Sopraffazione e sperequazione

Il caso del Giubileo ebraico

Molto prima degli Indiani d'America, il problema della sopraffazione di una società fredda da parte di una calda è storicamente provato anche nella Bibbia.

Bisogna riconsiderare la legge del giubileo che gli Ebrei abbandonarono successivamente all'esilio in Babilonia.

Non sta scritto da nessuna parte perché ciò avvenne: sappiamo soltanto che questa norma non venne inserita nel documento che firmarono gli Ebrei di ritorno dall'esilio, ove venne ribadito solamente:

[ … ] il settimo anno, di lasciar riposare incolta la terra e condonare ogni debito. ( Nem 10,32 )

Rispetto agli obblighi imposti dal giubileo, le restrizioni all'accumulazione di ricchezza vengono sostanzialmente annullate. Alla luce delle considerazioni finora svolte, vi è da supporre che ciò sia interpretabile come il tentativo di difesa di un popolo a bassa "temperatura" sociale.

E' probabile infatti che gli Ebrei si fossero resi conto delle conseguenze del problema della piramide, ovvero che la loro società, costituita da una bassa segregazione interna in quanto livellata dalla legge giubilare, doveva continuamente soccombere di fronte a società più diseguali.

Il mantenimento della perequazione sociale sarebbe stato possibile solo se avessero potuto rimanere un popolo isolato dagli altri; visto che tutti dovevano rispettare la legge levitica, si evitava la possibilità che qualcuno diventasse così potente da sopraffare il resto della popolazione.

Ma questo indeboliva il popolo nei confronti dell'esterno: in un precedente studio abbiamo infatti visto che l'applicazione della legge levitica corrispondeva ad un abbattimento della produzione e di conseguenza una riduzione delle risorse, sia tecnologiche che di riserva per la società.

Finché la società vive in un ambiente chiuso, senza relazioni con altri, la perequazione evita la richiesta di ricchezza e quindi riduce la necessità di sviluppo tecnologico.

Ma anche l'accumulazione di difese viene meno con la conseguenza che, una volta che essa entra in contatto con strutture sociali più forti e progredite in quanto non soggette agli stessi dettami sociali, il sopravvento di quest'ultime su di essa risulta scontato.

L'abbandono della legge levitica, che diventò essenziale per la sopravvivenza del popolo che si riteneva prediletto da Yahweh, non fu comunque una scelta semplice ed immediata.

Storicamente la legge giubilare si colloca nel momento in cui vennero gettate le basi dello Stato di Israele quando, a seguito dell'uscita dall'Egitto, le 12 tribù si unirono nella "terra promessa" ( XIII secolo circa a.C. ).

Da quel momento Israele vivrà diverse lotte con i popoli vicini ( i Filistei ) e interne fino alla scissione del regno in due ( Israele e Giuda ).

Ciò ovviamente "indebolì" la struttura sociale che difatti subì due invasioni e deportazioni, prima da parte degli Assiri ( 721 a.C. ) e poi dei Babilonesi ( 597 a.C. ).

Dal ritorno nella terra promessa ( 538 a.C. ), gli Ebrei non applicarono più l'anno giubilare, ancor prima che Antioco IV vietasse l'osservanza della legge mosaica ( 167 a.C. ).

Questo non fu casuale ma, secondo il ragionamento esposto, frutto di una scelta adottata per sopravvivere all'interno di un ambiente dove altre società avevano optato per una maggiore 'temperatura' interna.

Gli Ebrei avevano capito che il giubileo negava loro la possibilità di una crescita economica che avrebbe assicurato un maggiore potere da parte dei loro regnanti, con conseguente incremento delle risorse, materiali e umane a disposizione per l'apparato difensivo.

Ma non fu questo a salvarli dalle successive occupazioni da parte di Alessandro Magno ( 336 a.C. ) e dei Romani ( 63 a.C. ), all'interno dei cui imperi però riuscirono ad adattarsi rinunciando alla parte più forte del dettato divino, quella che disciplinava l'accumulazione di ricchezza.

Assumendo proprio loro al contrario il ruolo di gestori di scambi commerciali e soprattutto dei crediti monetari e adottando atteggiamenti di attaccamento al potere economico simili ai benestanti delle società ricche.

Una scelta che valse loro i successivi anatemi di Gesù: Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il Tempio, non è niente; ma se uno giura per l'oro del tempio, resta obbligato.

Insensati e ciechi! Che cosa è più importante, l'oro o il Tempio che santifica l'oro?

E voi dite ancora: Se uno giura per l'altare, non è niente; ma se giura per l'offerta che c'è sopra, resta obbligato.

Ciechi! Che cosa è più importante, l'offerta o l'altare che santifica l'offerta? [ … ]

Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti!

Che pagate la decima della menta, dell'aneto e del cimino, e trascurate le cose più essenziali della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà ( Mt 23,16-23 )

Oh, come difficilmente coloro che posseggono ricchezze entrano nel regno di Dio! ( Lc 18,24 )

La diatriba si acuì successivamente tra gli Ebrei e i primi cristiani, mentre questi tentavano di instaurare comunità 'fredde' con una pressoché nulla accumulazione della ricchezza interna:

La moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un'anima sola: né vi era chi dicesse suo quello che possedeva, ma tutto era tra loro comune.

[ … ] E non vi era alcun bisognoso fra loro.

Perché quanti possedevano terreni o case, li vendevano, poi, preso il prezzo delle cose vendute, lo deponevano ai piedi degli Apostoli, e si distribuivano a ciascuno secondo il bisogno. ( At 4,32-35 )

Comunità che però, come abbiamo già visto, sarebbero state anch'esse successivamente assorbite all'interno dell'Impero romano, la società calda dell'epoca.

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