamentali considerazioni, tratteremo i temi da voi proposti, affrontando per primo quello della preghiera ed in particolare il rapporto tra orazione e vita spirituale.
Poiché vi è equivalenza tra orazione e vita spirituale, così infatti hanno affermato coloro che hanno avuto particolari doni, la nostra orazione non può essere limitata ad un momento della nostra giornata, ma deve investirla tutta.
Questa affermazione pone perciò il tema della preghiera continua e come ad essa si giunga con l'esercizio di un compito, di un servizio.
Distinzione tra esercizio di pietà e vita di pietà
Si deve immediatamente distinguere tra esercizio di pietà e vita di pietà.
La vita di pietà è prima di tutto uno stato di vita, che comporta lo slancio, l'ardore, la disposizione permanente del cuore, della mente, della volontà a Dio.
Pur non sottovalutando l'esercizio che deve alimentare la vita di pietà, essa si deve manifestare in un atteggiamento mentale supplice verso Dio.
Preghiera è domanda della luce
La preghiera è domanda della luce di Dio, luce che illumina il nostro spirito, le nostre azioni, la nostra vita.
La preghiera porta con sé il desiderio di essere ripieni della volontà di Dio, per agire in conformità con essa.
Volontà di amore
Dio abita in noi nella misura in cui noi facciamo la Sua volontà, che non è mai disgiunta dall'amore: essa è una volontà di amore.
S. Tommaso d'Aquino, affrontando il tema della carità, dice che essa è vicendevole benevolenza nei rapporti con Dio e comunicazione di Lui.
Che la nostra volontà sia dunque quella di renderci disponibili a fare la volontà di Dio, a invocarne la guida.
Nella misura in cui cresce in noi la volontà di affidarci a Dio, stabiliamo con Lui un colloquio tacito ed espresso.
La preghiera continua comporta la costante evocazione e muta attesa di Dio, l'apertura allo Spirito Santo, di cui si desidera la presenza.
Preghiera come dialogo
La preghiera è dialogo, adesione totale e fiduciosa, unione con lo Spirito, di cui facciamo la volontà.
La dottrina relativa al rapporto esistente fra i doni dello Spirito Santo e le virtù infuse, è stata presentata da San Tommaso d'Aquino nel suo breve trattato "La teologia della perfezione cristiana" che invito tutti a leggere.
La preghiera continua è uno dei vertici della vita cristiana, che è frutto dello Spirito Santo, la cui azione è piena e completa se noi ci saremo disposti interiormente ad accettarla, a riceverla con amore.
La preghiera continua si realizza attraverso l'azione dello Spirito Santo
La preghiera continua si realizza perciò, non tanto attraverso le nostre formule di preghiera, ma attraverso l'iniziativa dello Spirito che opera dentro di noi.
Al fine di realizzare la nostra partecipazione alla regalità di Cristo, le nostre azioni devono essere cristiane, cioè cristiformi; esse infatti fanno crescere Cristo in noi e ci trasformano profondamente in "Alter Christus".
Le nostre azioni devono essere cristiformi
Tutte le nostre azioni, anche le più comuni, le più semplici, devono avere la mozione, l'obiettivo, l'alimento delle stesse azioni di Cristo.
Disponiamoci perciò a compiere le nostre azioni quotidiane secondo l'intenzione dello Spirito, che ci renderà così sempre più conformi a Cristo.
Conformazione a Cristo che deve essere alimentata anche dalla vita di orazione e dagli esercizi di pietà che ci dispongono a partecipare all'ufficio regale di Cristo, affinché tutto sia sottomesso per Lui al Padre.
Esercizio dell'ascolto
Di fondamentale importanza è per noi l'esercizio dell'ascolto; un ascolto supplice, amoroso, entusiasta ed umile della voce dello Spirito, al fine di purificarci, di muoverci secondo le Sue intenzioni, di raggiungere l'equivalenza perfetta tra livello di orazione e di vita spirituale.
Il tema della preghiera continua non è disgiunto dal tema della regalità di Cristo, regalità di cui la preghiera ci rende partecipi.
Gesù ha infatti riconosciuto di essere re di fronte a tutti e tale titolo è stato apposto sulla Sua croce.
Egli ha anche promesso: "Quando sarò innalzato da terra, trarrò tutti a me". ( Gv 12,32 )
La frase di San Paolo "Non voglio sapere altro che Cristo e Cristo Crocifisso " ( 1 Cor 2,2 ) è di fondamentale importanza per la nostra conformazione a Cristo Crocifisso.
La Croce è il momento di massimo contatto tra l'uomo e Cristo
Taluni obiettano che tali parole siano limitative della nostra fede; in realtà esse spiegano molto bene come il momento di massimo contatto dell'uomo con Cristo si realizzi sulla Croce.
Nella effusione del Suo sangue, nella donazione della Sua vita e del Suo corpo Gesù rende possibile la nostra comunicazione con Lui, che è "porta" e "pastore". ( Gv 10,1-2 )
Noi conosciamo Dio attraverso Gesù Crocifisso che sulla Croce raccomanda lo spirito al Padre.
Sulla croce abbiamo chiara la distinzione delle tre Persone e conosciamo il nostro vero volto di creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio.
Perciò S. Paolo non vuole conoscere altro.
Cristo ha insegnato all'uomo il valore profondo del servire, che non è asservire né asservirsi.
Il Vangelo, e in particolare il racconto dell'Ultima Cena di Giovanni, chiarisce come servire significhi darsi, adoperarsi per la crescita degli altri uomini.
Concetto di autorità
Si scopre così anche il significato profondo del concetto di autorità che mira allo sviluppo della persona.
La vera autorità, pur avvalendosi del comando, non asservisce il suddito proprio perché non ne coltiva le passioni, ma le corregge ed orienta al bene.
Gesù è Colui che ci ha insegnato il vero servizio che cresce gli altri in quanto all'essere, non soltanto all'avere, al conoscere o al fare.
Infatti tutti i fondamentali rapporti dell'uomo sono viziati dal peccato originale: così il rapporto nuziale, di paternità, di figliolanza.
L'uomo, soltanto con se stesso, non può essere compiutamente uomo, anche se può fare delle cose buone; egli, pur potendo avere e conoscere di più, non potrà essere di più. Solo Gesù può questo.
Ufficio regale comporta l'esercizio di paternità
Vorrei a questo proposito sottolineare che il servire non è disgiunto dal regnare; si regna infatti nella misura in cui le nostre azioni sono indirizzate a fare crescere in Cristo.
Si regna allorché, pur non essendo rivestiti di una speciale autorità e di uno speciale potere, si diventa principio di vita: il regnare comporta infatti l'esercizio di paternità.
La partecipazione all'ufficio regale di Cristo si realizza attraverso il sacrificio della Messa e l'Eucaristia, che ci dà modo di ricevere Gesù e da Lui lasciarci assimilare e trasformare.
È Gesù infatti che opera la nostra trasformazione offrendoci la Sua intimità.
Noi dobbiamo perciò renderci disponibili con docilità a Cristo, alla Sua volontà e al Suo amore.
Nella misura in cui noi ci apriamo a Cristo, Egli ci confiderà i Suoi segreti sul mondo, sull'umanità e ci animerà delle Sue intenzioni.
Vi è tutta una disposizione affettiva verso Gesù che si manifesta nel riporre in Lui la nostra simpatia, il nostro entusiasmo.
Gesù vuole disporre totalmente di noi, delle nostre mani, di nostri occhi, della nostra testa, dei nostri sentimenti.
Accettare questa verità significa capire Gesù.
S. Paolo ha detto: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" ( Gal 2,20 ).
Frase che rivela un cristianesimo autentico, genuino, profondissimo.
Disponiamoci all'ascolto di Gesù, soprattutto durante gli esercizi di pietà, avvertiremo il Suo desiderio di offrirci il Suo cuore trafitto, cuore che ama sino alla morte.
Motivazioni dell'intimità con Gesù
Vorrei ora proporvi, anche se schematicamente, alcuni motivi per cui si deve coltivare l'intimità con Gesù, motivi che in parte sono tratti dagli scritti di Fra Leopoldo:
- desidero di ricevere il Suo amore, i Suoi segreti, di compatire con Lui, di imitarlo e assomigliargli;
- per essere da Cristo rigenerati, purificati e santificati;
- per manifestare al mondo la misericordia di Dio e per cooperare con Cristo alla redenzione dell'umanità;
- per ricevere la forza di Cristo e per esercitare tutte le virtù;
- per avere la pace, la gioia, le benedizioni di Cristo;
- per essere in comunione con Cristo ed abbandonarsi alla Sua misericordia.
Sottopongo ora alla vostra attenzione due detti riguardanti il concetto di amore: "Caro Leopoldo, guai a te se ti scosti dall'amore che ti porto, sarei obbligato a dar mano ad una sferza sopra di te". ( 28 maggio 1908 )
E ancora: "l'amore di un Dio crocifisso non si misura, se tu sapessi, Leopoldo, quando si avvicina il momento che tu vieni a fare l'adorazione, nel santuario dedicato alla Mamma non ti accorgi che io ti spetto?" ( 15 ottobre 1908 )
E poi: "per qualunque pena che tu abbia a soffrire non voglio che tu ti turbi, avvicinati a me con animo lieto perché ho molte cose da dirti" ( 12 luglio 1908 )
Sono parole che ci fanno riflettere sull'amore indefettibile, divino che Gesù ci porta, amore di cui noi, qualunque cosa accada, non dobbiamo dubitare mai.
Nell'esame di coscienza dobbiamo chiederci in che misura ci siamo resi disponibili all'amore di Gesù, in che modo lo abbiamo accolto e come lo abbiamo ricambiato.
La nostra somiglianza a Gesù aumenterà nella misura in cui renderemo sempre più grande la nostra disponibilità al Suo amore.
Lo Spirito deve parlare dentro di noi
Lasciamo parlare lo Spirito dentro di noi, la nostra preghiera si farà più profonda, più intensa, più efficace.
San Paolo infatti dice che noi, senza l'aiuto dello Spirito, non sappiamo né che cosa chiedere, né come chiedere.
La preghiera continua si realizza attraverso la nostra apertura allo Spirito, che dentro di noi prega: "Abba", e che dandoci un animo di figli, ci fa agire come figli del Padre, ad imitazione di Gesù.
Il raccoglimento e la iniziativa personale non realizzano di per sé la preghiera continua che solo lo Spirito può operare dentro di noi.
Non alla quantità, ma alla qualità della preghiera dobbiamo guardare.
Quindi tutti gli atti compiuti in Cristo, con Cristo, per Cristo, sono atti regali, sacerdotali e profetici, senza distinzione.
Ogni atto cristiano è un atto regale, sacerdotale, profetico.
Ogni atto cristiano infatti, pur presentando in modo più evidente uno dei tre aspetti, in quanto compiuto in Cristo, causa iniziale e causa finale, è nello stesso tempo un atto sacerdotale, regale e profetico.
Per approfondire questa tematica vi invito perciò a rileggere l'epistola agli Ebrei, la prima lettera di San Pietro ed anche l'Apocalisse che fa ripetute menzioni del Sangue di Cristo, che ci ha fatto un polo di sacerdoti e di re.
La secolarizzazione
Un falso concetto di secolarizzazione ha portato taluni ad affermare che si deve scegliere tra l'essere per Dio e l'essere per l'uomo e, susseguentemente, li ha spinti ad optare per il mondo.
Tale scelta è stata poi giustificata sostenendo che l'essere per il mondo significava, in ultima analisi, essere per Dio.
Gesù è l'unico mediatore tra Dio e il mondo
È questo un gravissimo errore che ci induce a dimenticare Gesù e a consideraci quasi dei mediatori tra Cristo e il mondo; concezione quanto mai erronea poiché Gesù è il solo, l'unico mediatore tra Dio e il mondo.
La vera apertura al mondo si realizzerà solo in Gesù e attraverso Gesù.
Nella Epistola agli Ebrei si dice che Gesù, Sommo Sacerdote, dovette essere in tutto simile ai fratelli per diventare pontefice misericordioso e fedele nelle cose riguardanti Dio ( Eb 2,17 )
Quindi anche noi dobbiamo assimilarci ai fratelli ed impegnarci nel mondo, ad imitazione di Cristo.
Dio ha talmente amato il mondo da dare il Figlio Suo Unigenito affinché chiunque creda in Lui non perisca. ( Gv 3,16 )
S. Paolo, sempre nella epistola agli Ebrei, pone l'accento sul fatto che Gesù, Sommo Sacerdote, è stato provato, come noi, dalla tentazione e dalla sofferenza, ma non dal peccato. ( Eb 2,17 )
Gesù, assimilandosi a noi, ha perciò patito con noi e per noi fino alla morte di Croce.
Non turbiamoci perciò di essere provati dalle tribolazioni, dalle sofferenze, dal dolore del mondo.
Non giustifichiamo la nostra fuga dal mondo col pretesto di una nostra purezza, di una nostra, quanto mai discutibile, superiorità.
Consideriamo, compatendo, le infermità dei fratelli, soffrendo soprattutto per le infermità spirituali.
Impostiamo cristianamente l'esame di tutti i problemi, considerandoli nel loro rapporto con Dio.
La realtà deve essere ordinata a Dio
Tutte le realtà del mondo devono essere da noi affrontate, seppur con la dovuta prudenza e cautela, riconducendole a Dio.
Condividere il sacerdozio di Gesù significa ricostruire tutte le cose nel loro ordinarsi a Dio e nella possibilità di conformare l'uomo a Dio.
Dobbiamo sempre essere animati da uno scopo di espiazione, di riparazione e di sostituzione espiatrice sulla Croce di Cristo.
L'apertura verso il mondo comporta l'obbedienza, esercitata anche da Gesù nel Suo sacerdozio.
Nell'epistola agli Ebrei si dice che Gesù, reso perfetto dal dolore, dalla sofferenza, dalla obbedienza, divenne per tutti coloro che obbediscono causa di salvezza eterna, proclamata da Dio, Sommo Sacerdote. ( Eb 7,28 )
Solo alla scuola di Gesù impareremo ad essere veramente uomini ed a realizzare il nostro impegno per il mondo.
I discorsi di coloro che non si conformano a Gesù, sono incompleti, ambigui, contraddittori; sono discorsi che non contengono che sprazzi di verità, discorsi che mentre affermano qualche cosa la negano nello stesso tempo, discorsi che servono ora il bene, ora il male.
Ricordiamo che solo in Gesù può essere positivamente superata l'ambiguità, l'ambivalenza dei discorsi umani.
Concetto di persona
L'uomo, in seguito alle controversie trinitarie e cristologiche, ha approfondito il mistero di Dio, uno e trino, ha meditato sulla doppia natura di Gesù; temi che hanno portato l'uomo a scoprire il concetto di persona, quanto mai prezioso per la vita cristiana.
"Societas" antica contrapposta a "comunitas" cristiana
Infatti, mentre gli antichi, Cicerone ad esempio, sottolineavano soprattutto il concetto di "societas", i moderni evidenziano il concetto di persona e di "comunitas".
Per sviluppare bene questi temi, appena accennati, dovremmo riscoprire la dottrina cristologica espressa nei vari Concili, viverla nel nostro impegno per il mondo, impegno che è la continuazione, lo sviluppo del mistero della Incarnazione.
Alla luce di queste considerazioni, proponiamoci di ordinare a Gesù le nostre azioni, i nostri pensieri, il nostro impegno quotidiano per il mondo.