Una nazione senza futuro

Nei precedenti capitoli abbiamo visto come gli ebrei fossero entrati in contatto con l'Impero romano con atteggiamenti di assoluta benevolenza, in piena contraddizione con quello che accadde di là a qualche secolo.

I romani venivano possibilmente invocati per contrastare la prepotenza di altri dominatori, ma divennero poi essi stessi simbolo dell'oppressione non appena la sfera d'influenza dell'impero fu così allargata da sottomettere le volontà giudaiche a quelle di Roma.

Parliamo di Giuda soltanto, perché ormai dell'antica nazione ebraica non restano infatti che i giudei a rappresentare il vecchio orgoglio nato con l'esodo dall'Egitto.

Nel vecchio regno d'Israele dimorano popolazioni che non rappresentano quasi per niente i depositari della saggezza mosaica: vi si sono infatti infiltrate popolazione di diversa origine che praticano culti idolatri per gli ebrei, sottoposti all'influsso della cultura ellenica prima e romana dopo.

Quel che rimane del culto di Yahweh è nelle mani di sacerdoti amalgamati ad una classe dominante in simbiosi con gli interessi romani.

Ma le frange che ancora nutrono sentimenti nostalgici nei confronti di un passato ormai lontano di secoli sono presenti e manifestano il proprio dissenso in maniera politicamente e militarmente impegnata.

Le proteste vengono però sempre sedate giustiziando i capi delle rivolte, anche se un crescendo di contestazioni non correttamente controllate dai governatori locali costringerà infine le legioni romane a marciare direttamente su Gerusalemme fino a incendiarla e distruggerla nel 70 d.C. ( non prima di averne comunque trafugato i tesori! ).

La religione di Yahweh sembrava aver subito un colpo senza precedenti.

In realtà si trattava solo di una situazione temporanea: per mezzo di una nuova impostazione data ad hoc dai suoi primi proseliti oltre i confini della terra di Palestina fino a confini ben più ampi, nascerà il cristianesimo.

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